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ROSARIO


1. Origini del Rosario

Recitare preghiere usando grani infilati in un cordone era già un modo molto diffuso nel Medioevo e veniva indicato con vari nomi: “praeculae”, “computum”, “signacula de Pater noster”. Sul finire del X secolo si era diffusa, infatti, la pratica di recitare questa preghiera più volte consecutive, pratica sorta probabilmente nei monasteri benedettini dove si trovavano monaci illetterati, incapaci di imparare e leggere il Salterio. Ad essi fu ordinato di recitare 150 Pater al posto dei 150 salmi del Salterio o almeno una terza parte di essi, cioè 50 Pater. Nelle “Antiche Costumanze di Cluny” si attesta, ad esempio, che in occasione della morte di un monaco appartenente ad un altro convento, ciascun sacerdote dovesse celebrare una messa mentre agli altri veniva lasciato il compito di recitare 50 salmi o 50 Pater. Una regola dell’Ordine Militare dei Templari del 1128, imponeva al cavaliere impedito di assistere alle funzioni religiose di recitare 100 Pater al giorno per una settimana in suffragio di un confratello defunto. L’impossibilità di contare a mente o con le dita tutte queste preghiere, spinse all’uso di grossi grani infilati in un cordone o a nodi fatti sulla corda stessa. Questi cordoni furono diffusi sino alla fine dell’XI secolo. Col passare del tempo le “Corone del Pater” furono suddivise in 50 grani, sul modello dei grandi salteri monastici che avevano al primo, al cinquantesimo e al centesimo salmo segni di divisione. Infine si giunse alla divisione in decadi con il decimo Pater assai più grosso degli altri. Col diffondersi, intorno all’anno 1150, dell’Ave Maria come antifona posta al “Piccolo Ufficio della Madonna”, si ingenerò l’uso di recitare con cordoni consimili a quelli del Pater di 150 o di 50 nodi anche questa preghiera. Nasce così il Rosario nel senso moderno del termine. Per tutto il secolo XII la recita di ogni Ave  Maria era accompagnata anche da una genuflessione. Il Rosario in questa primordiale forma si diffuse rapidamente e papi e vescovi ne favorirono la devozione arricchendola di molte indulgenze.

2. I Domenicani e il Rosario
Fu soprattutto nel XV secolo che l’Ordine dei Domenicani si fece promotore della diffusione del Rosario, nella forma in cui veniva recitato dalla Confraternite. Ma dai tempi più antichi, per espresso volere di S. Domenico, nell’ordine si pregava già l’Ave Maria, veniva recitato il Salterio ed era anche conosciuta la cordicella con i nodi per numerare le preghiere detta “Pater noster” che, per ordine del capitolo generale del 1261, veniva portata sempre dappresso. L’iniziatore della campagna spirituale del Rosario fu Alano de la Roche, nato verso il 1428 e appartenente alla provincia domenicana di Francia. Con il benestare del vescovo di Turnai, Guglielmo Filastre, egli cominciò a promuovere la devozione al Rosario che volle chiamare “Salterio della Beata Vergine” e non “Rosario”, sia perché il termine in quel tempo suonava piuttosto profano, sia per distinguerla da quella proposta dal certosino Domenico di Prussia (+1461). Per meglio consolidare la sua opera, tra il 1464 e il 1470, Alano eresse a Donai una “Confraternita della Vergine e di S. Domenico”, per la cui diffusione si fece aiutare da altri predicatori domenicani nei vari paesi d’Europa. Alano, morto in Olanda nel convento di Zwolle il 7 settembre del 1475, concepì la sua Confraternita non solo come un’associazione di oranti, ma anche come una comunità di comunione e di meriti. I membri, infatti, partecipavano ai vantaggi delle preghiere degli altri dato che, quando un confratello pregava, doveva avere presente nelle sue intenzioni tutti gli altri iscritti. Il metodo suggerito da Alano de la Roche per la recita del Rosario era questo:  bisognava recitare 150 Ave Maria divise in decine e intercalate da un Pater noster. Al termine di ogni Ave Maria, dopo “Gesù”, si aggiungeva una breve espressione chiamata “clausola” che riguardava i misteri della vita di Cristo. Questa grandissima serie di clausole, obbligava ad avere una tabella che le conteneva tutte. L’importanza dell’opera di Alano de la Roche più che nelle clausole, sta nella fondazione della Confraternita che, spandendosi a macchia d’olio, contribuì enormemente alla diffusione del Rosario. Il merito della divisione in decine delle Ave Maria separate da un Pater, spetta al certosino Enrico Egher di Kalcar (+1408), mentre quello della riduzione delle clausole al domenicano Alberto da Castello. Egli, infatti, nel 1521 ridusse le clausole – misteri a 15 principali da proporre alla meditazione, mentre relegò tutte le altre a semplici commenti di essi. Per spiegare il suo Rosario egli pubblicò a Venezia il libro “Rosario della gloriosissima Vergine Maria”, corredato da 165 immagini che illustravano i misteri della salvezza e avrebbero dovuto aiutare gli illetterati che non sapevano leggere, nella meditazione dei misteri. A partire dalla province domenicane tedesche, la “Confraternita della Vergine e di S. Domenico” cambiò ben presto il suo nome in “Confraternita del Rosario”. A realizzare il cambiamento fu Giacomo Sprenger che fondò a Colonia, proprio nel giorno della morte di Alano de la Roche, una nuova Confraternita con il  nome “Confraternitas de Rosario beatae Virginis Mariae”, a cui aderirono lo stesso imperatore   Federico III  e    il  Legato  Pontificio Alessandro Nanni  Malatesta. Per farla conoscere, lo Sprenger scrisse l’opera “De institutione et approbatione  Societatis seu Confraternitatis SS. Rosarii Coloniae erectae, adiectis miraculis et indulgentiis eidem concessis”.  Ai domenicani va riconosciuta anche la strenua difesa del Rosario soprattutto contro gli attacchi protestanti. Nel combattere l’eresia calvinista con l’arma del Rosario si distinsero in Francia Guglielmo da Lione (1550) e Sebastiano Michaelis, mentre in Italia si prodigarono P. Ambrogio Salvio (+1577) e il tedesco Raimondo Kuazath (+1656), predicatore a Napoli presso i soldati suoi compatrioti, quasi tutti luterani. Opera apologetica di grande impegno in difesa del Rosario fu quella di P. Angelo Rampi del 1640 dal titolo: “Apologia sacra pro Rosario B. Virginis contra Calvini aliorumque haereticorum calumnias”. Inoltre, i domenicani intervennero costantemente presso i Pontefici in difesa dell’autenticità del Rosario contro i tentativi di imitazione o di falsificazione.

