Società post‑industriale - DIZIONARIO DELLA CULTURA

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Società post‑industriale

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Il termine società post‑industriale è forse discutibile e c'è chi preferisce dei sinonimi quali società dell'informazione, società pianificata, società cibernetica o società dei servizi. Ciò che importa, è il constatare che la società industriale sta subendo trasformazioni radicali.

Economia e servizi
I cambiamenti sono visibili soprattutto nel campo dell'occupazione e delle attività socioeconomiche, con tutte le conseguenze culturali che ne derivano. Facciamo un esempio. Nei paesi più industrializzati, si constata che le persone impiegate nei servizi superano numericamente gli operai delle industrie. Dieci anni dopo l'ultima guerra mondiale, negli Stati Uniti, il numero dei colletti bianchi superava il numero dei colletti blu. Il movimento si è andato accelerando in tutti i paesi industrializzati ed è in questo senso che oggi si parla di un'economia dei servizi. Il valore dei servizi forniti supera il valore dei prodotti manifatturati e i beni materiali creati dall'industria.
Si constata, inoltre, l'emergere di una nuova classe, quella dei tecnici e delle persone dedite ai servizi professionali. Questa nuova classe è costantemente alimentata da nuovi effettivi e diventa perfino il simbolo dell'economia dei servizi, come l'operaio è stato ieri il simbolo della società industriale. Notiamo che l'industria non è in declino. Al contrario, i suoi progressi sono ogni giorno più evidenti. Ciò che vediamo è che l'equilibrio tra i tipi di occupazione si va continuamente trasformando a vantaggio del settore terziario.

Costante innovazione
La società moderna esige, come condizione vitale del suo sviluppo, l'inseguimento organizzato dell'innovazione e della creatività, ciò che richiede la pianificazione, la previsione e la ricerca volontaria del cambiamento. Il sociologo Daniel Bell, conosciuto per i suoi studi sulla società post‑industriale, afferma che « il cambiamento sociale senza dubbio più importante nel nostro tempo è costituito dall'emergere di un processo tendente a provocare direttamente il cambiamento stesso. Gli uomini d'oggi cercano di prevedere il cambiamento, di misurare il suo orientamento e i suoi effetti, ed anche di padroneggiarlo per determinati fini ».
I ricercatori emergono come classe nuova. In un testo del 1947, Teilhard de Chardin anticipava con lucidità il senso della rivoluzione culturale che si è operata nella società moderna: « Oggi si contano a milioni gli uomini che ricercano, in tutti i campi, e sono milioni ad essere organizzati. In numero di uomini impiegati, in somme di denaro assorbite, in qualità di energie spese, la ricerca tende prevalentemente a diventare il Grande Affare del Mondo... La nostra epoca è spesso definita dall'ascesa sociale delle masse. Questo è giusto... ma la si potrebbe caratterizzare dall'Ascesa della Ricerca »: Oeuvres, 1945, t.9.

