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GIUSEPPE INNOGRAFO



1. Cenni biografici e opere
a) Giuseppe è entrato nella storia con l'appellativo di "innografo" a motivo dell'abbondante e notevole contributo poetico da lui offerto alla tradizione liturgica della Chiesa bizantina. Si fa risalire la sua nascita intorno all'816, avvenuta probabilmente a Siracusa, città che egli ha dovuto abbandonare molto presto a causa della conquista araba della Sicilia, iniziatasi nell'827. La sua famiglia si rifugiò in Grecia e, dopo varie residenze, fissò la propria dimora a Tessalonica nell'831. Nell'840 Giuseppe entrò nel monastero hasiliano di Sant'Antipa a Costantinopoli, dove si impegnò nella difesa del culto delle immagini sacre e da dove fu inviato a Roma per informare il papa delle difficoltà che attraversavano allora le chiese d'Oriente. Rientrato a Costantinopòli, fondò il monastero di San Bartolomeo, nel quale svolse un'intensa attività come guida della vita monastica e come autore di inni liturgici che la Chiesa greca ha sempre valorizzato e di cui continua a servirsi anche oggi nelle sue celebrazioni. Giuseppe mori a Costantinopoli nell'886 e fu presto dichiarato santo dalla Chiesa bizantina, che ne celebra la festa il 3 aprile, ritenuto il giorno della sua morte.
b) La Madre di Dio ha un posto importante nell'opera poetica di questo celebre innografo, in termini di frequenza e di qualità. Giuseppe ammira e canta la santità e grandezza affascinante di lei; si confessa suo devoto e servitore entusiasta; ne celebra con gioia le festività. A lei applica titoli molto belli, la definisce purissima più di ogni altra creatura, la sola immacolata, un giglio intemerato cresciuto tra le spine, una rosa divina, una nube che distilla dolcezza e allontana ogni amarezza dalle nostre anime, la Madre del Figlio di Dio, la sposa del Padre. Giuseppe non si stanca mai di contemplare il prodigio di questa eccelsa creatura nella quale tutto è meraviglioso e straordinario. A lei offre il servizio della propria vita e si proclama suo schiavo. Di lei. parla un po' dappertutto nelle sue composizioni poetiche (stichera, kondakia, triodia, tetraodia, canoni) che sono entrate nei testi liturgici della Chiesa bizantina. Troviamo i suoi inni nei Menea (santorale),. nell'Ottoeco (ciclo settimanale), nel Triodion (tempo di Quaresima), nel Pentekostarion (tempo pasquale), nell'Horologion (ufficio quotidiano delle ore). Nove dei suoi numerosi canoni sono dedicati alla celebrazione della Madre di Dio e delle sue feste: il primo è per la vigilia della festa della Natività; il secondo per la vigilia della festa della Presentazione al tempio; il terzo tratta della Dormizione, del sepolcro vuoto e dell'assunzione al cielo; il quarto celebra la deposizione della veste della Vergine nei santuario delle Blacherne; il quinto celebra la deposizione della cintura nel santuario di Chalkoprateia; il sesto ricordala celebrazione dell'Inno Acatisto; il settimo è un inno di lode alla Madre di Dio, pieno di affermazioni tipologiche su di lei; altrettanto fa l'ottavo; il nono, che Migne pubblica solo in versione latina, ha il medesimo obiettivo, con intreccio di odi e di theotokia. Un'ampia selezione di testi mariani dell'Innografo era stata elaborata da Ippolito Marracci (†1675) sotto il titolo di "Mariale" ed è attualmente reperibile in Migne.

