Sulle montagne di Efraim vive un certo Mica. Aveva preso dei soldi alla madre per circa millecento sicli di argento. Confessa alla madre il suo furto e restituisce il mal tolto. La madre, contenta consacra quei soldi al Signore in favore di suo figlio “per farne una statua scolpita e una statua di getto”. La madre, ricevuta la somma, prende duecento sicli e li dà al fonditore per la fusione delle due statue, che vengono collocate nella casa di Mica. Questi fa un efod e i terafim e dà l’investitura sacerdotale ad uno dei figli. Nota il redattore che “...in quel tempo non c’era un re in Israele, ognuno faceva quello che gli pareva meglio...”. Un giovane levita proveniente d a Betlemme di Giuda si presenta a Mica. Egli cerca una dimora. Mica gli propone di restare con lui “per essere per lui un padre ed un sacerdote” e gli avrebbe dato “dieci sicli d’argento all’anno, un corredo e vitto”. Il levita accetta e si stabilisce nella casa di Mica, riceve l’investitura e gli fa da sacerdote. Mica interpreta tutto l’accaduto dicendo: “Ora so che il Signore mi farà del bene, perché ho ottenuto questo levita come mio sacerdote. La storia non finisce bene per Mica poiché i Daniti che sono in cerca di un territorio rubano le statue, l’efod e i terafim compreso il giovane levita. Mica protesta ma alla proposta di essere sacerdote per una tribù anziché per una sola famiglia il giovane gioisce nel suo cuore, fa notare il redattore. Mica in armi reagisce inseguendo i Daniti, ma deve retrocedere essendo costoro più forti di lui. Si noti la religiosità di quest’uomo, il bisogno della presenza del sacerdote visto anche come un padre, dato anche il periodo di disordine, di assenza di autorità e di libera organizzazione per cui il più forte prevale facendo soccombere il più debole, situazione di cui lui sarà una vittima.