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  Il vero ecumenismo e Maria 
EcumenismoMaria nel dialogo ecumenico

1 - Chiamati all'Unità

La divisione dei cristiani è un problema cruciale per la testimonianza evangelica nel mondo. Ne va, infatti, della fedeltà al Signore e della credibilità stessa dell’annuncio della divina salvezza. La fedeltà all’unico Signore dell’umanità esige l’unità di tutti i cristiani cioè la comunione con Dio e tra di loro (Cf. Gv 15,1-17).
L’appello all’unità dei cristiani, risuona, di conseguenza, con sempre maggiore vigore nel cuore dei credenti, perché è Cristo stesso che chiama all’unità i suoi discepoli i quali, se vogliono veramente ed efficacemente combattere la tendenza del mondo a rendere vano il mistero della Redenzione, devono professare uniti la verità sulla croce. E’ come una sfida che si pone a tutti e che nessuno può rifiutare, perché nessuno può rifiutarsi di fare il possibile per abbattere, nel nome di Dio, i muri di divisione e di diffidenza, gli ostacoli e i pregiudizi che rendono difficoltoso l’annuncio del vangelo della salvezza. Pur non nascondendosi il peso di ataviche incomprensioni ereditate dal passato, di fraintendimenti e pregiudizi, i cristiani devono vincere l’inezia e l’indifferenza che spesso scaturiscono dalla insufficiente conoscenza reciproca; devono purificare la memoria storica considerando insieme il loro doloroso passato; devono incontrarsi in un pacato e limpido sguardo di verità vivificato dall’amore di Dio e sostenuto dalla sempre rinnovata disponibilità al dialogo, proprio in vista dell’annuncio del vangelo agli uomini.
La necessità di dover tutti lavorare per raggiungere l’unità anche visibile, è solennemente confermata anche dalla “Charta oecumenica” firmata dai rappresentanti delle Chiese nel mese di aprile del 2001 a Strasburgo. Essa contiene un accorato appello perché tutti responsabilmente diventino promotori di riconciliazione in Europa, vivendo l’esperienza ecumenica come un luogo fruttuoso di incontro, superando i pericoli che impediscono il dialogo come il sospetto, l’inezia e l’impazienza.
La ricerca dell’unità ha per scopo l’eliminazione di tutte quelle difficoltà introdotte nella vita dei cristiani – divergenze di fede e divergenze dottrinali – che hanno sconvolto l’armonica articolazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa, unità dei battezzati che credono nel suo nome. E’ la ricerca in piena carità della piena comunione nella verità tutta intera, pur nella diversità e molteplicità dei doni provenienti dallo Spirito Santo, che rendono l’unità feconda e dinamica offrendole varie potenzialità di crescita e di espressione. 

2 - Il vero volto dell'Ecumenismo

Il vero ecumenismo non risiede tanto o soltanto nelle dichiarazioni congiunte delle Chiese quanto, piuttosto, in quella predisposizione spirituale che tutti i cristiani devono avere di voler camminare insieme in novità di vita. Bisogna, cioè, trovare nell’ecumenismo la propria unificazione interiore, un allargamento di orizzonti, una dilatazione dell’anima e dell’esistenza. Non si tratta chiaramente di emarginare quello in cui non si è d’accordo, rischiando una perdita di identità, quanto di arricchire questa identità scendendo alle radici per recuperare tutto dalla storia e tutto dal mistero che la precede e origina. L’esperienza ecumenica si qualifica allora come una esperienza spirituale, un cammino ecclesiale fatto di condivisione e solidarietà in cui si diventa capaci di leggere e capire l’altro in vista di una possibile comunione, senza temere che il dialogo sia un pericolo o un condizionamento. Il dialogo (dia – logos) in questa prospettiva, non rimane più un incontro e uno scambio nel “logos” dell’uomo o una astratta verità, bensì si trasforma in un autentico riconoscersi nel “Logos” del Padre, nella sua Parola di verità, in quel “Logos” che proprio per dialogare con noi ha posto la sua dimora tra gli uomini (Gv 1,14). Dialogare “ecumenicamente” diventa un entrare in “comunione” con Cristo Signore, con Colui nel quale il Padre ha aperto un “dia – logos” con gli uomini, perché essi si intrattengano “ dia – logando” con Lui e tra di loro. L’unità della Chiesa dipende perciò dalla nostra unione con Dio e dalla nostra umiltà nell’accoglienza dell’altro in quanto altro unito a noi, perché come afferma S. Paolo: “In verità noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” (1Cor 12,12). Il papa conferma questa prospettiva:
“Solo la sincera comunione con Dio genera vera unione tra i cristiani perché sollecita ogni discepolo ad essere attento e docile nei confronti della volontà dell’unico Maestro. Ciò non può non incidere sulle relazioni dei cristiani fra di loro, giacché la volontà di Gesù è precisa: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati (Gv 15,12)”. 