2. La santità eccelsa di Maria infonde fiducia nella preghiera
a) L'argomento ritorna ormai con frequenza negli scritti degli autori orientali e neppure Giuseppe sfugge al fascino che la figura della Vergine santa esercita sulla mente e sulla fede dei credenti attraverso la singolare misura della sua santità che la pone al di sopra di tutte le creature terrestri e celesti. Giuseppe è consapevole che la santità di Maria è innanzitutto un dono gratuito e mirabile di Dio e pertanto a lui devono essere dirette la lode e la riconoscenza per i prodigi che egli ha operato nella Madre sua. Ma questo è un motivo valido per lodare anche lei, pur prescindendo dai meriti che ella ha acquisito con la sua risposta di attiva collaborazione con la volontà di Dio, .a proposito della quale l'Innografo non sembra insistere molto. Parlando della santità di Maria, egli la vede risplendere già nel suo concepimento e nella sua nascita, momenti nei quali la grazia ha marcato in modo speciale questa bambina destinata a grandi cose.
b) Il discorso dell'Innografo viene sovente impreziosito dall'introduzione di simboli e di metafore bibliche, nonché di passaggi dalla forma espositiva a quella apostrofale. Se ne può osservare un bell'esempio nel Canone prefestivo per la Natività di Maria, in cui le prime sei odi esaltano il misterioso intervento di Dio e gli effetti meravigliosi prodotti nella neonata bambina. La sua concezione e la sua nascita sono eventi che trascendono ogni umana intelligenza e la cui grandezza e portata soteriologica devono essere interpretate alla luce della sua futura missione. Gli effetti dell'intervento di Dio in Maria hanno una duplice valenza: una negativa nel senso che abilita la Vergine a cancellare la tristezza di Eva rendendo sterili le conseguenze della disobbedienza peccaminosa di quest'ultima al suo Creatore; la portata positiva consiste nel fatto che Maria viene preparata a diventare, con la sua futura maternità, la dimora e il trono di colui che «trasformerà i credenti in abitazioni della Trinità santa...; che farà risplendere la luce della conoscenza in coloro che prima erano seduti nelle tenebre della perdizione». Alla celebrazione festale l'autore invita non solo la Chiesa terrena, bensì anche i giusti dell'antica alleanza e tutta la corte celeste, perché l'evento ha una portata universale: «Saltate, angeli, intrecciate danze con gli uomini: oggi la nascita della Vergine da una donna sterile bandisce la tristezza e reca la gioia a quanti celebrano la sua divina natività». L'intero canone è costellato di preghiere indirizzate direttamente alla Madre di Dio, alle quali l'Innografo trasmette tutta la pienezza dei suoi sentimenti, suggeriti dalla sua devozione e dal suo amore, che ben si riassumono nell'ode finale: «O Madre di Dio, che desti al mondo la luce, illumina noi che spiritualmente festeggiamo la tua splendida nascita e rendici partecipi, o casta, della luce che sta per giungere; e concedi a noi pace e redenzione dai mali, tramite la tua materna intercessione».
c) Il medesimo clima gioioso e celebrativo, impregnato di amorosa devozione alla Vergine, si respira abbondantemente anche negli altri canoni e in tutte le composizioni poetiche di questo ispirato autore. Egli inoltre non manca di esternare i suoi sentimenti personali nei confronti della Madre di Dio, di espone le sue necessità e difficoltà e di invocare il suo materno aiuto. Nel canone per il mattutino della feria 11 si legge tra l'altro: «O porta della luce, ti prego, illumina gli occhi del mio cuore, oscurati dalle densissime tenebre del peccato, e mandami un raggio di penitenza, o Signora. Mediante la tua intercessione o Vergine pura, liberami dal fuoco eterno». Nel theotokion del canone Stavrosimos del venerdì, Giuseppe chiede alla Vergine di intervenire per tirarlo fuori dalla sua deplorevole situazione di negligenza e di peccato: «O casta luce della mia anima oscurata, salute della mia fragilità, salvami giacche sono in procinto di perire Sono colpevole di gravissimi peccati, ma tu rivestimi con la tunica dell'incorruttibilità. Sto consumando la mia vita nella negligenza e nella pigrizia e la mia anima si trova immersa nel sonno gravissimo del peccato; perciò ricorro ora alla tua vigile intercessione; non permettere che mi addormenti nella morte, o Vergine Madre di Dio».

