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  Unicità della cooperazione di Maria alla salvezza  
Mariologia

Da Boris Vulic, "Inconfusa e Indivisa". Un approccio antropologico alla cooperazione della Beata Vergine Maria alla salvezza. Estratto della Dissertazione per il Dottorato, Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana, Roma 2013,  pp. 38-56.



1 Il quadro per leggere l’unicità della cooperazione della Vergine

Le discussioni teologiche del XX secolo hanno mostrato in modo particolare la difficoltà di esprimere in modo dogmatico e equilibrato il valore della singolarità della cooperazione della Beata Vergine Maria alla salvezza66. Il problema diventa ancor più serio se si tende a esprimere lo stesso in modo ecumenicamente adatto. Pertanto sin dall’inizio della nostra considerazione sulla singolarità della cooperazione di Maria alla salvezza occorre rilevare alcuni criteri fondamentali come presupposto necessario per ogni valido discorso mariologico67.
Nella persona di Maria e nel suo ruolo salvifico si trova un contenuto importante dal punto di vista teologico per poter verificare sia la visione generale che il cristianesimo ha della persona umana, sia la connessione dei vari misteri della salvezza che si mostra nella vicenda della Madre di Dio. Uno dei criteri fondamentali per poter comprendere la summenzionata singolarità è il nesso dovuto tra i diversi dati della fede (nexus mysteriorum)68. Questo nesso riveste il ruolo di regolatore delle affermazioni teologiche: se un’affermazione mette in discussione o in qualche modo oscura il centro del mistero cristiano, non può essere accettata come affermazione teologica che spiega in maniera adeguata tale stesso mistero. In questo contesto si deve distinguere il differente statuto e peso delle asserzioni teologiche e di quelle della devozione popolare. Già la gerarchia della verità in qualche modo implica una gerarchia tra i generi letterari (o le modalità descrittive) tramite i quali si può spiegare il mistero cristiano69. In altre parole, il linguaggio dogmatico e il linguaggio devozionale non condividono la sessa collocazione gerarchica70.
Allo stesso modo, i pronunciamenti del magistero della Chiesa non hanno la stessa valenza dottrinale quando spiegano il mistero cristiano in modo dogmatico e quando sono orientati a nutrire la devozione dei fedeli. Il primato tra queste relazioni spetta al linguaggio dogmatico, che, muovendosi dentro il nexus mysteriorum, è in grado di essere il regolatore della devozione popolare. La stessa devozione ha bisogno di questo filtro, perché un termine teologico, se viene letto nella devozione, potrebbe acquistare un altro senso nel quale non risplende chiaramente il nesso tra i diversi misteri della fede, fino al punto in cui esso oscura lo stesso centro, non tenendo conto della distinzione delle varie modalità descrittive nel contesto dei quali si usa questo termine.

2 Dove si trovano le fonti della cooperazione singolare di Maria?

Per quanto detto sinora, e avendo analizzato nella sezione precedente la cooperazione di Maria alla salvezza in chiave antropologica, possiamo affermare che tale cooperazione deriva dalla sua vocazione divina e dalla sua condizione di salvata. La cooperazione della Vergine Madre nella sua essenza non si distingue dall’essenza della cooperazione di ogni altra creatura redenta che è capace di cooperare con Dio. In altre parole, analizzando i dati generali della cooperazione dell’uomo alla salvezza, non si trova spazio per affermare una differenza sostanziale tra la cooperazione della Madre di Dio e quella di ogni altro uomo in quanto creato e salvato. Per questo motivo riteniamo che la cooperazione salvifica di Maria deve essere collocata all’interno della cooperazione salvifica in Cristo delle creatura salvate, riunite per opera dello Spirito Santo nella Chiesa. Questa collocazione non può essere equiparata o confusa ad una completa e vaga collocazione di Maria nell’umanità redenta, poiché questo porterebbe a uno svuotamento della singolarità e dell’unicità della persona umana che è per sempre la Madre di Dio.
La Beata Vergine resta sempre una persona umana, condividendo la stessa essenza di ogni persona e quindi creatura umana. Ciò significa che Maria può cooperare con Dio in quanto creata a immagine di Dio e salvata in Cristo e che, nel dono dello Spirito, essa partecipa nella filiazione del Figlio e nella fraternità dell’umanità salvata. La capacità degli uomini di cooperare alla salvezza non permette di porre Dio e gli uomini sullo stesso piano e di considerare paritario il loro agire (operato, contributo) nell’azione salvifica. Per quanto riguarda l’essenza della cooperazione della Madre di Dio non è corretto neppure porre Maria e ogni uomo salvato nei vari posti, perché condividono la stessa essenza – o lo stesso ordine71 – della sua cooperazione salvifica con Dio.
In questo contesto è prezioso il contributo del mariologo De Fiores che vede in Maria la microstoria della salvezza72. Maria sta al centro della storia della salvezza. Guardando la Vergine vediamo la storia della salvezza nei suoi dinamismi, e in modo particolare, lo statuto dell’uomo davanti a Dio che salva. Maria è la personificazione particolare della logica divina sull’uomo e «l’icona dell’intero mistero cristiano»73, è il modello di ogni credente che cerca di rispondere alla propria vocazione divina. Nonostante la risposta di Maria nella grazia sia perfetta e singolare, nella sua essenza resta sempre una risposta pienamente umana.
