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COOPERAZIONE ALLA REDENZIONE


Introduzione
La dottrina sulla totale cooperazione data da Maria alla redenzione, viene sintetizzata dal Vaticano II nel brano seguente: ... La Beata Vergine ... per disposizione della divina Provvidenza, fu su questa terra l’alma madre del divino Redentore, compagna generosa del tutto eccezionale e umile ancella del Signore. Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità (LG 61). All’inizio del testo viene richiamato il decreto di predestinazione con cui fu decisa l’incarnazione del Verbo e la maternità divina fin dall’eternità. Realizzato tale decreto, Maria diventa su questa terra l’alma madre del divino Redentore, compagna generosa del tutto eccezionale. Viene così affermato il principio di associazione della Madre col Figlio non solo sul piano della maternità divina, ma anche sul piano di tutta l’opera redentiva fino alla morte di Gesù. Maria viene chiamata ancora umile ancella del Signore, un titolo biblico che qualifica tutta l’azione di Maria come collaboratrice di Dio e aiuto all’umanità redenta. Il testo presenta concretamente l’opera svolta da Maria nell’attività redentrice del Figlio, non limitandola alla croce, ma estendendola a tutta la sua vita. Per questo indica cinque interventi dell’alma madre del divino Redentore: concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col Figlio suo morente in croce. Sono i momenti nei quali Maria cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore. Così il Concilio conferma quanto già detto in precedenza: Questa unione della Madre col Figlio nell’opera della redenzione si manifesta dal momento della concezione verginale di Cristo fino alla di lui morte (LG 57). Il testo presenta il valore salvifico delle virtù di Maria collegate particolarmente con l’opera della salvezza: l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità. Dei brevi accenni su queste virtù ci permetteranno una visione più globale della partecipazione di Maria all’opera della redenzione. A proposito della fede, lo stesso Vaticano II, indicando la presenza discreta di Maria nella vita pubblica del Figlio, fa notare come anche la Beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede (LG 58), cioè crebbe nella fede durante tutto il suo itinerario terreno, una crescita che ebbe la sua massima espressione sotto la croce, dove serbò fedelmente la sua unione col Figlio (LG 58). Ed è sotto la croce che appare fortemente la rinuncia che Maria fa alla propria volontà per unirsi al progetto di Dio Padre; ella rinuncia ai propri diritti di Madre di Gesù, in vista di un disegno universale di amore. Questa fede di Maria si era già vista nel momento dell’annunciazione, per cui Maria è stata la prima a passare dalla fede dell’AT a quella del Nuovo, accompagnando tutti gli eventi della salvezza. Tale dimensione non è stata sempre ben compresa. Alcuni hanno voluto attribuire a Maria una perfetta conoscenza della Rivelazione fin dal primo istante, mentre la nozione di peregrinazione della fede include l’idea di un procedere faticoso, oscuro, verso la luce. Ciò comporta necessariamente sforzi sempre nuovi per arrivare al meglio, sotto la guida della Parola di Dio. E proprio questa Parola fu la colonna portante nel cammino interiore di Maria: Durante la predicazione di lui raccolse le parole con le quali il Figlio, esaltando il Regno al di sopra dei rapporti e dei vincoli della carne e del sangue, proclamò beati quelli che ascoltano e custodiscono la parola di Dio (cfr Mc 3, 35 e par.; Lc 11, 27-28), come essa fedelmente faceva (cfr Lc 2, 19. 51) (LG 10). Anche Maria, quindi, ha avuto difficoltà e tentazioni su questo punto, momenti di crisi e di tenebre, il che rende pienamente intelligibili le espressioni del Concilio su riportate. Per quanto riguarda la speranza e la carità di Maria, bisogna sottolinearne un progressivo sviluppo. Dalla speranza giudaica Maria è passata alla speranza cristiana, aumentandola senza posa. Così la sua carità è stata portata gradualmente a un dono più completo e al sacrificio più grande, da Nazaret al Calvario, servendo al mistero della redenzione sotto di lui e con lui.