3. La Dormizione della Madre di Do
a) Un primo interrogativo postosi da diversi Padri della Chiesa è quello delle ragioni che giustificano la morte di Maria. Nel Canone prefestivo della Dormizione, Giuseppe formula il medesimo interrogativo ovviamente nel suo stile poetico: «Come mai ti sei sottomessa alla morte tu che hai generato l'uccisore dell'inferno, ossia colui che, per mezzo tuo, elargisce la vita a quegli uomini che si sentono trascinati verso la morte»? Giuseppe non risponde direttamente a questa domanda, perché sembra pensare che l'unica risposta sia quella della fede: «Per questo noi con fede ti glorifichiamo». Piuttosto si dilunga a celebrare e a spiegare in dettaglio i motivi e le circostanze che hanno condotto alla glorificazione celeste della Vergine. Si tratta prima di tutto di un
evento paradossale, come paradossale era stato il concepimento verginale e purissimo del Figlio di Dio da parte di lei. I primi a gioire e ad esultare sono state le creature angeliche, le quali hanno visto, nella presenza del corpo di Maria in cielo, un consolidamento della loro unione con le creature terrene Le reazioni degli esseri terreni, rappresentati dai discepoli (gli «intimi del Verbo») che si trovano di fronte al corpo morto e senza voce di Maria, si dividono tra la meraviglia e lo stupore, tra il lutto e una lode che supera ogni parola. La sua vera morte e attestata dalla sepoltura e dal sepolcro, ma è seguita dal suo trasferimento corporale nei cieli.
b) Le ragioni dell'assunzione corporea di Maria si identificano con quelle già emerse nella tradizione dei Padri della Chiesa: la sua integrità verginale e la sua funzione ineffabile ed unica di Madre del Verbo di Dio: «La dimora che contenne colui che tutto contiene ascende quale colomba purissima per abitare nel cielo, dopo essersi lei stessa dimostrata come un cielo, trono di Cristo e grande palazzo... O sola casta, dopo aver ignorato nel tuo parto le leggi della natura, tu muori oggi conformemente alla legge degli uomini, ma dopo avere, con il tuo parto, dato la vita a quanti erano stati sottomessi alla morte, o illibata».
c) Nell'ode finale del canone, l'Innografo canta la gioia dei credenti, consapevoli del legame che li unisce alla Madre di Dio, non interrotto dalla sua assunzione al cielo. Questa consapevolezza è un altro motivo di incoraggiamento per rivolgersi a lei onde ottenere grazie ed aiuti: «Con lo splendore delle tue grazie illuminaci e rendi splendenti anche noi che lodiamo la tua illustre Dormizione... O cuori di tutti i devoti, che trovate la salvezza nella sua intercessione, esultate nei giorni della Dormizione di una speciale figlia di Dio... O buona e amorosa Vergine, fa' piovere su tutti i beni della tua misericordia e salvaci». Non si può dire che Giuseppe Innografo abbia un pensiero originale sulla Dormizione della Madre di Dio. Non era questo il suo compito. Egli ha semplicemente voluto offrire alla liturgia bizantina una composizione di elevata ispirazione dottrinale e poetica per celebrare un mistero mariano molto caro ed importante per la fede delle Chiese orientali.

4. La mediazione celeste della Madre di Dio
a) La fede dei cristiani orientali in questo ruolo che Maria svolge nella gloria celeste ha avuto origine proprio dalla celebrazione del mistero della sua assunzione al cielo. Gli ultimi Padri della Chiesa orientale avevano già insegnato questa dottrina e ne avevano elaborato anche il vocabolario. Giuseppe Innografo non ci propone particolari novità in questa materia, ma si colloca sulla loro scia, ripetendo il loro insegnamento, come si nota nel canone sulla Dormizione, e su questo punto ritorna in altre sue composizioni innografiche. In sintesi, egli insegna che, come la Vergine aveva assicurato la sua assistenza materna al Cristo terreno, alla stessa stregua continua ora ad offrire la sua assistenza ai seguaci del Figlio.
