Esperienze simili si ritrovano in molti scienziati famosi come Henri Poincaré, Pasteur, Bohr, Heisenberg, Max Planck. Questi esempi dimostrano che l'immagine dello scienziato come puro razionalista, chiuso in un universo morale limitato, è falsa. Anche se un tipo di scienziato di questo genere è esistito ed ancora esiste, esso è lungi dall'essere l'unico modello.
I più grandi tra loro si rivelano uomini dediti sia a ricerche scientifiche che a questioni di carattere profondamente umano e spirituale. Si potrebbe anche dire che la passione per la scienza è intimamente collegata alla ricerca religiosa, come ha scritto Einstein: « Difficilmente tra i pensatori più profondi nel campo scientifico riuscirete a trovarne uno che non abbia un proprio sentimento religioso... Il suo sentimento religioso assume forma di ammirazione e di contemplazione di fronte all'armonia della natura, che rivela un'intelligenza così superiore che, in paragone, ogni pensiero sistematico o azione umana non è che riflessione totalmente insignificante».
L'atteggiamento religioso di Einstein non è facile da descrivere in poche parole. Pur dichiarandosi agnostico, in una lettera, così completa la propria affermazione: « Io sono un incredulo profondamente religioso ». Ed egli spiega in che senso sia religioso: « Percepire che, dietro di ciò che può essere sperimentato, c'è qualche cosa di nascosto, di inaccessibile all'intelletto, qualcosa la cui bellezza e sublimità non ci raggiunge che indirettamente, come un pallido riflesso - questa è la religiosità. In questo senso, io sono religioso. Mi basta percepire questi misteri con stupore e cercare, umilmente, di formulare con la mia intelligenza una debole rappresentazione della sublime struttura della realtà »: cf E. Cantore, 1977.
Si può anche aggiungere che l'assenza di un simile impegno spirituale e morale può provocare in alcuni scienziati una vera angoscia. Molti di loro, che praticamente non sono riusciti a vedere nulla di valido al difuori delle scienze sperimentali, sono giunti a scoprire la fragilità intellettuale risultante dal loro presupposto: si sono trovati di fronte al timore che la scienza diventasse il tiranno dell'umanità e che la potenza del sapere distruggesse il potere dell'amore. Bertrand Russel esprime bene questo sentimento: « La società scientifica dell'avvenire, quale possiamo immaginarla, sarà una società in cui l'impulso del potere avrà completamente soggiogato l'impulso dell'amore e in ciò è la sorgente psicologica delle crudeltà ch'essa rischia di produrre »: The Scientific Outlook, New York, Norton, 1959.
Coscientizzazione spirituale ed etica
Coscientizzazione spirituale ed etica
La coscientizzazione morale degli scienziati è il frutto di una progressiva maturazione delle menti, ma è stata anche suscitata da elementi drammatici che stanno a dimostrare il potenziale distruttore della scienza nelle sue applicazioni tecniche. Oggi l'opinione pubblica, su scala mondiale, interpella inesorabilmente il settore della scienza. Come è possibile che scienziati onesti possano pretendere d'ignorare l'impatto che le loro invenzioni e le loro tecniche hanno sulla vita e sulla sicurezza di intere popolazioni, sull'integrità della natura, sull'equilibrio biologico e psicologico degli esseri umani? Nessuno può sfuggire alla dura e dolorosa sfida che rappresentano il nostro avvenire e la nostra sopravvivenza.
Numerose e prestigiose associazioni di scienziati, in tutte le discipline, pongono oggi i problemi etici nella prima pagina della loro agenda. Si tratta di problemi fondamentali, quali la vita, la morte, la pace, l'ecologia, lo sviluppo, i bisogni elementari biologici, culturali, spirituali. Questi gravi interrogativi stanno diventando preoccupazione per ogni uomo e per ogni donna di buona volontà, compresi gli stessi scienziati.
Se gli scienziati oggi sembrano essere meno impegnati di un tempo in discussioni filosofiche riguardo al pensiero dell'empirismo e del razionalismo, essi sono, però, molto interessati ad un altro campo filosofico, quello dell'etica. Come al tempo di Socrate e dei pensatori del secolo decimosettimo, molti sono i problemi in discussione riguardo ai rapporti tra scienza e progresso spirituale.
