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GIANSENISMO


Una polemica religiosa plurisecolare ha impedito fino a tempi recenti che, nel contesto degli studi sul giansenismo, venisse approfondita, sotto il profilo storico, la valenza della pietà mariana nell'ambito del movimento. Si deve ad Henri Bremond e alla sua Histoire littéraire du sentiment religieux en France, pubblicata tra il 1916 e il 1928, un primo sostanziale contributo alla questione. In un capitolo, il terzo del tomo nono, in discussione con l'opera di Charles Flachaire, La dévotion à la Vierge dans la littérature catholique au commencement du XVII siècle (1916), Bremond pone in dubbio la tesi di questo autore, secondo il quale la devozione alla Vergine aveva iniziato il suo declino inarrestabile in Francia verso la metà del secolo, per sostenere al contrario l'interpretazione di un suo consolidamento nel corso del Seicento sino alla sintesi operata dal grande missionario Grignion de Montfort. Nella ricostruzione del Bremond è dato spazio, comprensibilmente, agli orientamenti di pietà mariana da parte dei giansenisti e alloro coinvolgimento nei dibattiti che caratterizzarono contrastanti posizioni nel corso del secolo. Come Bremond richiama, due orientamenti si contrapponevano in Francia, a iniziare dal rinnovamento religioso che vi andava operando la riforma cattolica, dalla fine delle guerre di religione, nell'ultimo decennio del Cinquecento, alle Provinciales di Pascal (1656-57): due linee parallele, l'una derivante da san Bernardo, "medievale" per così dire, immaginativa, sentimentale, devozionistica, ripresa soprattutto dai gesuiti; l'altra ispirata dall'opera del cardinale de Bérulle, che si collegava al mistero dell'Incarnazione e a forme meditative, interiori ed austere, riguardo all'intercessione della Vergine, e dalla quale derivarono gli scritti mariani dei giansenisti e quelli degli appartenenti alla Congregazione dell'Oratorio fondata dallo stesso Bérulle. Lo schema generale proposto da Bremond lo si ritrova in opere di sintesi apparse successivamente, come quelle di Louis Cognet, di Réné Taveneaux, di Louis Chàtellier: uno schema ovviamente arricchito e articolato dalle ricerche che si sono susseguite dal secondo dopoguerra, come quelle dello stesso Taveneaux sul giansenismo e di Chàtellier sull'Europa dei devoti, nonché dai fondamentali lavori di Jean Dagens su Bérulle e di Jean Orcibal sulle origini del giansenismo. Opere queste che terremo presenti insieme, soprattutto, con un articolo specifico del Cognet dedicato a La dévotion mariale à Port-Royal (1954), tuttora insostituito, dal quale conviene prendere le mosse per rileggere, dopo più di cinquant'anni, i complessi aspetti della pietà mariana nell'ambito del giansenismo francese del Seicento.

1. Dottrina e pietà mariana in Saint-Cyran

Come nell'articolo di Cognet, il primo nome che incontriamo nel nostro percorso, e che ben può essere assunto come quello di chi ha dato espressione più significativa agli orientamenti di dottrina e di pietà nei confronti della Vergine da parte del movimento giansenista, è il nome di Jean Duvergier de Hauranne, abbé de Saint-Cyran (1581-1643). I rapporti di Saint-Cyran con le religiose di Port-Royal risalgono al 1624; è dal 1635, tuttavia, che Saint-Cyran accetta di confessarne alcune e ne diviene direttore spirituale, mentre avvierà di lì a poco, dal 1637, l'esperienza dei "solitari", con le conversioni dei fratelli Le Maistre, Antoine e Simon. Matura intanto da parte di Saint-Cyran la rottura con Richelieu sui temi dell'attrizione nel sacramento della penitenza, sostenuta dal cardinale ministro, e della contrizione, di cui Saint-Cyran è paladino, sino all'arresto (maggio 1638) di quest'ultimo, per ragioni, oltre che religiose, politiche, per l'ostilità di Saint-Cyran alla guerra della Francia in atto contro la Spagna. Un arresto che porterà Saint-Cyran nel carcere di Vincennes, e che terminerà nel 1643, con la sua liberazione nel febbraio, dopo la morte di Richelieu, seguita però presto dalla morte dello stesso Saint-Cyran nell'ottobre. Grande direttore