VON BALTHASAR H. U.,, La gioire et la croix. Les aspects esthétiques de la révelation, I: Apparition, Aubier, Paris, 1965; IDEM, Punti fermi, Rusconi, Milano 1972; IDEM, Sponsa Verbi, Morcelliana, Brscia 1969; IDEM, Verbum Caro, Morcelliana, Brescia 1968; IDEM, Teodrammatica, vol. 1: Introduzione al drammna; vol. 3: Le persone del dramma, Jaca Book, Milano 1980-1983; IDEM, Aprite i cuori all'Immacolata, ecco appare la Madre di Dio, in Il sabato, 3-9 dicembre 1983, p. 19ss.
Nell'ampio raggio di una teologia tutta protesa all'approfondimento e trasmissione della rivelazione in modo consono alla mentalità attuale, ma senza cedimenti alle mode culturali, si colloca l'opera di Von Balthasar, che fa largo spazio alla Madre del Signore. La marialogia diventa in lui un campo fertile di applicazioni e verifiche di vie nuove, come l'estetica teologica e la teodrammatica. La teologia di von Balthasar si snoda in un trittico, che comprende i seguenti momenti:
a. l'estetica teologica (teo-fania) come percezione della divina rivelazione nel mondo, quindi visione e incontro;
b. la drammatica (teo-prassi) in quanto la rivelazione di Dio non è oggetto da contemplare, ma consiste nell'agire di Dio nel mondo e sul mondo;
c. la logica (teo-logia) che considera la rivelazione e l'azione di Dio sotto forma di concetti e di parole.
Ci soffermeremo sulle prime due parti della teologia di von Balthasar per cogliere come egli vi articola il discorso su Maria. In Teologica (vol. I e II), infatti, manca il riferimento mariano.
I. Maria nell'estetica teologica
Hans Urs von Balthasar, nato a Lucerna nel l 90S, è stato definito «l'uomo più colto» del nostro tempo. Testimonia l'esattezza di questo giudizio l'intensa e vasta produzione letteraria del teologo: opere filosofiche, teologiche, patristiche, ecumeniche. Circa i problemi attuali del cristianesimo, U. von Balthasar ha preso posizione prima in senso progressista e riformista, poi in senso piuttosto tradizionalista e conservatore; infatti, mentre in Abbattere i bastoni (1952) provoca la Chiesa ad uscire dal ghetto ed abbattere le mura artificiali che la separano dal mondo, nelle operette post-conciliari Chi è il cristiano e Cordula, egli denuncia l'ambiguità e i rischi della quadruplice tendenza biblica, liturgica, ecumenica e secolare, attaccando con toni ironici e polemici la demitizzazione, il cristianesimo anonimo e l'infatuazione di un vangelo senza la croce. Nessuna flessione si nota invece in U. von Balthasar circa la «forma manana» della Ch1esa, perché in tutto l'arco del suo itinerario teologico «la Vergine Maria nel mistero della Chiesa, prototipo e consumazione anticipata della Chiesa, è uno dei temi preferiti della sua contemplazione». Prima di passare all'esposizione del pensiero di U. von Balthasar su Maria, è necessario inquadrarne le intuizioni partendo dalla prospettiva originale della sua teologia, presentata nell'opera basilare: «Herrlichkeit». Come dice espressamente il sottotitolo di quest'opera: «un'estetica teologica», l'autore si propone di interpretare sistematicamente la Rivelazione servendosi di una categoria trascurata dalla teologia moderna, cioè della «bellezza», oggetto dell'estetica. «Estetica teologica vuol dire contemplare Dio, non in quanto comunica la verità, o in quanto è bontà verso l'uomo e lo benefica, ma in quanto egli s'avvicina all'uomo per manifestare se stesso nell'eterno splendore del suo amore trinitario. Ecco perché questa estetica teologica pona il titolo di Herrlichkeit (ossia: Gloria)». Parecchie ragioni spingono U. von Balthasar ad elaborare una nuova interpretazione del messaggio cristiano mediante la categoria del bello:
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A. Innanzitutto, l'interpretazione estetica non mortifica né menoma la Rivelazione, come fanno invece le interpretazioni cosmologica ed antropologica. Mentre in queste la Rivelazione viene misurata sul metro del mondo e dell'uomo, nell'intuizione estetica essa viene colta senza riduzione e in tutta la sua complessità.
B. Inoltre, senza l'esperienza estetica nessuna conoscenza autentica è possibile. Se mancano le prerogative del bello, lo splendore la voluptas, la conoscenza della verità rimane utilitaristica e il rapporto col bene si ferma al livello edonistico. Solo nella figura luminosa del bello l'essere diviene visibile e appetibile. Questo vale anche per la Rivelazione.
C. Nell'intuizione estetica si incontra l'altro come altro, disinteressatamente. Essa è quindi molto adatta a salvaguardare la trascendenza della Rivelazione.