1. Il titolo di "Corredentrice"
Vaticano II, accanto agli altri titoli dati a Maria, non ha inserito anche quello di Corredentrice, titolo che riveste tanta importanza nella tradizione della Chiesa. A questo punto viene da chiedersi: come mai, dopo tanti interventi dei molti Vescovi dove si ribadiva la dottrina su esposta, lo stesso titolo non è stato accettato dal Concilio? La risposta non è difficile. Il primo motivo fu di ordine teologico, sottolineato dagli stessi Padri conciliari. Così il vescovo Muldoon disse: Qual è, secondo la Chiesa, il senso genuino del titolo di Corredentrice ...? Dal fatto che i teologi ne discutono, non è chiaro ‘il senso inteso dalla Chiesa’. Lo stesso si può leggere in altri interventi dei Padri. Così il Concilio non ha voluto proporre una dottrina completa su Maria, né dirimere le questioni non ancora giunte a piena luce nel lavoro dei teologi. Il secondo motivo fu di ordine ecumenico. Gli interventi dei Padri furono sintetizzati e fatti conoscere dalla Commissione, che disse: Non si devono aumentare le difficoltà ecumeniche. Infine non si può negare che, benché non sia stato ufficialmente inserito il titolo di Corredentrice accanto agli altri titoli, il suo significato è stato riproposto dal Concilio, purificato però da sovrastrutture e inquadrato in un’ottica decisamente cristologica.