di coscienza, sulla soglia della frattura e delle polemiche che apriranno la vicenda del giansenismo, Saint-Cyran ha affidato il suo nome a una serie di scritti, composti o rielaborati in prevalenza durante la prigionia e apparsi tutti dopo la sua scomparsa, come le Considérations sur les dimanches et les festes des mysteres, et sur lesfestes de la Vierge et des Saints, pubblicate nel 1671, le Lettres chrestiennes et spirituelles, publicate nel 1645, alle quali possiamo aggiungere, per la ricchezza di spunti che offrono, il volume che raccoglie alcuni suoi scritti inediti di pietà, curato da Orcibal nel 1962, e il volume di lettere, anch'esse inedite, pubblicato da Annie Barnes nello stesso anno. Le Considérations, che seguono le feste dell'intero calendario liturgico, riflettono gli orientamenti dottrinali dell'autore, plasmati nel contesto di un intenso tessuto meditativo e devozionale, legato in particolare, come si è accennato, alla centralità del mistero dell'Incarnazione di derivazione berulliana. Da qui il legame della Vergine e la sua conformità con la persona del Cristo, fonte di ogni grazia, e la sua funzione mediatrice, esemplata dal suo intervento alle nozze di Cana. Da qui gli straordinari privilegi di cui sono contrassegnate le sue "grandezze", che si richiamano alle Grandeurs de Jésus-Christ del cardinale de Bérulle. Sin dalla nascita la Vergine ha ricevuto soprattutto il segno di un eccezionale privilegio, quello dell'immacolata Concezione, cui sono dedicate diverse Considérations, dalle quali traspare, anche se non esplicitamente, una propensione da parte di Saint-Cyran all'opinione immacolatista che divideva allora il mondo cattolico. Ma vi è ancora di più. Proprio per la somma dei suoi privilegi, la Vergine rappresenta più manifestamente la processione de! Verbo e il Padre che genera il Figlio dalla sua propria sostanza, una formulazione che riprende, in questo caso non senza enfasi, i temi neoplatonizzanti e berulliani della emanazione. Ella è perciò il modello della Chiesa, come affermerà ancora Saint-Cyran nella Considération «Pour l'Assomption de la Sainte Vierge». Da queste prerogative, vissute in grado unico per la pienezza delle grazie concesse a Maria, discendono le virtù della Vergine, dall'umiltà alla pazienza, all'obbedienza, su cui Saint-Cyran insiste particolarmente, in armonia con lo spirito penitenziale del giansenismo, volto alla pratica della rinuncia e all'approfondimento interiore. Sofferenza e dolori, tuttavia, non sono stati estranei alla Vergine nella sua vita e tali momenti vengono ricordati più di una volta quali momenti esemplari di una forza straordinaria: «Qui osera pretendre estre exempt des peines et des douleurs après une si grande souffrance de la Vierge?», si chiede Saint-Cyran nella Considération XXXII «De la Passion de Jesus-Christ selon les Quatre Evangelistes». Un dolore composto, silenzioso, questo della Vergine, però, alieno dalle forme emotive della pietà popolare e della tradizione dello Stabat Mater e delle innumerevoli raffigurazioni iconografiche della scena del Calvario: un dolore contenuto, proprio della sua Maestà divina, come sarà sottolineato dopo Saint-Cyran, tra Seicento e Settecento, anche dal Duguet, appartenente all'ultima generazione del giansenismo devoto. Ma i dolori della Vergine si prolungano dal momento del Calvario nello sviluppo della Chiesa nascente, dacché Ella è stata lasciata a lungo sulla terra da Cristo dopo la sua Ascensione, «afin qu'elle eust part aux persecutions, et aux souffrances dans lesquelles la première Eglise a esté formée, qui ont plus affligé la Vierge que nulle autre, puisqu'elle tenoit lieu de Mère à tous les Chrestiens, qui estoient ses vrais enfans»; «De sorte qu'elle a continué en son àme le mesme martyre dans la persecution de l'Eglise, qu'elle avoit enduré en la Passion de son Fils»: affermazioni nelle quali si incrociano la forte idealizzazione giansenista della primitiva Chiesa cristiana, sottoposta alle persecuzioni, e la realtà delle persecuzioni politico-religiose di cui cominciava ad essere oggetto lo stesso