Un patto etico
Un patto etico
Non stiamo forse assistendo all'emergere di una forma di convenzione etica che interviene tra la scienza e la società? Di fatto, le innovazioni scientifiche hanno contribuito all'unione della famiglia umana migliorando le comunicazioni, i trasporti, la mobiltà, gli scambi economici e culturali tra tutti i popoli. Come conseguenza, l'Umanità diventa sempre più consapevole della propria unità, dei propri diritti, delle proprie aspirazioni, delle proprie comuni responsabilità, e analogamente, si sente giustificata di interpellare la coscienza di esperti.
D'altra parte, sempre più numerosi scienziati e ricercatori sono stati resi sensibili riguardo al servizio dovuto alla famiglia umana ch'essi hanno collaborato a riunire. Un dialogo illuminato tra il settore scientifico e il pubblico merita d'essere incoraggiato come nuova dimensione della cultura moderna.
Tutti siamo consapevoli che, per la prima volta nella storia, l'essere umano, su piano universale, è diventato problematico nei confronti di se stesso: il senso della vita si pone drammaticamente alla coscienza di tutti, poiché ogni vita umana e ogni cultura potrebbero essere cancellate dalla faccia della terra per decisione di uno di noi, capace di innescare un olocausto nucleare.
Desideriamo tutti rigettare e rifiutare questa fatale eventualità, non osando credere alle parole di Claude Lévi‑Strauss: « Il mondo è cominciato senza l'uomo e finirà senza di lui ». Mai, in passato, abbiamo così chiaramente compreso come ora che la nostra sorte futura dipende dalla nostra comune cooperazione morale. La saggezza soltanto potrà salvarci. La scienza, diventata la nuova e vera ricchezza delle nazioni, deve ora diventare un'alleata a servizio di questo orientamento umanistico circa il nostro avvenire e la nostra crescita.
Verso un umanesimo interculturale
Verso un umanesimo interculturale
Un nuovo umanesimo viene esprimendosi con la ridefinizione degli approcci intellettuali alla realtà. Questo nuovo umanesimo difende alcuni principi di base capaci di fondare le sintesi dell'avvenire: la specializzazione può essere conciliata con l'interesse per i problemi globali; la ricerca sperimentale non è in contraddizione con gli obbiettivi etici; l'astrazione scientifica non elimina la compassione; l'identificazione con la propria cultura non separa dalle altre civiltà.
Questo ultimo punto merita particolare attenzione. Mi riferisco ai recenti e promettenti sforzi che mirano a superare le prospettive etnocentriche di troppi specialisti occidentali. Molti tra essi stanno riscoprendo, con interesse e ammirazione, a che punto la scienza e la tecnologia occidentali siano debitrici delle civiltà orientali. Per esempio, una conferenza internazionale tenuta a Venezia nel marzo 1986, i cui risultati sono stati pubblicati dall'UNESCO, ha molto efficacemente illustrato il debito che la scienza occidentale ha nei confronti del Sud asiatico, dell'India, della Cina, dell'Arabia, della Persia.
L'influenza culturale e scientifica di questi paesi sull'Occidente è ora chiaramente dimostrata in molti campi del sapere: medicina, architettura, navigazione, aritmetica, algebra, trigonometria, astronomia, tassonomia, botanica, chimica, fisica, metallurgia, come pure nei principali campi delle scienze umane, del diritto, della psicologia, della pedagogia, della filosofia. Platone, Pitagora, Parmenide, ora lo si riconosce, sono stati direttamente e indirettamente influenzati dalle culture dell'India. Attraverso la Grecia e Roma, gli Europei sono entrati in contatto con il contributo degli Arabi, del Sud asiatico, della Cina. Come scherzosamente osserva Donald Lach, quando Matteo Ricci e i Gesuiti arrivarono in Cina nel secolo decimosettimo, portando con loro le conoscenze dell'Occidente, la loro scienza includeva l'aritmetica, l'algebra, la trigonometria, che erano state ampiamente ispirate dall'India, come pure l'astronomia e la cosmologia che provenivano da tradizioni indiane, cinesi e arabe: cf D. J. Lach, 1977.
Il dialogo ora impegnato tra scienziati dell'Est e dell'Ovest, offre una promessa di reciproca crescita. Un'ottica intellettuale nuova potrà esserne il risultato riguardo al passato e al futuro della scienza. Saremo tutti incoraggiati a comprendere e promuovere l'apporto degli scienziati dell'Asia e dell'Africa.
