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SALUS POPULI ROMANI




Detta Madonna di San Luca o Madre di Dio di Lydda (Lidskaja) o La Romana (Rimskaja). Risale al VII secolo con ridipinture del XII – XIII secolo ed è un dipinto su tela applicata su tavola dim. 117 x 79.

1. L'Icona della Salus Populi Romani

Anche l'icona della Vergine detta «Salus populi romani» è attribuita per tradizione al pennello di S. Luca. L'immagine si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Fino al secolo XVI era posta in un'edicola alla sinistra dell'altare maggiore, poi fu trasportata con grande solennità da papa Paolo V nella cappella della sua famiglia, dove ancora oggi si trova sopra un bellissimo tabernacolo progettato da Gerolamo Rainaldi. Con quest'atto Paolo V volle incrementare il culto mariano nella più grande chiesa di Roma costruita in onore della Vergine, motivandone l'impresa, come dice nella bolla pontificia «per l'aiuto ricevuto dalla Vergine in molti difficili frangenti, per la sua particolare devozione e per i miracoli attribuiti a quell'immagine». La Vergine è raffigurata secondo il tipo dell’Odighitria che tiene sul braccio sinistro il Figlio, doveva emergere maestosa su un fondo aureo ormai sbiadito. Ha indosso il «maphorion» e ai lati dell'aureola c'è l'iscrizione greca. Nell'atto di sostenere il figlio incrocia i polsi e con la mano sinistra regge la mappula, antico fazzoletto di lino utilizzato dai nobili romani mentre la destra ha pollice, indice e medio allungati ad indicare la Trinità; l'anulare e il mignolo piegati indicano la natura umana e divina del Figlio. Il codice che il Bambino regge sulle braccia è una novità rispetto all'iconografia usuale che prevedeva il rotolo.

2. Origini dell'Icona

Secondo la tradizione, mentre gli apostoli Pietro e Giovanni stavano predicando a Lydda, vicino a Gerusalemme, costruirono una chiesa dedicata alla Santissima Madre di Dio; in seguito tornati a Gerusalemme chiesero alla Panaghia di venire a santificare la Chiesa con la sua presenza. Lei li rimandò a Lydda e disse: “Andate in pace, e io sarò lì con voi”. Giunti a Lydda, trovarono un’icona della Vergine “acheropita” impressa sulla parete della chiesa. Allora la Madre di Dio apparve a quanti si erano lì radunati, benedisse l’icona e le conferì il potere di operare miracoli.
Nel IV secolo Giuliano l’Apostata, dopo aver sentito parlare dell’icona cercò di distruggerla. Inviò dei muratori che con strumenti taglienti scheggiarono l’immagine ma non furono in grado di distruggerla. Quando si diffuse la notizia di questo miracolo, migliaia di persone si recarono a venerare l’icona.
Nel secolo VIII, san Germano, futuro Patriarca di Costantinopoli, fece fare una copia dell’icona che portò con sé a Costantinopoli. In seguito, durante la controversia iconoclasta, a causa della sua fede iconodula, venne scacciato dalla sede di Nuova Roma dall’imperatore Leone Isaurico. Per porre in salvo la sacra icona di Lydda il patriarca la inviò a Roma antica. Stando alla leggenda egli avrebbe affidato l’icona alle acque del mare insieme ad una lettera indirizzata al vescovo di Roma; sospinta dalle onde l’icona raggiunse l’Italia e, trasportata dal Tevere, giunse a Roma, ove fu collocata nella basilica di san Pietro, rivelandosi fonte di molte guarigioni.
Nell’842 l’icona di san Germano fu restituita a Costantinopoli, dove il nuovo patriarca, il siracusano san Metodio, la trasferì solennemente nella chiesa della Theotokos di Chalkoprateia, il santuario della sacra urna. Da allora l’icona venne invocata con l’appellativo di “Romaia” (η Ρωμαία) ossia “la Romana”. L’esistenza dell’icona era ancora attestata dopo il IX secolo. Una copia di questa icona si trova nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Roma chiamata anche Santa Maria della Neve, per la prodigiosa nevicata del 5 agosto che avrebbe delimitato il perimetro per l'edificazione della precedente basilica liberiana.
Nel secolo XVI avvenne il miracolo più grande attribuito a questa immagine: Roma era invasa dalla peste e il Papa, San Pio V, portò in processione l’icona fino a San Pietro. Prima di arrivare alla Basilica tutto il popolo riunito udì un meraviglioso canto di angeli intonare i versi Regina coeli, laetare, alleluia;/Quia quem meruisti portare,alleluia;/Resurrexit sicut dixit,alleluia./ Il Santo Padre concluse: Ora pro nobis Deum, alleluia. Appena il papa terminò di pronunciare queste parole tutto il popolo vide distintamente l’Arcangelo Michele sulla Mole Adriana, nell’atto di riporre nel fodero la propria spada. Il Papa capì che la peste, sarebbe presto finita, così come accadde, e la Mole si chiamò da allora Castel Sant’Angelo.

3. Riproduzioni dell'Icona
Numerose sono le riproduzioni dell’icona di Lydda; attraverso le numerose copie, è anche conosciuta anche in Cina dove fu portata dai Gesuiti. Presente anche in Russia, la tipologia iconografica della Rimskaja o Bàrskaja è un’antica immagine di area bizantina proveniente dal monastero della Protezione (Pokrov) della Vergine a Barsk, è stata alla base di altre antiche e veneratissime icone, è stata dipinta anche da Teofane il Greco nella Chiesa della Trasfigurazione a Novgorod, alla fine del secolo XVI. Anche in Etiopia esistevano migliaia di copie dell’icona di Roma, la Salus Populi Romani era considerata l’icona canonica di questo Paese.

Bibliografia

I.S.S.R., Alle origini della Cristianità. Le icone mariane di area romana, Cagliari 2014, pp. 17-18; AA. VV., Santa Maria Maggiore. Basilica patriarcale. Roma, Euroedit, Trento 1998, p. 29; MARCUCCI D., Santuari mariani d'Italia. Storia, fede e arte, Edizioni Paoline, Roma 1983, pp.41-45.

VEDI ANCHE:
- SANTA MARIA MAGGIORE






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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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