movimento. Se l'Incarnazione resta il momento centrale in riferimento alla Vergine, la Resurrezione di Cristo, che illumina gli avvenimenti successivi della vita di Maria, dalla Pentecoste all'Assunzione, è un altro momento significativo in cui si sublimano le virtù della Madre di Dio, il cui corpo è nella retraite, nell'isolamento dal mondo, la cui lingua è nel silenzio, il cui spirito è nella pace, vero modello dell'esistenza cristiana, «dans un regard secret de Jesus-Christ, et dans une union ineffable avec luy», come appare dalla Considération «De la Sainte Vierge au temps de la Resurrection». La celebrazione della contemplazione, sull'esempio della Vergine, è l'elemento che salda unitariamente le tre pienezze della grazia che l'hanno colmata - la sua Nascita, l'Annunciazione e l'Incarnazione, la Pentecoste - ed è per questo che Ella ha vissuto in una perpetua contemplazione, che risalta nel continuo silenzio della sua vita, in cui non parla quasi mai, un silenzio, può concludere Saint-Cyran, che «est un hymne et une lotiange inseparable de la contemplation». Un'espressione, questa, che ci fa comprendere perché Saint-Cyran suggerisca, in una sua lettera, di sciogliere alla Vergine «inni di silenzio», come diremo. L'Assunzione della Vergine non è che l'atto finale di questa mariologia (si veda la Considération «Pour la veille de S. Bernard»), poiché se la Vergine aveva partecipato in maniera unica del Corpo del Figlio, non doveva sorprendere che Egli, con un privilegio particolare, avesse prodotto in Lei «par avance» il mirabile effetto dell'Assunzione del suo Corpo. Confermano questi orientamenti fondamentali di Saint-Cyran gli scritti inediti di pietà pubblicati da Orcibal, dove emerge soprattutto il tema dell'umiltà della Vergine. E significativo che su questa linea risaltino il Traité de la modestie, corretto e rivisto dal Sacy, e un Avis général du silence adressé à des religieuses, steso da Singlin sulla base di indicazioni di Saint-Cyran, che attestano la sua influenza su questo primo ambiente portorealista e il passaggio, da lui già effettuato, dagli enunciati dottrinali ed ecclesiologici dei sermoni, sempre ricchi di una esemplarità pratica e morale, alla più diretta guida delle coscienze, come appare dalle Lettres chrestiennes et spirituelles. In queste, i temi della solitudine e della retraite, rivolti a chi ha già lasciato il mondo o intende lasciarlo, della ricompensa e della purificazione che Dio offre al fedele attraverso, le afflizioni, della necessità della grazia per la salvezza e della preghiera per ottenerla, sebbene legati alla spiritualità fortemente cristocentrica e penitenziale propria del giansenismo, si aprono non di rado a raccomandazioni ispirate da un'intensa pietà mariana. Ne è testimonianza la bella lettera del 4 febbraio 1642, diretta ad «une personne touchée de Dieu qui s'estoit retirée dans une religion», alla quale Saint-Cyran aveva raccomandato di dedicarsi anche al lavoro manuale, una pratica che, com'è noto, esercitavano lo stesso Saint-Cyran e i "solitari" di Port-Royal. Ma, precisava il recluso di Vincennes, il lavoro manuale doveva essere accompagnato da un forte impegno spirituale, come la trascrizione di alcuni pensieri di pietà dai libri che aveva suggerito in lettura, e, insieme alle altre preghiere, dalla recita del rosario, che Saint-Cyran dichiarava di praticare particolarmente, tanto da recitarlo, da quando era a Vincennes, quotidianamente almeno tre volte e quattro volte nei giorni festivi. Tali esortazioni sono riprese e sviluppate in due lettere successive, del 17 febbraio e del 3 marzo 1642, indirizzate ad un ecclesiastico amico, al quale era stata affidata la direzione spirituale di una dama dell'aristocrazia, lettere che assumono i caratteri di una vera e propria istruzione generale sugli obblighi e i modi per poter condurre una vita cristiana nel distacco interiore dal mondo. In questo contesto appaiono centrali le scansioni delle preghiere, che devono celebrare nei venerdì la memoria della Passione e nelle domeniche quella della Resurrezione, ma che nel sabato, giorno dedicato