NISSIOTIS N., Maria nella teologia ortodossa, in Concilium 19 (1983)8, pp. 66-91.
In un suo articolo l'ateniese N. Nissiotis sembra sintetizzare gli apporti più recenti della teologia ortodossa, evitando alcune dottrine particolari non condivise da tutti (come la sofiologia o la cristologia asimmetrica). Nissiotis parte dal presupposto che «non c'è teologia cristiana senza un continuo riferimento alla persona e al ruolo della Vergine Maria nella storia della salvezza». Due antichi titoli attribuiti a Maria, Theotokos (Madre di Dio) e Panaghìa (Tuttasanta), assicurano il posto che compete a lei nell'economia
divina in ordine a Cristo e allo Spirito Santo: «l due termini, infatti, illustrano una verità fondamentale: che non si può pensare, parlare e scrivere di Maria, o meditare e pregare con lei entro la comunità ecclesiale, se non si pensa a lei, sempre, come a qualcuno che è inseparabilmente unito all'evento-Cristo nello Spirito, e alla comunità ecclesiale come a una comunione di santi e al popolo santificato di Dio». La Theotokos non consente di dissociare il discorso su Maria dall'incarnazione: ella infatti non dà solo un corpo al Verbo, ma «è pienamente coinvolta come persona specifica per collaborare all'ipostasi del Logos». Questa cooperazione si spiega con il richiamo alle antiche controversie cristologiche:«Dopo la sconfitta del nestorianesimo, l'espressione Theotokos significò che Maria è inseparabilmente legata all'evento-Cristo nell'incarnazione del Logos, al quale essa ha dato non solo la forma umana, ma una ipostasi piena, unendo entro di sé le due nature in una piena reciprocità ed interpenetrazione. Il pensiero degli antichi Padri greci respinse il termine Christotokos per le implicazioni che esso aveva non in relazione alla persona di Maria, bensì in relazione a una piena e autentica comprensione dell'incarnazione, ossia dell'unione in Cristo di due nature, senza cambiamento né confusione, fin dall'inizio. L'unione delle due nature nell'incarnazione comporta che Maria dà alla luce Dio nel tempo. Nella nascita di Cristo tutto il Logos divino venne a essere pienamente unito con tutta la natura umana. E benché in questo mistero la priorità sia da attribuire all'incommensurabile potenza divina, Maria diventa Madre di Dio rendendo possibile tale mistero, realizzando quell'evento paradossale, impensabile e unico nel quale 'Dio apparve nella carne', (1 Tm 3,16), e facendo si che le due nature si unissero, pariteticamente, in un'unica persona». Si giustifica quindi pienamente il titolo di Theotokos, senza il quale si cade nei vecchi errori cristologici: «L'insistenza con cui l'antica teologia cristiana usa soltanto il termine Theotokos è pertinente, e scaturisce da una comprensione appropriata della cristologia, e cioè dell'unione di due nature, quella divina e quella umana, nell'unica persona di Cristo. O si afferma per fede questo mistero come qualcosa che avviene pienamente fin dall'inizio, oppure si rischia ogni tipo di deviazione: il duofisismo (la separazione delle due nature), il monofisismo (l'accettazione di una natura soltanto, nella nascita di Cristo), oppure il docetismo (avallando l'idea di un'appartenenza esterna), e non si accetta l'accadere dell'evento stesso. Dietro tale insistenza c'è la ferma e chiara convinzione di fede nell'incarnazione del Logos, per cui non si può parlare di natura (physis) al di fuori di una persona concreta (hyp6stasis), senza cadere in un'astrazione, o nella negazione diuna delle due nature (cioè, con il termine Christotokos, di quella divina), distruggendo così la piena comprensione dell'incarnazione».
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La fedeltà al concilio efesino è garanzia di ortodossia cristologica, sicché l'accettazione della Theotokos non è facoltativa ma necessaria: «Il terzo concilio ecumenico di Efeso (431 d.C.), servendosi di tale appellativo, ha collocato per sempre la mariologia nell'ambito della cristologia, usandolo come termine cristologico preesistente nella tradizione patristica d'Oriente. In una corretta cristologia noi affermiamo ciò che avviene nell'incarnazione del Logos: cioè che colui che esisteva fin dall'inizio come Logos eterno e Figlio di Dio prese carne dalla Vergine Theotokos Maria e divenne altresì pienamente uomo (Atanasio, PG 26,383) e perciò se qualcuno non accetta e non riconosce santa Maria come la Theotokos, lui stesso è privo del senso della divinità [nell'incarnazione]» (Gregorio di Nazianzo, PG 37,177)». Ne consegue un corollario di grande importanza, e cioè che «la Theotokos sta entro una giusta cristologia come la prova e la custode della realtà e della pienezza dell'unione ipostatica divino-umana». Poiché la nascita di Cristo avviene ad opera dello Spirito Santo, essa non potrà essere compresa all'infuori dell'intervento di Dio unitrino: «In altre parole, con la mariologia noi vediamo la piena Divinità in piena comunione personale che agisce, crea, restaura e porta a compimento tutta la creazione, realizzando nell'umanità l'atto salvifico per tutti gli uomini, in Maria e per mezzo di lei». In particolare, lo Spirito precede l'incarnazione non solo per dare a Maria la capacità di conferire l'essenza e la forma umana al Logos, ma pure per renderla la personificazione dell'umanità in piena comunione con Dio: «Diventa pneumatofora, portatrice dello Spirito in modo singolare, prima di diventare Cristofora o, per meglio dire, Theotokos, colei che porta Cristo, cosicché nell'incarnazione il contributo umano è reso possibile e portato a compimento dall'azione speciale dello Spirito, e per l'intera umanità». È lo Spirito a operare in Maria non solo la «purificazione» e la «nascita verginale», ma anche tutta la santificazione, non senza la cooperazione personale di lei: «Maria non ha vissuto né agito da sé, bensì mossa dalla grazia divina e per il popolo di Dio. Giovanni Damasceno, rivolgendosi a lei, lo riafferma: 'Tu non hai vissuto per te stessa ma in Dio, per il quale sei venuta all'esistenza affinché tu potessi servire il mistero della salvezza di tutti e si compisse la volontà di Dio per l'incarnazione del Logos e la deificazione di noi tutti'. Ciò però non avviene solo per mezzo di un'azione automatica della grazia divina in lei, come se questa venisse riversata in un recipiente senza vita, che la riceve passivamente. Lo stesso Padre della Chiesa esalta Maria: 'Tu hai ricevuto la pienezza della grazia perché ne eri pienamente degna'; in tal modo essa è diventata uno strumento, simbolo e tipo della deificazione di tutti i fedeli che, per fede, hanno parte nel medesimo mistero dell'incarnazione, della croce e risurrezione, mediante la loro cooperazione per la medesima grazia, fondata sulla loro libera volontà, a immagine della Panhagia-Theotokos». Dopo aver rilevato «Un collegamento organico tra Maria e l' evento eucaristico» e la tipologia antropologica della Theotokos, Nissiotis conclude in positivo: «È evidente quale grande importanza abbia oggi per la vita ecclesiale, per la teologia e specialmente per la antropologia cristiana il discorso su Maria. Oggi diventa essenziale parlare di un'antropologia mariologica, se vogliamo affrontare cristologicamente il posto della Vergine Maria nell'economia della salvezza e della maternità nella chiesa».