D. Infine, il messaggio cristiano è essenzialmente messaggio d'amore, il quale è inseparabile dalla bellezza. L'oggetto amato appare sempre stupendo, meraviglioso, tanto più se si tratta del Logos divino, che si manifesta come amore, agape e in quanto tale, come gloria, splendore. Nell'elaborazione del suo sistema, l'autore non manca di fare esplicito riferimento a Maria e alla sua funzione prototipica ecclesiale, facendo «misurare l'importanza della mariologia in un'estetica teologica». La trattazione su Maria viene inserita nel duplice compito dell'estetica teologica: la percezione estetica della Rivelazione, come scoperta di Dio che si rivela (evidenza soggettiva), e la manifestazione della gloria di Dio nella figura (evidenza oggettiva).
1. ESPERIENZA ARCHETIPA DI MARIA
L'atto di fede presuppone un'esperienza iniziale di conoscenza immediata e sensibile, nella quale i sensi sono entrati in funzione: Dio si esprime e comunica con gli uomini attraverso il toccare, udire vedere (l Gv l, 1-3). Oltre a questa esperienza archetipa degli apostoli, fondamento della fede della Chiesa (Ef 2,20), esiste una continuità più misteriosa e profonda, la continuità tra l'esperienza mariana, corporale e insieme spirituale, e l'esperienza materna della Chiesa. «All'incrocio di tutte le strade che vanno dall'Antico al Nuovo Testamento, c'è l'esperienza mariana di Dio, così ricca e nascosta che appena si può descrivere. Ma essa è così importante da apparire sempre come lo sfondo di tutto ciò che si offre visibilmente. In essa, Sion passa nella Chiesa, la Parola nella carne, la testa nel corpo. Essa è il luogo della fecondità sovrabbondante». La caratteristica originale dell'esperienza di Maria è che si tratta di un'esperienza materna «risalente alla profondità del corpo, del seno»: essa comincia «con il toccare cieco, con la sensazione corporale di una presenza, (aisthesis parousias tinos) (Gregorio di Nissa, Diadoco) - il toccare è il senso fondamentale infallibile - per svilupparsi unicamente all'interno di lei stessa, prima di dilatarsi con la nascita in esperienza di visione e di audizione». Questa esperienza mariana si distingue da quella degli apostoli, perché più profonda e transtorica; essa è necessaria alla Chiesa perché dia una risposta totale e coinvolgente: «Quando l'immagine della donna scompare dalla realtà teologica, hanno la meglio una concettualità e una tecnica astratte maschili e senza immagine. Ma allora la fede si vede scacciata dal mondo e rigettata nel campo del paradosso e dell'assurdo». Lontana dall'astrazione, l'esperienza di Dio compiuta da Maria ha una funzione cristologica ed ecclesiologica. Essa rimette in questione la coscienza chiusa in se stessa, perché l'io materno si apre necessariamente al Verbo di Dio, che porta in sé; ma poiché è un'espenenza di fede fondamentale in un contesto di solidarietà essa contiene in germe e in qualche modo fisicamente i cristiani con la loro fede. L'idea di Maria «seno e prototipo della Chiesa», che rappresenta «la stessa fecondità della Chiesa, la sua forma interiore» è il leit motiv di ogni opera di U. von Balthasar. La risposta di fede di Maria è prototlpica, perche include e genera la fede della Chiesa.
Indubbiamente «è Cristo che mediante la sua passione crea la Chiesa non Maria. Tuttavia essa ha partecipato come strumento a questa creazione in virtù dell umversalità e dell'altezza del suo sì, che il Figlio può usare come mezzo plastico all'infinito, per ricavarne nuovi credenti e rigenerati». Ne consegue che «la chiesa, quanto più è propriamente Chiesa tanto più è Immacolata, cnstiforme, mariana». Infatti alla domanda che cosa sia la Chiesa occorre rispondere: «Essa è l'unione di coloro i quali, riuniti e costituiti dal 'sì' pronunciato da Maria, sono disposti ad accettare con prontezza la volontà salvifica di Dio nei confronti propri e nei confronti di tutti i fratelli». La spiritualità «mariana» è fattore di unità nella Chiesa, in quanto in essa devono convergere tutte le altre spiritualità particolari: è la spiritualità ecclesiale prima di ogni differenziazione. Il «SÌ» di Maria «è fondamento ed essenza della Chiesa neotestamentaria. Chi si unisce in modo vivente a questo sì è membro vivo del popolo di Dio, e quanto più ampiamente lo può dire, tanto più diviene ecclesiale».
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Questo «principio mariano» è il criterio di valore per stabilire la santità della Chiesa: «Se, concludendo, ci si volesse chiedere quale gerarchia nelle forme di vita si debba stabilire affinché l'essenza della Chiesa appaia in piena luce per tutti, si dovrebbe porre al vertice lo 'stato' di coloro che nel popolo di Dio hanno ricevuto in dono ed hanno scelto l'obbedienza di fede, la povertà e la feconda 'sterilità' mariana come loro forma caratteristica, poi il popolo di Dio nella sua totalità, ed infine i suoi servi ufficiali».