Forse che quest’ultima indicazione mira a mantenere la posizione minimalista, che nega ogni valore della stessa cooperazione fuori dell’applicazione dei frutti della redenzione o perfino a costatare che Maria non ha e non può avere una sua importanza di qualche tipo? Oppure da e nonostante questa costatazione possiamo mantenere il nostro favore verso una teoria massimalista, che afferma una cooperazione diretta e immediata, che si svolge, pur essendo subordinata, accanto a Cristo? O, ancora, questa affermazione non significa nient’altro che affermare Maria come il culmine recettivo dell’umanità in quanto, come rappresentanza dell’umanità, riceve la redenzione e offre il proprio apporto umano nel nome di tutti74?
Proprio Maria come microstoria della salvezza ci apre la strada per vedere la singolarità della sua posizione nell’economia salvifica. Quello che si può dire universalmente per la Chiesa e singolarmente per la creatura salvata, si dice specialmente per Maria75. Sebbene Maria condivida la stessa natura di ogni altra creatura redenta, e lo stesso vale anche per l’essenza della sua cooperazione, la persona di Maria ha, detto con linguaggio scolastico, i suoi privilegi, che nella storia della salvezza non sono i privilegi del resto dell’umanità salvata. Questa singolarità è espressa in modo chiaro nei dogmi mariani della Chiesa: Maria è nello stesso tempo Vergine e Madre, Immacolata e Assunta nel cielo in anima e corpo. I dogmi mariani spiegano le effettive corrispondenze tra la persona di Maria e il servizio che essa ha dovuto svolgere e svolge tuttora come Madre di Dio76.
Pertanto la stessa unicità di Maria, confermata e spiegata nei dogmi, indica, corrisponde e fonda la posizione singolare ed unica di Maria nella storia della salvezza. Questa particolare posizione nella storia della salvezza e nella vita di Cristo ha inevitabilmente delle conseguenze sulla forma singolare della cooperazione salvifica di Maria, che la distingue dall’umanità salvata. Possiamo affermare, come assioma fondamentale della cooperazione particolare della Madre di Dio, che la singolarità della cooperazione di Maria deriva dalla singolarità che Dio ha donato alla sua persona umana e si concretizza nella singolarità della forma ovvero del modo della sua cooperazione, che è unico in quanto Madre di Dio. Questo lo si ritrova nell’insegnamento del Concilio Vaticano II, dove si afferma che Maria «ha cooperato in modo unico all’opera della salvezza»77. Con questa affermazione si evidenzia allo stesso tempo un dato importante della cooperazione umana: nella stessa storia della salvezza vi è una diversità di forme di cooperazione, ma nello stesso tempo vi è anche l’unità di tutti secondo l’essenza della cooperazione stessa, che deriva dall’unica vocazione divina alla salvezza78.
La persona di Maria, così come viene spiegata nei dogmi mariani, è una persona umana perfetta per essere la Madre di Dio, perché è perfettamente salvata in Cristo, dal suo concepimento alla sua glorificazione nel cielo. Questo permette di definire la sua cooperazione come perfetta e completa. D’altra parte, affermare che Maria ha una diversa forma di cooperazione rispetto ad ogni singolo uomo salvato, non equivale ad affermare una semplice differenza quantitativa, nel senso che Maria sarebbe soltanto qualcosa di più di quello che è il resto dell’umanità salvata79. La forma della cooperazione salvifica di Maria – come madre di Dio – costituisce non solo una singolarità, ma anche l’eminenza di tale cooperazione per la creatura redenta.

3 L’unicità nell’immacolatezza

Secondo quanto sinora detto, la singolarità della cooperazione della Beata Vergine Maria deriva dalla singolarità della sua persona e della sua posizione unica nella storia della salvezza. In senso cronologico, la prima verità che mostrano i dogmi mariani è la singolarità ed unicità dell’inizio della vita di Maria. Essa è nel piano atemporale di Dio da sempre predestinata per svolgere un ruolo unico nella salvezza di tutti, perché è pre-redenta e la prima salvata in modo perfetto80. Perciò «in Maria l’umanità ha recuperato il suo vero volto. Ella è l’umanità ricreata dalla grazia divina»81 . Per questo è l’Immacolata, senza macchia del peccato, «il “caso” assoluto e radicale dell’uomo redento»82.
Come tale Maria non è un’eccezione, ma sempre «sta dalla nostra parte»83, perché è creata e redenta come tutti gli altri uomini. Tuttavia, il modo in cui essa è stata redenta è del tutto particolare, in vista della particolarità del suo ruolo salvifico per la salvezza dell’umanità. Perciò De Fiores avverte che l’immacolatezza originaria come privilegio di Maria «è di ordine più modale che essenziale, poiché Maria resta redenta da Cristo (l’Immacolata non è un’eccezione alla redenzione), sia pure in maniera liberativa ma preservativa (Maria è privilegiata quanto al modo di redenzione)»84.
Da questo deriva una conseguenza fondamentale nella cooperazione della Vergine: essa è perfetta in quanto viene svolta dalla donna che è immacolata davanti a Dio. Maria è la prima e unica persona che coopera con Dio per la salvezza di tutti senza alcun peccato85. Come tale è un caso perfetto dell’azione salvifica dell’unico Mediatore86. Questo significa che Maria è in grado di cooperare con Dio in maniera perfetta e non, quindi, solamente singolare, donando a Dio ciò che da lui ha ricevuto, sempre restando una persona umana, creata ad immagine di Dio e salvata in Cristo. Questo giustifica il fatto che, per quello che riguarda gli esseri umani, solo in Maria viene mediata la discesa del Figlio di Dio e l’attiva cooperazione umana. Solo Maria viene associata in modo perfetto al mistero di Gesù Cristo, sia come madre durante la sua vita terrena, sia come madre assunta e glorificata nel cielo, partecipando in modo perfetto alla condizione del Figlio risorto.
