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LUTERO MARTIN



1. Sfondo storico del pensiero su Maria
Lutero ha consegnato il suo pensiero su Maria ad una serie di scritti tra cui emergono il Commento al Magnificat (1520-1521), la spiegazione dell’Ave Maria (1522), circa ottanta prediche, alcune lettere, discorsi conviviali e passaggi occasionali.  Tutto questo materiale per essere ben compreso deve essere focalizzato nel preciso sfondo storico che lo ha originato ed essere letto alla luce dell’orizzonte teologico di Lutero. Lo sfondo storico, la ragione estrinseca della sua protesta, è l’abuso della venerazione di Maria: rosari, pellegrinaggi, consacrazione e invocazioni vengono valutati come un atteggiamento sviato mentre quasi eretica risuona per Lutero la convinzione molto diffusa nel tardo medioevo che Maria avesse nel giudizio finale una funzione di mediatrice in favore dei poveri peccatori anche nei confronti di suo Figlio: Cristo veniva considerato solo come un giudice adirato mentre Maria la propiziatrice delle anime, il loro conforto e il loro rifugio. Riproponendo Cristo come il fratello misericordioso che ci è stato donato dal Padre, viene a cadere il significato di Maria come più importante soccorritrice, cioè la Vergine perde la sua funzione soteriologica anche se rimane un’importante figura nella storia della salvezza. Questo spiega l’interesse teologico ma anche polemico e riformatorio di Lutero per il tema mariano.  

2. Centralità della theologia crucis

La paura del giudizio e di Cristo stesso che reclamava il ricorso a Maria come conforto e rifugio, risultava qualcosa di inquietante e pericoloso perché metteva in gioco il volto di Dio e il ruolo salvifico di Cristo. Era necessaria una rettifica della devozione mariana in termini teocentrici e cristocentrici e Lutero vi pose mano, guidato dalla una profonda esperienza di fede che si trasforma nella sua teologia: la theologia crucis. Essa è in Lutero e nel luteranesimo non una delle possibili vie da percorrere, ma il cuore stesso di tutto il messaggio cristiano, l’evangelo di Dio ad ogni creatura di ogni luogo e di ogni tempo. Dio non è un oggetto che si riconosce attraverso logici procedimenti razionali, ma un soggetto irraggiungibile che quando decide di rivelarsi lo fa in maniera sorprendente, oltre ogni aspettativa della mente umana. La croce è il luogo di questo folle rivelarsi di Dio, la via ambigua e sovversiva per andare a Dio data da Dio stesso, via imbarazzante e certamente non euforica. Per Lutero è chiaro: non la ragione, ma la croce è la via data all’uomo per un incontro con Dio secondo il metodo di Dio. La croce è il segno visibile, la nuda res da comprendere e da cui prendere il via per una reale e autentica conoscenza di Dio. Le conseguenze di questo modo di porsi dinanzi al problema dell’itinerarium in Deum, sono di tre tipi:

1. La teologia o è theologia crucis o non è teologia 
Viene quindi azzerata la teologia naturale ereditata dal medioevo perché vera teologia può essere solo quella che parte da Dio stesso. Dio è l’inconoscibile, l’invisibile, l’indicibile, l’ineffabile oltre ogni possibile discorso e rappresentazione umana. E’ lui stesso che decide di farsi vicino all’uomo, di rispondere al suo desiderio di conoscerlo, al suo bisogno, alla sua domanda e lo fa facendosi simile a lui, homo cum homine, Deus in forma servi in Gesù Cristo, tramite la croce. Dio dunque manifesta la sua maestà e la sua forza in tutto ciò che è umanità, debolezza, stoltezza, sofferenza, persecuzione, infermità; la sua forza e la sua sapienza si manifestano in quel flagellato e sottoposto alla morte, all’ira divina, al peccato. Questo modo di manifestarsi di Dio è chiamato da Lutero “felix et iucundus lusus Dei”, un felice e giocondo gioco scherzoso di Dio, uno scherzo salutare però perché solo questa conoscenza di Dio porta salvezza;
 
2. Dalla theologia crucis nasce l’homo theologicus
Egli è opposto all’uomo naturale che ha la presunzione di pervenire con la luce della ragione al Dio che salva, che pensa di autoriscattarsi, di autoredimersi, di autosalvarsi in ragione della sua decisione etica e del suo retto operare. L’homo theologicus accoglie la giustificazione che gli viene dall’esterno come grazia purissima; si ritiene un peccatore ripudiato e meritevole d’ira da parte di Dio eppure dal medesimo Dio guardato con occhi di misericordia in Gesù Cristo e come tale reso giusto e salvato; si converte definitivamente aderendo con piena fede a Cristo in cui assume la sua vera forma sorretto e guidato dalla sua Parola e dallo Spirito Santo; diviene sempre più conforme a Cristo, un Cristo in lui, da lui stesso modellato sul servo umiliato da Dio, sul Redentore beffeggiato, deriso, ferito e crocifisso, un Cristo che lo invia nella quotidianità della vita priva di privilegio, al servizio di Dio e del prossimo. L’homo theologicus è dunque un uomo cristico, chiamato in quel luogo e in quel tempo ad un esserci in sintonia con la spoglia parola evangelica resa viva dallo Spirito Santo, l’esegeta interiore del Verbo. Il discorso vale negli stessi termini per la Chiesa che viene da Lutero inchiodata sulla croce, per farne una realtà dimessa, umiliata, esposta al soffio dell’insicurezza, della povertà, dell’errore e perfino del peccato, una ecclesia crucis contrapposta all’imperante ecclesia gloriae;

