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TOMASI GIUSEPPE MARIA



1. Un santo con la Madonna in mano
a) Quando si sosta dinanzi all'immagine di un santo, lo si fa prima di tutto per pregarlo, sperandone grazie, e poi per guardarlo e portarne via la fisionomia. Chi è osservatore attento non trascura di rilevare l'attributo, che l'iconografia ha messo vicino al santo per caratterizzarlo e farlo conoscere. Si tratta di emblemi talvolta generici, bastanti però a far riconoscere a quale categoria appartiene quel santo. Esemplificando: la palma e la corona indicano i martiri, la mitra e il pastorale sono per i vescovi, i gigli onorano i vergini, un libro vuol dire che il santo, che lo porta, è stato un maestro nella Chiesa. Altri emblemi o attributi sono segni di una missione esercitata individualmente da un santo. Le chiavi nelle mani di Pietro ricordano che lui ha il potere di aprire le porte del regno dei cieli; la spada portata da san Paolo allude a quella parola di cui è stato ministro; nella sua bocca essa era viva, efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio. Talvolta sono indicativi di un santo, gli strumenti del suo supplizio: Andrea è rappresentato con la croce; Bartolomeo mostra il coltello, con cui è stato scuoiato; per Lorenzo, c'è la graticola; per Stefano, una pila di sassi, con cui fu lapidato. Altri santi hanno come mezzi per la loro identificazione un particolare della loro vita. San Gaetano Thiene è rappresentato con il Bambino Gesù fra le braccia; Luigi Gonzaga ha nelle mani il Crocifisso, su cui appunta il suo sguardo d'amore; Bernardino da Siena lo si riconosce perché ci viene incontro, come nella sua vita, mostrandoci la tavoletta su cui è raffigurato il nome di Gesù.
b) San Giuseppe Maria Tomasi, è stato così raffigurato: in vesti cardinalizie, con una mano appoggiata su un libro: a ricordare che era cardinale della Chiesa romana e che i libri gli furono amici: studiati o scritti, i libri furono la moneta, con cui comperò la sua santità. Ma il libro non è il particolare più importante. Il santo solleva la mano destra, che tiene un quadretto della Madonna Immacolata. Ciò significa: nella sua vita la Madonna fu il motivo di ogni speranza in Dio. Glielo ricordava anche il motto araldico della sua famiglia principesca: Spes mea in Deo est per Mariam. Ma c'è stata una vena nel cuore del santo, che lo ha sempre collegato con Maria, in tutte le stagioni della vita. Il segno indicativo di ciò è un quadretto di Maria, che gli mettono in mano, quando lo raffigurano vivo e quando lo compongono nell'urna, da morto. Il primo quadretto raffigura l'Immacolata. La seconda immagine è la Madonna della Purità. Il terzo quadretto rappresenta l'immagine bizantina dell'Odigitria.

2. Il quadro dell'Immacolata
Il mistero di non pochi santi è spiegabile secondo questa equivalenza: «Come c'è Maria là dove nasce un vero cristiano, così c'è Maria dove nasce il santo». C'è spesso, nella vita di un santo, un fatto, un episodio, una visione, che segna l'inizio della presenza di Maria. Questa, da Madre, segue, insegue, circonda di una rete di richiami amorosi e discreti colui che le è sempre figlio, anche quando deve essere strappato al peccato in cui è caduto, e deve essere aiutato a costruire la sua santità. Per Giuseppe Tomasi non ci fu un intervento straordinario di Maria, che segnasse in modo eccezionale l'inizio della sua ascesa verso la perfezione. Ci fu invece la via dell'educazione familiare. La sua famiglia era profondamente religiosa e caratterizzata da un grande amore per la Madonna. Questa era considerata la Madre e trattata come tale. Se ne celebrava la festa, ma non una sola volta all'anno, bensì ogni mese, nel giorno in cui ricorreva una sua memoria liturgica. Maria era considerata la potente interceditrice e veniva invocata come tale. Le suppliche erano a lei affidate con la corona del rosario, che non scivolava via mai dal tessuto della giornata. Il primo a guidare il coro della famiglia era il padre. La Madonna era amata come l'Immacolata, in onore della quale si spendevano le più fresche energie perché il suo privilegio di essere la sola concepita senza peccato originale fosse conosciuto da tutti, da tutti esaltato, e da tutti difeso contro coloro che avrebbero voluto togliere questa prerogativa alla gran Madre di Dio. Il più fervoroso a camminare su questa strada era ancora il padre di Giuseppe: «il duca santo». A tale scuola un figlio doveva crescere con un grande amore a Maria. L'Immacolata fu la Madonna dell'infanzia di Giuseppe Tornasi. Non sarebbe mai stata dimenticata nel resto dell'esistenza.