Questa è la direzione che apre la possibilità di parlare della cooperazione prossima (diretta e immediata) di Maria all’evento della redenzione, o alla redenzione oggettiva, che si mantiene anche nella teologia attuale87. Poiché Gesù è salvatore con tutta la sua vita, la maternità di Maria deve essere vista in una prospettiva integrale88. In che senso? Il sì della Vergine al momento dell’incarnazione non era un assenso limitato o accidentale per la sua vita, ma un evento oggettivo della salvezza di tutti gli uomini. Proprio nel fiat di Maria, pronunciato nel dialogo tra la grazia della vocazione divina e la libertà della risposta umana e costantemente mantenuto in tutta la persona e durante tutta la vita della madre di Dio, troviamo la base e l’inizio della sua cooperazione permanente. Nella prospettiva dell’incarnazione che fonda la totalità e unità del mistero redentore di Cristo, il fiat di Maria rappresenta la cooperazione di Maria a tutto il mistero di suo Figlio nella sua interna unità89. Il prolungamento di questo fiat durante tutta la vita della Vergine mostra da una parte la sua donazione totale alla vita del Figlio e d’altra la sua associazione attiva e permanente all’intero mistero salvifico di Cristo. Proprio sulla scia della profezia del vecchio Simone, Maria è l’alma socia del Redentore, associata a tutta l’opera di Cristo, fino alla croce, dove si rivela la sua maternità corporale come maternità di tutti i discepoli del Crocifisso.
«Con la risurrezione, Maria conosce di aver detto di sì non solo alla nascita di un figlio divino, ma di essere diventata partecipe di quell’opera di salvezza che è la morte e la risurrezione del Figlio»90. L’incarnazione include anche la croce come sua conseguenza necessaria, dove Maria mantiene di nuovo lo stesso fiat iniziale come un evento oggettivo della salvezza e accoglie la redenzione di Gesù91. Pertanto, «la cooperazione di Maria non è limitata all’inizio della salvezza, che è l’incarnazione, ma attraverso l’incarnazione trova spazio in tutto il mistero salvifico di Cristo. La morte e risurrezione di Cristo si realizzano precisamente nell’umanità di Cristo, concepita da Maria. Non si può dimenticare che l’incarnazione implica in se stessa il destino di Cristo, la sua morte redentrice e la glorificazione definitiva della sua umanità nella risurrezione»92. «I limiti della parte avuta da Maria nell’evento salvifico della morte e risurrezione di Cristo, sono gli stessi della sua cooperazione all’incarnazione. […] Solamente in Cristo si realizzò l’evento stesso della salvezza, così come solamente in lui si compirono l’incarnazione-morte-risurrezione. La cooperazione di Maria lascia totalmente intatto il carattere originale e unico della mediazione di Cristo»93.
Maria non produce la salvezza o la redenzione in alcun modo. Tuttavia Maria, con la propria attiva cooperazione, ha introdotto nel mondo colui che è Salvatore e Redentore dell’umanità. Per questo la Vergine viene chiamata causa o con-causa della salvezza. Nell’idea della ricapitolazione in Cristo, come la cooperazione della prima Eva introduce il peccato nel mondo, così (solo) la cooperazione salvifica di Maria, la nuova Eva (anti-Eva), con la sua fede e obbedienza, introduce il Salvatore nel mondo. Solo in questo senso si può affermare che Maria co-opera in modo immediato e prossimo all’evento della salvezza o alla redenzione oggettiva.
D’altra parte, la cooperazione di Maria ridotta soltanto a livello mediato e remoto, sarebbe una missione puramente storica, non predestinata per avere un influsso salvifico universale. Maria sarebbe una persona umana da sempre predestinata soltanto per svolgere una missione puramente storica. Un buon paragone è con la predestinazione di Giovanni Batista: egli è stato eletto fin dal seno della sua madre per il compito storico di preparare la via dell’Agnello di Dio. La predestinazione di Maria ad essere la madre di Dio, madre della Chiesa94 e madre di tutti gli uomini95, rivela una diversa forma di cooperazione salvifica, dal significato universale. Una cooperazione mediata o indiretta che consistesse nella semplice maternità di Maria sarebbe simile a quello delle madri di numerosi grandi uomini della storia96. Parimenti, se si riduce la cooperazione della Vergine alla sola maternità biologica di Gesù, ogni madre può essere vista come cooperatrice (remota) di qualsiasi azione del suo figlio, il che sarebbe evidentemente un assurdo97.

4 La singolarità nell’influsso su tutti

È vero che tutti gli uomini sono “predestinati” ad essere santi e amati da Dio, tuttavia la predestinazione di Maria è diversa in quanto diverso è il suo ruolo salvifico, ruolo che ha conseguenze fondamentali per tutta l’umanità. Il momento particolare della partecipazione della Vergine all’azione salvifica deriva dal fatto che Maria è l’unica persona umana alla quale è stata donata la grazia di introdurre il Salvatore nel mondo. Essendo la Madre di Dio, la forma della cooperazione salvifica di Maria ha una sua dimensione del tutto speciale nella salvezza, che può essere chiamata pubblica (ufficiale)98, perché riguarda e tocca tutti gli uomini, di ogni tempo ed epoca.