alla Vergine, devono essere a lei rivolte «plus particulierement et disant une fois Regina Coeli, et prenant part avec affection à tout l'Office que l'Eglise fait ce jour, en son honneur». Religiosi e religiose, laici ed ecclesiastici, dame dell'aristocrazia e gentiluomini di corte si ritrovano nelle lettere di Saint-Cyran, ma sono le figure direttamente o indirettamente legate a Port-Royal quelle che maggiormente qui ci interessano. Tra le lettere inedite pubblicate da Annie Barnes un posto a parte occupano quelle indirizzate a membri della famiglia Arnauld, soprattutto quella diretta da Saint-Cyran a suor Marie de Sainte-Claire Arnauld, sorella cadetta delle madri Angélique e Agnès, il giorno dell'Assunzione, il 15 agosto 1641. Suor Marie de Sainte-Claire era stata l'ultima delle religiose Arnauld ad accettare nel 1638 Saint-Cyran quale direttore spirituale, e ne trascriverà poi le Lettres e le Considérations, destinandole alla lettura delle consorelle religiose e conservandole così quale insostituibile testimonianza storica per gli studiosi. Suor Marie de Sainte-Claire aveva una devozione fervente per la Vergine, che appariva però eccessiva agli occhi di SaintCyran: un punto, questo, su cui occorrerà soffermarsi, poiché illumina un aspetto della spiritualità mariana giansenista che avrà esiti decisivi nei decenni seguenti. Nell'affidamento alla Vergine, scriveva Saint-Cyran, era necessaria la moderazione, soprattutto da parte di chi, come le persone che avevano abbracciato la vita religiosa, nutriva una particolare devozione verso i santi e la Madre di Dio. Poiché la Vergine era al di sopra dei santi e di tutte le creature e così prossima a Dio, era facile ingannarsi nei moti del cuore e nelle parole, trasferendo le stesse affezioni «sans mesure», che si hanno verso Dio, verso la Vergine, «qui ne les agrée pas, s'estimant un néant dans le ciel méme à l'égard de Dieu». Tutto l'amore ai santi, agli angeli e alla Vergine stessa doveva essere espresso perciò «dans une certaine mesure», per essere distinto da quello infinito rivolto a Dio; altrimenti, proseguiva Saint-Cyran, era uno zelo «déreglé, sans science et sans intelligence». A questo punto, tuttavia, Saint-Cyran, con uno squarcio teologico improvviso, rinnova la celebrazione a lui consueta delle "grandezze" della Vergine, la prima dopo le tre Persone della Trinità, la prima davanti a tutte le gerarchie dei santi e degli angeli, incomprensibile agli uomini, ai loro sensi e alle loro ragioni, e persino alla loro fede, «qui ne fait que s'abaisser à la vue d'un objet surexcédant toute pensée que Dieu et l'Eglise leur propose». E sono espressioni, queste, che riprendono quella sulla «grandeur terrible» della Vergine, alla quale Saint-Cyran aveva fatto riferimento in occasione del primo incontro nel 1638 con suor Marie de Sainte-Claire, dove l'aggettivo "terrible", che ha fatto scorrere polemicamente fiumi d'inchiostro, secondo il significato dell'epoca non aveva l'accezione odierna, ma, come hanno dimostrato Flachaire e Cognet, quello di "grandissimo", "straordinario", con una sfumatura di "sacro". Queste esortazioni non dovettero avere effetto immediato su suor Marie de Sainte-Claire, o almeno ne dubitò Saint-Cyran, se questi ritornerà sull'argomento di lì a pochi giorni, in un'altra lettera alla religiosa del 22 agosto 1641, richiamandosi al Vangelo di san Luca, che aveva parlato della Vergine solo «avec une brièveté admirable», e al Vangelo di san Giovanni, che riconosceva la Vergine come madre, ma non ne aveva mai parlato, e chiedendosi se per questo, entrambi avessero mostrato minor devozione nei confronti di Maria. La conclusione racchiude una frase, celebre nella letteratura giansenista, che vai la pena di riportare ancora una volta per esteso a suggello della posizione di Saint-Cyran e come espressione di una spiritualità raccolta, sì da sfiorare talora l'accensione mistica: «Le meilleur moyen de louer la Vierge, c'est d'y employer l'hymne du silence, que nous pouvons méme employer pour louer Dieu, seion S. Jéròme», con riferimento al Salmo 64, 2: Tibi silentium laus.