3. Lo sviluppo del Rosario
Ben presto il Rosario finisce di essere una preghiera tipica delle Confraternite per diffondersi capillarmente in tutto il mondo cristiano, divenendo una forma universale di preghiera, tanto che la pietà mariana troverà in esso la sua più genuina espressione e la sua più peculiare caratteristica. La formula di Alano de la Roche, le altre e la stessa “Consueverunt romani Pontifices” di Pio V, non prevedevano ancora la recita del Gloria. Di esso si parla per la prima volta nell’opera: “Modo di dire il Santissimo Rosario” del generale dell’Ordine domenicano Gerolamo Xavierre del 1607, in cui è prevista la sua recita sul modello dell’ufficio divino e quindi si consiglia di terminare la decina con la recita del Gloria e si consiglia anche di iniziare la preghiera con il “Deus in adiutorium “. Queste aggiunte e quelle successive non vennero tuttavia considerate essenziali per l’acquisto delle indulgenze concesse dai papi. Dopo la Rivoluzione Francese, il Rosario, che nell’epoca moderna aveva conosciuto un vuoto di proposte e di possibilità concrete, è oggetto di varie iniziative miranti alla sua promozione e al suo mantenimento. Ad opera di Paolina Janicot (1799 – 1862) nasce il “Rosario vivente”, mentre i domenicani Agostino Chardon e Andrea Pradel danno vita al “Rosario perpetuo” e ad una ”Ora di guardia” mensile. Giuseppe Moran (+1884) promuove il mese di ottobre come “Mese del Rosario”, sollecitando l’approvazione di papi e vescovi. Nel 1876 Bartolo Longo (+ 1936) fonda a Pompei il Santuario della B. Vergine del Rosario e promuove la devozione dei “Quindici Sabati” da celebrarsi in preparazione alla festa del Rosario. Nel 1902 Maria Dolores Inglese (+ 1928) promuove a Rovigo “L’ora di riparazione mariana” consistente nella recita dell’intero Rosario con l’aggiunta ad ogni mistero di una preghiera di riparazione. Tra il 1936 e il 1939, nasce in Belgio la “Crociata del Rosario” che  nel 1942 si trasforma in “Missione mariana”, dopo le generalizzate critiche al termine “Crociata” che sembrava compromettere, in disaccordo con le attese dei tempi, la preghiera del Rosario e il significato dell’iniziativa per altro molto positiva. Prima, durante e dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), sono stati celebrati congressi nazionali e internazionali sul Rosario come quelli di Fatima (1954),  Tolosa (1959), e Roma (1963, 1967 e 1976) e si sono spesso susseguiti convegni di studio, dedicati soprattutto alla pastorale del Rosario nel mondo contemporaneo a cui si sono affiancate le ricerche di storici per coglierne anche l’intuizione originaria, l’energia primigenia, la struttura essenziale. Tutto questo ha messo sempre più in luce l’indole evangelica e cristologica del Rosario.