La partecipazione di Maria, in quanto creatura salvata, alla filiazione di Cristo, ha sin da subito e per sempre conseguenze fondamentali per l’insieme dei redenti nella fraternità cristiana, che si fonda sul fatto che le creature salvate si riuniscono in Cristo come figli nel Figlio99. Secondo l’antropologia teologica, il concetto che illustra e spiega nel modo migliore la portata della cooperazione umana dal punto di vista dell’influsso sugli altri è quello della solidarietà, un modo di vivere la vera caritas dell’uomo salvato e l’espressione migliore per indicare la mediazione di un uomo per il bene salvifico di tutti100. Essere solidali mediando il bene salvifico per tutti è sempre un impegno necessario perché la salvezza possa essere manifestata. La solidarietà salvifica deriva dalla partecipazione alla filiazione di Gesù Cristo e alla fraternità dei salvati101.
La cooperazione salvifica di Maria all’opera della salvezza, per poter essere vera e fruttuosa, è predestinata e preparata come comunitaria e/o solidale. Nelle considerazioni sulla cooperazione salvifica di Maria la dimensione solidale dell’uomo creato ad immagine di Dio è della massima importanza: Maria è inserita nel popolo di Dio e svolge il proprio ruolo salvifico per il bene salvifico di tutti, mentre lo stesso popolo di Dio deve essere aperto ad arricchirsi del suo ruolo salvifico102. Proprio mediante la nascita dalla Vergine, l’umanità riceve l’incarnazione del Figlio di Dio. Pertanto si può affermare che la forma della solidarietà di Maria, espressa nell’accettazione di essere madre del Salvatore di tutti, è perfetta e straordinaria103.
A causa dell’unione che esiste tra tutte le creature redente, che deriva dalla comune partecipazione alla filiazione di Gesù come unica via di salvezza, i figli nel Figlio sono allo stesso tempo fratelli e sorelle, che tra di loro contribuiscono alla salvezza gli uni per gli altri nel proprio pellegrinaggio della loro fede viva. Poiché l’uomo non vive da solo e poiché nel suo agire deve sempre tenere conto anche degli altri, possiamo dire che gli altri sono in qualche modo presenti in un uomo, cioè sono rappresentati in lui. La portata e il valore delle conseguenze dell’influsso salvifico sugli altri è proporzionale al modo e al grado in cui una creatura redenta è chiamata a cooperare con Dio in favore dei membri della fraternità cristiana104. Pertanto, la verità “Maria è madre del Salvatore di tutti gli uomini” rappresenta il cardine del suo ruolo salvifico e diventa la cifra della portata della cooperazione della Vergine Maria: la sua cooperazione ha influsso su tutti gli uomini. Il fiat di Maria ha conseguenze salvifiche per tutti gli uomini di ogni tempo in quanto bisognosi della salvezza. Già il fatto che Maria è vera madre di Gesù, che è il Capo del Corpo che in se riunisce le creature salvate deve avere un significato e conseguenze in favore dello stesso Corpo, della totalità di questo Corpo105. Pertanto Maria è Madre del «Cristo totale»106, ovvero madre del Capo e nello stesso tempo madre del suo Corpo, della Chiesa che è chiamata a radunare tutti gli uomini salvati.
Nell’economia della salvezza la persona umana di Maria mostra l’esponente di un assioma antropologico della salvezza cristiana: ogni grazia ricevuta è sempre una grazia condivisa107. Questo principio, forse più evidente nell’esperienza quotidiana dell’uomo, attualizza e dimostra la solidarietà salvifica degli e tra gli uomini, la quale è in grado di fare sì che la grazia della salvezza si manifesti mediante la cooperazione degli uomini. Per dirla in maniera più semplice, in Maria Dio ha dato all’umanità un segno particolare della verità che la salvezza come dono di Dio in Cristo passa sempre mediante la fede, l’amore, la solidarietà e la cooperazione degli uomini. La cooperazione solidale della Beata Vergine insegna all’umanità bisognosa di salvezza che nessuno vive da solo, nessuno si salva da solo.
Detto questo, possiamo verificare il fatto che la cooperazione di Maria mediante la sua maternità divina non è soltanto un dato biologico108 e una fase della sua vita privata, perché i suoi frutti si producono di generazione in generazione. Seguendo la lettura del teologo De Fiores, che in Maria vede un caso palese della logica storico-salvifica dell’abbassamento-esaltazione109, possiamo dire che Maria, resasi piccola per poter essere vicino ai piccoli, è innalzata quale Madre di tutti gli uomini bisognosi della salvezza. La lettura pneumatologica della maternità divina è pista per poter comprendere la portata della maternità divina quale espressione più caratteristica della sua cooperazione umana, ovvero l’estensione della sua maternità spirituale e corporale di Gesù Cristo alla maternità spirituale di tutti gli uomini110.
Ogni rapporto di ciascun uomo con Cristo avviene nello Spirito Santo. Per opera dello Spirito avviene la filiazione adottiva della nuova creatura e la sua identificazione con Cristo. Lo stesso Spirito che ha animato e riempito l’umanità di Gesù Cristo, in quanto perfetto uomo, ricrea nell’umanità, in ogni singolo uomo, i lineamenti della umanità salvata di Gesù. Questa perfetta umanità di Gesù è definita da due dati fondamentali: essere figlio del Padre e, per opera dello Spirito, figlio della Vergine Madre. Nessuno di questi dati rappresenta un carattere puramente biologico o privato di Gesù111. Quando lo Spirito, nella manifestazione della salvezza, riproduce nell’uomo salvato i lineamenti della perfetta umanità di Gesù Cristo, Verbo incarnato e figlio di Maria, riproduce anche la sua filiazione da parte di Maria. Pertanto, nello Spirito tutti gli uomini salvati sono anche figli di Maria. Ricevendo lo Spirito, la nuova creatura diventa figlio nel Figlio e anche, partecipando alla filiazione di Gesù, figlio della Vergine Madre.