3 - Maria, Mater unitatis

Al vertice di questa esperienza di dialogo nella fede con Dio e con i fratelli in Cristo, il papa vede Maria che, per questo, viene chiamata “Mater unitatis”. Maria è non solo la madre ma l’icona di questa Chiesa in dialogo, il simbolo dell’umanità trasformata dalla grazia, il modello e la sicura speranza per quanti muovono i loro passi verso la Gerusalemme celeste. Il titolo attribuito a Maria, muove dall’episodio di Gv 19, 25-27 sulla duplice consegna del discepolo prediletto a Maria e della madre al più giovane dei discepoli. Giovanni sottolinea qui non un evento di natura privata, ma la maternità di Maria nei riguardi del popolo della Nuova Alleanza, dei dispersi figli di Dio radunati nella vera e nuova Gerusalemme che è la Chiesa, della quale la Vergine, madre per eccellenza, è la figura più eminente. Il discepolo accoglie Maria tra i beni preziosi ricevuti dal Signore, cioè la riconosce come elemento fondamentale della sua vita spirituale e della sua fede. Questa pienezza di comunione tra madre e discepolo è preannunziata dal racconto della tunica senza cuciture del Signore, simbolo della Chiesa santa una e indivisa di 19, 23-24, unione esplicitata poi in 19, 25-27. E’ Maria, dunque, che ha il compito, per volere del Signore, di conservare unita quella Chiesa che le è stata affidata sul Calvario. Questa unione si manifesta anzitutto nella fedeltà alla Parola del Signore, nella fede in lui. Il papa sottolinea per questo il ruolo di Maria nel cammino della fede, parte essenziale e condizione indispensabile dell’unità visibile dei cristiani. La fede della Chiesa è soprattutto fedeltà alla Parola:
“la Chiesa è un seme vivente di Dio che vuole svilupparsi e arrivare a maturazione. Per questo ha bisogno di Maria: nella Chiesa può esserci fecondità solo se essa si sottomette a questo segno, cioè se diventa terra santa per la Parola”
come e con Maria.
“Perché dunque non guardare a lei tutti insieme come alla nostra madre comune, che prega per l’unità della famiglia di Dio e che tutti “precede” alla testa del lungo corteo dei testimoni della fede nell’unico Signore, il Figlio di Dio, concepito nel suo seno verginale per opera dello Spirito Santo?”.
Accanto a lei, nonostante ancora i dolorosi effetti delle separazioni, ci possiamo sentire tutti veri fratelli e vere sorelle di quel popolo messianico, chiamato ad essere un’unica famiglia di Dio sulla terra. Si può affermare che oltre alle discussioni teologiche, necessarie per raggiungere l’accordo nella fede, oltre ai contatti altrettanto necessari per una vera conoscenza reciproca, i cristiani delle varie confessioni, grazie a Maria, possono sempre più lucidamente vedere che la via dell’unità passa attraverso una comune e piena adesione all’esigenza fondamentale della fede da lei espressa esemplarmente alle nozze di Cana: “Fate quello che Lui vi dirà” (Gv 2,5). La fede di Maria, diventa modello e incitamento alla fratellanza dei discepoli che cercano l’unità nel Signore e che, se si pongono assidui e concordi in un atteggiamento di preghiera con Lei come la Chiesa nascente (At 1,14), possono veramente raggiungerla. Le Chiese si devono porre oggi la domanda: come è possibile che noi, uniti nella confessione di Cristo unico Signore e unica sorgente di vita, possiamo restare divisi riguardo a sua Madre? Tutte, quindi, sotto l’impulso dello Spirito devono avvertire la necessità a non eludere ma affrontare con serio impegno di studio e ricerca il significato della figura della Vergine nella vita della Chiesa.