2. MARIA SPLENDORE DELLA CHIESA
Al contrario della teologia razionalista, l'estetica teologica vuole percepire la figura concretamente senza cedere alla riduzione dei procedimenti logici. Nella «conversione all'immagine» risplende l'idea in modo visibile e plausibile e se ne intuisce il significato come in un'opera d'arte. Ora nella Vergine Maria si ha un'immagine o figura di intenso valore estetico. «Opera d'arte» di Dio, l'essenza di Maria è come un materiale malleabile a disposizione dell'agire divino: «Si deve vedere nella vita di Maria il prototipo di ciò che l'Ars Dei può fare d'una argilla umana che non vi si oppone». Sulla linea di Fichte e di Hegel, U. von Balthasar sottolinea l'esteticità della figura di Maria anche sul piano naturale: «L'immagine di Maria è inattaccabile; per gli stessi increduli essa ha il valore di una bellezza intangibile, anche quando la si comprende non come un'immagine di fede, ma solo come un simbolo augusto e di una portata semplicemente umana». Nella sfera cristiana il significato della figura di Maria sta nella Rivelazione della Chiesa cristiforme. La Chiesa indubbiamente è una realtà complessa che non può essere rivelata in modo esauriente da Maria: essa trova degli archetipi in Pietro, quanto alla sua funzione gerarchica, ma anche in Rahab, come simbolo della sua situazione di «Casta meretrix». Tuttavia la particolare posizione di Maria «può per lo meno avviare verso la risposta integrale, dato che è l'infinita disponibilità del suo atteggiamento di fede... che rende Maria il senso tdeale (morale) e reale (fistco) della Chiesa». Quando si voglia escludere dalla Chiesa l'immagine di compromesso, che la oscura fino a renderla irriconoscibile, allora bisogna ricorrere a Maria, che rivela «la suprema bellezza, quella della Sposa-Chiesa del Nuovo Testamento». «Il Signore non vuole che la sua Chiesa gli stia di fronte come un unico fallimento palese, ma come una sposa gloriosa e degna di sé. Qui interviene necessariamente nella Chiesa il principio mariano». Perciò è necessario che i cristiani abbiano dinanzi agli occhi l'immagin interiore di Maria, se vogliono essere Chiesa santa e cristiforme, capace di far risplendere nel mondo l'opera di Dio: «Nella misura in cui la Chiesa è mariana, essa è una figura pura, immediatamente decifrabile e comprensibile. Nella misura in cui l'uomo fosse mariano... il cristianesimo sarebbe ugualmente in lui decifrabile e comprensibile». Maria rivela il mistero della «cooperazione» della creatura con Dio, facendone risaltare la differenza di livello: «l'ecce ancilla Domini di Maria indica bene piuttosto la distanza tra il Signore e la sua serva, distanza che si esprime in tutto ciò che il Signore comanda e la serva obbedisce».
Tale obbedienza, che caratterizza l'esistenza cristiana, è il contrario della passività; essa implica attenzione costante e impegno di tutte le forze: «Questa attesa vigilante, questa disponibilità attiva, è la creta umida, nella quale soltanto può imprimersi la figura di Cristo». Partecipando alla kénosi del Cristo, la luce che risplende in Maria è inserita in una condizione di abbassamento e di oscurità: «Ella è sprovvista di opere miracolose visibili, di fenomeni mistici: gli uomini non la riconoscono né la respingono.. Più ancora di suo Figlio, Maria è immersa nel chiaroscuro della graz1a e della fede. La sua glorificazione è postuma». Anche in questo chiaroscuro Maria resta una «figura di rivelazione», non un'allegoria, ma un «simbolo reale della Chiesa corporale e spirituale, conformata al Verbo». La forza educatrice provememe dalla sua contemplazione non è trascurabile: «Maggiorenne e maturo è colui che mediante l'educazione della Chiesa è riuscito ad affrancarsi dall'egoismo palese e coperto ed è entrato a compiere insieme l'atto dell'ubbdienza - in ogni situazione - proprio del corpo verso il capo, o della piccola ancella verso il Stgnore e Sposo». La via estetica indicata da U. von Balthasar alla teologia costituisce una valida prospettiva per interpretare la rivelazione e in essa la figura della Vergine Maria. Non si può accusare la costruzione teologica del teologo svizzero di accademismo; infatti in essa non solo si accede ad una visione delle realtà divme nello splendore della loro forma, ma si rimane coinvolti nel significato della figura contemplata realizzando la salvezza. Solzenicyn nel discorso per il premio Nobel cita la frase di Dostoevskij: «La bellezza salverà il mondo» e la spiega nel senso che ogni autentico capolavoro. ha una fora di convinzione assoluta e irresistibile e finisce per soggiogare i cuori ribelli. Egli aggiunge che l'arte e la letteratura hanno il privilegio di scuotere le coscienze assopite e di suscitare l'interesse per il martirio e la gloria in persone irrigidite nel benessere e dall'orecchio duro: «Gli artisti posseggono la chiave di questo miracolo».
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L'estetica teologica, non solo dovrebbe interpretare la rivelazione sul piano della percezione e nel fascino della bellezza, ma guadagnerebbe una più larga udienza e una più profonda incidenza se raggiungesse essa stessa il livello dell'arte. Per questo essa non dovrebbe disdegnare il linguaggio simbolico: anche da questa prospettiva si aprirebbe un nuovo varco per la valorizzazione di Maria nel mistero cristiano. In questo senso si è mossa la Società tedesca di studi mariani, partendo dalla coscienza della necessità della dimensione simbolica della teologia, in modo che l'ortopoetica completi l'ortodossia e l'ortoprassi.