2. Maria e la discesa dello Spirito Santo
Non è molto quello che sappiamo su Maria dopo la morte di Gesù. La ritroviamo nel Cenacolo, dove svolge un ruolo importante in quel tempo di transizione tra la morte di Cristo e la nascita della Chiesa, così come, anche se in una maniera più forte, aveva fatto da legame tra il popolo eletto e Cristo nascente. Ma prima del Cenacolo Maria continua l’offerta sacrificale della propria vita, dove irrompe una luce nuova: quella della risurrezione del Figlio. Dopo la morte di Cristo, quando l’umanità ha raggiunto il culmine dei suoi peccati e con l’oscuramento del sole sembra imminente uno spaventoso giudizio, il solo raggio di luce che attraversa la terra è Maria, l’unica che ha trovato grazia davanti a Dio. Ciò nonostante la Chiesa entra nella sua alba. È il segno misterioso scorto dall’evangelista Giovanni, quando dice: Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. E è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi (1 Gv 5, 6-8). Un triplice segno che Giovanni vede negli avvenimenti della morte di Cristo. Egli descrive il suo ultimo respiro con delle espressioni insolite: Emise lo spirito (Gv 19,30), preludio all’effusione dello Spirito. Quello di Gesù non è un soffio di morte, ma di vita, un gesto che, commenta Massimo il Confessore, egli compie volontariamente, per propria potenza: è l’invio dello Spirito Santo che farà nascere la Chiesa. Proprio allora l’acqua e il sangue scaturiscono dal lato aperto di Cristo (Gv 19.34), come simboli del battesimo e dell’eucarestia, i due sacramenti essenziali coi quali la Chiesa suscita la vita nuova. E Maria tiene il suo posto nel simbolismo ecclesiologico: presso la croce ella è il tipo stesso della Chiesa vivente uscita dal sangue redentore, investita dallo Spirito per continuare ad essere un legame di preghiera e di carità alla radice stessa della comunione dei santi. Qualunque sia la coscienza che ha avuto allora di questo mistero: la nascita del popolo nuovo da parte del popolo antico, della Chiesa da parte della Figlia di Sion, questo parto annunciato dal profeta Isaia (Is 66,7-13), esso è in atto in lei. Con la risurrezione di Cristo, poi, il ruolo di Maria assume un nuovo significato: ella dovrà preparare e poi accompagnare il nuovo Israele, la Chiesa, non solo come madre, ma soprattutto come principio e tipo, traendo la Chiesa la propria definizione dalla comunione con Cristo. I testi evangelici parlano della fede pasquale di tanti che erano stati vicini al Signore. In tali testi emergono subito due verità: Cristo è veramente risorto; la fede dei discepoli cresce gradualmente. Maria aveva già raggiunto la pienezza della fede, senza certamente quei momenti penosi di Pietro o dei discepoli di Emmaus. Ella è madre e prototipo anche della gioia pasquale della Chiesa: legata infatti alla passione e alla morte del Figlio, lo fu pure, e intimamente, alla sua risurrezione. Così davanti all’uomo sta Maria, la Madre di Cristo, la pienezza della redenzione e della fede. Il Catechismo della Chiesa cattolica, parlando dello Spirito di Cristo nella pienezza del tempo, così dice: Al termine di questa missione dello Spirito, Maria diventa la ‘Donna’, nuova Eva, ‘madre dei viventi’, Madre del ‘Cristo totale’. In quanto tale, ella è presente con i Dodici, assidui e concordi nella preghiera (At 1, 14), all’alba degli ‘ultimi tempi’ che lo Spirito inaugura il mattino di Pentecoste manifestando la Chiesa. E il Vaticano II allarga il pensiero dandone anche la motivazione: Essendo piaciuto a Dio di non manifestare solennemente il mistero della salvezza umana prima di avere effuso lo Spirito promesso da Cristo, vediamo gli Apostoli prima del giorno di Pentecoste ‘perseveranti d’un sol cuore nella preghiera con le donne e Maria madre di Gesù e i fratelli di lui’ (At 1, 14), e anche Maria implorante con le sue preghiere il dono dello Spirito, che l’aveva già adombrata nell’Annunciazione (LG 59). La Madre di Gesù, divenuta madre anche per Giovanni e per tutto il genere umano, si unisce agli apostoli e a quanti l’avevano seguita nella fede. La sua preghiera è una presenza essenziale nella preparazione della Pentecoste: Con le sue efficacissime preghiere impetrò che lo Spirito del divin Redentore, già dato sulla croce, venisse infuso nel giorno di Pentecoste, con doni prodigiosi alla Chiesa da poco nata (PIO XII, Mystici Corporis, Epilogo, AAS 35 [1943] 248.). La risposta a quella preghiera comunitaria e a quell’attesa è la venuta dello Spirito: Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi (At 2,4). Così la Chiesa, acquistata dal sangue redentore di Cristo e già vivificata dallo Spirito di lui, riceve ora la sua piena vitalità e animazione salvifica. E Maria è la prima a sperimentare la potenza dello Spirito che viene nel Cristo risorto; essa può esultare più di ogni altro: Poiché la legge dello Spirito che dà la vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte; non essendo mai stata sottoposta alla legge del peccato, non deve temere la morte; ella conosce e vive nella legge liberante dello Spirito che unisce alla vita eterna del Verbo. L’evento della Pentecoste è analogo a quello dell’annunciazione: lì lo Spirito si era manifestato segretamente per formare in Maria il corpo fisico al Verbo, ora lo stesso Spirito si manifesta in maniera clamorosa per formare il suo corpo mistico, la Chiesa. E Maria è presente all’ombra dello Spirito, come all’atto dell’annunciazione. Non ci sarà più la partenza di Maria verso la cugina Elisabetta, ma la partenza degli apostoli verso i popoli di tutta la terra. In questa espansione della Chiesa Maria, che prima di tutti era diventata un membro vivo del Salvatore, è presente, ma in maniera nascosta, silenziosa, così come silenziosa era stata la sua presenza accanto al Figlio in tutta la sua vita terrena. Non è lei che parla, che battezza, o che entra nella gerarchia dei ministeri, ma la sua preghiera rimane come il vertice della preghiera ecclesiale: Ella ha sollevato la Chiesa nascente con la potenza della sua contemplazione e del suo amore. È stata più utile degli Apostoli che agivano dall’esterno. È stata per essa la radice nascosta in cui si elabora la linfa che esplode nei fiori e nei frutti.