Da questo deriva, che non si può essere salvati in Cristo senza diventare figli della Madre112. La maternità universale di Maria, che il Concilio Vaticano II chiama maternità nell’ordine della grazia113, acquista la sua universalità secondo l’opera dello Spirito che universalizza e interiorizza l’evento della salvezza114. Partecipando come nuova creatura alla filiazione divina di Gesù e crescendo come immagine di Dio nel suo pellegrinaggio verso la somiglianza con Dio, l’uomo partecipa alla, e così realmente entra nella, relazione che Gesù Cristo ha vissuto e vive con sua madre. Per questo essere salvati significa essere figli nel Figlio, partecipare alla filiazione divina di colui che è il Figlio eterno del Padre e il Figlio vero di sua madre. Proprio lo Spirito di Cristo crea la nuova e universale relazione materna tra la Beata Vergine e l’uomo che partecipa alla filiazione di Gesù. Tutti coloro che sono figli nel Figlio, per l’opera dello Spirito che rende capaci di partecipare alla filiazione stessa del Figlio, hanno il Dio di Gesù come loro Padre e la madre di Gesù come loro madre. Tuttavia, essere figli nel Figlio e figli di sua Madre non sono due relazioni simmetriche e uguali, perché quest’ultima proviene ed è resa possibile dalla prima come una sua conseguenza pneumatologica che tocca tutti gli uomini. Si comprende così perché lo stesso Concilio chiama Maria «madre di Cristo e madre degli uomini»115.
La dimensione pneumatologica della cooperazione salvifica di Maria mostra e rende la stessa cooperazione attuale e perenne. L’Assunta ora coopera attraverso la propria intercessione perché il Figlio glorificato si mostri come unico Salvatore di tutti. L’intercessione celeste dell’Assunta è, quindi, la sua cooperazione perenne e attuale nella rinascita in Cristo e nella crescita nello Spirito dei figli del Padre,fondata sulla sua cooperazione particolare e la sua straordinaria relazione con il Figlio incarnato e glorificato. Maria assunta in cielo nel corpo e nell’anima, è presente nello Spirito e coopera nella vita della Chiesa di Cristo116. La stessa Chiesa, quando attualizza e celebra i misteri salvifici di Cristo, attualizza e celebra la relazione tra Cristo e Maria in quanto sua vera madre e pienamente glorificata in cielo.

5 L’unicità di Maria nella rappresentanza di tutti

Il canto natalizio della liturgia bizantina aiuta a vedere nella Vergine l’offerta più pura dell’umanità a Dio nel momento dell’incarnazione: «Che cosa ti offriremo, o Cristo, perché tu nasca sulla terra come un uomo? Ogni creatura, che è sua opera, ti porta, infatti, testimonianza della sua gratitudine: gli angeli il loro canto, i cieli le stelle, i magi i loro doni, i pastori la loro ammirazione, la terra la grotta, il luogo deserto la culla; ma noi uomini ti offriamo una Madre Vergine»117.
In chiave antropologica possiamo affermare che il concetto della nuova Eva include il vedere in Maria tutta la nuova umanità che partecipa alla salvezza di Cristo, un’umanità che nella Vergine genera Dio, genera l’umanità del Verbo118. A causa della prima donna, Eva, Adamo peccò. A causa di Maria, l’uomo è potuto essere riconciliato con Dio nell’unico Mediatore. Qui si esprime in sostanza il senso del pieno significato storico-salvifico della Vergine Maria. La cooperazione di Maria ha carattere rappresentativo, in quanto è predestinata da Dio ad essere una cooperazione non soltanto per tutti ma anche, in modo perfetto, «a nome di tutta la natura umana»119. Maria ha pronunciato il suo fiat per se, per l’umanità e anche nel nome dell’umanità120. «Con il suo fiat Maria diventa, a pieno titolo, soggetto dell’alleanza, che riveste un carattere interpersonale, nella quale cioè il dono di Dio fa appello alla necessaria risposta dell’uomo»121. Nella sua cooperazione Maria così include e rappresenta l’umanità intera, che offre l’umanità al Figlio di Dio. In questo senso vale la pena riportare l’osservazione del teologo Galot: «Non si può mettere Cristo dalla parte di Dio e porre Maria come rappresentante degli uomini di fronte al Verbo. Cristo è contemporaneamente dalla parte di Dio e dalla parte degli uomini; egli rappresentava Dio nei confronti dell’umanità e l’umanità nei confronti di Dio. È lui che, concretamente, è il vertice dell’umanità. Se col suo consenso alla venuta del Messia, Maria, ha rappresentato l’umanità, lo ha fatto in modo tale che il Figlio fatto carne potesse impersonare l’alleanza»122.
La dimensione rappresentativa della cooperazione mariana è a buona ragione una dimensione ecclesiologica, perché primariamente mostra Maria come una creatura redenta, la prima salvata nella storia. Maria, quindi, non dice il suo fiat solo a nome suo «ma a nome di tutta l’umanità e così, in quanto persona redenta, manifesta l’essere ecclesiale dell’uomo per creazione»123. D’altra parte, sebbene resti per sempre una cooperazione umana, benché come un momento singolare e straordinario in essa, la cooperazione della Beata Vergine diventa modello e paradigma per ogni contributo dell’uomo alla manifestazione della salvezza.