A questo punto si inserisce l'indicazione di Paolo VI circa la «via pulchritudinis» da percorrere per scoprire il mistero di Maria: «Al riguardo si possono seguire due vie. La via della verità, anzitutto, cioè della speculazione biblico-storico-teologica, che concerne l'esatta collocazione di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa: è la via dei dotti; quella che voi seguite, necessaria certamente, di cui si avantaggia la dottrina mariologica. Ma vi è anche, oltre a questa, una via accessibile a tutti anche alle anime semplici: è la via della bellezza, alla quale ci conduce, alla fine, la dottrina misteriosa, meravigliosa e stupenda che forma il tema del congresso mariano: Maria e lo Spirito Santo. Infatti, Maria è la creatura 'tota pulchra' è lo 'speculum sine macula'; è l'ideale supremo di perfezione che in ogni tempo gli artisti hanno cercato di riprodurre nelle loro opere; è 'la Donna vestita di sole' (Ap 12,1), nella quale i raggi purissimi della bellezza umana si incontrano con quelli sovrani, ma accessibili, della bellezza soprannaturale». In queste parole non si percepisce l'eco di von Balthasar, ma piuttosto un'intuizione montiniana maturata forse alla luce della filosofia scolastica; esse comunque avanzano un triplice problema: «Quello metodologico concernente la ricerca nel campo mariano; quello contenutistico, che ha il compito di appurare il senso della bellezza di Maria; quello cibernetico in vista di una comunicazione artistica del messaggio mariano». Sono ancora pochi i saggi circa la via pulchritudinis; interessanti le pagine che il documento Fate quello che vi dirà dei Servi di Maria dedica alla «Via della bellezza» (nn. 63-71), perché ne precisa il significato come via di impegno ascetico, via aderente alla Parola, via filiale.
II. Maria nella teodrammatica
Dopo aver dedicato 5 volumi all'estetica teologica, von Balthasar tratta della teodrammatica in 3 volumi: anche in essa riserva un notevole spazio a Maria, poiché l'uomo non è spettatore, ma coattore nel dramma di Dio. Senza voler proporre «una mariologia completa», il teologo svizzero tocca molti punti della dottrina su Maria in una visuale ampia, dove convengono bibbia, patristica, storia della teologia, riflessione sistematica.
1. MARIA PERSONA TEOLOGICA DEL TEODRAMMA
Assumendo la categoria del dramma teatrale come precomprensione e punto di partenza, von Balthasar vede l'agire di Dio come «salvezza realizzata, riconciliazione del mondo in Cristo con Dio (2 Cor 5, 19) per una iniziativa di amore che si dona soltanto». Pertanto gli uomini potranno diventare attori del teodramma solo se inseriti in Cristo e in risposta ad una vocazione: «Nello spazio drammatico che Cristo ha aperto, soggetti spirituali creati possono diventare personaggi teologici, coagonisti nel teodramma. Essi non possono entrare in questa scena di arbitrio proprio e possono meno ancora, una volta entrati, scegliersi da sé il loro ruolo teologico». Proprio queste due condizioni si realizzano in Maria, che per una vocazione al di là della sua attesa è trasferita nello spazio drammatico di Cristo: «La sorpresa insperata dell'evento è non soltanto la regola che non ammette eccezioni, ma questa regola viene molto spesso sottolineata dal fatto paradossale che proprio l'essere apparentemente più inadatto, colui a cui nessuno avrebbe pensato (e lui meno di tutti), che forse già perseguiva piani del tutto opposti, diventa oggetto della chiamata. Inadatte sono le donne sterili a concepire e partorire i figli della promessa o i profeti: Sara, Anna, Elisabetta; ancora più inadatta è la Vergine Maria a portare al mondo il 'Figlio dell'Altissimo'... La 'bat qol' (voce dal cielo), che introduce Maria nella sua vocazione e missione, le dice qualcosa di assolutamente nuovo ... ».
A. Elezione di Maria
Il trasferimento di Maria nel teodramma comporta un duplice effetto: raggiungere la propria vera identità personale e aprirsi alla dimensione comunitaria. L'elezione rende Maria persona teologica e deprivatizzata: «Un soggetto spirituale umano, diventando persona per una chiamata e missione inconfondibile, viene al tempo stesso deprivatizzato, socializzato e trasformato in uno spazio e sostrato di comunità». Per Maria si tratta più precisamente di una «pre-elezione», come concretizzazione e completamento di quella della Chiesa, in cui si inserisce la vocazione del singolo.