3. Maria assunta in cielo

Per quanto riguarda il termine dell’esistenza terrena di Maria, non possediamo alcuna indicazione storica; per cui Pio XII, con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus, il 1º novembre 1950 ha definito il dogma dell’assunzione di Maria al cielo seguendo vie dogmatiche. Il Vaticano II ne ripropone così l’insegnamento: Infine, l’Immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo, e dal Signore esaltata come la Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, Signore dei dominanti (cfr Ap 19, 16) e vincitore del peccato e della morte (LG 59). Seguendo la via tracciata dal Concilio, si nota subito come l’assunzione di Maria non è altro che il coronamento del suo particolare tipo di esistenza: Dio Padre, come l’aveva associata in una maniera a lei propria ai misteri salvifici di Cristo mediante la fede, l’obbedienza e la carità, così la unì in modo straordinario ai misteri gloriosi della trasfigurazione in Cristo risuscitato. La partecipazione di Maria, come prima redenta, alla ricchezza della redenzione operata dal Figlio, sfocia nella sua definitiva associazione salvifica con lo stesso Figlio glorioso, in merito all’applicazione dei benefici della salvezza a tutti i redenti fino alla parusìa finale. Ma il Vaticano II non si ferma qui. La sua nuova prospettiva teologica, quella ecclesiale, viene espressa in seguito con i seguenti termini: La Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è immagine e inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr 2 Pt 3, 10)(LG 68). Questo brano conclude non solo i numeri del cap. VIII che trattano di Maria nel mistero della Chiesa, ma tutto il cap. VIII che espone la natura e la finalità escatologica della Chiesa. Sono due i concetti ivi espressi e tra di loro in relazione: Maria assunta è già immagine e inizio della Chiesa escatologica; come tale è il segno di speranza certa e quindi di consolazione per il popolo di Dio in cammino verso il giorno del Signore. Così, mentre la Munificentissimus Deus ha trattato dell’assunzione di Maria dogmaticamente e teologicamente in modo esclusivo e “ex professo”, il Vaticano II inquadra tutto il mistero di Maria nel più vasto mistero della storia della salvezza, sia in riferimento a Cristo, unico salvatore, sia in riferimento alla Chiesa, sacramento di salvezza. E il Catechismo della Chiesa cattolica conclude l’insegnamento sull’assunzione riportando alcune altissime espressioni liturgiche bizantine: Nella tua maternità hai conservato la verginità, nella tua dormizione non hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio; hai raggiunto la sorgente della Vita, tu che hai concepito il Dio vivente e che con le tue preghiere libererai le nostre anime dalla morte (Liturgia bizantina, Tropario della festa della Dormizione).

4. La maternità attiva di Maria in cielo
Entrando in cielo, Maria ritrova il Figlio dopo la lunga separazione della vita pubblica e quella che seguì la morte sulla croce. In questa riunione definitiva, ella conosce il Figlio non più attraverso i segni terreni oscuri e limitati, ma nella visione della divinità. La sua maternità spirituale acquista una nuova dimensione. I fondamenti ricevuti nell’incarnazione e poi sul Calvario, e già resi effettivi nella Pentecoste, in dipendenza dalla grazia di Cristo, si mostrano ora in tutta la loro grandezza e operosità. In cielo ella diventa ‘cosciente’. Prima, immersa nell’oscurità della fede, non sapeva il potere e l’effetto della sua intercessione, né conosceva, come Cristo (Gv 10, 12), ciascuna delle pecore del gregge. Ora conosce in Dio ciascuno dei suoi figli. Prima li amava nel suo Figlio di un amore universale, ma indistinto; nella visione beatifica, li conosce in modo individuale e personale, di una conoscenza materna più intima di quella degli altri santi. Mediante il suo corpo, risorto come quello di Cristo, Maria mantiene a nostro riguardo una connaturalità fisica e una capacità affettiva di cui gli altri santi sono oggi privi, secondo l’opinione comune.