4 - Maria, Vergine del silenzio evangelico

Dato che tutte le Chiese possono riconoscere nella Maria biblica la “Mater unitatis”, bisogna evitare il rifiorire disordinato di una malfondata pietà mariana lontana dalla Scrittura che esaspera gli animi, anziché rappacificare le tensioni che rimangono tra le Chiese. Lo stesso Giovanni Paolo II afferma:
“C’è da augurarsi che tra i frutti di questo anno di grazia (il Giubileo) accanto a quello di un più forte amore per Cristo, ci sia anche quello di una rinnovata pietà mariana. Si, Maria deve essere amata e onorata, ma con una devozione che, per essere autentica, deve essere ben fondata sulla Scrittura e sulla Tradizione, valorizzando anzitutto la Liturgia e traendo da essa sicuro orientamento per le manifestazioni più spontanee della religiosità popolare; deve esprimersi nello sforzo di imitare la Tuttasanta in un cammino di perfezione personale; deve essere lontana da ogni forma di superstizione e vana credulità accogliendo in questo senso, in sintonia con il discernimento ecclesiale, le manifestazioni straordinarie con cui la Beata Vergine, usa non di rado concedersi per il bene del popolo di Dio; deve essere capace di risalire sempre alla sorgente della grandezza di Maria, facendosi incessante Magnificat di lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”.
Secondo il pontefice, quindi, un vero approccio a Maria, deve fondarsi sulla Scrittura e sulla Grande Tradizione e deve evolversi in linea con l’imitazione. Queste puntualizzazioni sono necessarie perché
“per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui spicca l’ansia per la ricomposizione dell’unità dei cristiani. La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del movimento ecumenico, cioè acquista essa stessa un’impronta ecumenica”
La pietà mariana, dunque, lungi dall’essere motivo di divisione, deve diventare una forza promotrice dell’unione dei cristiani, sorgente di gioia e di preghiera per tutte le Chiese.
Il ritorno alle genuine fonti bibliche e alla Grande Tradizione e cioè la salutare riscoperta della Vergine nella S. Scrittura e delle forme di venerazione delle prime comunità cristiane, ha un molteplice e salutare effetto: corregge, infatti, la Maria della idealizzazione, perché restituisce alla Chiesa una donna del nostro mondo, figlia di Israele, donna di un villaggio qualsiasi e donna credente, inserita nella carovana dei “poveri” di JHWH; corregge la Maria della sovraesposizione, restituendo alla Chiesa la testimone dell’annunciazione e della natività, eventi che avvengono nel silenzio e restano consegnati alla riflessione della contemplazione (Lc 2,19), dove le parole dell’uomo sono rare e scarne, ma sufficienti a trasmettere la grandezza del mistero ad ogni generazione e la testimone della pentecoste della Chiesa, dove a regnare e l’essere insieme assidui e concordi nella preghiera (At 1,14); corregge la Maria della sostituzione, perché riconsegna alla Chiesa la Vergine dei primi concili e dei simboli di fede, della liturgia e dei padri, posta sempre accanto al Figlio e al suo servizio, che mai distoglie o separa da lui; corregge la Maria della strumentalizzazione e riconsegna alla Chiesa una Maria che non può avere un senso anticattolico o antiprotestante ed essere il simbolo delle contrapposizioni ideologiche, ma che ha il significato di una “Donna” buona e santa attorno alla quale un Dio sorprendente invita il suo popolo a danzare di gioia (Lc 1,39-45) come già per la città amata (Sof 3,17-18), un Dio che onora gli amici del Figlio (Gv 12,16), un Dio il cui Spirito dischiude Elisabetta e con lei tutte le generazioni credenti al “benedetta” – “beata”, perché in Maria tutto è evento di grazia e tutto è evento di fede.

5 - Fonti dell'articolo

1. Giovanni Paolo II:
- Angelus di domenica 22 gennaio 1995, in occasione dell’Ottavario di preghiere per l’Unità dei Cristiani.
- Ut unum sint, Roma, 25 maggio 1995, n° 1.
- Lettera Enciclica "Redemptoris Mater", n. 30
- Omelia della Messa di domenica 24 settembre 2000.

2. Meo Gnocchi
Ecumenismo: camminare in novità di vita
Atti del Convegno primaverile del SAE, Rende (Cosenza), 29 aprile -1 maggio 2000.

3. Nereo Venturini
Madre d’unità
in "Popoli", Maggio 1997.

4. Documento del Capitolo Generale dell'Ordine dei Servi di Maria: "Fate quello che Egli vi dirà", Roma 1983, n° 95.

5. Giancarlo Bruni
Vergine del silenzio
in "Jesus", anno XXII, n° 12, dicembre 2000.



Inserito Domenica 6 Settembre 2009, alle ore 23:42:07 da latheotokos
 
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