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CESARIO D'ARLES



1. Cenni biografici
I documenti non c'informano sul dove e quando sia nato san Cesario di Arles. Gli studiosi, propongono l'anno 470 come data approssimativa della sua nascita. Sappiamo però che egli all'età di vent'anni cominciò il noviziato nel famoso monastero di Lerins. La sua esperienza di vita monastica non durò molto; a causa dell'eccessiva mortificazione, fu costretto a lasciare la comunità. Cesario venne aggregato al clero diocesano e ricevette l'ordinazione sacerdotale. Nel 503 fu eletto vescovo di Arles. La sua attività pastorale si svolge in tempi difficili per l'Europa occidentale: l'Impero Romano che assicurava pace all'Europa non esiste più, invece i suoi antichi territori vengono invasi da popoli barbari (Visigoti, Ostrogoti) che cercano di imporre la loro supremazia. L'episcopato di Cesario si distingue tra l'altro per la convocazione di numerosi concili: Agde nel 506, Arles nel 524, Carpentras nel 527, Orange nel 529, Vaison nel 529 e Marsiglia nel 533. Tra i più seri problemi della Chiesa di Gallia vi era la minaccia della dottrina ariana diffusa con l'arrivo dei popoli barbari. Il vescovo, opponendosi alla dottrina erronea, aveva moltiplicato le formule trinitarie nella liturgia. Un'altra questione difficile era l'errore dei semi-pelagiani, discusso e condannato durante il concilio di Orange. L'esperienza di vita monastica lasciò una traccia profonda nella sua attività pastorale. Come vescovo di Arles propose ai chierici non sposati una forma della vita comunitaria. Inoltre scrisse due regole monastiche: Regula monachorum e Statuta sanctarum virginum. La morte, avvenuta il 27 agosto 542, interrompe la sua attività pastorale.

2. I Sermoni di Cesario di Arles

Alcuni studiosi considerano Cesario di Aries uno dei più grandi predicatori popolari della Chiesa antica latina. La sua eredità letteraria abbraccia i 238 sermoni, che il benedettino dom Germano Morin, curatore dell'ultima edizione critica, ha diviso in cinque categorie: Sermones de diversis seu Admonitiones (1-80), Sermones de Scriptura (81-186), de Tempore (187-213), de Sanctis (214-232), ad Monachos (233-238). Essi sono stati pubblicati in due volumi della collezione Corpus Scriptorum Latinorum. L'analisi dei sermoni permette di notare che l'insegnamento e l'educazione dei fedeli era una delle priorità nella pastorale del vescovo. Come affermano i biografi, egli predicava tutte le domeniche e i giorni festivi, tenendo spesso le omelie anche nei giorni infrasettimanali al mattutino oppure ai vespri. Nella sua predicazione usava un linguaggio popolare, servendosi spesso delle immagini. Quando doveva affrontare alcuni ardui argomenti teologici, oppure ammonire i fedeli su certi difficili problemi morali, usava il linguaggio semplice del popolo, preoccupandosi della chiarezza e dell'essenzialità delle parole. Ricorreva spesso alla Scrittura nei suoi sermoni con citazioni bibliche sempre calzanti ed appropriate. Nel corpus dei 238 discorsi troviamo più di 2.900 citazioni bibliche, attinte prevalentemente dal Nuovo Testamento. Il carattere biblico del suo insegnamento viene rafforzato anche grazie alla tipologia. Cesario sceglie gli episodi oppure i personaggi della storia sacra, quali exempla facilmente memorizzabili di virtù da imitare o castighi divini da prevedere e temere. Alcuni di questi esempi e personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento sono proposti come punto di riferimento, con tratti rapidi, essenziali per inculcare una virtù o per personificare un simbolo: Eva - simbolo della Chiesa, Davide modello della penitenza. I suoi discorsi, oltre i testi biblici, contengono anche i riferimenti patristici, in particolare le opere di sant'Agostino e di sant'Ambrogio. Un'altra dimensione della sua predicazione è quella apologetica. Egli, opponendosi agli errori della dottrina ariana, sottolineava il mistero di Dio Uno e Trino. Cesario cerca di difendere la fede del popolo anche contro le eresie del semipelagianesimo e del manicheismo che rinnegava la libera volontà dell'uomo. In opposizione a tali errori egli ricorre frequentemente al tema della Redenzione, sottolineando che l'uomo è libero e responsabile, perché è stato redento da Cristo. La dimensione morale del suo insegnamento diventa un'altra caratteristica dei sermoni del pastore di Aries, il quale chiama alla conversione, invita all'esercizio delle virtù e alla correzione dei vizi.

