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DELLE NOCCHE RAFFAELLO



Vescovo di Tricarico, dichiarato Venerabile il 10 maggio 2012.

1. Cenni biografici
Raffaello Delle Nocche (Marano, 19 aprile 1877 – Tricarico, 25 novembre 1960) è stato Vescovo di Tricarico. Nel 1894 entrò nel seminario arcivescovile e, compiuto il corso di formazione, fu ordinato sacerdote il 1º giugno 1901. Dopo un breve periodo di ministero a Marano, il vescovo Gennaro Trama, che era stato suo docente nel seminario di Napoli, lo chiamò a Lecce come segretario. L'8 settembre 1915 lasciò Lecce per Molfetta, dove rimase fino al 15 settembre 1920 come rettore del seminario regionale pugliese. Tornato a Marano, fondò il circolo femminile di Azione cattolica; fu vicario foraneo e rettore della chiesa della Santissima Annunziata. Il 28 giugno 1922 fu eletto vescovo di Tricarico e ricevette la consacrazione episcopale a Napoli, nella chiesa di Santa Maria della Sapienza, il 25 luglio delle mani dell'arcivescovo titolare di Ancira, Mons. Michele Zezza di Zapponeta. Il 4 ottobre 1923 fondò a Tricarico la congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, canonicamente eretta in istituto di diritto diocesano con decreto del 14 agosto 1927, con il compito di assistere i bambini negli asili. Le sue spoglie mortali riposano nella cattedrale di Tricarico, in un imponente monumento funebre bronzeo dell'artista Luigi Venturini. il 25 novembre 1968, fu aperta nella cattedrale di Tricarico la prima fase della causa per la beatificazione, che prosegue presso la competente Congregazione vaticana. Il 10 maggio 2012 è stato promulgato il Decreto che lo dichiara Venerabile.