Conseguenze culturali
Già si possono intravvedere le conseguenze di questi mutamenti sulle attività cognitive ed intellettuali dei nostri contemporanei. Il cambiamento pianificato e l'impulso alla creatività contribuiscono a dare un posto eminente all'informazione, all'analisi e alla programmazione. La società post‑industriale, poiché richiede degli specialisti in tutti i campi del sapere e non funziona che con l'apporto di servizi professionali fortemente differenziati, più d'ogni altra società del passato organizza intorno a sé istituzioni che stimolino la ricerca, la conoscenza, la specializzazione.
Nelle società del passato, i proprietari terrieri, i militari, i rappresentanti delle grandi famiglie dominavano le attività socioeconomiche. Recentemente, hanno avuto il dominio i rappresentanti dell'industria, la gente d'affari, gli imprenditori. La nostra epoca è sempre più l'epoca dei ricercatori, dei tecnici, degli ingegneri, degli economisti, dei sociologi, degli specialisti d'informatica.
Questo fa affermare a Daniel Bell che la leadership della nuova società non si troverà più, come ieri, tra gli uomini d'affari e tra i direttori d'industria, ma « nei centri di ricerca, nei laboratori industriali, nelle stazioni sperimentali e nelle università ». Ed aggiunge: « L'università diventerà l'istituzione centrale dei prossimi cento anni a causa del suo ruolo di sorgente d'innovazione e di conoscenze ». Questo è anche il parere di John Kenneth Galbraith che parla del ruolo centrale degli istituti di ricerca e d'insegnamento: « Essi sono in rapporto al sistema industriale ciò che erano, in gran parte, gli istituti bancari e finanziari per l'industria del passato ».
La società post‑industriale appare dunque sempre più plasmata da un nuovo potere: quello dei ricercatori, dei tecnici, come anche degli specialisti di amministrazione, di programmazione e di pianificazione. I problemi estremamente complessi posti dalla produzione moderna e dall'estensione dei servizi in tutti i campi, soprattutto nelle amministrazioni nazionali, richiedono il ricorso a tecnici altamente qualificati e l'impiego dei computers. Decisioni legate ad immensi interessi sono spesso prese in uffici di ricerca e di consultazione, senza che sia possibile, da parte dei responsabili ufficiali, la verifica degli elementi che hanno suggerito una soluzione a preferenza di un'altra. Quando è in gioco l'interesse pubblico, c'è il rischio che delle decisioni politiche siano elaborate da tecnocrati senza che i rappresentanti del popolo o dell'opinione pubblica possano criticare le motivazioni delle scelte proposte. Il cittadino comune prova una crescente frustrazione perché ha l'impressione che le decisioni che lo toccano siano preparate da un potere sul quale non ha molta presa. Questo fenomeno, ben noto in Occidente, è anche osservabile nei paesi socialisti. Arnold Toynbee aveva anche previsto che l'impatto decisivo sui regimi comunisti sarebbe venuto non dagli amministratori o dagli scrittori, ma, secondo la sua espressione, « da una classe specializzata in possesso di particolari conoscenze, dagli uomini della scienza, dai tecnici e dagli ingegneri. Il potere nel mondo d'oggi è dato dal possedere buoni scienziati e buoni tecnici ».
L'innovazione sociale, perseguita come obbiettivo, suscita nuove professioni, ispira metodi di pianificazione e tecniche decisionali inedite. Queste evoluzioni fanno comprendere il ruolo centrale e dinamico che avrà d'ora in poi la scienza in questo tipo di società del sapere che gli Inglesi chiamano Knowledge society. La scienza è la forza propulsiva e il fattore decisivo del progresso socioeconomico: si tratta di un postulato fondamentale di questa società. Il progresso della scienza e della ricerca appare come la condizione indispensabile dell'innovazione e dello sviluppo nei diversi settori dell'attività sociale: l'industria, il commercio, l'amministrazione, le comunicazioni, l'agricultura, la medicina, la difesa.
Il potere politico sempre più poggia sulla ricerca e sulla perizia scientifica.
Verso una società partecipativa. Parallelamente a questa tecnologizzazione del potere politico, si assiste, nei paesi liberi almeno, ad un'estensione della democrazia ad altre sfere oltre quella politica. Il sindacalismo ne è un esempio. Nello stesso modo si può parlare del potere dei consumatori e delle realizzazioni democratiche in seno all'industria. L'opinione pubblica si oppone all'opacità del potere tecnologico che suscita paure collettive e che i movimenti ecologici, pacifisti, antiscientifici sanno sfruttare con successo. Sul piano della politica locale soprattutto, si osserva la creazione di comitati o di organismi di cittadini che cercano, attraverso una partecipazione diretta, di promuovere o difendere i loro interessi collettivi, anche i più complessi.
L'uomo della società post‑industriale ha imparato a contestare quando non lo si ascolta, non lo si consulta e non lo si intende. Si esige da parte dei responsabili che rendano conto al pubblico anche riguardo ai problemi più tecnici. Si cercano vie nuove per partecipare all'elaborazione delle politiche che interessano il bene comune. E comprensibile che questa mentalità abbia conquistato tutte le sfere della vita sociale, gli affari, il sindacato, e perfino la famiglia, la scuola e il settore religioso.
Nel campo civile, una certa concezione dell'autorità va accantonandosi, soprattutto se per autorità s'intende un potere incontrollato, ereditario o fondato su privilegi. L'autorità tende ad identificarsi con la competenza e il sapere. Nella vita privata, si è pronti ad obbedire al proprio medico, al proprio avvocato o ad uno specialista che dimostri competenza. L'uomo politico stesso è giudicato secondo questi criteri. L'autorità, inoltre, tende a collettivizzarsi, cioè gli interessati stessi tendono a prendere in mano il governo dei propri affari e ad istituire i controlli sulle decisioni che li toccano. La vigilanza popolare si dota di esperti e di uffici specializzati.
Un altro aspetto culturale della « Knowledge Society » è da segnalare. In questa società, il sapere non è considerato principalmente dal punto di vista accademico, ma dal punto di vista sociale, politico ed economico.
Non si tratta di porre l'accento sui contrasti, ma dobbiamo tuttavia dire che il sapere è ormai visto come un potere e non, in primo luogo, come oggetto di contemplazione. L'uomo della società post‑industriale considera la scienza come un mezzo di trasformazione e di sfruttamento della natura e come un fattore d'orientamento del cambiamento sociale. Siamo lontani dall'ideale di quel tipo di uomo onesto, formato nella società del passato, per il quale il possesso tranquillo del sapere aveva un valore inestimabile. Da quel tempo, la scienza ha rivoluzionato la tecnologia e la condotta degli affari collettivi. E riflettendo su questa evoluzione che si può percepire il nuovo ruolo dell'Università moderna e le poste in gioco che deve affrontare ogni riforma umanistica dell'insegnamento.

Vedi
Industrializzazione
Scienza nuova (New Learning)
Università
Modernità
Società dei costumi
Lavoro

Bibl.: D. Bell 1973, 1976. J. C. Delaunay 1987. J.K. Galbraith 1972, 1992, 1993. A. Touraine 1969.
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