E' il bene di una comunità di persone (famiglia, tribù, città, Stato, Ordine religioso ecc.), ed è quindi relativo alla natura della comunità a cui si riferisce. Il bene comune della società politica è quello più importante - principalissimum secondo S. Tommaso - e comprensivo di quello delle comunità particolari proprio perché nella società politica queste trovano il loro sostegno e completamento.
1. FONDAMENTO ANTROPOLOGICO DEL BENE COMUNE
Nello stoicismo, nel manicheismo, nell’agostinismo, nel liberalismo e in altre filosofie che assumono un concetto eccessivamente individualistico ed egocentrico della persona, c’è scarsa attenzione per il bene comune. Invece in S. Tommaso la dottrina del bene comune assume grandissimo rilievo, grazie alla sua concezione dell’uomo come essere socievole, come “animale politico”. Per S. Tommaso, la ricerca del bene comune è connaturale all’uomo, in quanto questi è per natura un essere sociale e politico, il quale non può soddisfare i propri bisogni materiali né realizzare se stesso nella dimensione culturale e morale senza la collaborazione e la solidarietà degli altri. Come precisa il Dottore Angelico, sono anche e soprattutto le esigenze di ordine morale che spingono l’uomo verso il bene comune: “Lo scopo infatti che spinge le persone a riunirsi e che stando insieme possono condurre una vita buona, cosa che non si ottiene se ognuno vive da solo. A sua volta però la vita si dice buona quando è ispirata alla virtù. La conclusione dunque è che il fine dell’unione in cui si stringono gli uomini è la vita virtuosa. Una conferma concreta della validità di questa dottrina la troviamo nella costatazione che della società fanno parte soltanto coloro che hanno un reciproco rapporto comunitario proprio nella boro vita buona: altrimenti, se gli uomini si radunassero soltanto allo scopo di vivere, anche gli animali costituirebbero una parte del raggruppamento civile; se invece lo scopo fosse quello di accumulare beni di fortuna, tutti coloro che hanno tra loro rapporti di mercato, apparterrebbero alla stessa città; così vediamo che vengono annoverati come facenti parte di una società soltanto coloro che sono guidati a una vita buona dalle medesime leggi e da un unico governo” (De Reg., 1. I, c. 15, n. 817).
2. CONCETTO CRISTIANO DEL BENE COMUNE
S. Tommaso ha un concetto profondamente cristiano del bene comune. Egli sa che c’è un bene di tutti che non si esaurisce nell’arco della vita presente, ma consegue la sua piena attuazione nell’ambito della vita eterna. Perciò coloro che curano le sorti del bene comune devono fare attenzione più che al benessere materiale dei propri sudditi, al loro benessere spirituale, cioè la beatitudine eterna. “L’uomo, vivendo virtuosamente, viene ordinato a un fine superiore che consiste nel godere di Dio; bisogna dunque che il fine della comunità coincida con quello del singolo. Dal che si conclude che il fine supremo del gruppo riunito in società non è (semplicemente) di vivere secondo virtù, ma tramite una vita virtuosa giungere al godimento di Dio” (De Reg., 1. 1, c. 15, n. 817). La persona umana non può essere completamente realizzata dal bene comune delle società temporali, ma lo è dal bene comune della comunità spirituale, dal bene soprannaturale, La beatitudine eterna. Anche nell’ordine naturale c’è una comunità di spiriti che comunicano sulla base dell’amore della verità, del bene e della bellezza. Queste intelligenze hanno in comune i tesori del pensiero, della cultura, della scienza, della morale, della religione, dell’arte, ma non arrivano a costituire una società propriamente detta. Solo quando Dio stesso, mediante la sua grazia, diviene il fondamento di una nuova socialità, allora si realizza una società in senso pieno: è la società istituita da Gesù Cristo, della quale egli stesso è l’unico vero capo. Infatti “il godimento di Dio rappresenta un fine che l’uomo non può raggiungere con le sole sue forze, ma abbisogna dell’aiuto di Dio. come insegna S. Paolo (Rm 6, 23), “la grazia di Dio è la vita eterna”; quindi il compito di condurre al raggiungimento di questa meta non spetta al potere umano, ma a quello divino. Perciò tale compito spetta a quel re che non soltanto è un uomo ma anche Dio, quindi a nostro Signore Gesù Cristo che rendendo gli uomini figli di Dio ha aperto boro la porta della gloria celeste” (De Reg., I. I, c. 15, n. 818).
3. RAPPORTI TRA BENE PERSONALE E BENE COMUNE
S.Tommaso afferma perentoriamente il primato del bene comune sul bene personale, ma questa tesi per essere intesa rettamente va vista alla luce del concetto intensivo che egli ha del bene, dove, come s’è visto, si sottolinea l’esistenza anche di un bene comune di ordine soprannaturale, che consiste ultimamente nel “godimento di Dio nella gloria celeste”. Non si tratta pertanto di una subordinazione del bene personale al bene comune temporale. La subordinazione ha luogo soltanto quando è in gioco lo stesso genere di bene. Se si tratta di beni materiali, allora la comunità viene prima del singolo; e altrettanto quando si tratta di beni spirituali. Ma se invece da parte della persona è in gioco il bene spirituale e da parte della comunità quello materiale, allora il primo posto tocca alla persona. “Il bene del tutto è maggiore del bene particolare di uno solo, se si tratta dello stesso genere di bene. Invece il bene soprannaturale (bonum gratiae) di una persona supera il bene naturale (bonum naturae) di tutto l’universo” (I-II, q. 93, a. 6, ad 2). Di qui l’altro principio fondamentale della concezione tomistica del bene comune: ((L’uomo non è ordinato alla società civile (communitatem politicam) in forza di tutto il proprio essere e di tutti i suoi beni (...) invece è ordinato a Dio in tutto quello che forma il suo essere, il suo potere e il suo avere” (III, q. 21, a. 4, ad 3). In conclusione, l’inserimento della persona nel tutto viene concepito da S. Tommaso come un ingrandimento e un arricchimento della sua personalità e non già come una sua degradazione alla semplice funzione di una parte per entro a un organismo, senza alcun valore proprio. “A questo modo l’idea cristiana del valore della personalità individuale appare pienamente garantita, e si trova d’altronde ulteriormente riaffermata nella concezione che, per quanto necessario possa apparire lo Stato in vista delta realizzazione della natura umana, la vita politica non è a sua volta che una condizione e un mezzo per il raggiungimento di un grado più completo di perfezione (L. A. Perotto).