3. Corollario scontato della theologia crucis è il Solus
Solo Dio prende l’iniziativa, a lui solo è dovuta la gloria, solo Cristo è l’unico mediatore e non esistono altre mediazioni sopra o accanto a lui. Questo manifestarsi di Dio nel Figlio mediatore è assolutamente gratuito e libero, è sola grazia a cui si accede con la fede soltanto, grazia che non presuppone merito,  fede che non genera pretesa di meriti, né idee di cooperazione alla salvezza. L’homo theologicus è il luogo povero attraverso cui Dio solo opera la sua sola salvezza non contristata dal consenso del credente. 

3. Maria microcosmo della theologia crucis e modello del credente
E’ dunque considerandolo dentro lo sfondo storico che lo ha originato, partendo dalla theologia crucis e alla luce del Solus,  che va inquadrato e compreso il pensiero di Lutero su Maria. Una lettura attenta del Commento al Magnificat ci pone, infatti, immediatamente e inesorabilmente di fronte a un approccio a Maria che traduce ed esemplifica fedelmente la theologia crucis, chiave ermeneutica di tutto il pensiero di Lutero. Ecco alcuni punti di comprensione:

1. Dio non si manifesta nella gloria, ma nella croce
Dio polo positivo incontra il suo polo negativo che è l’uomo e lo riscatta. E’ proprio nella povertà, nullità, piccolezza, demerito e indegnità di Maria che Dio esprime la sua gloria, la sua ricchezza, la sua bontà e la sua grazia. Ricca della grazia, Maria si rivolge a Dio nella fede e lo riconosce suo unico salvatore e signore, origine di ogni dono e benevolenza. Maria è una semplificazione cosciente di questo dirsi di Dio all’uomo e di questo dirsi dell’uomo a Dio. Il Magnificat è l’indice cantato e consapevole del corretto stare di Dio al cospetto di Maria e in lei in ogni creatura, ed esplicitazione gioiosa del corretto stare di Maria e in lei di ogni creatura, al cospetto di Dio.

2. Maria è la chiave di lettura
di una relazione che sorge quando la creatura: si riconosce in tutta umiltà davanti a Dio e riconosce allo stesso tempo che tutto è grazia; comprende che Dio si rivela agli ultimi e ai “poveri”; sa che nessun vanto esiste da parte dell’uomo e nessuna pretesa di collaborazione può essere da lui avanzata; vede che non si è nati dal sé, ma dall’evento dell’auto-manifestarsi di Dio il cui sguardo, mentre apre alla sua stupita e dossologica conoscenza di misericordia che fa grazia, dischiude contemporaneamente alla lettura umile di se stessi.

3. Alla luce, dunque della theologia crucis e del Solus, Maria diventa exemplar e typus
di un rapporto con Dio sottratto ad ogni possibile concorrenza o dualismo antagonistico: da un lato sta Dio, il tutto, dall’altro sta Maria, il nulla a cui viene semplicemente chiesto di lasciare a Dio lo spazio di operare. La risposta di Maria (e di ogni uomo di fede) sta soltanto e tutta nell’obbedienza che si arrende alla volontà di un Dio amato incondizionatamente, radicalmente libera di ogni logica di merito, solo gloriosa di essere povera al suo servizio, solo gioiosa di essere il luogo umile e dimesso del quale Dio ha bisogno per poter esercitare la sua attività creatrice.

3 Culto, invocazione e imitazione di Maria alla luce del Solus
In Maria coincidono dunque perfettamente gli opposti della theologia crucis e del Solus: è nullità, costituita grandezza dal potente e misericordioso sguardo di Dio, esemplare perfetto dell’opera gratuita di Dio nell’uomo e della totale rispondenza dell’uomo a Dio. L’essere exemplar e typus, comporta una qualche venerazione o devozione nei suoi riguardi? In Lutero si può riscontrare l’intenzionalità della venerazione – devozione nei confronti dell’umile Madre di Dio, accompagnata però sempre da un costante discernimento critico del riformatore, là ove essa sembri violare il Solus.