3. Elementi mariani nei Sermoni di Cesario di Arles
Come abbiamo segnalato, nella collezione di 238 sermoni di san Cesario di Aries non ci sono omelie dedicate alla Madre del Signore. Invece nei suoi discorsi possiamo trovare qualche riferimento a Maria, che appare nei due gruppi dei sermoni. Il primo Sermones de diversis seu Admonitiones ci offre i brani dei sermoni 6, 9 e 10. Invece l'altro gruppo Sermones de Scriptura ci fornisce i passi dei discorsi: 89, 106 e 107. Servendoci dell'edizione critica dì G. Morin, come base per le nostre analisi, abbiamo escluso uno dei brani mariani che appare nella collezione dei Testi Mariani del Primo Millennio. Secondo l'opinione del benedettino, questo discorso bisogna attribuirlo a Eusebio Gafficano.
3.1. Sermone VI
Nel sermone il vescovo esorta i fedeli all'ascolto della Scrittura. Ma affinché il cuore dell'uomo possa accogliere il Verbo di Dio e dare frutti di santità, deve essere preparato con opere di carità e di penitenza. Come egli stesso annota, nella Chiesa esistono tre stati quelli delle vergini, delle vedove e degli sposati. Le vergini accolgono il Verbo con maggior abbondanza e quindi producono frutto al cento per cento, mentre le vedove al sessanta e le spose al trenta per cento. In questo contesto Cesario si riferisce alla beata Vergine Maria, nel suo sermone: «Le vergini che pensano a Maria, le vedove che riflettono su Anna e le donne sposate su Susanna, imitino in questo modo la loro castità, affinché esse meritino di congiungersi e di vivere in eterno (con il loro Sposo spirituale). Infatti le sante ver gini,che vogliono essere tali non solo con il corpo ma anche con il cuore e la parola, si uniscono a santa Maria insieme a tutto l'esercito delle vergini.» Dal testo risulta che il pastore propone alle diverse categorie di donne (vergini, vedove, sposate) differenti modelli femminili biblici da seguire. Occorre notare che per Cesario in tutta questa simbologia è importante la fedeltà a Cristo - sposo spirituale. L'essergli fedeli permette di meritare il premio della vita eterna. La fedeltà a Cristo non si limita solamente alla categoria delle vergini consacrate ma si estende a tutti, dunque anche a tutte le donne. Il vescovo propone alcuni esempi biblici per aiutare a realizzare tale impegno: alle vedove l'esempio della profetessa Anna, alle sposate quello di Susanna, infine alle vergini propone l'esempio di Maria. Cesario, approfondendo la questione della vita consacrata sottolinea che la verginità non è limitata alla dimensione corporea ma si estende all'aspetto spirituale. La verginità del cuore come dovrebbe essere espressa e testimoniata anche con un linguaggio adeguato. In tale prospettiva la beata Vergine non è solo un modello da imitare, ma soprattutto è una persona alla quale si uniscono tutti i consacrati a Dio. Maria si presenta come colei che precede e guida le schiere di tutti i consacrati nel cammino verso la perfezione. Essendo santa, aiuta gli altri a raggiungere la santità.
3.2. Sermone IX
Il sermone IX è stato dedicato al commento del Simbolo Apostolico ai catecumeni. Dopo aver considerato il mistero di Dio Padre, Cesario presenta quello di Cristo nel modo seguente: «Colui che è stato concepito per opera dello Spirito Santo, è nato dalla Vergine Maria... «Lo Spinto Santo scenderà su dite, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo» (Lc 1,35). Osservate dunque la cooperazione perfetta della Trinità. Infatti nel Vangelo si dice: Lo Spinto Santo discende sulla Vergine e la potenza dell'Altissimo la copre con la sua ombra. Ma qual è questa potenza dell'Altissimo se non Cristo stesso, che è potenza di Dio e sapienza di Dio?» Il testo riguarda il mistero dell'Incarnazione. Il vescovo di Aries, riferendosi all'articolo del Credo fa ricordare sia il concepimento che la nascita verginale di Cristo. Questa verità di fede viene illustrata con il brano di Lc 1,35, il quale viene interpretato alla luce trinitaria, sottolineando nel mistero dell'incarnazione la cooperazione delle tre Divine Persone. Perciò, secondo Cesario, la potenza dell'Altissimo che adombra il grembo verginale di Maria è Cristo stesso. Inoltre a Cristo viene attribuita la potenza di Dio e la sapienza di Dio. Lo scopo di tale interpretazione era apologetico, contro gli errori degli ariani, i quali consideravano Cristo una creatura.
3.3. Sermone X
L'insegnamento delle verità fondamentali della fede cattolica è contenuto anche nel sermone seguente. Il pastore di Aries scruta il mistero della Trinità, mettendo in evidenza l'uguaglianza del Figlio al Padre secondo la divinità. Commentando il mistero di Cristo, egli si rivolge ai fedeli con le parole seguenti: «Credete in Gesù Cristo, Figlio unico Dio, Signore nostro. Credete che egli è stato concepito per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria, che è stata sempre vergine prima e dopo il parto, ed è rimasta senza contagio o macchia di peccato.». Come si può notare Cesario confessa la fede nella perenne verginità di Maria. Ella rimane vergine prima, durante e dopo il parto di Cristo. Alla verginità di Maria è unita anche la sua immunità dal peccato.
3.4. Sermone LXXXIX