2. La pietà mariana a Port-Royal

Nel monastero cistercense di Port-Royal, sotto la regola di san Bernardo, la pietà mariana era dunque assai viva, come verrà sottolineato alla fine del Seicento dal grande scrittore tragico Racine, che era stato educato dai "solitari", e che richiamerà, tra le pratiche consuete delle religiose, le devozioni mariane del sabato e la recita frequente del rosario. Ma nel monastero era ospitato anche un gruppo cospicuo di educande, destinate in parte a vestire l'abito religioso e a restare tra le sue mura sino alla morte, in parte a ritornare nel secolo e a seguire altre strategie sociali, mondane e familiari. Dobbiamo alla sorella di Pascal, Jacqueline, entrata a PortRoyal nel 1652, assumendone l'abito religioso nel 1653 con il nome di suor Jacqueline de Sainte-Euphémie, incaricata dell'educazione delle fanciulle, l'elaborazione di un Regolamento (1657). Questo venne utilizzato dalla stessa suor Jacqueline sino alla sua scomparsa nel 1661 e rimase alla base dell'educazione delle fanciulle ancora per poco, allorché, nello stesso 1661, gli scontri aperti dalla firma del Formulano per la condanna di Giansenio, che le religiose sottoscrissero solo dopo molte contestazioni, portarono alla soppressione da parte dell'autorità religiosa e politica degli esperimenti educativi e culturali dei "solitari" e di quelli dell'educandato femminile. Non si è certi se il Regolamento di suor Jacqueline, recentemente ripubblicato con un'ampia introduzione da Silvana Bartoli, rifletta orientamenti da lei maturati all'ombra del suo grande fratello, ma sicuramente esso raccoglie le aspirazioni religiose del giansenismo della generazione che segue quella di Saint-Cyran e, in un certo senso, rappresenta il consolidamento di un ideale e di una pratica che aveva preso le mosse dagli anni '30 del secolo. Non interessa qui, per brevità, richiamare l'ispirazione generale del testo quanto sottolineare, ai nostri fini, in che misura la pietà e la devozione mariana si esprimano nei diversi momenti e nei diversi atti della giornata. Già il momento iniziale, la partecipazione alla messa, viene aperto dal canto di un'antifona della Vergine Sub praesidium, mentre la fase successiva, durante la quale le bambine apprendevano a scrivere, è accompagnata, per le più piccole, dall'insegnamento dell'Ave Maria, che esse dovevano recitare «all'inizio e alla fine di tutto ciò che loro fanno di un po' considerevole». Dopo il refettorio, la ricreazione terminerà «con una preghiera alla santa Vergine, per domandare a Gesù Cristo, attraverso l'intercessione della sua santa Madre, che conceda la grazia di passare santamente il resto della giornata». Alle preghiere del mattino e della sera, entrambe rivolte alla Vergine, sono dedicati due paragrafi specifici, dove è evidente l'influenza di Saint-Cyran. Nella prima, quella del mattino, tale influenza è avvertibile nell'invocazione alla mediazione di Maria, «madre della Salvezza», alla sua purezza, alla sua umiltà «senza vanità e di orgoglio» e, con derivazione berulliana, alla sua «fecondità miracolosa», affinché spanda sui fedeli una fecondità di grazie, di merito e di gloria. Nella seconda, quella della sera, ritroviamo la voce di Saint-Cyran nell'invocazione all'opera di riconciliazione che la Vergine esercita presso il Figlio, in virtù della «misericordia singolare» di cui Ella era stata dotata, e nell'appello al valido ausilio che la Vergine può porgere ai fedeli perché essi siano in grado di partecipare alla gloria celeste. Nella seconda parte del Regolamento, destinato alle maestre ed alle suore coadiutrici, sembra di rileggere, rivolte alle bambine, ancora una volta le parole di Saint-Cyran: «Noi raccomandiamo molto alle bambine di prendere la Santa Vergine come madre e mediatrice in tutti i bisogni e in tutte le difficoltà che potrebbero arrivare. Si dice loro che essa è stata nel tempio della sua infanzia, come esse sono nelle case consacrate a Dio per impararvi a essere delle buone cristiane; che la casa in cui vivono è consacrata alla santa Vergine, e si chiama Notre-Dame de Port-Royal; che ella deve servire come modello nella preghiera, nell'umiltà, nel silenzio, nella modestia, nel lavoro e infine in tutte le loro azioni. Le si esorta a solennizzare bene le sue feste, che sono tutte molto onorate nell'ordine di Citeaux, di recitare spesso il suo rosario, e tutti i giorni le sue litanie».

