Purgatorio - DIZIONARIO SAN TOMMASO

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Purgatorio

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E' il "luogo" o meglio lo stato provviso­rio in cui si vengono a trovare le anime che al momento della morte non sono né così pure e perfette da poter essere ammesse im­mediatamente alla visione beatifica della Santissima Trinità, né talmente colpevoli e ostili a Dio da meritare una condanna eter­na.
La dottrina del purgatorio Si fonda su basi bibli­che (in particolare 2 Mac 12, 43-46) e fa par­te dell’insegnamento ordinario e solenne del Magistero ecclesiastico.
S. Agostino, nel De civitate Dei (1. XXI, c. 26) e in altre opere parla di anime che de­vono passare attraverso un fuoco purificato­re (ignis purgatorius) prima di poter godere della visione beatifica di Dio. S. Agostino non parla mai di un luogo dove le anime ver­rebbero ""parcheggiate" in vista di una com­pleta purificazione. Furono i lettori di Ago­stino e i predicatori medioevali a costruire una teoria assai fantasiosa e molto barocca sul purgatorio, sulla sua collocazione, la varietà delle pene, la durata ecc.
L’unica opera in cui S. Tommaso tratta abba­stanza diffusamente del purgatorio è il Commento a!­le Sentenze (IV, d. 21, q. 1). Ai tempi del­l’Angelico la dottrina del purgatorio era già diventa­to un dogma, e chi lo negava era tacciato di eresia.
A sostegno dell’esistenza del purgatorio, S. Tommaso adduce due argomenti, uno di fede e uno di ragione.
1) La S. Scrittura raccomanda di pregare per i defunti (2 Mac 12, 43-46). "Ma non c’è da pregare per i defunti che sono in paradiso, perché essi non ne hanno alcun bi­sogno; e neppure per quelli che sono nell’in­ferno, perché non possono essere sciolti dai loro peccati. Ci sono dunque dopo questa vi­ta alcuni che non sono ancora sciolti dai pec­cati e che possono essere sciolti. Essi hanno la carità senza la quale non si ottiene il per­dono dei peccati: perciò non andranno alla morte eterna (Gv 11, 26), ma non sono con­dotti alla gloria prima d’essere purificati, perché nulla di immondo vi perviene (Ap 22, 15). Dunque rimane una purgazione do­po questa vita" (IV Sent., d. 21, q. 1, a. 1).
2) E' necessario un periodo di purificazione se chi nel momento della morte ha l’anima ancora macchiata da qualche colpa veniale o non ha ancora espiato interamente le pro­prie colpe: ""Se per la contrizione, dopo es­sere stata cancellata Ia colpa, non è tolto in­teramente il reato di pena, e non sempre sono tolti i peccati veniali dopo il perdono dei mortali, e se la giustizia di Dio esige che si ripari con un castigo il disordine recato dal peccato: ne segue che chi muore contrito e assolto, prima della dovuta soddisfazione, dev’essere punito dopo questa vita. Perciò chi nega il purgatorio dice cosa contraria alla giustizia di Dio e contraria alla fede (...). Pertanto chi nega la sua esistenza va contro l’autorità della Chiesa e incorre in eresia (ec­clesiae auctoritate quicumque resistit, haere­sim incurrit)" (IV Sent., d. 21, q. 1, a. 1, sol. 1).
Riguardo al luogo, S. Tommaso dice che nessu­no può dire con esattezza dove si trovi il purgatorio, tuttavia egli azzarda l’ipotesi comune al suo tempo che si trovi o ai confini dell’inferno o nella parte superiore del medesimo. "I santi Padri prima della venuta di Cristo si trova­vano in un luogo più degno di quello in cui si purgano le anime dopo la morte; ma anche quel luogo era congiunto all’inferno o era lo stesso inferno: altrimenti non si direbbe che Cristo è disceso nell’inferno" (IV Sent., d. 21, q. 1, a. 1, sol. 2; cfr. III, q. 52, a. 8).
Le pene del purgatorio sono di due generi, pena del danno e pena del senso: "La pena del danno fa ritardare la visione beatifica; la pe­na del senso tormenta l’anima col fuoco. Quanto al danno e quanto al senso, la più piccola pena del purgatorio supera qualsiasi pena di questa vita (poena purgatorii mini­ma excedit maximam poenam huius vitae)" (IV Sent., d. 21, q. 1, a. 1, sol. 3). L’acerbità della pena corrisponde alla quantità della colpa; la durata corrisponde alla radicazione della colpa in chi l’ha commessa. "Nel purgatorio al­cuni sono trattenuti più lungamente degli al­tri a purificarsi, perché alcuni peccati veniali hanno più aderenza degli altri, attirandosi di più l’afflizione e trattenendovela più forte­mente: perciò richiedono un più lungo tem­po di purificazione" (IV Sent., d. 21, q. 1, a. 3, sol. 3).
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