4.1.
LA FUNZIONE SALVIFICA SUBORDINATA DI MARIA
Nel n. 62 della LG vengono dati a Maria diversi titoli, nei quali è racchiusa tutta l’importanza del suo ruolo salvifico accanto a Cristo. Riportiamo una parte del testo: E questa maternità di Maria nell’economia della grazia perdura senza soste, dal momento del consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo, non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata. Per questo la B. Maria Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice. Il che, però, va inteso in modo che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore. Nessuna creatura, infatti, può mai essere paragonata col Verbo incarnato e Redentore; ma come il sacrificio di Cristo è in vari modi partecipato e dai sacri ministri e dal popolo fedele, e come l’unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l’unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un’unica fonte. E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all’amore dei fedeli, affinché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore.
a) Maternità spirituale e intercessione di Maria legate all’opera redentiva
Con il brano riportato il Concilio corona l’insegnamento su Maria, facendo rilevare che non è stata solo una persona del passato, come Madre di Cristo e generosa compagna nell’opera redentiva, ma che continua la sua attività benefica dalla sede celeste dove ora si trova, per applicare, insieme al Salvatore, i frutti della redenzione a tutte le anime. Il Concilio afferma la perennità e attualità senza soste della maternità spirituale di Maria nell’economia della grazia. E ciò dal momento del consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione quando, proprio con tale consenso, diventò madre spirituale degli uomini in ordine alla vita soprannaturale, divenendo madre della vita. Tale consenso, dice ancora il testo, fu mantenuto senza esitazioni sotto la croce: ivi la partecipazione di Maria le permise di cooperare alla espiazione del peccato e alla vivificazione soprannaturale dei redenti. E questa maternità durerà fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti, poiché, essendo la maternità spirituale di Maria destinata alla comunicazione della grazia, che è vita soprannaturale in ordine alla salvezza eterna, il suo esercizio durerà fino a che sarà completato il numero degli eletti, cioè durante tutto il corso della storia umana. Il brano, quindi, parla del modo di esercitare l’ufficio materno da parte di Maria: assunta in cielo, non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salute eterna. Il suo ufficio materno verso gli uomini perdura anche dopo la sua assunzione, perché perdura il suo amore. Una madre, spiega Laurentin, non conosce i suoi figli al modo con cui uno scienziato registra freddamente dei fenomeni, la sua conoscenza è tutta piena di intenzioni, di desideri, come quella dell’artista riguardo alle sue opere, con la differenza che le opere sono qui delle persone. Ma questi desideri di Maria nei riguardi dei suoi figli, sono i desideri stessi di Dio. Ed è un antropomorfismo ridicolo opporre la giustizia divina alla misericordia materna di Maria. Il Concilio non entra in spiegazioni teologiche circa il modo con cui si attua l’intervento di Maria, ma afferma soltanto quello che viene comunemente ammesso, senza negare altri interventi, diretti e immediati, che formano l’oggetto dell’indagine teologica. A questi interventi, del resto, il Concilio accenna velatamente, dicendo: molteplice intercessione. Questa intercessione di Maria, espressione dell’amore del Dio di misericordia, è certamente efficace sul cuore del Figlio; difatti continua a ottenerci, a mo’ di impetrazione, le grazie della salute eterna che Dio produce nelle singole anime. È una intercessione fondata sulla materna carità, che induce Maria a prendersi cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, cioè i pericoli che ostacolano la salvezza eterna e le difficoltà e prove della vita terrena, dopo il disordine introdotto nel mondo dal peccato. È una intercessione continua e perenne, fino a che non siano condotti alla patria beata. Infine, questa intercessione non si basa soltanto sulla sua materna carità, ma anche sulla conoscenza che Maria ha, nella visione beatifica di Dio, di tutti i suoi figli. Anche se il testo non lo dice esplicitamente, lo lascia però capire indicando i titoli con i quali Maria è invocata: Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice. Del resto questo insegnamento era già stato esplicitamente affermato nel magistero ordinario pontificio.
b) Il titolo di “Mediatrice”
L’attribuzione a Maria del titolo di Mediatrice indica, nell’economia della grazia, una maternità che perdura attualmente. Da notare che per esprimere la mediazione di Maria il Concilio non usa la frase: Mediatrice di tutte le grazie, o: distributrice delle grazie, per evitare ogni antroporfismo materiale. La grazia, infatti, è una comunicazione fatta da Dio immediatamente, senza interposizione fisica di Maria o di Gesù. Solo il peccato è un diaframma che s’interpone tra Dio e l’uomo. Tale mediazione non viene posta su un piano di partecipazione, pur subordinata, ma nella linea del consenso, della comunione interna, in quanto prolungamento, in cielo, del fiat dell’incarnazione mantenuto fedelmente sino alla fine. Il Concilio, poi, fa rilevare come il titolo di Mediatrice, insieme agli altri titoli, va inteso in modo che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore, e questo perché, come si dice nel n. 60 della LG, ogni influsso della Vergine sugli uomini sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia. Così la mediazione di Maria non può significare alcun rapporto estrinseco o indipendente dalla mediazione di Cristo. Il Concilio, ancora, senza entrare in disquisizioni teologiche proprie delle varie scuole, ma servendosi di analogie offerte dalla fede circa la dottrina del sacerdozio di Cristo e della bontà divina, spiega più apertamente il proprio pensiero. Abbiamo, in questo modo, una delimitazione rigorosa della mediazione di Maria, frutto della preoccupazione pastorale ed ecumenica di centrare tutto in Cristo. Dopo aver così chiarificato il vero senso della mediazione di Maria, il Concilio non può fare a meno di riconoscerla apertamente, mentre continuamente la sperimenta e raccomanda all’amore dei fedeli, affinché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore. È, in sintesi, la missione che Dio ha affidato a Maria, di donarci Gesù Cristo e di portarci a lui. Possiamo così concludere tutto l’argomento sulla funzione salvifica subordinata di Maria. Negli altri Concili ecumenici è stata presentata l’associazione di Maria con Gesù nell’incarnazione, in forza della maternità divina verginale e nel culto delle rispettive immagini. Il Concilio di Trento ha accennato alla questione della concezione immacolata, senza prendere posizione, ma attenendosi alle decisioni di Sisto IV. Il Vaticano II presenta a grandi linee Maria nelle sue relazioni con il Redentore e la Chiesa. È unita a tutti e due, ma senza confondersi e distinguendosi in quanto inferiore al primo e superiore alla seconda. La totale associazione di Maria, presentata dal Vaticano II, è stata preparata dai tre dogmi mariani, verginità, immacolata concezione e assunzione corporea , nonché dal rinnovamento biblico, patristico ed ecclesiale, liturgico, pastorale ed ecumenico della teologia recente. Abbiamo così, nel Vaticano II, un’ampia sintesi profonda e sicura della fede della Chiesa nella funzione materna di Maria nell’opera redentrice e salvifica di Cristo.

