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  Devozione all’Addolorata e partecipazione al dolore degli altri  
Culto

Da un articolo di Luigi M. De Candido, in Madre di Dio, n.8/9 agosto-settembre 2002.

 



La memoria liturgica della Vergine Addolorata ci ricorda le sofferenze della Madre del Signore e ci invita a sentirci vicini e com-passionevoli verso ogni persona che soffre nello spirito e nel corpo.

1. Addolorata: condivisione del limite

L’esatta denominazione della memoria liturgica del 15 Settembre è proprio l’appellativo di Addolorata, ossia un aggettivo sostantivato. Esso individua una persona, ovvero una donna dolente, Maria madre di Gesù; forme devozionali contano situazioni di pena e afflizioni di questa medesima persona, cioè i "sette dolori di Maria". Dunque, il 15 Settembre rappresenta una buona opportunità per stare vicino con attenzione compassionevole ad una persona umana dolente quale fu Maria e per ricaricare il proprio impegno di dilatazione della medesima attitudine di com-passione verso persone sofferenti, come sono gli afflitti dalle varie povertà che s’incontrano nella vita di ogni giorno.
Il dolore costituisce una eredità irrinunciabile della vita umana. Esso è una situazione transitoria, un valico verso approdi di gioia stabile. Patire è una tappa dell’esistere: "Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto ed essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Romani 8,22-23). Non è possibile rinunciare al dolore, come non è possibile rinunciare alla vita. È possibile invocare il sollievo, la diminuzione, l’allontanamento da sé del calice doloroso (cfr. Matteo 26,42). È possibile valorizzare il dolore trasformandolo in sacrificio di oblazione (cfr. Filippesi 2,17). È possibile la compassione vicendevole, portando gli uni i pesi e i dolori degli altri (cfr. Galati 6,2).
La celebrazione dell’Addolorata è una sosta per ripensare le proprie convinzioni di fede, che talvolta vacillano sotto l’urto del dolore proprio o altrui; per valutare la ‘reazione’ nei confronti del dolore proprio, non di rado intriso di disperazione o ribellione, e il ‘sentire comune’ nei confronti del dolore altrui, non sempre com-patito ma, anzi, spesso ovattato d’indifferenza, insensibilità, paure da fuggitivi.

2. La celebrazione favorisce una verifica delle proprie esperienze di dolore e di com-passione.

Un esito menomato subisce la devozione mariana se viene assolutizzata la figura dell’Addolorata: sulla terra Maria fu addolorata, la sua storia terrestre annovera umani dolori; ma la sua attualità non è più quella di addolorata bensì quella di gloriosa perché condivide totalmente la gloria del Signore come condivise durante la vita mortale esperienze di dolore. Siffatta verità di fede - l’Assunta nella gloria celeste in anima e corpo - illumina la veracità dell’iconografia mariana: pur non ignorando, ovviamente, l'immagine della Vergine Addolorata, si direbbe che le immagini più coerenti non sono figure piangenti e lamentose, bensì quelle della donna gloriosa, insieme al Figlio; anzi, nella gloria della Trinità.
Perciò le immagini dell’Addolorata sono piuttosto come flash che fissano momenti di dolore, utili come messaggio di speranza e incentivo di com-passione.
La storia della devozione all’Addolorata ammaestra. La pietà mariana ha ‘scoperto’ l’Addolorata alquanto tardi. Gli studiosi rilevano che quel culto solo nel secondo millennio baluginò e via via si dilatò. Il fondamento è perfettamente ortodosso, perché evangelico: le prime attenzioni devozionali fanno riferimento alla presenza di Maria ai piedi della Croce di Gesù, meditano sui dolori della Madre e sui dolori del Figlio. Il Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 19,25-27) è sobrio nel rammentare tale scena: esso accentua il reciproco affidamento di Maria e del discepolo amato lasciato come dono da Gesù (donde la denominazione di commendatio della memoria celebrativa, a cominciare dal secolo XV); non si dilunga nell’elencare i rispettivi patimenti: quelli del Crocifisso erano anticipati nelle profezie (cfr. ad esempio Isaia 52,14-53,12) o saranno memoriale nelle liturgie ecclesiali (cfr. ad esempio Filippesi 2,6-8); quelli della Madre non vengono registrati da nessun agiografo. Sarà poi la pietà mariana che andrà sgranando la corona dei dolori di Maria.
Prima di indugiare sulla com-passione dei dolori, la devozione mariana ha bisogno di fermarsi tornando a fare memoria del senso di quegli eventi dolenti e a domandarsi il perché della identità di Addolorata. Detto con un aforisma: il culto si affina con la cultura. Maria fu addolorata perché sua vocazione era la maternità verso il Messia, vocazione che sarebbe passata anche attraverso Passione e Morte sulla Croce, per inoltrarsi alla vita nella Risurrezione e garantire novità di vita alle creature umane peccatrici. Maria patì i suoi dolori perché fu disponibile serva, operando la parola del Signore che costava anche patimenti, come il Cristo medesimo, "pur essendo figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì" (Eb 5,8). Maria condivise il limite del Figlio proprio e Figlio di Dio. Quel ‘limite’ è la Croce di Gesù che ha preso su di sé peccato e sofferenze dell’umanità. La Madre del Crocifisso per prima completò nella propria carne quanto mancava ai patimenti di Cristo a beneficio del suo corpo, la Chiesa (cfr. Colossesi 1,24).
Con l’Incarnazione Dio volle avere bisogno di una madre vergine; con la Redenzione Cristo volle avere bisogno di una madre addolorata; con la Risurrezione il Signore volle che per prima una donna condividesse, e poi ogni creatura umana avesse la possibilità di condividere, la vita nuova ed eterna.