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La Vergine diventa così «l'archetipo di tutte le persone teologiche» - afferma l'autore in parziale polemica con K. Barth: «Karl Barth nella sua teoria sull'elezione ha sostenuto in appoggio ai suggerimenti di A. Ritschl una netta preordinazione dell'elezione della Chiesa (comunità) anteriore a quella del singolo. In tal modo la comunità diventa in qualche modo la madre dei credenti. Quest'opinione (in sé non falsa) viene nella visuale cattolica completata nel senso che il luogo di questa comunità viene occupato al tempo stesso personalmente, nella forma più concreta dalla Madre di Gesu, la quale nella sua missione è in tal modo anche madre dei suoi fratelli, del suo 'corpo mistico'.... Ciò che in Barth appare come 'pre-elezione' della Chiesa (con la sua speciale certezza di salvezza) viene cattolicamente integrato con la 'pre-elezione' della Madre di Gesù (e con la sua speciale certezza di salvezza), che in tal modo diviene l'archetipo di tutte le persone teologiche elette nella storia della salvezza, le quali sono a un tempo e a loro volta fondatrici in se stesse di comunità. Esse hanno tutte secondariamente parte alla pro-esistenza, all'essere-per-gli-altri di Gesù Cristo, secondariamente nel senso che questa proprietà aderisce loro solo sulla base del suo 'pro (omnibus)' primario ed unico».
B. Nella costellazione cristologica
La possibilità di una pro-esistenza, più incisiva di quella delle persone veterotestamentarie, deriva a Maria dal fatto di trovarsi «all'interno di uno spazio impregnato dalla reale (psichico-pneumatica e inoltre trinitaria) Persona di Cristo». In altre parole, Maria appartiene in modo unico e precedente tutti gli altri, alla «costellazione cristologica»: «In prima linea c'è da ricordare quella che abbiamo chiamato la 'costellazione cristologica'.... Questi quattro personaggi teologici [ ... Pietro, Paolo, Giovanni e Giacomo], che sono le vere 'colonne' della Chiesa (Gal 2,9; cfr. Ap 3,12), sono preceduti da un'altra persona e più fondamentale... , nella quale si raccoglie tutta la fede d'Israele che viene da Abramo a ricevere l'ultima definitiva promessa, e dalla quale è portato alla luce Gesù Cristo con la sua missione universale: sua Madre Maria. Questa missione personale, che sta alla sorgente dell'universalità intraecclesiale, è unica e assolutamente speciale ed abbraccia tutte le indicate missioni ecdesiali». Questa missione di Maria, mentre rappresenta uno «spazio aperto per altre ulteriori figure, contemporanee e future», è fortemente teodrammatica proprio perché la Vergine fa parte della «costellazione» di Cristo. Ella - come tutti - è impegnata a rendere «il proprio io sempre più limpidamente isomorfo con la missione da Dio affidata e donata».
C. Una risposta al femminile
Poiché l'essere umano è costituito dalla polarità uomo-donna, è chiaro che «Se la Parola di Dio è davvero diventata uomo, questo aspetto fondamentale non può rimanere escluso dalla sfera del teodramma o neutrale a suo riguardo». Già in se stessa la creatura, rispetto a Dio, non può essere che secondaria, corrispondente, «femminile»; la donna accentua questo carattere in quanto ella è «risposta», «controparola» e «controsguardo». La sua stessa fecondità non è primaria - afferma von Balthasar - «bensì di risposta, costruita in modo da poter accogliere la per sé vana fecondità dell'uomo e portarla a compimento e da essere così la 'gloria' dell'uomo (1 Cor 11,7)». Maria, come donna, è inserita nell'incarnazione si direbbe in modo necessario, mediante la sua maternità nei riguardi del Figlio di Dio: «La Parola di Dio può entrare realmente nella serie generazionale dell'umanità solo mediante concezione, gravidanza e parto di una donna. In tal modo si inverte il rapporto adamitico, come Paolo annota: 'Come la prima donna deriva dall'uomo, così (ora) c'è di nuovo l'uomo mediante la donna' (1 Cor 11,12).... Se la madre in questione è la madre di un bambino umano che è personalmente Dio, allora essa sarà da chiamare con diritto Theotokos, Genitrice di Dio». Questa priorità di Maria in ordine alla nascita umana di Cristo, si riflette in rapporto alla Chiesa e alla sua maternità verso i credenti, che «ha sempre per presupposto che Maria ha concepito e partorito al mondo il Messia». Pertanto anche la mariologia, pur essendo intrecciata con l'ecclesiologia, «deve pretendere a una priorità in quanto essa tratta della madre del Redentore senza di cui non ci sarebbe né una Chiesa strutturata, né in genere una grazia divina».
2. PROLEGOMENI ALLA MARIALOGIA
Introducendo alla trattazione su Maria, von Balthasar costata (e combatte) la tendenza dei mariologi a ridurre in un principio fermo tutto quanto si può dire della Vergine, dimenticando che ella è donna, cioè un «processo mobile» e non riducibile a nessuna univocità: «Ciò significa per la mariologia, che i tentativi recenti a trovarle ad ogni costo un 'principio fondamentale' da cui si possano dedurre tutti gli altri suoi aspetti principali devono fallire».
A. Il principio fondamentale
Passando in breve disamina la serie di primi principi proposti dai teologi, l'autore non li trova soddisfacenti: la maternità nuziale (Scheeben) è ambivalente, la maternità divina (sostenuta da molti) oscurerebbe il ruolo della donna, Maria archetipo della Chiesa (Semmelroth, Miiller) avvia la marialogia a «dissolversi un po' troppo in una ecclesiologia globale».