4.2.
MARIA REGINA
La regalità di Maria non si può considerare indipendentemente da quella di Cristo, traendo da essa tutto il suo significato ed efficacia. Una delle caratteristiche della regalità di Cristo è la sua struttura fatta di povertà e umiltà. Il Cristo ha stabilito il proprio regno scendendo nel profondo della sofferenza umana. L’insegnamento che dà agli apostoli l’ha prima realizzato in se stesso: Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio del’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10, 42-45.). Egli è dunque il re che serve coloro che si aprono alla sua azione, esempio già dato prima di morire. È così che ogni credente è chiamato a regnare con Cristo. La regalità di Maria va compresa come espressione massima di questa regalità di Cristo. Maria è regina non solo e non tanto perché occupa questo posto nel regno del Figlio in quanto madre, ma anche perché, a lui associata intimamente nell’opera della redenzione, continua a servire i suoi figli e fratelli di Gesù nel rendere per sempre attuale la stessa opera. A lei per prima si possono applicare le parole di Gesù: Io sto in mezzo a voi come colui che serve. E coloro che Maria serve sono gli associati alla stessa regalità: Non vi chiamo più servi; ... vi ho chiamati amici (Gv 15, 15). È quanto esprime la liturgia: O Dio, che ci hai dato come nostra Madre e Regina la Vergine Maria, dalla quale nacque il Cristo, tuo Figlio, per sua intercessione donaci la gloria promessa ai tuoi figli nel regno dei cieli (Orazione della festa della Beata Vergine Maria Regina, 22 agosto).

Bibliografia

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VEDI ANCHE:
- COOPERAZIONE E SERVIZIO
- CORREDENTRICE
- MISSIONE DI MARIA






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