Vaticano II (e la cultura) - DIZIONARIO DELLA CULTURA

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Vaticano II (e la cultura)

V
Un'intuizione antropologica e pastorale
Per comprendere l'atteggiamento nuovo dei cattolici di fronte alla cultura, il Concilio Vaticano II (1962‑1965) costituisce un punto di riferimento obbligato. La situazione culturale del Concilio emerge con chiarezza quando si considera, a distanza di anni, un certo numero di sue caratteristiche: l'originalità dei suoi obbiettivi dichiarati; l'approccio intellettuale che vi si afferma progressivamente; la qualità e la provenienza dei partecipanti; e soprattutto la visione teologico‑storica che, a poco a poco, ha preso forma ed espressione.
Già l'annuncio del Vaticano II dato da Giovanni XXIII aveva fatto presentire il tono antropologico del Concilio che si sarebbe aperto, la cui ottica, affermava il pontefice, sarebbe stata soprattutto pastorale, ciò che esigeva uno sforzo nuovo e coraggioso per comprendere e per incontrare il mondo attuale. Giovanni XXIII prendeva atto della drammatica distanza tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa era chiamata a partecipare alla costruzione di questo mondo nuovo: « In questo momento della storia, la Provvidenza ci porta ad un nuovo ordine di rapporti umani che, per opera degli uomini e al di là delle loro attese, contribuisce al compimento di disegni superiori e inattesi. Tutte le cose, anche le avversità umane, servono ad un maggiore bene della Chiesa ». Per farsi comprendere da questo mondo nuovo, è necessario, prima di tutto, scoprirlo e dare un rivestimento intelligibile all'insegnamento integrale e permanente della Chiesa: « Una cosa è la sostanza dell'antica dottrina del depositum fidei e un'altra cosa è la sua formulazione e il suo rivestimento: ed è di questo che occorre tenere conto con la necessaria pazienza misurando bene le forme e le proposizioni di un insegnamento di carattere soprattutto pastorale ». In queste parole c'è il germe, l'intuizione antropologica e pastorale di tutto il Concilio.
La parola aggiornamento, che ha fatto fortuna, descrive bene il cammino del Concilio voluto da Giovanni XXIII. Si tratta di un duplice aggiornamento: la Chiesa anzitutto si purifica ridefinendo se stessa, quindi si sforza di rinnovare la sua comprensione del mondo attuale. Questa duplice intuizione, teologica ed antropologica insieme, diventerà il filo conduttore e il principio d'ispirazione di tutto il Concilio.
All'inizio dei lavori, un certo tentennamento era inevitabile e l'intuizione guida del Vaticano II, fatta di discernimento socio‑pastorale, non prese veramente forma che verso la fine della prima Sessione, come confidava Giovanni XXIII poco tempo prima della sua morte. E in quel momento, infatti, che sotto l'influenza di cardinali come Montini, Suenens, Lercaro, König e di vescovi come Wojtyla e Garrone, il Concilio decise di porsi risolutamente davanti al mondo, con le sue angosce, i suoi problemi della fame e della povertà, le sue aspirazioni verso la pace e lo sviluppo. E identificandosi con questa umanità storica, nello spirito del Cristo, che il Concilio prese chiara coscienza della posta in gioco che l'attendeva e, a poco a poco, si orientò verso il famoso Schema XIII che doveva diventare, dopo difficili dibattiti, uno dei principali testi del Vaticano II: Gaudium et Spes.
Il nuovo papa, Paolo VI, eletto nel giugno 1963, si fece interprete della chiarificazione che si andava operando e cercò di precisare l'orientamento del Concilio all'apertura della seconda Sessione. La Chiesa è chiamata a raccogliersi spiritualmente in se stessa, ma per meglio diventare ad extra un fermento rinnovatore del mondo: « E fenomeno singolare: mentre la Chiesa cerca di rianimare la propria vita interiore nello spirito del Signore, essa si distingue e si distacca dalla società profana in cui è immersa; ma, nel medesimo tempo, essa si qualifica come fermento vivificante e strumento di salvezza per questo mondo, scoprendo  e rinforzando la sua vocazione missionaria, cioè la sua missione essenziale che è di fare dell'umanità, in qualunque condizione essa si trovi, l'oggetto appassionato della sua missione evangelizzatrice ». Tali sono gli elementi di riflessione del nuovo Papa, che troveranno la loro prima espressione nella sua enciclica Ecclesiam Suam (1964), pubblicata  durante il Concilio e tutta dedicata al dialogo con il mondo attuale.
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