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Von Balthasar, dal canto suo, è dell'avviso che un primo principio dovrebbe badare innanzitutto alla storicità di Maria come donna. Ne consegue una marialogia «narrativa»: «Se si vuole parlare in genere di un 'principio' (cosa legittima se si intende con questo la riflessione attenta, a un tempo, al drammatico ruolo di Maria), si dovrà rendere conto dell'intima storicità della donna che ha bisogno di un'estensione nel tempo per diventare da sposa che concepisce una madre che genera ed educa. Perciò una mariologia concreta non può fare a meno di una parte puramente narrativa in cui gli episodi della sua vita raccontati dal Vangelo vengano illuminati quanto al loro contenuto teologico e riferiti concentricamente verso il nucleo della sua missione». Il primo principio dovrebbe inoltre puntare al mistero centrale, «quello della libertà di Maria, la quale evidentemente ha una sua unica irripetibile forma rispetto a ogni altra persona umana». In realtà, se storicamente il ruolo di Maria è stato proiettato sullo sfondo cristologico (Nicea) o in quello ecclesiologico in quanto tipo della Chiesa (Giustino, Ireneo), la prima intuizione vede in lei una creatura libera che accoglie la proposta di Dio: «Tuttavia ella ha fin dal principio anche come 'persona teologica' il suo posto particolare sia davanti a Cristo che alla Chiesa, così che occorse solo una ulteriore riflessione su questo posto per derivare tutte le altre intuizioni mariologiche successive».
B. Le oscillazioni storiche
Dopo aver individuato un punto basilare della marialogia, von Balthasar non si nasconde la difficoltà esistente per chi voglia articolare l'intima vicinanza (tra madre e figlio) e l'infinita distanza (tra creatura e creatore) tra Maria e Cristo. La storia della marialogia è la storia di un'oscillazione tra la lode e l'oblio di Maria: «Si capisce di qui il su e giù storico delle stagioni mariologiche: a un'onda di attributi, titoli, onoranze esaltanti segue quasi di necessità una controonda pareggiante, che però può anche arenarsi in un oblio teologicamente indegno». Tale oscillazione si spiega con una triplice ulteriore oscillazione, che il teologo individua e descrive come segue: «è anzitutto l'oscillazione del femminino come tale; essendo la donna plasmata in ordine all'uomo, ma nell'identità di rango della stessa natura umana, questa irriducibile duplicità non è nota all'uomo alla stessa maniera; contrasta ogni riduzione. In secondo luogo c'è l'oscillazione specificamente mariana tra la 'bassezza della serva' e il 'mi chiameranno beata tutte le generazioni'; la beatificazione (come 'regina') rischia di dimenticare la bassezza... ed essa rischia di dimenticarla soprattutto qui nel senso che in Maria la bassezza non è l'abisso della peccaminosità neppure originaria, ma quella del nulla creaturale davanti a Dio. C'è infine l'oscillazione così ardua da definire che vige tra gli eoni: l'appartenenza simultanea alla zona supra e infralapsarica, e all'interno della seconda inoltre la simultanea appartenenza alla zona veterotestamentaria ('carne e sangue') e neotestamentario-escatologica ('adombrata dallo Spirito'). Qui in particolare si svilupperà la discussione circa l'essenza, il senso e la dimensione della verginità mariana». A questo punto, von Balthasar traccia una specie di diagramma della marialogia distinguendo tre epoche, nelle quali si passa da un'immagine ecclesiotipica di Maria (patristica) ad un emergere di lei sulla Chiesa come madre dei credenti e sposa del Signore (medioevo) che giunge ad una «cristotipia isolata», dalla quale libera il Vaticano II facendo di Maria «l'immagine archetipa e teletipa» (iniziale e finale) della Chiesa: «Ciò che durante la patristica (a) è rimasto per lo più implicito, la maternità di Maria non solo rispetto a Cristo ma anche ai credenti, perciò anche un rapporto nuziale verso Cristo, diviene nel medioevo esplicito (b), ma questa estrapolazione di Maria conduce a tali disturbi dell'equilibrio che essa nel Vaticano II (c) viene di nuovo ricelata nell'ecclesiologia, pur nella conservazione delle intuizioni essenziali frattanto acquisite». L'opera del Concilio resta «una pietra miliare che non sarà d'ora in poi facile scardinare»; ma le questioni da esso lasciate aperte «premono affinché si pensi a una nuova e più profonda impostazione... e si affrontino anche i problemi che fanno entrare in scena Maria con un suo ruolo drammatico nel teodramma». Von Balthasar offre un contributo in tal senso quando inquadra l'esistenza di Maria nell'ampio arco del tempo salvifico.
