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DE LUBACH HENRI



1. Maria e la Chiesa
Accanto al lavoro di Semmelroth, si pone il contributo di riflessione teologica sui rapporti tra Maria e la Chiesa, apportato da P. Henri De Lubac, che a due anni dall'edizione di Urbild der Kirche (1950), pubblica la sostanziosa e stimolante Meditazione sulla Chiesa, dedicando un lungo capitolo a La Madonna e la Chiesa. Basandosi sulla sua vasta competenza patristica e medioevale, de Lubac giunge alla conclusione che «tra la Chiesa e la Vergine i legami non sono soltanto numerosi e stretti: sono essenziali. Sono intessuti dal di dentro. Questi due misteri della nostra fede sono più che solidali: si è potuto perfino affermare che essi sono 'un solo ed unico mistero'. Diciamo, almeno, che essi sono tra loro in tale rapporto che si avvantaggiano sempre ad essere chiariti l'uno con l'altro; anzi, che all'intelligenza dell'uno è indispensabile la contemplazione dell'altro».
Raccogliendo dalla tradizione i vari simboli applicati simultaneamente a Maria e alla Chiesa, De Lubac vi trova il fondamento nel fatto che Maria è percepita dalla coscienza cristiana come «la figura ideale della Chiesa ... il suo sacramento ... lo specchio in cui si riflette la Chiesa intera ... essa la porta e la contiene già tutta intera nella sua persona». Oltre al parallelismo della maternità santificante e della sponsalità verginale, che rendono somiglianti Maria e la Chiesa, Padri e teologi si pongono il problema della distinzione e superiorità dell'una nei confronti dell'altra. La soluzione di tale questione si articola in base alla concezione della Chiesa: «Un testo di Agostino, è vero, mette la Chiesa al di sopra di Maria, ma in questo caso sant'Agostino considera il corpo mistico  nella sua totalità, con il suo Capo». Indubbiamente di fronte a Cristo bisogna ricordare che Maria fa parte con tutti noi della grande famiglia dei redenti ... Come ognuno di noi, essa è naturalmente indigente ... Il nostro Salvatore è anche il suo Salvatore». Così pure se si considera la Chiesa nella sua universalità, essa comprende Maria come un suo membro, quindi come sua «figlia».
Tuttavia Maria, essendo alle origini della Chiesa, «con molta maggior verità la si dovrà chiamare invece sua madre» e inoltre Maria è nella Chiesa «Un caso 'speciale' ... unico, vero, universale, concreto, che comprende eminentemente nella sua assoluta purezza, la somma di perfezione di tutti gli altri membri: Ecclesiae totius portio maxima, portio optima, portio praecipua, portio electissima».

2. Maria riflesso della Chiesa
A Maria si applica la regola formulata da !sacco della Stella: «La stessa cosa viene detta universalmente della Chiesa, specialmente di Maria, singolarmente dell'anima fedele». De Lubac traduce questo specialiter con le espressioni «fuori serie, per eccellenza, in modo sovreminente, incomparabile» sicché può affermare che «Come Dio ha raccolto tutta la nobiltà sparsa nel grande universo per deporla nell'uomo, suo capolavoro, così Egli ha raccolto tutta la nobiltà di quell'universo spirituale che è la Chiesa, per deporla in Maria».
Ciò non significa che Maria sia «una prodigiosa eccezione al destino comune, a noi totalmente estranea»: essa è germe e forma perfetta della Chiesa, si trova in lei tutto quanto lo Spirito riverserà sulla Chiesa. Maria rappresenta fin dall'inizio «quel mondo nuovo che la Chiesa dovrà faticosamente realizzare», mentre la sua assunzione «Segna il trionfo definitivo e completo dell'opera divina nei suoi stessi nflessi corporei», è «promessa e anticipazione» del trionfo della Chiesa. Non si deve dunque credere che Maria «eclissi la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa scomparire tutte le stelle»; al contrario, come ha intuito S. Bonaventura, «la Beata Vergine supera e orna tutti i membri della Chiesa». Maria aiuta la Chiesa non solo ad auto-comprendersi, ma anche ad auto-trascendersi in uno sforzo perenne di purificazione orientandosi alla glorificazione della Trinità.