Oltre alcuni i riferimenti mariani inclusi nella collezione Sermones de diversis seu Admonitiones, gli altri si trovano tra i Sermones de Scriptura. Il discorso 89 contiene il primo dei brani che ci interessano. Questo sermone appartiene a un ciclo gruppo di discorsi, nei quali viene commentata la storia di Giuseppe. Cesario, basandosi sull'esegesi allegorico-spirituale intravede nel patriarca Giacobbe, la persona di Dio Padre, invece nel suo figlio Giuseppe, il Cristo Signore. L'incarico dato a Giuseppe di visitare i suoi fratelli, viene interpretata come la missione del Figlio ricevuta dal Padre per visitare il genere umano, ammalato a causa dei peccati. In tale prospettiva si inquadra il famoso sogno di Giuseppe, che viene spiegato nella maniera seguente: «Giuseppe vide anche in un altro sogno che il sole la luna e undici stelle lo adorarono. E il padre (lo rimproverò e) gli rispose: «dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?» (Gn 37, 9-13). Questo sogno non si adempì per quel Giuseppe, mentre i misteri di quel sogno si sono adempiuti nel nostro vero Giuseppe, cioè nel Signore nostro Gesù Cristo. Infatti, il sole, la luna e le undici stelle lo hanno adorato quando dopo la risurrezione la santa Maria, come la luna, e il beato Giuseppe, quasi come il sole insieme alle undici stelle, cioè beati Apostoli, si sono curvati e prostrati davanti a lui, portando a compimento la profezia che aveva detto: «Lodate sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle» (Sal 148,3).». Secondo d'interpretazione del vescovo di Aries, il gesto incompiuto di prostrazione della famiglia di Giuseppe trova il compimento nell'atteggiamento dei parenti di Cristo. Tale atto sarebbe essere stato espresso dopo la risurrezione di Cristo. Cristo sarebbe stato adorato sia dagli Apostoli che anche dai suoi parenti: Giuseppe e Maria. Per rafforzare la sua interpretazione egli si serve del versetto del Salmo 148 «Lodate sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle». In questa luce il testo ottiene un senso nuovo: il sole raffigura Giuseppe; la luna, Maria; invece le stelle, gli Apostoli. Tale interpretazione, come si può notare, dal punto di vista storico, è debole, perché il Nuovo Testamento non dice nulla della vita di Giuseppe dopo la risurrezione di Cristo e neppure della prostrazione dei parenti davanti a suo Figlio. In questa interpretazione spunta però una novità. Sembra che Cesario sia il primo scrittore che abbia applicato a Maria il simbolo di luna. Esso sarà molto popolare negli scritti dei teologi posteriori.
3.5. Sermone CVI
Il sermone commenta l'invio degli uomini da parte di Mosé per vedere la terra promessa. Commentando la caratteristica della terra (vi sgorga latte e miele) egli la rilegge in modo allegorico: «Vediamo ora quale è la terra dalla quale la Scrittura attesta che vi siano sgorgati il latte e il miele. Se tu dici che questa terra è la Giudea, nessuno ricorda che fino ad ora dalle sue pietre siano sgorgati il latte e il miele, perciò dobbiamo ritenere che la terra, dalla quale il Profeta disse che sarebbero sgorgati il latte e il miele, è la carne di Cristo. Dal suo insegnamento infatti possiamo dire: «Quanto sono dolci al mio palato le tue parole, Signore! Più del miele per la mia bocca» (Sai 118,103). Questa è dunque la carne di Cristo, che secondo la legge è stata generata dalla terra di un grembo, cioè dalla carne della Vergine, come dice l'Apostolo: «Nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4). L'interpretazione spirituale gli aveva permesso di vedere nella terra che abbonda di latte e di miele la carne di Cristo. Il corpo, che è stato accolto nel grembo verginale di Maria, è anche raffigurato dall'immagine della terra. Per sostenere la sua interpretazione Cesario ricorre alla lettera ai Galati (Gai 4,4). Però, basta anche uno sguardo sbrigativo a questo passo, per poter scoprire la debolezza della sua interpretazione. Mentre la terra promessa era unica, per il vescovo di Aries, essa viene rappresentata da due terre: la prima è il corpo di Cristo, la seconda il corpo verginale di Maria. Occorre notare che questo simbolo attribuito a Maria appare anche negli scritti dei Padri anteriori di Cesario.
3.6. Sermone CVII
Il sermone commenta il ritorno dei due inviati, i quali, come testimonianza portavano un ramo di uva. Cesario ricorrendo all'allegoria rilegge questo episodio nel modo seguente: «Come quell'uva ha prefigurato Cristo Dio (cf. Gv 15,1ss), così anche la terra della promessa redenzione, nella quale egli è nato, sembra prefigurare l'immagine della santa Maria. In essa infatti si è adempiuto ciò che è stato scritto: «La verità germoglierà dalla terra» (Sai 84,12). Del resto come la beata Maria non è stata la terrà della promessa redenzione, se essa è stata promessa molto prima per mezzo del Profeta? Infatti per la bocca del beato Isaia il Signore l'ha promessa molti e molti secoli prima: Ecco, una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14)». Secondo l'interpretazione cesariana l'uva raffigura Cristo, invece la terra, diventa il simbolo di Maria. In essa, secondo il pastore, si compiono le parole del Salmo: La verità germoglierà dalla terra (Sai 84,12). Esse, infatti, preannunciano il mistero dell'Incarnazione. In tale contesto Maria è considerata la terra promessa della redenzione. Il concepimento e il parto verginale di Maria è stato predetto dal profeta Isaia (Is 7,14).