3. MARIALOGIA: LA DRAMMATICA PERSONA DI MARIA
La collocazione abituale di Maria in un determinato tempo non è soddisfacente, perché la sua vicenda è più ampia e problematica, tanto che essa può situarsi solo in Cristo o in una Chiesa davvero fedele: «Maria è persona drammatica prima di tutto mediante la sua esistenza tra tutti gli status della natura umana, non soltanto tra appartenenza al Vecchio Patto, al tempo di Cristo e a quello della Chiesa, ma più in là tra un'esistenza paradisiaca (supralapsarica) e un'esistenza nella caduta, ma inoltre escatologicamente tra quest'ultima e la pienezza definitiva. Così ella sembra essere in nessun posto di casa tranne che nel suo Figlio che porta e supera queste stesse tensioni, o alla fine in una chiesa che le dovrebbe almeno reggere ma per lo più non vuole». Conseguentemente, von Balthasar articola la collocazione di Maria in una triplice tensione, che va dal paradiso terrestre al tempo della salvezza e infine all'escatologia:
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A. Tra paradiso terrestre e caduta
Questa prima collocazione pone Maria nella tensione tra la sua reale appartenenza all'umanità e la sua santità:«Maria deve - questo fu il problema emergente per primo -come vera madre del Salvatore appartenere veramente al genere umano bisognoso di salvezza, e deve tuttavia, per poter essere questa madre, essere del tutto santa, 'immacolata'». In realtà parecchi padri non hanno esitato ad ammettere dei difetti in Maria - in quanto vera creatura umana - pur essendo convinti della sua santità. Essi hanno parlato dell'esigenza di una «Catarsi» in lei. Ciò non toglie che Maria sia immacolata, cioè in misura somma obbligata a Cristo.
B. Tra antico e nuovo Patto
La seconda tensione dell'esistenza di Maria deriva dal fatto che ella partecipa a due tempi della salvezza: «Come madre carnale ella si trova nella diretta continuità con le generazioni che arrivano da Adamo attraverso Abramo, mentre come madre verginale, diventata gravida in forza del sì allo Spirito che l'ha adombrata, ella stabilisce una rottura e un nuovo inizio». Questa tensione tra i due Testamenti diventa drammatica mediante il matrimonio con Giuseppe e si esplica drasticamente nei 5 episodi, spesso urtanti, di rifiuto da parte di Gesù: «Il dodicenne rompe con la stirpe in maniera cosl dura che i genitori non capiscono; le parole di ripulsa alla madre a Cana (Gv 2,4) non consentono interpretazioni edulcorate, il rifiuto di riceverla quando ella lo va a trovare e il riferimento agli uditori come a 'fratelli, sorelle e madri' di Gesù (Mt 12,50) devono aver colpito il suo cuore come una spada, la beatitudine rivolta al seno materno viene di nuovo rigirata sui credenti (Le 11,27s.), l'atto del sottrarsi a lei (anche se avvolto di molti misteri) nelle parole: 'Donna, ecco tuo figlio' (Gv 19, 26) sigilla la lunga serie dei distanziamenti». Von Balthasar spiega come in questi episodi Maria serve a Gesù come «oggetto dimostrativo» della necessaria trascendenza della carne e del sangue per ereditare il regno di Dio. D'altra parte i distanziamenti non sono assoluti, ma spesso costituiscono dei differimenti o celano un ricupero: «Naturalmente c'è talvolta in questi casi una segreta intesa con la madre: così per es. chiaramente a Cana, dove ella viene poi esaudita, ma il rimando alla croce come all'ora comune del Figlio e della Madre indica l'attuale 'differimento della fase'...; così pure nascostamente nella Beatitudine della maternità spirituale, così pure sotto la croce dove la maternità corporale di Maria viene dilatata alla spirituale verso l'intero corpo mistico di Gesù. Nella umiliazione visibile si cela la segreta glorificazione. E le stesse parole del dodicenne non sono solo segno della rottura con la famiglia, dato che egli ritorna per altri diciott'anni all'obbedienza ai genitori». Lo stato terreno di Maria è in definitiva «nella linea tra stato originario... e stato finale nel cielo»: perciò è contrassegnato da dolore (come pre-passione) e verginità.
C. Tra tempo ed eternità
Le due precedenti tensioni sfociano nella terza, che caratterizza Maria in modo definitivo: «Ma la tensione più forte è l'ultima, l'escatologica tra tempo ed eternità. Ad essa bisognava arrivare se Maria è la vera madre dei viventi, la quale da un paradiso terrestre riconquistato (nella concezione immacolata) partorisce il virgulto del Messia e i suoi fratelli, ma questo nei dolori del parto sulla croce.... Ciò che Maria partorisce nella purezza verginale del paradiso, ma nei dolori della temporalità e del 'deserto' (Ap 12,6), è frutto per la vita eterna». Gli apocrifi sulla morte di Maria, che risalgono al ll secolo, intuiscono e descrivono il passaggio di lei all'immortalità, anche se in corrispondenza con l'intera vita della «povera ancella» esso è stato «Un morire tra gli eoni»: un evento del tutto inapparente. Von Balthasar conclude la trattazione marialogica notando che la coestensività del ruolo drammatico di Maria a quello di Cristo non legittima l'assurgere del primo a realtà necessaria in modo assoluto rispetto al secondo: «Il drammatico ruolo di Maria - tanto a partire dal suo centro (maternità verginale di Maria) quanto dalla sua estensione che si protende dallo status supralapsarico, a quello caduto, salvato e a quello escatologico dell'umanità -, è apparso come universalmente coestensivo a quello di Cristo e in un senso che sarà bene precisare meglio: in quanto cioè Cristo come uomo ha bisogno dell'integrazione femminile, e la sua ausiliatrice sgorga come in Adamo dal suo costato, ma con la essenziale differenza che Cristo come Figlio di Dio rimane superiore ad ogni necessità integrativa -la maternità e nuzialità di Maria dipendono dalla pura e libera risoluzione di salvezza del Dio trinitario». In altri termini, la marialogia è incompleta qualora venga riferita non solo alla cristologia, ma anche all'ecclesiologia. Qui il teologo riprende i concetti a lui cari di Maria «Centro personale della Chiesa» e di «Chiesa a partire da Maria». In particolare si sofferma sui significati di Maria «tipo della Chiesa»: «Esso può dire che Maria come madre di Cristo è il modello 'carnale' della Chiesa che spiritualmente partorisce Cristo (allora emerge in Maria l'elemento veterotestamentario che spiega le ripulse rivolte dal Figlio alla Madre); esso può dire che ella inoltre è il modello individuale, reale e universale per tutti i credenti (allora Maria sussiste come sintesi colma della fede di Abramo, come perfetta figlia di Sion nel transito dal V. al N.T. e alla Chiesa); esso può infine dire che ella, in quanto insuperabile modello archetipo della chiesa stessa, rimane di questa l'immagine teletipa definitiva (allora Maria è la quintessenza personale della Chiesa neotestamentaria)».
