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GERAMIA DA VALACCHIA



1. Cenni biografici
a) Jon (Giovanni) Stoika nacque a Tzazo, un piccolo villaggio di contadini e di pastori in Romania, il 29 giugno 1556, da Stoika Kostist e Margherita Barbato. Nel 1574, aveva 18 anni, parte per l'Italia, convinto che nel nostro Paese si trovino «i migliori cristiani del mondo». Quattro anni più tardi, nel 1578, giunse a Napoli, dove conosce i Cappuccini che gli sembrano quei «monaci santi» di cui gli aveva parlato la mamma. Nel mese di maggio di quello stesso anno indossò il saio cappuccino nel convento di Sessa Aurunca (Caserta) con il nome di fra' Geremia da Valacchia. Dal 1579 al 1584 dimorò come fratello laico in diversi conventi, prima di giungere a S. Eframo Vecchio in Napoli. Nel 1585 è a Pozzuoli, dove venne incaricato di assistere gli ammalati nella grande infermeria del convento di S. Eframo Nuovo, detto comunemente della Concezione. Qui resterà per quarant'anni, fino alla morte, sopravvenuta il 5 marzo 1625. Nella Napoli del dominio spagnolo fra' Geremia diventa una specie di patrono dei più derelitti, per i poveri raccoglie cibo e vestiti, si prende cura dei malati, dei paralitici, dei pazzi. Per quattro anni assiste un frate, fra' Martino, che nessuno voleva più avvicinare per il disgusto che provocavano le sue piaghe. Quando fra' Martino muore per molti è un sollievo, Geremia, invece, piange: «Povero fra' Martino, era la ricreazione mia...». Morì, quasi settantenne, il 5 marzo 1625, vittima di carità e di obbedienza, dopo la visita ad un ammalato a Torre del Greco.
b) Subito, il 20 settembre 1625, s'istruì il processo informativo per la sua beatificazione, ma l'umile analfabeta fra' Geremia dovette attendere il 30 ottobre 1983, prima di essere proclamato "Beato" da Giovanni Paolo II. I suoi resti mortali si trovano a Napoli, nella chiesa dell'Immacolata Concezione.

2. La Devozione alla Madonna del Beato Geremia
a) Fra Geremia da Valacchia, era devotissimo della Madonna. Egli esortava tutti quelli che incontrava a porre la propria speranza di salvezza eterna nel sangue di Gesù Cristo, sparso per noi e nella SS Vergine Maria, che è la “Mammarella nostra”. Quando qualcuno gli chiedeva una preghiera per sé o per un proprio caro, rispondeva sempre: “Vi raccomanderò alla Vergine Maria”. Oltre al Padre Nostro, l’Ave Maria era la sua preghiera preferita. Egli la recitava lentamente e con grande devozione, soffermandosi particolarmente sulle parole “Il Signore è con te” e le ripeteva più volte col desiderio di avvertire e gustare la presenza di Gesù in Maria. Sgranando i grani del S. Rosario s’immergeva nella meditazione dei misteri della nostra Santa Fede. La Madonna, con materna bontà, gli faceva intuire verità complesse e difficili da capirsi. Fra Geremia, talvolta, le spiegava agli altri con parole semplici e chiare tanto da lasciare meravigliati e stupiti anche valenti teologi.
b) Fra Geremia diffuse pure, fra i suoi conoscenti una particolare devozione alla madonna, che consisteva nella recita, tre volte al giorno, di tre Salve Regina, per onorare Gesù, Verbo Incarnato, che per nove mesi aveva dimorato nel grembo di Maria. La Salve Regina è, dopo l’Ave Maria, la preghiera mariana più nota e popolare. Il cristiano si rivolge a Maria, invocandola con i titolo sublimi di Regina, Madre, Vergine, Avvocata, perché non allontani da noi i suoi occhi misericordiosi. Le nove “Salve Regina”, secondo Fra Geremia, andavano recitate: tre al mattino per i peccatori, tre a mezzogiorno per gli agonizzanti e tre alla sera per le anime del Purgatorio. Con questa devozione implorava anche alla Madonna l’acquisto dell’umiltà, della purezza, virtù particolarmente care alla SS. Vergine. La suddetta pratica fu propagata, a Napoli, tra il popolo, con grande entusiasmo, anche da due laici cappuccini esemplari, morti in concetto di santità, Fra Pacifico da Salerno e Fra Tommaso da S. Donato, amici del Beato Geremia. Questi affermava che la pia pratica gli era stata richiesta e suggerita dalla stessa Vergine, Madre di Dio.
c) La Madonna volle premiare il suo servo fedele con grazie e carismi straordinari. Nella vigilia dell’Assunta del 1608, mentre Fra Geremia, di notte pregava in chiesa, la SS. Vergine gli apparve vestita di bianco, con un manto trapuntato di stelle, col Bambino Gesù in braccio, ma senza corona sul capo. Fra Geremia, abituato nella iconografia ordinaria a vedere la Madonna col diadema sulla testa, con filiale confidenza, chiese: “Deh, Santissima Madre Maria, Regina e Signora dei cieli e di tutto il creato, dove è la tua corona?". Maria rispose: “Fra Geremia, la mia corona è questo Figlio mio”. Sparsasi la notizia di questa apparizione, la principessa di Bisignano, Donna Isabella della Rovere, fece ritrarre da un valente pittore la Madonna, come l’aveva vista e descritta Fra Geremia. L’artista compose un bel quadro, con la Vergine bianca vestita e senza corona, che fu, poi, riprodotto in numerosissimi esemplari anche con incisioni su legno. Tali immagini furono diffuse tra il popolo nella città e nel Regno di Napoli col nome di “Madonna di Fra Geremia”. Alla fine del Settecento, a Napoli, si poteva ammirare una copia al Convento della Concezione ed un’altra nel monastero delle Trentatre.

Bibliografia
STANZIONE M., Il beato Geremia da Valacchia e la Madonna, Milizia di San Michele Arcangelo 2016; Beato Geremia da Valacchia, Frati Cappuccini di Assisi 2016.






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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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