FERNANDEZ D., ; El pecado original. Mito o realidad?, EDICEP, Valencia 1973; IDEM, Asunciòn y magisterio. Repercusiòn de la definicion dogmatica para la teologia, in Ephemerides mariologicae 35 (1985) pp. 102-120; IDEM, La crisis de la teologia del pecado original, afecta al dogma de la Immaculada Concepciòn?, in Ephemerides mariologicae 35 (1985) III-IV, pp. 277-297.
1. L'IMMACOLATA E IL PECCATO ORIGINALE
D. Fernandez nel suo libro El pecado original. Mito o realidad?, accetta gli sviluppi teologici contemporanei circa il peccato originale, ma insiste soprattutto su due principi:
A) «Il nostro punto di partenza non può essere Adamo o il peccato, ma Cristo», secondo cui la teologia del peccato deve essere vtsta attraverso la teologia della redenzione;
B) «Non si deve considerare la redenzione solo nel suo aspetto negativo come liberazione dal peccato o riscatto. Si deve insistere anche sull'aspetto positivo, sui beni salvifici che essa apporta: grazia, santità, filiazione divina, vita nuova... ».
Applicando questi presupposti al dogma dell'Immacolata Concezione, Fernandez afferma che «dal punto di vista teologico, più che essere esenti dalla macchia originale, è significativa l'immunità da ogni peccato attuale, la disponibilità mai negata al progetto e alla volonta di Dio.... Il mtstero di Maria dobbiamo vederlo nella sua vera dimensione teologica: come un mistero di elezione divina, di santità, di pienezza, di grazia e di fedeltà al piano di Dio». La formulazione negativa della Bolla lneffabilis Deus dovrebbe pertanto cedere il posto a quella positiva. Infatti il modo negativo è sempre un'espressione imperfetta: che cosa sarebbe una santità esente da peccato, qualora non fosse accompagnata dalla grazia ed elezione divina, nonché da una vita di impegno fedele verso Dio e verso gli uomini? Un'ombra può far risaltare la luce, ma ci dice molto poco. La liturgia dell'Immacolata, anche quella rinnovata, pur menzionando l'esenzione dal peccato originale, celebra principalmente la pienezza di grazia di Maria e la sua fedeltà alla volontà di Dio. In realtà - aggiunge Fernandez - essendo il peccato originale «un peccato molto attenuato, che solo analogicamente può dichiararsi peccato... il fatto che la Vergine non lo abbia contratto non varrebbe la pena celebrarlo con tanta solennità...». Pertanto, sia la Ineffabilis che la Lumen gentium insistono, in armonia con i Padri orientali, sulla santità positiva di Maria. In un articolo del 1985, Fernandez ribadisce con nuovo vigore e maggiore convinzione la sua duplice tesi: occorre dare «un addio definitivo» alla dottrina sul peccato originale e negare insieme l'esistenza di una «relazione intrinseca ed essenziale» di esso con il dogma dell'Immacolata Concezione. Quanto alla dottrina tradizionale sul peccato d'origine Fernandez osserva che essa si muove «da un'esegesi prescientifica e da una visione del mondo estatica e fissista». Oggi questa concezione mitica è entrata in crisi, sia in tanti suoi presupposti, sia soprattutto in alcune sue affermazioni; «supporre uno stato sublime di perfezione nei primi parenti, ammettere che Adamo fu un individuo storico individuale, pensare che egli potesse trasmettere la vita soprannaturale della grazia, credere che per il peccato di questo primo uomo tutti i suoi discendenti siano trasformati in 'figli d'ira'». Circa il legame tra i due dogmi del peccato originale e dell'Immacolata Fernandez è dell'avviso che esso non esista, se non in una teologia condizionata da un concetto negativo e limitato della redenzione. Affrontando tre difficoltà marialogiche avanzate contro la nuova interpretazione (o negazione) del peccato originale, il teologo claretiano precisa il suo asserto:
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A) Non è vero che «se si nega il peccato originale, perde tutto il suo significato il dogma dell'Immacolata»; al contrario questo «guadagna in bellezza e profondità, perché come hanno compreso i padri greci - la formulazione positiva è più ampia e perfetta. È più importante «la presenza e pienezza di grazia» che non «l'assenza di peccato».
B) Non resiste neppure l'obiezione che vede nella definizione dell'Immacolata una ratifica del dogma del peccato originale. Al contrario - anche qui - la verità profonda nascosta sotto la formula negativa è che «Maria fu redenta da Cristo in modo sublime e perfetto» pur non avendo nessun peccato. In realtà è possibile pensare ad una redenzione che non sia «liberazione dal peccato», ma principalmente «capacità di possedere Dio». Quindi «ogni essere umano, come essere creaturale e limitato, ha bisogno della grazia e salvezza di Cristo per partecipare alla vita eterna», ma non è necessario che «l'universalità della redenzione implichi l'universalità del peccato». La terza difficoltà punta sul ridicolo che ricadrebbe sul supremo magistero ecclesiale, che avrebbe definito Maria immune di un peccato non esistente. Questa volta Fernandez si limita a osservare che occorre interpretare la definizione dell'Immacolata, «la quale - come gli altri dogmi - riflette la cultura, la mentalità e la teologia propri del suo tempo». Al di là del presupposto teologico-culturale del peccato d'origine, la bolla Ineffabilis intendeva dichiarare Maria «piena di grazia e tutta santa» fin dall'inizio della sua esistenza. Alla luce della storia, infatti tale dogma «è risultato dal progressivo, secolare approfondimento della coscienza religiosa cristiana all'interno dell'affermazione del Nuovo Testamento su Maria: Madre di Cristo, piena di grazia». Sia in oriente che in occidente è prioritaria la considerazione della positiva santità di Maria, poi si esclude in lei il peccato personale, infine quello originale. Nel sec. XII, sia la festa che la teologia presentano l'Immacolata Concezione nel contesto della «Santificazione della Beata Vergine Maria». Anche la Bolla Inelfabilis ha una «visione marcatamente positiva, caritocentrica, cristocentrica del mistero di Maria Immacolata... La formulazione negativa (del dogma)... ha una spiegazione sufficiente nel contesto storico nel quale si sviluppò il dogma dell'Immacolata».
2. L'ASSUNZIONE DI MARIA
Circa questo dogma, D. Fernandez intravede anche nuove possibilità di fondazione biblica dell'Assunta, con possibili ripercussioni positive in campo ecumenico: «Le nuove prospettive dell'escatologia, che ammettono per tutti i salvati la vita piena dell'uomo intero che confessiamo in Maria, potrebbero risolvere la principale difficoltà che abbiamo incontrato in tutti gli autori che hanno trattato del dogma dell'Assunzione: il suo carattere rivelato». Lo stesso autore è dell'avviso che l'assunzione di Maria non ha motivo di essere un «caso eccezionale, un privilegio esclusivo». La sua definizione ha apportato conseguenze positive e «potrebbe segnare una nuova era nella mariologia qualora si rinunci all'idea di una mariologia di privilegi individuali per una considerazione più ecclesiale e universale».
Maria nella teologia contemporanea, pp. 466-469, pp. 509-510.