b) La mediazione della Madre di Dio in favore degli uomini passa attraverso due fasi, e Giuseppe lo spiega ricorrendo all'immagine della scala di Giacobbe (cfr. Gen 28,12) che egli applica a lei. Maria è la «celeste scala» attraverso la quale è venuto a noi il Salvatore che, a sua volta, ha operato la nostra salvezza. Come si è già osservato, la fede nella mediazione e nell'intercessione di Maria in favore dei fedeli si collegava con il mistero della sua presenza in cielo con l'anima e il corpo. Da qualche secolo i Padri della Chiesa testimoniavano questa convinzione diffusa nella Chiesa. Perciò nel canone della Dormizione, dopo aver ricordato la funzione mediatrice della Vergine nel mistero dell'Incarnazione, l'Innografo aggiunge: «Il sepolcro santo rimane vuoto senza il tuo corpo, ma colmo della tua grazia. Esso fa scorrere per noi fiumi di guarigioni e trattiene i torrenti, o santissima Madre di Dio. Il corpo fu asportato dal sepolcro; tuttavia la tua benedizione rimane con noi, o Vergine casta, che dai luce ai ciechi e dispensi in abbondanza la tua compassione. O libro nuovo, in cui il Verbo si iscrisse in modo stranissimo, implora che siano segnati nel libro della vita tutti coloro che elevano inni alla tua straordinaria Dormizione».
c) Nei due canoni composti per le feste della deposizione delle due celebri reliquie mariane, la veste nel santuario delle Biacherne e la cintura in quello di Chalkoprateia, l'innografo considera le reliquie segni e garanzie della volontà della Vergine di continuare la sua funzione materna sulla terra in favore dei credenti. A proposito della veste (maphorion) scrive: «Lodiamo colei che è la lieta sorgente della santificazione, la porta del cielo e la Madre di Dio; celebriamo con i canti della fede la sua veste dalla quale scaturiscono carismi divini... Questa è la tua casa, fabbrica gratuita di medicamenti per coloro che soffrono malattie; essa infatti custodisce la tua veste, o castissima e purissima, che è come una sorgente dalla quale i medicamenti non cessano di emanare». E nel canone per la deposizione della cintura (zone) si legge: «Ascesa al di sopra dei cieli, tu lasci agli uomini la tua cintura degna di venerazione quale sostegno e rifugio, o Vergine Madre di Dio. Guarigione per i malati, sollievo per gli affaticati, divino conforto per le vittime della paura, timone per i naviganti, ritorno per gli erranti: sono queste, o Vergine casta, le grazie che accompagnano la tua preziosa cintura».
d) Condizionato da una mentalità tipicamente bizantina, Giuseppe guarda a Maria come ad una potente sovrana, dotata di una forte capacità di influire sull'animo del Figlio. Ella ha ricevuto in speciale affidamento la città di Costantinopoli, per cui continua a proteggerla e a difenderla con sovrana e materna predilezione. La presenza delle preziose reliquie nei due santuari mariani edificati a questo scopo nella capitale dell'Impero bizantino, mentre suscita impegno cristiano e pietà mariana intensa e diffusa, rappresenta pure un'importante circostanza che impegna la Madre di Dio a svolgere il suo ruolo di patrona principale della città e dell'Impero.

Bibliografia
GAMBERO L.,  Fede e devozione mariana nell'impero bizantino. Dal periodo post-patristico alla caduta dell'impero (1453), San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 90-99; TESTORE C., Giuseppe Innografo, in Enciclopedia Cattolica, VI, p. 813; FERRARI G., Giuseppe l'Innografo e il contributo di Siracusa alla spiritualità orientale, Siracusa 1975; PITRA J. B., Analecta Sacra Spicilegio Solesmensi parata, I, Parigi 1886, pp. 381-399; AA. VV., Testi mariani del primo millennio. 2. Padri e altri autori bizantini, Città Nuova Editrice, Roma 1989, pp. 696-725; VAN DE VORST C., Note sur s. Joseph l'hymnographe, in AB 38 (1920), pp. 148-154; MIONI E., I Kondakia inediti di Giuseppe Innografo, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata, 11 (1948), pp. 87-98 e pp. 177-192; TOMADAKIS E. I., Giuseppe l'Innografo: vita e opera, Atene 1971.






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