Maria precede la Chiesa nella fede e nella maternità e perciò nella sua persona e nella sua missione rivela il tipo della Chiesa stessa: «in Maria, infatti, risplende personalmente ciò che sacramentalmente appare nel mistero della Chiesa»124. Tuttavia, in quanto prototipo e modello, Maria è «il primo membro, il principale e il più prezioso»125 della Chiesa, nella quale lo Spirito Santo conduce la nuova creatura. In altre parole, Maria è lo specchio senza macchia nel quale la Chiesa vede fissato e personificato ciò che è chiamata ad essere, quello che ogni creatura redenta è chiamata a diventare126.

NOTE
66 Cfr. Cap. VI, sez. 1.
67 Partiamo dalle premesse di: G. CANOBBIO, «L’azione di Dio “in tutti e per mezzo di tutti” (Ef 4,6) e la cooperazione di Maria», 21-22.
68 Cfr. DH 3016; CCC 114. «La verità è sempre una e i diversi misteri hanno un nexus tra loro, ma in riferimento a un princeps (Gesù Cristo salvatore assoluto della storia umana): il concetto di “gerarchia delle verità”, fecondo per un dialogo ecumenico, non potrà dimenticarlo. Certo, la distinzione tra verità prime e seconde non trasforma le verità “seconde” in verità “secondarie”: nelle “seconde” la verità prima si precisa, si specchia, si ripropone nel suo nucleo essenziale, attraverso nuove espressività storiche» (A. STAGLIANÒ, «Dogma», 422).
69 Cfr. R. LAURENTIN, La Madonna, 94-95; Cap. IV, sez. 3.2. 70 «Allorché un credente ragiona secondo la sana teologia, fa certo una distinzione radicale tra il campo della fede, che contiene le verità essenziali alla salvezza, e il terreno più vago della devozione. Quest’ultimo è accidentale e libero, colorato dagli usi» (J. GUITTON, La Vergine Maria, 19).
71 Cfr. B. SESBOÜÉ, Maria, ciò che dice la fede, 67. Tuttavia nello stesso brano sembra che questo teologo veda la singolarità di Maria soltanto nell’esemplarità come modello.
72 Cfr. Cap. VI, sez. 2.1.3.
73 B. FORTE, Maria, la donna icona del Mistero, 39. Per approfondire la mariologia iconica di questo teologo italiano si veda: Ibid., 151-259. In questo senso si può comprendere il titolo mariano dal sapore ortodosso corona dei dogmi, perché Maria proietta luce sul mistero trinitario riflesso nell’umano (cfr. P. EVDOKIMOV, L’Ortodossia, 212 s.).
74 Abbiamo già presentato le tre correnti fondamentali della mariologia del XX secolo che tendono ognuna a suo modo a esprimere la singolarità della natura della cooperazione mariana: (1) cooperazione indiretta alla redenzione oggettiva con il suo fiat, (2) cooperazione diretta, immediata e attiva alla redenzione oggettiva con i meriti e i dolori di Maria, (3) cooperazione immediata passiva alla redenzione (cfr. Cap. V, sez. 1.3).
75 Cfr. Cap. VI, sez. 2.3.2.e. In questa conclusione di Isacco della Stella, il teologo De Lubac sottolinea che singolarmente significa unico, senza confronto, per eccellenza, in modo sovreminente, incomparabile (cfr. H. DE LUBAC, Meditazioni sulla Chiesa, 411).
76 Cfr. L. SCHEFFCZYK, Maria, crocevia della fede cattolica, 47.
77 LG 61. Il corsivo è nostro.
78 In questa luce possiamo leggere la provvisoria “tensione” tra la parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) e, dall’altra parte, la parabola delle mine (Lc 19,11-27). Nella prima parabola i servi non ricevano la stessa quantità di talenti, ma coloro che cooperano con il padrone e portarono risultati secondo la loro capacità, alla fine ricevono lo stesso premio. Nella seconda parabola ognuno dei servi riceve una mina, ma essi ottengono differenti risultati e in base a ciò ricevono differenti premi. Il cardinale Becker ha spiegato la connessione tra queste due parabole nel senso che lo stesso premio della prima parabola significa che Dio dona a ciascun cristiano alla fine la vita eterna. I vari talenti spiegano che Dio può in questa vita comunicare diverse grazie agli uomini, perché l’uomo salvato deve cooperare con Dio nella salvezza. Nella seconda parabola invece, Dio “retribuisce” nel cielo i suoi figli secondo la misura della loro cooperazione. Il risultato della vita di un figlio dipende, quindi, dalla grazia ricevuta, cioè dalla forma in cui viene donata a ciascun uomo, e anche dalla cooperazione prestata dall’uomo. Anche da qui possiamo concludere che l’essenza della cooperazione salvifica del uomo è uguale per tutti, ma la stessa si distingue secondo la misura (forma) in cui Dio chiama ciascun uomo a cooperare (cfr. K.J. BECKER, De Gratia, 152-166).
79 In Maria «nulla è quantità, tutto è qualità» (R. LAURENTIN, Maria chiave del mistero cristiano, 5)
80 «Maria appartiene al mistero dell’umanità del Verbo come condizione del suo realizzarsi. Non si rispetta questo dato se non riconoscendo che Maria appartiene al decreto eterno con cui Dio ha voluto l’incarnazione del Figlio: è stata predestinata in uno con Cristo in vista del suo venire in una carne umana» (G. COLZANI, Maria, 173- 174; cfr. anche: DH 3901-3902).