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Con questi sviluppi in rapporto a Cristo e alla Chiesa, l'intuizione di von Balthasar centrata su Maria persona teologica e teodrammatica si conclude.
"Maria e l'avvenire del mondo": LE MARIAFANIE CONTEMPORANEE
Von Balthasar è intervenuto anche sul fenomeno della proliferazione delle apparizioni della Vergine, constantando anche il fatto innegabile che dal 1830 in poi parecchie manafanie (rue du Bac, Lourdes, Pontmain, Fatima Banneux Beauraing, Siracusa... ) sono state riconosciute o permesse dal magistero della Ch1esa. Esse si presentano con i caratteri dell'autenticità ed esercitano un profondo e vasto influsso sui cattolici, specie a livello popolare. Questo intensificarsi delle apparizioni di Maria nell'età contemporanea, mentre è accettato da larghi strati con mistica semplicità, diventa problematico per altri ambienti più critici e attenti al quadro globale della rivelazione: «Molti si meravigliano di queste apparizioni -osserva H. U. von Balthasar -. Perché deve essere sempre Maria? Non ci sono altri santi? Non potrebbe il Signore della Chiesa stesso rivelare la sua volontà?». Il medesimo teologo offre una risposta a questi interrogativi, che perdono dinnanzi al suo sguardo ogni consistenza: «chi si meraviglia in questo modo, non ha capito chi è veramente Maria. Ella è il prototipo della Chiesa, la Chiesa nella sua forma più pura, la Chiesa come dovrebbe essere o (poiché siamo tutti peccatori), come dovrebbe cercare d'essere. Maria non è una persona privata, Ella e, si potrebbe dire, una persona universale.... Quale Serva del Signore che si può a tutto adoperare, Ella è ora dispombile anche per il Figlio suo, per mostrare ai cristiani ciò che la Chiesa è in realtà - e dovrebbe essere -. Proprio perché Ella è la perfetta umile, non ha alcun timore nel rimandare a se stessa, nell'apparire con il rosario, nel fungere da intermediaria al Figlio. Tutto in Lei è grazia, perche dovrebbe esitare a presentare al mondo questo miracolo di DIO, fare ammirare non già se stessa, ma manifestare la potenza di Dio e del proprio Figlio? La parola 'rivelazione privata' non è molto felice. Essa è giustificata se si considera che oltre alla Parola di Dio del Nuovo Testamento non c'è da aspettarsi per il mondo nessuna rivelazione del Dio uno e trino. Ma l'abbiamo compresa nella sua profondità e pienezza? Non abbiamo bisogno sempre di nuove spiegazioni per capire ciò che in essa è contenuto in profondità di grazia ma anche in richiesta dì grazia? In che misura ne siamo assorbiti? E chi sarebbe più competente a darci questa mai conclusa spiegazione se non la Ecclesia immaculata?». Le mariafanie si spiegano dunque per von Balthasar sulla triplice base della funzione storico-salvifica cui Dio ha chiamato Maria, della spiritualità di servizio che la caratterizza, del bisogno permanente di esegesi vitale della Parola da parte di colei che personifica la Ecclesia immaculata. Non è solo il passato a spiegare i segni di una più assidua presenza di Maria nel nostro tempo. La nuova comprensione del concetto di rivelazione che non è semplice comunicazione di verità, ma intervento di Dio nella storia, attraverso «eventi e parole» intimamente congiunti (DV 2), conferisce legittimità e attualità alle mariafanie come segni offerti da Dio al mondo contemporaneo. Esse appaiono «segni interpellanti di Dio che si interessa personalmente della salvezza umana, appelli di stile profetico che scuotono dall'inerzia e infondono speranza, richiami alla conversione e alla vita evangelica,... manifestazioni della materna sollecitudine di Maria verso i suoi figli in particolari momenti storici».
Maria nella teologia contemporanea, pp. 353-372; 589-590.