VON LE FORT GERTUD - AUTORI MARIANI

80 Teologi di varie confessioni religiose
che scrivono su Maria.
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V
VON LE FORT GERTRUD (1876-1971)

VON LE FORT G., Die ewige Frau, Kösel Verlag, München 1934.

A) Il richiamo a Maria è costitutivo ed essenziale nella prima riflessione cristiana sulla donna: Die Ewige Frau della cattolica Gertrud von Le Fort, pubblicato nel 1934. Questo libro, piccolo di mole ma denso di contenuto, si pone intenzionalmente sul piano simbolico e metafisico e «non da un punto di vista psicologico o biologico, storico o sociale». L'autrice ovviamente conosce il femminismo e lo analizza facendone risaltare innanzitutto i valori: «Il principio del movimento femminista fu di origine spirituale, determinato dall'angustia della vita piccolo borghese troppo rinchiusa - le ragioni economiche non ci interessano. Le donne di quell'epoca cercavano, per un bisogno impellente delle anime loro insoddisfatte, spiritualità e amore, e tanto basti per capire quanto tragica e degna di rispetto fosse la situazione loro!.... A quest'angustia della famiglia piccolo borghese corrispondeva una famiglia sociale internazionale anch'essa in gran parte distrutta dalla dissoluzione dei legami religiosi.... Fu allora... che intervenne servizievole la donna. Ella... trovò, e rimarrà sempre una bella pagina nella sua storia, il concetto della corresponsabilità sociale. La quale corresponsabilità è... eredità cristiano-religiosa». Ciononostante, il femminismo deluse speranze e aspettative, perché «si mise a lottare intorno a questioni particolari e superficiali» senza visione culturale di globalità, e perché «era andato perduto precisamente il senso delle gerarchie eterne», cioè la sponsalità spirituale della donna. Gertrud prende perciò le distanze dal movimento femminista con una riflessione filosofico-religiosa, che pur non negando l'influsso della donna nella storia, le assegna un ruolo subalterno e silenzioso: «Interrogando le leggi ordinarie della vita attraverso l'indagine biologica, si giunge alla conclusione che la donna non rappresenta quelle doti ch'hanno parte attiva nella storia, né le esercita, ma ne è la silenziosa apportatrice». L'immagine della donna emergente dal libro della Von Le Fort è agli antipodi delle aspirazioni femministe: «È evidente non essere la donna, ma l'uomo e la sua opera a costituire il nucleo della storia... La donna non è quella che propriamente opera, ma colei che collabora; quale collaboratrice però partecipa pure alla creazione» Procedendo su questa via, l'autrice approda all'affermazione che genuino simbolo muliebre è il velo, poiché proprietà della donna sono il segreto, il silenzio, l'inapparente. La madre si nasconde nel figlio, la sposa nello sposo, la vergine in Dio.
B) L'eterno femminino, che implica maternità - verginità - ancillarità, trova la sua più alta espressione in Maria: «Quest'Una pur essendo infinitamente più del simbolo della femminilità, è anche simbolo di femminilità, ché in Essa soltanto il mistero metafisica della donna ha potuto trovare forma e perciò farsi intuibile». In Maria, vergine e madre, la donna trova la sua vocazione: «Donde si manifesta chiaramente il duplice significato della donna nella storia: madre che trasmette alle generazioni le capacità dell'uomo che fa storia, vergine che garantisce all'uomo questa capacità di fare storia, vale a dire la persona». La suprema vocazione della donna, oltre alla maternità che è il suo compito «in senso assoluto» e alla verginità che significa «lo sposalizio nel mistero dello Spirito Santo», consiste nell'atteggiamento religioso di disponibilità anch'esso ipostatizzato in Maria: «La salvezza di ogni singola donna è indissolubilmente legata all'immagine di Maria e alla sua missione. La ricostruzione cosciente dell'immagine eterna è possibile per la singola donna solo nell'atteggiamento dell'ancilla Domini cioè in atteggiamento di perpetua docilita ai voleri di Dio». Nulla di più stridente della donna che rifiuta il «fiat mihi», cioè il farsi ricettiva di fronte a Dio. Allora diviene la «grande meretrice» apocalittica e il simbolo dell'ateismo: «Solo la donna che ha tradito la sua missione può rappresentare quell'assoluta sterilità del mondo che ne genera la fine». Maria invece è «la sola superatrice di ogni decadenza religiosa», proprio perché incarna la piena disponibilità all'azione di Dio; «La passività recettiva femminea, che l'antica filosofia aveva identificata col puro negativo, si è trasformata nell'ordine cristiano della grazia in positività che decide. Il dogma di Maria non è che la formula in cui si esprimono tutte le dottrine intorno alla collaborazione della creatura alla Redenzione». Simili parole, che coincidono con quelle di Barth circa Maria come prototipo della concezione cattolica della salvezza, escludono ugualmente ogni protagonismo mariano, in quanto il modo proprio della Vergine - come di ogni donna - è l'anonimia, l'impersonalità, la strumentalità: «...le litanie lauretane... la invocano quale 'stella matutina', magnifica immagine sia dal punto di vista dogmatico sia dal poetico: la stella matutina precede il sole per svanire in esso».
C) Questi presupposti d'ordine metafisico e religioso impediscono a Gertrud di cogliere gli aspetti di iniziativa e di liberazione insiti nella figura evangelica di Maria. Il Magnificat è visto come «il grande inno della misericordia», mentre la missione apostolica della donna è posta sotto il segno del riserbo e del silenzio: «Per la singola donna, in quanto figlia di Maria,... accanto al sacerdozio dell'uomo spiritualmente rigeneratore, c'è nella Chiesa una missione religiosa della donna, un apostolato di carattere materno... essendo l'apostolato della donna nella Chiesa, apostolato del silenzio». La riflessione di G. von le Fort, pur nella profondità dei suoi risvolti, codifica su fondamenti di indole metafisica e religiosa quell'immagine tradizionale della donna, che Betty Friedan chiamerà «la mistica della femminilità». Pur ricca di valori e dotata di efficace influsso storico, la donna «deve mantenersi nella propria sfera fatta di silenzio e di velo e non arrogarsi quel posto di primo piano che compete agli uomini». Maria, nei suoi connotati di madre, vergine, ancella, collaboratrice, ben si presta a sacralizzare questa vocazione religiosa, nascosta e subalterna della donna.

Maria nella teologia contemporanea, pp. 401-405.
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