Ci si chiede come gli scienziati delle nazioni che stanno emergendo possano, nel loro paese, manovrare le forti esigenze della scienza e della tecnologia evitando i sottoprodotti che si constatano in Occidente quali: forme d'industrializzazione e di urbanizzazione che decadono nel materialismo, l'edonismo, la distruzione dell'ambiente naturale e culturale. Ci si chiede anche come sarà loro possibile coltivare la scienza moderna e, contemporaneamente, apportare alla comunità scientifica il patrimonio umanistico della loro cultura.
Di fronte a queste nuove prospettive, la scienza è ora percepita come operazione includendo l'impegno per l'etica, per il servizio e per la comprensione interculturale. La mentalità interdisciplinare dovrà aiutarci a guardare le scienze moderne come altrettante vie verso la conoscenza di tutte le realtà materiali ed immateriali, verso la contemplazione di ogni verità ed ogni bellezza.
Scienza e sapere religioso
Scienza e sapere religioso
Si va sviluppando un nuovo sforzo di comprensione tra scienziati e pensatori religiosi, che culmina in una mutua comprensione dei propri metodi e dei propri modi di conoscenza. I responsabili dell'ambito religioso vedono oggi con maggiore chiarezza che i Libri Sacri e le tradizioni sacre non offrivano conoscenze scientifiche riguardo alla costituzione materiale dell'universo o alla sua struttura astronomica. Gli scienziati, dal canto loro, comprendono meglio che nel passato essi avevano spesso rigettato, non soltanto le antiche cosmogonie religiose, ma con esse anche il messaggio universale di sapienza contenuto nelle tradizioni e nella Sacra Scrittura. Pasteur usava dire: « Un po' di scienza ci allontana da Dio, molta scienza ci avvicina a Dio ».
Scienziati molto noti - John Eccles, H. Morowitz, F. Northrop, Henry Margenau e molti altri - mettono oggi in causa le leggi del determinismo come spiegazione ultima della costituzione fisica della realtà e della struttura biologica. I fattori che presiedono all'ordine e producono le regolarità fisiche e biologiche sembra postulino l'esistenza di una Intelligenza universale e di una Coscienza trascendente. Pur nel rispetto della distinzione dei metodi, molti tra gli scienziati giungono a pensare che gli interrogativi più profondi concernenti il mistero della natura non sono tanto lontani dalla riflessione dei teologi a proposito della creazione. Per esempio, H. Margenau, professore di fisica e di filosofia naturale alla Yale University, offre, a questo proposito, una sintesi originale sul pensiero scientifico e religioso: The Miracle of Existence, Woodbridge, Conn. Ox Bow Press, 1984.
Rivolgendosi agli scienziati e agli studenti dell'Università delle Nazioni Unite, riuniti a Hiroshima il 25 febbraio 1981, Giovanni Paolo II, ha sottolineato il bisogno di cooperazione tra la scienza razionale e la conoscenza religiosa: « Voi che vi dedicate alle scienze, non siete forse invitati a studiare il legame che è necessario stabilire fra la conoscenza scientifica e tecnologica, e la conoscenza morale dell'uomo? Conoscenza e virtù furono coltivate insieme dagli antichi, in Oriente come in Occidente. Anche oggi, lo so bene, molti studiosi, anche se non tutti professano una religione particolare, sono alla ricerca di un'integrazione fra la loro scienza e il loro desiderio di servire l'uomo nella sua interezza. Essi costituiscono una grande famiglia spirituale, uniti da comuni atteggiamenti quali la loro onestà intellettuale, la loro auto‑disciplina in quanto studiosi, e la loro obiettività e rispetto davanti ai misteri dell'universo. Tutti quelli che generosamente applicano le loro conoscenze al progresso dei popoli e tutti quelli che hanno fede nella vocazione spirituale dell'uomo sono invitati a svolgere un compito comune: costituire una vera scienza per lo sviluppo integrale dell'uomo »: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV1, 1981, pp. 548‑549.
Vedi
Scienza e fede
Religione e cultura
Bibl.: E. Cantore 1977. H. Carrier 1990a. G. Holton 1979. J. Ladrière 1977.