3. Le tappe di dolore

La devozione all’Addolorata divenne patrimonio spirituale di non poche istituzioni religiose: molte Congregazioni di Suore e alcune di Religiosi prendono nome dall’Addolorata; la celebrazione dei Sette dolori il 15 settembre dal 1668 era liturgia dei frati Servi di Maria, tramite i quali venne estesa ai riti cattolici occidentali (quest’Ordine mantiene tuttora nel proprio rituale la Solennità di Maria presso la Croce, il venerdì della quinta settimana di Quaresima). Ma ancora da prima - da almeno cinque secoli - la pietà mariana ha fissato le tappe del dolore di Maria in sette avvenimenti, taluni desunti dalle narrazioni evangeliche, altri dedotti da verosimiglianze.
I devoti hanno a disposizione la corona dell’Addolorata, un rosario di sette tappe o ‘dolori’ intercalate da sette Ave, Maria nonché la "Via Matris dolorosæ", itinerario analogo alla Via Crucis, limitato a sette soste dentro i sette dolori di Maria. Tale formula eucologica costituisce un omaggio cultuale di com-passione e un incentivo di ispirazione comportamentale per confortare e condividere; la strutturazione attuale accompagna alla meditazione su un avvenimento doloroso di ieri e ad attenzione impegnata nell’oggi.
Il percorso di questo rito è selettivo, ma resta aperto alle attualizzazioni. Tutto inizia con la profezia di Simeone che preannuncia a Maria la spada che le trafiggerà l’anima (cfr. Luca 2,34-35), da sempre interpretata come ‘spada del dolore’ e anzi moltiplicata per sette, ossia per molte volte: ma la ‘spada’ raffigura anche la parola di Dio penetrante fino nell’intimo (cfr. Ebrei 4,12-13), esigente e consolante. Poi sosta su afflizioni durante l’infanzia di Gesù: la fuga in Egitto con Giuseppe e Maria per scampare dalla follia di Erode (cfr. Matteo 2,13-14-18), emblema di ogni perseguitato; lo smarrimento nel tempio a Gerusalemme (cfr. Luca 2,41-52), emblema della sofferenza per le incomprensioni. Il Calvario raffigura il culmine del dolore di Maria e di Gesù, della madre e del figlio: c’è l’incontro sulla via del Calvario, dove la tradizione ha collocato anche la madre addolorata, raffigurazione della solidarietà compassionevole; la morte in Croce e là presso la madre (cfr. Giovanni 19,25-27), alla quale la pietà mette sulle labbra le parole del profeta: "Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore"(Lamentazioni 1,12), segno di condivisione del limite più doloroso quale è la morte e al contempo atto di riconciliazione con la stessa morte; la deposizione dalla Croce (cfr. Marco 15,42-46), raffigurazione plastica di ogni pietà; la sepoltura (cfr. Giovanni 19,38-42), dolore lenito dalla attesa della Risurrezione.
In un mondo come quello in cui viviamo oggi, nel quale imperano sofferenza, violenza, divisioni e morte, sembra che non ci sia nulla da fare, tanto che si è proclivi a rinchiuderci ancora di più nel proprio guscio per difenderci e pensar di salvare la propria anima. Ma i dolori di Cristo e di Maria non si accontentano delle nostre devozioni: ci insegnano e ci abilitano a testimoniare l’amore del Crocifisso e dell’Addolorata, che diventa ispirazione e incoraggiamento.
Può illuminare il senso della celebrazione dei dolori di Maria questa acclamazione: "Benedetta tu, Regina dei martiri: associata alla passione di Cristo, sei divenuta nostra madre, segno di speranza nel nostro cammino".

 

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Inserito Sabato 14 Settembre 2019, alle ore 11:54:52 da latheotokos
 
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