81 A. AMATO, Maria la Theotokos, 291.
82 K. RAHNER, Maria, 14.
83 K. RAHNER, Maria, 45.
84 S. DE FIORES, «Lettura cattolica ed ecumenica», 252-253.
85 Perché durante tutta la sua vita Maria è rimasta senza ogni peccato (cfr. CCC 411.493).
86 Cfr. S. DE FIORES, «Lettura cattolica ed ecumenica», 249.
87 Ad es.: A. GRECO, «Madre dei viventi», 465 s.
88 Cfr. L.F. LADARIA, «Maria nel piano salvifico del Dio Trinitario», 24-25.
89 Cfr. CCC 1172. Per una considerazione teologica sull’“essere-insieme” tra il Figlio e la Madre si veda: H.U. VON BALTHASAR, Maria, soprattutto 10 s. A tale proposito citiamo il pensiero di un autore ortodosso: «Il legame tra madre e figlio determina generalmente una certa vita comune, sebbene percepita in modo abbastanza oscuro. Consiste nel fatto che la carne, divenuta distinta, è nello stesso tempo comune. Questo legame non si interrompe affatto al momento della nascita, esso si prolunga per tutta la vita» (S. BULGAKOV, Il roveto ardente, 109).
90 M. TENACE, «Il riflesso delle relazioni trinitarie nell’esperienza di Maria», 15.
91 Cfr. A. AMATO, «Gesù Cristo», 547. «La presenza di Maria presso la croce di Gesù fa luce sia sul mistero della redenzione compiuto dal suo Figlio, sia sul mistero della Chiesa. È vero, infatti, che il compimento della redenzione è realizzato e si realizza nel sacrificio della croce, mediante il quale l’umanità intera viene salvata, ma è anche vero che tale redenzione si realizza nella partecipazione della creatura all’evento stesso della croce. Implica quindi la partecipazione della creatura e cioè di Maria e, con lei e in lei, di tutti i credenti» (A. AMATO, Maria la Theotokos, 325).
92 J. ALFARO, Maria, 33
93 J. ALFARO, Maria, 34.
94 Cfr. CCC 963-972.
95 Cfr. LG 54.
96 L’osservazione è di: J. GALOT, Maria, la donna nell’opera di salvezza, 244-245.
97 Per queste conclusioni cfr. A. VILLAFIORITA MONTELEONE, Alma Redemptoris socia, 45.436-437.
98 Cfr. K. RAHNER, Maria, 44; A. VILLAFIORITA MONTELEONE, Alma Redemptoris socia, 427-429.
99 Cfr. Cap. II, sez. 1.5.3; 2.2.
100 Cfr. Cap. II, sez. 2.3.
101 «Nel Cristo, l’uomo, noi incontriamo Dio; in lui, però, incontriamo anche la comunione con gli altri, il cui cammino verso Dio passa attraverso di lui e, così, dagli uni agli altri. L’orientarsi a Dio è in lui, al contempo, anche un orientarsi alla comunità degli uomini e soltanto accettando questa dimensione comunitaria si cammina verso Dio, il quale non esiste prescindendo da Cristo e quindi nemmeno prescindendo dal contesto dell’intera storia umana e della sua dimensione comunitaria» (J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, 342).
102 Cfr. Cap. II, sez. 1.2.
103 Cfr. A. MÜLLER, «La posizione e la cooperazione di Maria nell’evento di Cristo», 568-573.
104 Cfr. Z. ALSZEGHY, «Collaborare al progetto di Dio in noi stessi», 78-79.
105 Cfr. L.F. LADARIA, «Maria nel piano salvifico del Dio Trinitario», 27.
106 CCC 726.
107 Cfr. per questo e per quello che segue: A. VILLAFIORITA MONTELEONE, Alma Redemptoris socia, 425.439. Il summenzionato principio è particolarmente sottolineato nella proposta di A.M. Calero (vedi: Ibid., 164-166).
108 Qui di deve dire che per la teologia il biologico dovrebbe essere importante, perché in esso si realizza il disegno salvifico di Dio. Pertanto la separazione tra la biologia e la teologia in ultima analisi dimenticherebbe l’uomo. Per questo motivo la teologia deve parlare della spiritualità del biologico e della corporalità dello spirituale e divino, dove il biologico e l’umano sono inseparabili, così come lo sono anche l’umano e il teologico (secondo: J. RATZINGER, La Figlia di Sion, 50-51; ID., Maria, 21.23).
109 Cfr. Cap. VI, sez. 2.1.2; 2.2.2.b.
110 Questa considerazione si appoggia su: A. VILLAFIORITA MONTELEONE, Alma Redemptoris socia, 437-441.
111 Cfr. Cap. V, sez. 3.3.
112 Cfr. A. VILLAFIORITA MONTELEONE, Alma Redemptoris socia, 445. «La Madre di Dio è venerata perché, come creatura e immagine di Dio, ha assolto nella storia il compito di aderire liberamente a Dio e far nascere così un’umanità-Figlio di Dio, un’umanità di figli di Dio. La veneriamo perché, venerando Dio, veneriamo colei che l’ha generato. Ma a che servirebbe a Dio questa venerazione se non riconoscessimo che, nello stesso atto di generare, la Madre genera la divinità e l’umanità insieme? L’umanità del Figlio divino e l’umanità nostra: la Madre di Dio è la nostra madre. Queste espressioni non sono pii sentimentalismi, ma contengono la verità del cristianesimo, quella espressa nei dogmi. Verità che dice la nostra parentela con Dio, con Cristo, con lo Spirito Santo» (M. TENACE, Dire l’uomo, 237).