VENERAZIONE PERSONALE E CULTO LITURGICO
L’ambito dell’onore, della lode, della esaltazione di Maria a motivo della sua grandezza di sempre vergine Madre di Dio non è sottaciuto da Lutero ma anzi garantito e coltivato; Si onora Maria per le opere di Dio in lei, si loda in Maria la grazia di Dio. Maria perciò non può essere oggetto di un culto autonomo che distoglierebbe lo sguardo da Dio. Lutero tollera le feste della Purificazione e dell’Anunciazione e, per non turbare il popolo, quelle della Natività di Maria e dell’Assunzione, mentre non menziona e di fatto abolisce quella dell’Immacolata Concezione per ragioni bibliche (la Scrittura non ne parla); per ragioni cristologiche (sposta l’interesse dal Cristo su Maria) e per ragioni liturgico – pastorali (non bisogna celebrare il mistero di Maria ma con Maria).

INVOCAZIONE 
L’onorata, la non-eclissata dal quadro liturgico, la ri-dimensionata, può essere anche invocata? A proposito di questo, alcuni autori distinguono due periodo nella vita di Lutero: Lutero pre-riformatore(1516 – 1522) e Lutero riformatore (1523-1546) in cui delineano il passaggio da un’ammissione di una qualche invocazione a Maria al suo totale rifiuto. Per Lutero comunque, i santi e Maria, in sostanza pregano per noi  e possiamo chiedere loro che lo facciano, ma da Maria e dai santi nulla di più è lecito attendersi che l’intervento della loro preghiera. E’ quindi per Lutero una deformazione e un abuso, una falsa attribuzione di potere e di forza, ogni invocazione che pretende e s’attende da Maria e dai santi quello che solo Dio può elargire e solo Cristo avvocato unico può mediare. La “mediazione” di Maria è una semplice intercessione perché solo a Dio sale ogni preghiera e solo da Dio, per mezzo del nostro unico mediatore di salvezza, scende a noi ogni grazia. Lutero, senza ombra di dubbio, abolisce il termine “mediatrice” in obbedienza all’unico mediatore Gesù Cristo e quello di “avvocata” che potrebbe far pensare che Maria possa ottenerci qualcosa con la sua azione. Da questo, segue come logica conseguenza, anche il rifiuto del rosario, della salve regina, dei pellegrinaggi ai santuari mariani, perché essi denotano una fiducia decentrata, oltre alla solita presunzione di acquistare meriti e indulgenze.

IMITAZIONE
L’onorata che prega per noi, la non – lodata in sé e la non – invocata come avvocata, è però un modello da imitare. Maria è, infatti l’immagine consolante della grazia del farsi vicino di Dio con uno sguardo colmo di benevolenza smisurata; è l’immagine della verità della creatura come humilitas, perché nella sua nullità riconosciuta e detta, l’uomo riconosce e dice la propria; l’immagine della nullità credente che visitata dalla grazia e resa consapevole della sua humilitas, risponde alla visita con totale disponibilità nel rendimento di grazie, nella lode, nella avvertita consapevolezza del non merito, nella più assoluta e incondizionata fiducia in Dio.

Conclusioni

Lutero non vuole eliminare Maria dall’orizzonte ecclesiale, quanto piuttosto rivisitare e riformare un discorso globale su di lei e lo compie con una decisa virata in senso teologico: collocare al centro dell’esperienza cristiana l’evangelo del Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo. Questo comporta per lui l’impossibilità di un discorso autonomo su Maria e la riscoperta della sua relazione creaturale ed ecclesiale con noi. L’onore che le viene reso è dovuto non a sue specifiche qualità di potere ma solo a Dio che l’ha ricolmata di grazia. Si può pregare Maria ma solo come un intervento di intercessione, cioè lei non media alcuna salvezza presso Dio per noi, perché l’unico salvatore e mediatore degli uomini e Cristo Gesù. La radicale riforma “mariana” di Lutero è tesa a salvaguardare il primato e l’unicità di Dio e di Cristo in rapporto alla dossologia e alla salvezza. In definitiva, anche nei riguardi di Maria, Lutero ha lottato contro lo spostamento, imperante al suo tempo, della theologia crucis all’antropologia gloriae.

Bibliografia
BRUNI G., Appunti su Lutero, dispense per le lezioni di Ecumenismo, Marianum, Anno accademico 2000/01; DE FIORES S., Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa“, Roma 1991, pp. 232-233; CALERO A. M., La Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Saggio di mariologia, Editrice Elle Di Ci, Leumann (Torino)1995, pp. 374-375; PERRELLA S. M., Non temere di prender econ te Maria. Maria e l’ecumenismo nel postmoderno, San Paolo, Cinisello Balsamo2004; LUTERO M., Commento al Magnificat, Servitium, Sotto il Monte 1989; AA.VV., Maria, la Madre del Signore. Un contributo della Chiesa evangelico-luterana-tetedesca, Paoline, Milano 1996; La Theotokos nel dialogo ecumenico, Rivista Liturgica anno 85 – n. 2-8 1998 marzo e giugno; BERTALOT R., Ecco la Serva del Signore. Una voce protestante, Marianum, Roma 2002.

VEDI ANCHE:
 - ALLE ORIGINI DELLA RIFORMA
 - COMMENTO AL MAGNIFICAT
 - PROTESTANTESIMO E MARIOLOGIA
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