3. Maria, Nuova Eva
Dal punto di vista patristico i rapporti tra Maria e la Chiesa passano attraverso il tema della «nuova Eva», che nel secondo secolo gode già di una certa universalità in quanto è testimoniato da Giustino
(Palestina), Ireneo (Asia Minore e Gallia), Tertulliano (Africa). Questi autori svolgono il primo lavoro propriamente marialogico, partendo dalla credenza della concezione verginale di Gesù considerata verità di fede. «Poiché come vergine e senza colpa Eva ascoltò la parola del serpente e generò disobbedienza e morte, Maria, al contrario la vergine, ricevette fede e gioia allorché l'angelo Gabriele le portò la lieta novella ... e rispose: avvenga di me secondo la tua parola». Ireneo (†verso il 202) riprende l'antitesi Eva-Maria e la sviluppa teologicamente inserendola nel piano salvifico secondo il principio della ricapitolazione in Cristo e della «recirculatio», per cui la redenzione nel disegno divino è una ripresa degli elementi della caduta: «Di conseguenza ... troviamo Maria, la vergine obbediente .... Eva disobbedì quando era ancora vergine ... e divenne per sé e per tutto il genere umano causa di morte ... , Maria divenne con la sua obbedienza per sé e per tutto il genere umano causa di salvezza». Ma poiché la «nuova Eva» per i primi Padri è la Chiesa, si fa strada l'analogia tra Maria e la Chiesa, che per Ireneo sorge dal fatto che la nascita di Cristo dalla Vergine è base e centro della nostra rinascita personale nella Chiesa. Bisognerà tuttavia giungere a S. Ambrogio per trovare chiaramente il parallelismo Maria-Chiesa e l'espressione Maria «tipo della Chiesa»: ambedue vergini, che concepiscono Cristo per opera dello Spirito.

4. Positività del ricorso ai Padri
Il ricorso ai Padri indubbiamente è stato positivo per la marialogia, a motivo del recupero della tipologia ecclesiale,_che inserisce Maria nella Chiesa arricchendo e correggendo una unilaterale tipologia cristologica. Esso tuttavia ha portato un certo disappunto di fronte alle numerose esitazioni di alcuni Padri circa la santità di Maria e la sua verginità perpetua e alla loro ignoranza riguardo all' assunzione e all'Immacolata Concezione: difficoltà superate progressivamente nel IV-V secolo e oltre. Anche la maternità divina è vista da alcuni Padri, come Ambrogio e Agostino, in subordinazione ai legami spirituali contratti con Cristo attraverso la fede e l'adesione alla volontà del Padre: «Madre per Cristo è tutta la Chiesa, perché continuamente ... dà alla luce le sue membra, cioè coloro che credono in lui. Ma gli è madre anche ogni anima fedele, che fa la volontà del Padre suo ... E dunque Maria, che fa la volontà di Dio, secondo la carne e soltanto madre di Cristo, ma spiritualmente gli è altrettanto sorella che madre. Mentre viene accolto il tema patristico «Maria concepì Cristo prima nella mente che nel grembo», la maternità divina non è più considerata come un privilegio astratto, ma come l'irradiazione della concezione spirituale del Cristo nel corpo della Vergine: «Maria non avrebbe profittato in nulla dell'intimità della maternità fisica, se prima non avesse concepito Cristo con maggior beatitudine con il cuore e solo successivamente con il corpo».

Bibliografia
DE FIORES S., Maria nella teologia contemporanea, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1991, pp. 52-56;  DE LUBAC H., Meditazione sulla Chiesa, Milano, Ed. Paoline, 1965, pp. 628 (ed. francese 1952}; il capitolo mariano copre le pagine 389-465; DEISS L., Marie, Fille de Sion, Paris, Desclée de Brouwer, 1959, pp. 245-254; JOUASSARD G., Marie à travers la Patristique. Maternité divine, virginité et sainteté, in Maria ( Du MANOIR), t. I, 1949, p. 69-157; ID., Saìnteté de Marie chez les Pères, in Etudes mariales 5 (1947), pp. 11·13; MÜLLER A., Ecclesia-Maria, Paulus Verlag, Freiburg, 1955, pp. 50-56; PHILIPS G., Marie et l'Eglise. Un thème_théologique renouvelé, in Maria (Du MANOIR) t, VII, 1964, p. 365-419, specie p. 383.






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