2. La sua grande devozione mariana
Poche ore prima che il suo grande cuore si fermasse aveva manifestata la sua pena interiore, quella che superava i dolori del corpo tanto insidiato dal male: «Figlio mio, non ricordo più il 'Magnificat' » !... La mamma sua, che pregava sempre, lo recitava dodici volte al giorno; Raffaello, certo, molto di più, particolarmente quando la sua macchina e le sue penne stilografiche per diversi mesi andarono in vacanza e per sempre. Breviario, adorazioni, pie letture, ma specialmente corone e corone di Rosario, Magnificat e Magnificat, che avevano avuto sempre diritti maggioritari nella sua giornata, presero allora addirittura il dominio di tutte le ore di quell'anima santa, anche di notte.
Dalla dolcezza materna formativa ed operosa della vera devozione alla Madonna Santa, Raffaello aveva presa e nutrita tutta quanta la sua vita interiore, in qualunque aspetto, compresa la profonda pietà eucaristica, della quale Egli contemplava la Madonna, per imitarla, come perfettissimo esemplare. Sobrio, anzi, quasi lapidario com'era, tanto nel parlare che nello scrivere, mai parlava o scriveva senza riferirsi alla «Madonna Santa». Il rapido cenno alla Madre di Dio faceva esultare l'anima sua di giocondità tenera profonda, poiché insieme lo commuoveva e lo esaltava dolcemente la verità che la Madonna è la Mamma «sua», nostra, ed anche dei peccatori, per portarci tutti a Gesù.
In questo senso l'episodio delle nozze di Cana era per Lui particolarmente significativo dell'ufficio o, meglio, dell'operosa tenerezza della Madonna verso di noi, e dell'orientamento vero della devozione nostra per Lei: mentre la Madonna, così amava ripetere, conosce i nostri bisogni, forse anche a noi stessi ignoti, e ne previene l'appagamento con la sua intercessione onnipotente, noi, se Le vogliamo bene per davvero, dobbiamo fare, come Ella disse ai servi: «tutto quello che dice Gesù». Quando si definisce Monsignor Delle Nocche: «l'Uomo della Madonna», si centra in pieno ed in sintesi tutta la sua complessa figura e di sacerdote e di Vescovo e di Fondatore e di Direttore Spirituale e di animatore di qualunque opera di bene. La Madonna Egli la vedeva, in una luce di evidenza, come la creatura la più santa, la più fedele, la più perfetta imitatrice di Gesù, la più gradita a Dio, la più potente e, nel tempo stesso, la più umile, silenziosa, adoratrice, riparatrice, addolorata; insomma la più intima a Dio ed anche la più intima a noi, Madre di Dio e nostra.
Egli aveva impressa nel cuore l’immagine viva della Madonna, come il Vangelo gliela descrive: «gratia plena», «respexit humilitatem ancillae suae»; «beata quae credidisti», «conservabat omnia verba haec conferens in corde suo», «ecce mater tua». Egli la lodava con le parole ispirate della liturgia, oltreché con le innumerevoli Corone e Corone di Rosario: «tota pulchra es, Maria», «Ave, Maris stella ... ». E' indicativa questa laconica testimonianza di una persona che gli chiese quante volte recitasse 1'«Ave Maria» durante le interminabili notti insonni: «Figlia mia... la devozione alla Madonna! quanto ci tengo! quanto l'amo. Io sono niente, non posso far niente, non ho fatto niente. Con le mie stesse debolezze quanti sono precipitati nel peccato; io, invece, quante grazie ho ricevuto, quanto amore, tutto per mezzo della Madonna Santa». E, per insistere su questo pensiero del primato della meditazione nella devozione alla Madonna, Egli ripeteva spesso, a proposito del quinto mistero gaudioso, che sembra arido o persino disorientativo: «La Madonna Santa era la Mamma di Gesù, lo conosceva tanto bene, eppure Gesù era diventato per Lei allora incomprensibile...Davanti ai misteri della vita noi dobbiamo, come Maria, credere, custodire, meditare ed adorare le parole di Gesù ed operare secondo la sua Volontà». Insegnava pertanto che la misura del progresso nell'amore verso Dio, cioè la pratica progressiva delle virtù cristiane, è data dalla devozione alla Madonna così intesa: meditazione ed imitazione. «Come una mamma che non amasse i figli, Egli diceva, sarebbe snaturata, così i figli che non amano la mamma sono ingrati. Ora ciò non può avvenire da parte della Madonna, ma può avvenire, e purtroppo lo è spessissimo, da parte nostra, che non sappiamo amarla come dovremmo, cioè non la imitiamo, che ci dimentichiamo di Essa, e tante volte le rechiamo anche dispiacere. La Madonna Santa aveva sempre presente Gesù e cercava di uniformarsi più perfettamente alla sua volontà. Accettò la maternità divina, ben conoscendo i dolori cui andava incontro».
Ecco perché prediligeva tra le varie forme di devozione mariana quella all'Addolorata, che fu sempre l'immagine dominante nella sua cappella, come lo è in tutti gli oratori delle sue Discepole. Anche verso la Madonna, come verso l'Eucaristia, lo interessava e ne ispirava la devozione il motivo della operosità dolorosa dell'amore di Gesù e di Maria verso di noi per essere redentore, e, conseguentemente dell'amore operoso e riparatore da parte nostra per entrare nel beneficio della redenzione ed esprimere la pietà vera con la partecipazione cosciente alle offese, che Gesù e Maria ricevono, riparandole. Evidentemente questa serenità evangelica nel concepire una devozione, che potrebbe essere indotta nella vaga tenerezza, tanto lo arricchiva interiormente da fargli vedere tutto nella luce e nel calore materno di Maria. In particolare, in Maria, venerava l’umiltà, il nascondimento, il silenzio, l’ubbidienza, la letizia, la carità. In una sua lettera, scritta in occasione dell'anno mariano 1954, a proposito della carità scriveva: “Per diventare amabili obbligatevi a sorridere anche quando siete soli, a non dire mai di no ad ogni ordine dei Superiori....a non mostrare contrarietà, viso accigliato e broncio,... obbligatevi a risparmiare agli altri pene e disturbi, obbligatevi a cercare ogni mattina alla presenza di Dio come si potrebbe far piacere a quella persona con cui si deve convivere e che non vi è affatto simpatica. Per arrivare a questo basta lavorare e pregare sotto lo sguardo di Gesù Bambino, che ci sorride gioiosamente nelle braccia di Maria”.
Una vita così interiormente nutrita di meditazione alla più genuina fonte di santità, com'è la «Mater amabilis», così graniticamente radicata nel principio che a Gesù si arriva per mezzo di Maria studiata e imitata, non poteva non suscitare intorno a sé cori crescenti e moltiplicantisi di vergini. Quando le sue forze rapidamente declinavano, pochi minuti prima del suo tramonto terreno, dono il più prezioso fu di aiutarlo a ricordare il «Magnificat». I suoi Sacerdoti e le sue Discepole, trepidanti e commossi, salmodiavano per lui le angeliche parole della Mamma. Raffaello, come riavendosi, esultò. E con patriarcale gesto delle mani invitò tutti a centellinare ognuna di quelle sante parole, perché voleva ancora meditare, gustare ed imitare: "Magnificat anima mea Dominum ... ... quia fecit mihi magna qui potens est! "

Bibliografia
P. PERRONE, Un mondo con l'anima. La spiritualità di Raffaello Delle Nocche, San Paolo. Cinisello Balsamo 2010; IDEM, Raffaello Delle Nocche. Vescovo di Tricarico, fondaore delle Suore Discepole, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010; D. SORRENTINO, Alla Scuola dell'Eucaristia. Spiritualità di Raffaello Delle Nocche, Città Nuova, Roma 2010.






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