3. Il quadro della Madonna della Purità
Il seme della devozione mariana si sviluppò ancora più in Giuseppe Tornasi, quando a 17 anni egli, da principe, si fece teatino. Anche nel nuovo ambiente trovava la Madonna. Vi era stata proclamata, nella prima metà del secolo XVII, patrona dell'Ordine, sotto il titolo di Madonna della Purità, la Madonna che, con la sua chiarezza, inonda ogni anima che le si avvicina. Giuseppe Tomasi respirava nella nuova famiglia dell'ordine teatino la stessa aria mariana che avvolgeva la famiglia lasciata a Palma Montechiaro. Ma quale sorpresa fu quella di Giuseppe Maria Tomasi nel trovare dei confratelli teatini che si erano alleati, legandosi con il voto di difendere sempre il privilegio dell'Immacolata Concezione di Maria e di invocarla in tutte le prediche, che si facevano al popolo e di propagarne il culto. Individualmente, egli sente di dover mettere nelle mani di Maria le cose più importanti della sua vita. L'impegno sommo di Giuseppe M. Tomasi era quello dello studio: biblico, liturgico, patristico. Il religioso riversa la sua preoccupazione in Maria, quando, il 12 novembre 1676, se ne va pellegrino fino a Loreto, e lì affida a Maria la buona riuscita delle sue ricerche sulla liturgia. La fiducia fu premiata: Giuseppe Maria Tomasi sarà salutato fin da allora, «principe dei liturgisti romani». E quando gli si apre innanzi la via degli onori, e diventa cardinale, Giuseppe Tornasi sarà il devoto della Madonna, di sempre, come lo era stato da religioso, e da giovane e da ragazzo nel palazzo di Palma.