3. Le "Lettres Provinciales" di Pascal e la pietà mariana giansenista
Il 1657, l'anno in cui Jacqueline Pascal elabora il Regolamento, si colloca nell'arco di tempo turbinoso in cui appaiono le Lettres provinciales del fratello Blaise. Nella sua polemica contro il probabilismo e la morale rilassata della Compagnia di Gesù, Pascal, nella IX Lettera, sposta il suo attacco più direttamente contro quelle forme "facili" di devozione mariana, che si erano andate diffondendo ad opera dei gesuiti, e che venivano alimentate da innumerevoli scritti, come quello del padre Barry, Le Paradis ouvert à Philagie, par cent dévotions à la Mère de Dieu, aisées à pratiquer, da Pascal assunto come bersaglio emblematico. Pascal ha facile gioco contro le espressioni devote suggerite dal padre Barry e presentate come sufficienti ad aprire il Paradiso anche a chi ne praticasse una soltanto: il semplice saluto rivolto alla Vergine dinanzi ad una sua immagine, la recita del rosario delle dieci allegrezze della Vergine, la frequente invocazione al nome di Maria da parte dei fedeli, la richiesta rivolta agli angeli di riverirla a loro nome, l'auspicio di costruire chiese a lei dedicate più di quanto potessero fare gli stessi sovrani - con evidente riferimento alla costruzione di edifici sacri promossa dalla monarchia francese nei decenni di sviluppo della riforma cattolica e dopo la consacrazione del regno alla Vergine nel 1638 - infine il saluto da rivolgere alla Vergine sia al mattino che alla sera, e la recita quotidiana dell'Ave Maria in onore del suo Cuore. La critica ironica e spietata di Pascal alla pratica devota gesuitica potrebbe far pensare ad un atteggiamento voltairiano ante litteram, nell'individuazione di un testo come quello del padre Barry, da cui trarre con abile e spregiudicata manipolazione citazioni compromettenti. Ma Pascal non era certo Voltaire, ed i suoi riferimenti alle devozioni mariane gesuitiche, quotidiane o frequenti, li ritroviamo esattamente codificati e raccomandati negli statuti delle congregazioni mariane della Compagnia, fondate dal padre François Coster, a partire dagli anni '70 del Cinquecento, a Colonia, a Douai, ad Anversa, a Bruges, a Treviri, e moltiplicatesi presto altrove, come ha indicato Louis Chàtellier. Rappresentavano, queste congregazioni, una linea di frontiera nei confronti del mondo riformato, in particolare nei confronti del calvinismo, e si avverti sin da subito quanto la polemica di Pascal su questo punto nevralgico della devozione mariana potesse influire ancor più negativamente nelle discussioni sulla ortodossia del giansenismo, accentuate dalla recente condanna dell'Augustinus di Giansenio. Si cercò, perciò, di porre presto riparo a possibili nuove accuse, con la traduzione latina delle Provinciales, apparsa a Colonia nel 1658, arricchita di note da Guglielmo Wendrock, pseudonimo di Pierre Nicole, che assumerà d'ora in poi un posto di rilievo nel movimento. Nella lunga nota apposta da Nicole in particolare alla IX Lettera, l'intento apologetico complessivo infatti, ribadiva, nei confronti tanto dei gesuiti quanto degli eretici (calvinisti), i modi di pietà mariana éclairés raccomandati dalla Chiesa e praticati dai giansenisti contro i "devots indiscrets", formula, questa, destinata nel prosieguo della polemica a straordinaria fortuna. Nonostante questo tentativo da parte di Nicole, un equilibrio si era ormai spezzato, e inevitabilmente la pietà mariana da parte dei due fronti contrapposti non poteva non risentire del peso del conflitto in atto. In realtà, l'accusa clic i giansenisti fossero ostili al culto mariano e limitassero o evitassero le forme di devozione alla Vergine era stata formulata già qualche anno prima dell'intervento di Pascal. Un gesuita di Blois, il padre Brisacier, in polemica con un sacerdote di origine irlandese, John Callaghan, legato a Port-Royal, sul tema allora scottante della frequente comunione, aveva pubblicato uno scritto, Le jansénisme confondu (165 1), dove aveva trovato posto la fantasiosa ricostruzione di un'inchiesta condotta a Port-Royal per istruire un processo contro l'ormai scomparso Saint-Cyran, nel corso della quale non si sarebbe trovata nessuna immagine della Vergine e dei santi. L'accusa, evidentemente falsa, velava quel che si avvertiva all'esterno da parte degli ambienti ostili al giansenismo e a quei gruppi del movimento più impegnati nello sforzo di resuscitare il cristianesimo delle origini e di combattere pratiche devozionali recenti. È in questo clima che, poco meno di un ventennio dopo l'apparizione delle Provinciales, verrà pubblicato un opuscolo destinato a riaccendere con straordinaria violenza le polemiche, tanto che pro o contro di esso apparvero, tra il 1674 e il 1679, ben quaranta pubblicazioni: i Monita salutaria B. Virginis ad cultores suos indiscretos di Adarn Widenfeld, stampati nel testo latino nel 1673 e in traduzione francese nel 1674. Il Widenfeld, un avvocato di Colonia, e dunque un laico, non era in realtà un giansenista, anche se i giansenisti si appropriarono del suo scritto, ma un rigorista che si inseriva con vigore nel filone polemico di cui stiamo parlando. E non è un caso che negli stessi anni di pubblicazione dei Monita, e precisamente nel 1674, un ecclesiastico di rango, il Neercassel, vescovo in partibus di Castoria e vicario apostolico della missione d'Olanda, e quindi particolarmente preoccupato dei riflessi politici e religiosi delle polemiche nei Paesi Bassi, antigesuita e protettore di giansenisti in esilio come Antoine Arnauld, abbia pubblicato un Tractatus de cultu et invocatione sanctorum, praecipue B. Virginis Mariae, allo scopo di definire le forme del culto cattolico nei confronti dei protestanti.