113 Cfr. LG 61.
114 Cfr. Cap. III, sez. 2.1; 4.
115 LG 54.
116 «La Chiesa vive nella presenza di Maria. Quello che è importante non è moltiplicare le parole, le feste, i titoli di Maria, quanto piuttosto riconoscere e accogliere questa presenza personale e funzionale nella comunione dei santi, cioè nel Cristo e nello Spirito» (R. LAURENTIN, Breve mariologia, 47). A causa della singolarità e universalità del suo ruolo salvifico, il primo posto nella comunione dei santi è quello di Maria, perché «nella comunione dei santi, ognuno ha qualcosa di lei» (H.U. VON BALTHASAR, Maria, 29). Per la realtà della comunione dei santi come parte integrale della fede della Chiesa, si veda: CCC 946-959; cfr. anche: Ibid., 2683.
117 Citato secondo: T. ŠPIDLÍK, «Il culto di Maria nella Chiesa Orientale», 97. In questo senso leggiamo che «Maria dà il Figlio all’umanità in un gesto sacerdotale di offerta. Nell’annunciazione offre a Dio se stessa come “carne”, “terra” dalla quale formare il nuovo Adamo. Nel parto offre alla terra il Figlio, vero Dio. In Maria l’umanità si offre a Dio e la divinità si offre alla creatura» (M. TENACE, Dire l’uomo, 252).
118 Cfr. P. EVDOKIMOV, L’Ortodossia, 215-216.
119 STh, III, q. 30, a. 1; cfr. DH 3274; Cap. VI, sez. 2.3.2.e. Sembra che la considerazione teologica di Maria come rappresentazione personale della Chiesa cominci nel secolo IX (cfr. L. SCHEFFCZYK, Maria, crocevia della fede cattolica, 65).
120 «Maria nel momento del suo “sì”, è l’Israele in persona. È la Chiesa in persona e quale persona. Ella è certamente questa personalizzazione della Chiesa perché, a motivo del suo “fiat”, è diventata la madre in carne e ossa del Signore. Ma questo fatto biologico è realtà teologica perché è realizzazione del più profondo contenuto spirituale dell’alleanza da Dio liberamente stipulata con Israele» (J. RATZINGER, Maria, 21; per altri simili pensieri dell’attuale romano pontefice si veda: BENEDETTO XVI, «L’Immacolata all’uomo di oggi: “compromettiti con Dio”», 942-947). «Il “fiat” di Maria è contemporaneamente evento oggettivo di salvezza per l’umanità intera, ma anche evento soggettivo di redenzione per Maria stessa» (A. AMATO, «Problemi di ermeneutica e di linguaggio con particolare riferimento alla mariologia», 413).
121 I. SANNA, Immagine di Dio e libertà umana, 227.
122 J. GALOT, Maria, la donna nell’opera di salvezza, 285.
123 M. TENACE, «Il riflesso delle relazioni trinitarie nell’esperienza di Maria», 25.
124 F. LAMBIASI – D. VITALI, Lo Spirito Santo: mistero e presenza, 322; cfr. Ibid., 323-330; L.F. LADARIA, «Maria nel piano salvifico del Dio Trinitario», 27. «In Maria la Chiesa ha già assunto una figura corporea prima di essere organizzata in Pietro» (H.U. VON BALTHASAR, Maria, 47). Per alcune riflessioni sulla somiglianza e dissomiglianza tra Maria e la Chiesa si veda in: Ibid., 48-51; J. ALFARO, Maria, 46- 50. Occorre rilevare che la tipologia non è un’identificazione. Vedere in Maria il tipo della Chiesa non giustifica il suo assorbimento totale nella Chiesa nel senso della riduzione di Maria ad una semplice e perciò sostituibile esemplificazione di fatti teologici (cfr. J. RATZINGER, Maria, 18). Nel senso oggettivo, in questo approccio la singolarità della Madre di Dio sarebbe cancellata. «Maria è identificata con la figlia di Sion, con il popolo di Dio nella sua dimensione sponsale. Tutto ciò che sull’“ecclesia” viene detto nella Bibbia, vale anche per lei, e viceversa: ciò che la Chiesa è e deve essere, lo viene a conoscere concretamente guardando a Maria. Essa è il suo specchio, la misura perfetta del suo essere, perché essa è totalmente su misura di Cristo e di Dio, da lui “totalmente abitata”» (Ibid., 55). Sulla corretta interpretazione del linguaggio simbolico in mariologia si veda: A. AMATO, «Problemi di ermeneutica e di linguaggio con particolare riferimento alla mariologia», 423-431). Un buon esempio di lettura antropologico-simbolica dei privilegi mariani si veda in: H.U. VON BALTHASAR, Punti fermi, 129-130.
125 H. DE LUBAC, Meditazioni sulla Chiesa, 393.
126 Per questo il teologo De Lubac chiama Maria il sacramento della Chiesa, che parla e agisce in nome della Chiesa e, come sua forma perfetta, racchiude in se in grado eminente tutte le grazie e tutte le perfezioni della Chiesa. Secondo lo stesso teologo, vi è uno scambio constante e una reciproca penetrazione tra la Chiesa e Maria, fino a costatare una certa comunicazione degli idiomi. Ad es., come Maria genera il Cristo terrestre, così la Chiesa genera il Cristo eucaristico. De Lubac sviluppa anche considerazione su Maria come sacramento di Gesù Cristo (cfr. H. DE LUBAC, Meditazioni sulla Chiesa, 376-377.386-387.400-403.439).

Inserito Mercoledi 4 Novembre 2020, alle ore 12:25:07 da latheotokos
 
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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