4. Un canto intessuto come un bellissimo drappo
Ma è bene che il cardinale santo ci affidi, lui stesso, un suo insegnamento. Lo fa da un opuscolo, scritto nel 1687, sulla preghiera. In quelle pagine Giuseppe Maria Tomasi vuole insegnare a pregare e presenta il modello perfetto di preghiera. Lo individua in quel grande inno lasciato da Maria e che dalla prima parola si intitola: Magnificat. Giuseppe Maria Tornasi introduce il commento, costruendo la cornice storica in cui la preghiera è nata. Non appena l'angelo dell'annunzio era tornato a Dio, per dire che Maria aveva obbedito, la Vergine si è affrettata a visitare la parente Elisabetta. Questa salutò l'inattesa visitatrice come la Madre del Signore, e la proclamò benedetta fra tutte le donne, e disse beato anche colui che lei portava nel grembo. Maria, a sua volta, trasformava le parole dette in suo onore dalla sua parente, in omaggio di lode a Dio: Signore, Salvatore, onnipotente, santo, misericordioso e ricco, generoso... Il Magnificat rivela l'idea che Maria ha di Dio. Quando Giuseppe Maria Tomasi esamina il cantico, dice, in tono di dialogo, il suo stupore alla Vergine: «Hai glorificato Dio con locuzioni, formule, sentimenti tratti dalle divine scritture». Il santo nostro ricerca, nei versetti dell'inno, le risonanze di altre voci di tempi secolarmente lontani. Maria ha trovato tali «sentimenti» nel cuore di donne, che l'hanno preceduto nell'esistenza e nel possesso di grazie infinitamente minori della sua, ma pure simili alla sua. Li prende da Anna, la mamma di Samuele, da Lia e da Rachele; dal cuore di uomini, quali furono Mosè, o Isaia, il profeta di una maternità verginale, o dal libro poetico dei salmi. Commenta il nostro santo: «Maria ha ricamato il canto come un bellissimo drappo, intessuto di fili diversi e di vaghissimi colori». L'immagine è molto bella, anche dal punto di vista letterario. In altre parole, Maria è stata come la sposa che nel giorno delle nozze non indossa un abito tagliato e cucito di fresco, ma riveste un meraviglioso, antico abito ereditario. Tante donne, del suo stesso sangue, lo hanno portato prima di lei: bene come lei, nessuna. Quell'abito non è stato mai così bello e così vero, come indosso a lei. Giuseppe Maria Tomasi conclude il suo commento, constatando che il Magnificat è una preghiera, che tutti i giorni risuona nella Chiesa. Dice il suo desiderio che tutti nella Chiesa possano esprimersi come la prescelta di Dio. Lo fa con una preghiera bellissima, tolta dalla liturgia mozarabica, che il santo ha pregato e gustato. Ce la offre:
Tutta la chiesa glorifica te,
Signore, nostro redentore,
con la voce della tua beata Genitrice,
perché hai guardato l'umiltà della tua serva; quando la Vergine santa ti ha concepito,
la Chiesa ti ha conosciuto nella fede;
quando sei nato da Maria, la Chiesa è stata redenta; quando tutte le genti chiamano beata Maria,
nella Chiesa sono proclamate beate tutte le nazioni della terra.
Accogli:, dunque, o Signore,
Israele tuo popolo,
ricordandoti della tua misericordia, tu che parlasti ai nostri padri,
affinché si compia la divina promessa
nell'unica salvezza di tutto il mondo.
Perché allora, domanda il santo, non troverà posto il Magnificat nelle nostre preghiere? Lo si impara; lo si recita; a ringraziare Dio nei momenti di letizia, per riprendere fiducia nelle ore di angoscia, per avvolgere la vita con l'atmosfera del rendimento di grazie per tutti i benefici del Signore. Fra di essi c'è la gioia, dono di Dio.

5. Il quadro della Madonna Odigitria
Il Santo, che visse sotto lo sguardo di Maria da laico, da religioso, da sacerdote, da cardinale, può aiutare ad avere lo stesso atteggiamento di figli, di devoti, di imitatori di Maria, portandone come lui, l'immagine: ma più che davanti agli occhi, nel cuore. L'hanno raffigurato, il santo, con un altro quadretto di Maria, anche da morto. Non si è voluto dimenticare, che sei mesi dopo essere stato creato cardinale, il 21 dicembre 1712, il santo sostò nella sua chiesa titolare, dei Ss; Martino e Silvestro, sull'Esquilino, e volle designare il luogo della sua sepoltura. Essa doveva essere nella cripta della basilica, davanti all'altare della Madonna, invocata come «Gaudium christianorum». Il i gennaio 1713 moriva, e veniva deposto là dove aveva desiderato. Era l'esaudimento di una preghiera fatta in vita, chissà quante volte, nella recita dell'Ave, maris stella: Vitam praesta puram - iter para tutum - ut videntes lesum - semper collaetemur (Dammi una vita pura, rendi il mio cammino sicuro, perché ci si rallegri insieme vedendo il Signore Gesù). Perché questo avvenga, il santo mostra a tutti, dalla sua urna, la piccola icona bizantina, che ha nelle mani: è la Madonna Odigitria: la Madonna che mostra la via. Maria indica con la sua mano destra Gesù, che riposa sul suo braccio sinistro. Lui è la vera e sola strada. Chi vuol camminare sulla via che porta alla salvezza, ha la possibilità: Giuseppe Maria Tomasi non si stanca di segnalare la direzione, così come ha fatto con il suo esempio e con il suo insegnamento. Il motto suo nobiliare diviene motivo di fiducia e di certezza: Tutta la mia speranza è in Dio, per mezzo di Maria.

Bibliografia
NOE' V., Come l'hanno amata. Profili di Santi mariani, Edizioni Messaggero, Padova 1989; COLOMBO G., Madre di santi, Ancora, Milano 1987; T0MASI G. M., Opuscula varia, alla Madre di Dio sempre vergine Maria, Tipografia Palladis, Roma 1754;






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