4. La pietà mariana e il Giansenismo Devoto: Nicole e Quesnel
Se tale linea polemica definisce un aspetto cruciale di scontro intorno alla pietà mariana tra gli anni '50-'70 del Seicento, essa influenzò indubbiamente l'elaborazione della pietà mariana da parte della generazione giansenista successiva a quella di Saint-Cyran, quella attiva dopo l'effimera "pace clementina" (dal nome di Clemente IX, 1667-69), che aveva consentito lo sviluppo di un giansenismo devoto impersonato dalle figure di Nicole e di Quesnel. Nicole (1625-1695), scrittore che abbracciò la vita ecclesiastica senza però prendere mai gli ordini, e che diede una grande e organica sistemazione alla morale giansenista con i suoi Essais de morale, dedicò solo una parte del suo impegno alla pietà mariana, non nella sua opera maggiore, ma nella Continuation des essais de morale (1687-88) e nelle Instructions théologiques et morales (1706), composte durante l'esilio nei Paesi Bassi e nell'esistenza in incognito a Chartres e a Parigi, in cui riprende, con sfumature diverse rispetto a Saint-Cyran i temi già definiti della devozione alla Vergine. Anche in Nicole assumono una valenza particolare le "grandezze" della Vergine che rivelano le meraviglie della grazia divina, la cui pienezza è nell'unione singolarissima della Vergine con Cristo e nella sua ammirabile umiltà. Più di altri scrittori di Port-Royal, però, Nicole ama ritornare sulle sofferenze della Vergine, alla quale attribuisce «una vita di martirio e di sofferenza continua»: affermazioni, le sue, prive di effetti "doloristici", ma che insistono sulla necessaria unione di Maria alle sofferenze redentrici di Cristo. Così unita al sacrificio del Figlio, la Vergine, nella concezione ecclesiale di Nicole, può essere considerata l'immagine della Chiesa, secondo i Padri, ed è in funzione di questa relazione tra Maria e la Chiesa che Nicole considera, insieme alla Verginità, la Maternità della Vergine quale «cooperatrice della santificazione di tutto il corpo della Chiesa», una Maternità iniziata veramente sul Calvario, in quanto la Vergine ha generato il Corpo di cui Cristo è Capo e in quanto Cristo le ha donato come figlio Giovanni e, nella persona di Giovanni, tutti i cristiani. Un elemento della mariologia giansenista, questo, che non si compone con gli altri in un'ecclesiologia organica, ma che resta comunque un tema interessante nell'elaborazione dottrinale da parte del movimento. Con l'oratoriano Pasquier Quesnel (1634-1719), contemporaneo di Nicole, anch'egli coinvolto in esperienze di esilio nei lunghi periodi di persecuzione del movimento, fortemente impegnato nella spiritualità della sua congregazione, si ritorna invece non solo all'ispirazione berulliana, ma ad un legame più diretto con Saint-Cyran, soprattutto nelle Prières chrétiennes en forme de méditations sur tous les mystères de Notre Seigneur et de la Sainte Vierge, apparse in diverse edizioni nei primi decenni del Settecento. La centralità dell'Incarnazione è anche per Quesnel il motivo conduttore che si sviluppa attraverso una serie di invocazioni e di meditazioni più ricche, rispetto a quelle di Saint-Cyran, di aspirazioni e di elevazioni, dove, pur nella severa tessitura giansenista, si avverte, inconfondibile, la presenza dell'oratoria sacra di Bossuet e del Grand Siècle. La vita del cristiano è per Quesnel una vita di ricerca, agostinianamente intesa, di Dio. Cristo si sottrae alle volte al fedele per la sua infedeltà oppure per sostituire alla propria presenza sensibile una presenza più spirituale, più perfetta e degna di Lui. Ma «de quelque manière que ce soit, il faut, à l'exemple de la sainte Vierge, se mettre en peine de chercher et de retrouver Jesus-Christ». E dunque la Vergine, col suo esempio, a favorire questa inesausta ricerca della Verità da parte del cuore affligé, quel cuore su cui tanto insistono i giansenisti, in un percorso che la Vergine