4. Significato ed elementi fondamentali del Rosario
1. L’evoluzione del Rosario è anche evoluzione del suo modo di essere preghiera, Nato come “preghiera numerica”, in cui si contavano le Ave Maria, divenne una “preghiera corporale” che si faceva, cioè, accompagnata da un inchino o una genuflessione o dall’apertura delle braccia. Con la riduzione a quindici misteri, il Rosario diventa una “preghiera orale”, recitata soprattutto comunitariamente e si approfondisce il suo aspetto di “preghiera che proclama la Parola di Dio”. Il Rosario presenta anche diverse fasi. È, anzitutto, una preghiera di contemplazione in quanto, meditando i misteri di Cristo, ci aiuta ad inserirci in essi e a viverli; è preghiera di intercessione in quanto, dopo l’introduzione della seconda parte dell’Ave Maria ad opera di Pio V, il Salterio mariano diviene un’implorazione rivolta a Maria per i bisogni attuali e specialmente nell’ora della morte; è un mezzo di santificazione in quanto ci fa appropriare delle virtù operanti nei misteri di Cristo meditati, creando un nesso profondo tra di essi e l’esistenza cristiana. I Papi chiameranno, come vedremo, il Rosario di Maria “Sintesi di tutto il Vangelo”, “Compendio del culto mariano”, ”Riconoscimento della sua funzione materna”, “Rimedio dei mali del mondo”,Preghiera della pace”.
2. Nella sua costante evoluzione, il Rosario ha mantenuto alcuni elementi permanenti e caratterizzanti che sono: la recita orale del Pater e dell’Ave Maria; la meditazione dei misteri; la ripetizioni o forma litanica dell’Ave Maria. Essi caratterizzano il Rosario come: preghiera mariana, per il costante riferimento alla Vergine e il ricorso a lei perché ci aiuti nei bisogni della vita; preghiera evangelica e cristologica, in quanto non solo formato da formule di preghiera tratte dal Vangelo, ma anche perché ci presenta alla meditazione i misteri della vita di Cristo nostro Salvatore; preghiera semplice e popolare, in quanto adatta alla spiritualità dei “poveri del Signore” ed espressione della loro voce semplice e devota; preghiera vicina alla Liturgia, in quanto, pur non essendo un atto ufficiale della Chiesa ma solo un “pio esercizio”, è stata sempre raccomandata dal Magistero ufficiale della Chiesa e da esso presentata molto vicina alla Liturgia perché contiene la proclamazione della Parola di Dio e quindi ideale preparazione o continuazione di essa. Considerando quanto si è appena detto, il Rosario, per restare autentico e fedele alla sua ispirazione, deve rimanere una preghiera di nobile semplicità, breve e senza inutili aggiunte;  una preghiera che crea un reale contatto con Dio, perché sana espressione del sentimento religioso e della vera fede;  una preghiera fatta in spirito e verità, aperta alla vitale contemplazione dei misteri di Cristo che trasforma l’esistenza in una reale e convincente testimonianza cristiana; una preghiera che trasmette la sua ricchezza di grazia alle situazioni concrete della vita individuale, familiare e sociale.

Bibliografia
ANDRIANOPOLI L., Il Rosario in Enciclopedia mariana Theotócos, Editrice Massimo, Milano 1954; ESSER TH., Storia della salutazione angelica in Il Rosario, Memorie domenicane 3 (1886), pp. 375-386; DUVAL A., La dévotion mariale dans l’Ordre de F. P. in Maria, Etudies sur la St Vierge, ed H. Du Manoir, II, Paris 1952 ; MEERSSEMAN G., Les Fréres Precheurs et le mouvument dévot en Flandre au XIII s., Archivium F. Praedicatorum 18 (1948) pp. 75ss ; Acta capitulorum Provinciae romanae in Monumenta O.P., Hist, XX, Roma 1941, p. 25ss; WALZ A., Il Rosario e i Domenicani in Enciclopedia mariana Theotócos, Editrice Massimo, Milano 1954, pp. 412ss; STAID E. D., Rosario, in Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di DE FIORES S- MEO S.,  Paoline, Cinisello Balsamo 1986, p. 1208ss; DE FIORES S., Maria presenza viva nel popolo di Dio, Edizioni Monfortiane, Roma 1980; PEDICO M. M., La Vergine Maria nella pietà popolare, Edizioni Monfortiane, Roma 1993, PAOLO VI, Esortazione Apostolica Marialis cultus, 2 febbraio 1974, in AAS, LXVI, p. 113ss.; Chichi D., Il Rosario della Madonna, proposta, i misteri luminosi, Curia Provinciale FF. MM. Cappuccini, Messina 1995.

VEDI ANCHE:
 - IMPRONTA BIBLICA DEL ROSARIO
 - MISTERI DELLA LUCE
 - ROSARIO CERTOSINO
 - ROSARIO PERPETUO
 - ROSARIO VIVENTE
 - ROSARIUM VIRGINIS MARIAE






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