4. Conclusione
L'analisi dei sermoni del vescovo di Arles ci ha permesso di cogliere alcune osservazioni. Nonostante la mancanza di sermoni interamente dedicati alla Madonna, alcune sue omelie contengono i riferimenti mariani. La persona di Maria che emerge da questi testi permette di notare che la sua persona e il suo ruolo vengono spiegati alla luce del mistero di Cristo, più precisamente alla luce del mistero dell'Incarnazione. Cesario sottolinea la perenne verginità di Maria. Questo mistero è stato preannunciato nella profezia di Isaia (Is 7,14). Il pastore sottolinea anche la purezza della Madonna e la sua libertà da ogni macchia di peccato. All'immacolatezza viene associata la santità di Maria, la quale viene confermata con il titolo, che lui applica più frequentemente alla Beata Vergine, e cioè, sancta Maria. Riflettendo sul ruolo di Maria nella Chiesa, Cesario afferma che Ella è modello e sostegno per ogni consacrato al Signore. Occorre sottolineare che la riflessione mariologica in questo autore è scarsa. Questa situazione è dovuta alla mancanza delle fonti. Nonostante ciò, i brani individuati nei sermoni di Cesario ci permettono di cogliere qualche immagine del suo pensiero mariano.

Bibliografia

BOGUSLAW KOCHANIEWICZ, Riferimenti mariani nei sermoni di San Cesario di Arles, in Theotokos XV (2007), n. 1, pp. 189-198: DELAGE M. J., Jntroduction, in CÉSAIRE D'ARLES, Sermons au peuple, tome I (Sources Chrétiennes 175), Paris 1971; FELICI S., La catechesi al popolo di s. Cesario di Aries, in BERTRAND D. (a cura di), Valori attuali della catechesi patristica, Roma 1978; BERTRAND D. (a cura di), Césaire d'Arles et la christianisation de la Provence. Actes des journées 'Césaire'. Aix-en-Provence-ArlesLérins 3-5 novembre 1989, Paris 1994; BARDY G.,  La prédication de St. Césaire d'Arles, in Revue d'Histoire de l'Eglise de France 29 (1943), pp. 201-230; SANCTUS CAESARIUS ARELATENSIS, Sermones. Pars prima et altera. CCL 103-104. Tournolti 1953; D'ALES A., Les Serniones de St. Cesaire d'Arles, in Recherches de science religieuse 28 (1938), pp. 315-384; BONINI J., Lo stile nei sermoni di Cesario di Aries, in Aevum 36 (1962), pp. 242ss; GAMBERO L. - Di NOLA G. (a cura di), Testi Mariani del Primo Millennio, vol. 3, Roma 1990, pp. 574-575; MORIN G., S. Cesarii Arelatensis opera, Maredsous 1937.






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