guida e al quale Quesnel dedica un brano di acceso lirismo: «Il les faut chercher [les vérités] particulierement sous la protection de la sainte Vierge, la mère, la nourrice, l'amante, la premiere disciple, et l'adoratrice perpetuelle de la verité incarnée; la compagne inséparable, l'assistante religieuse et la sacrificatrice intérieure de la verité crucifiée et sacrifiée sur le Calvaire, ensevelie et cachée dans le tombeau; et qui après les trois jours de la sepulture figurez par les trois jours de la pertede Jesus en son enfance, fut aussi le premier temoin, la premiere admiratrice et la cooperatrice la plus fidele de la verité ressuscitée et retrouvée dans le Temple de sa gloire». Se ancora una volta sono centrali i momenti dell'Incarnazione e dell'Annunciazione, in Quesnel vi è un'enfasi nuova sull'Assunzione della Vergine, un momento che per lui segna il giorno del trionfo di Maria, in cui Ella prende possesso di tutti i diritti legati alla sua incomparabile dignità di Madre di Dio. Non erano passate invano le polemiche contro i dévots indiscrets, se Quesnel insiste, a conclusione delle sue Prières chrétiennes, sulle forme corrette, giansenisticamente intese, della pietà mariana; ma in lui, in questa evoluzione degli orientamenti del movimento tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, vi è di più. Non è un caso che, a suggello della fervente pietà mariana che caratterizzava la congregazione dell'Oratorio, Quesnel, accanto alla festa solenne delle Grandeurs de Jésus, istituita da Bérulle e celebrata nella congregazione il 28 gennaio, ricordi la festa solenne delle Grandeurs della Vergine, istituita sempre da Bérulle per il 17 settembre, auspicandone una diffusione più ampia nell'ambito della Chiesa, a riconoscimento delle "grandezze" di Maria.

5. Per una conclusione

È, questo, il punto estremo cui giunge la stagione seicentesca della pietà mariana giansenista, della quale ristampe e riedizioni di scritti prolungheranno, nel Settecento, l'influenza e il fascino tra i fedeli. Per i mutamenti dottrinali e soprattutto ecclesiologici, che il giansenismo subisce dopo la rinnovata condanna attraverso la bolla Unigenitus (1713), sopravviverà soprattutto il filone polemico della lotta contro gli "abusi" e gli "eccessi" della pietà mariana: un filone che confluirà in Italia nel contesto della regolata devozione, proposta da Ludovico Antonio Muratori, assertore di un cattolicesimo illuminato, nell'opera omonima del 1747, nella quale sono ravvisabili richiami impliciti allo scritto del Widenfeld, come ha mostrato Pietro Stella, e che, più tardi, si rispecchierà nella traduzione italiana dell'opera del Neercassel, apparsa a Biella nel 1775, nel quadro del tardo giansenismo piemontese episcopalista e rigorista. Non si perderanno però completamente le tracce della pietà mariana giansenista, non tanto come erano state delineate nelle opere di Saint-Cyran, troppo lontane nel tempo, quanto in quelle di Quesnel, e sopratutto nell'ampia raccolta, l'Année chrétienne (1683-1701), di Nicolas Le Tourneux (1640-1686), che riprese e sistemò gli schemi di Saint-Cyran e di Quesnel, nell'intento, come osserva Orcibal, di continuare a fornire al giansenismo, attraverso la liturgia, «l'alimento della vita spirituale più intensa». Un autore, il Le Tourneux, amico di Arnauld e di Quesnel, ma meno di questi esposto alle vicende del giansenismo per la vita vissuta nella predicazione parrocchiale e nella retraite, l'ultima voce del giansenismo devoto seicentesco, alla quale fu assicurato un notevole successo nel secolo seguente: la sua raccolta, infatti, conobbe almeno altre due edizioni parigine nel 1704-1709 e nel 1723-28, due traduzioni italiane, una napoletana in due volumi, il primo apparso nel 1743 e il secondo nel 1757, e un'altra a cura di Gaspare Gozzi apparsa per le stampe veneziane nel 1761.

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