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«Quante persone ambiscono tracciare un’immagine ideale della Madre del Signore! Il pittore tenta di farlo con la gamma dei suoi colori; lo scultore con lo spessore e la solidità della materia; il musicista con i1 ritmo e con l’armonia dei suoni; il poeta con le vibrazioni emotive della sua sensibilità e del suo genio interiore; al semplice fedele basta l’entusiasmo di un cuore devoto e innamorato. E il teologo? Egli pure dispone di risorse appropriate ed efficaci per questo compito. Con la versatilità e la densità dei suoi pensieri e la profondità delle sue riflessioni, il teologo cerca di elaborare un’immagine di Maria che risponda alle scarne ma illuminanti indicazioni della divina Rivelazione, allo scopo di nutrire il desiderio della fede, la quale aspira alla contemplazione del suo oggetto soprannaturale[…]».    

1. Una donna concreta chiamata da Dio
a)
Il suo nome è in ebraico Mirjam e in greco Mariám. Il Nuovo Testamento non racconta esattamente tutta la sua vita, dato che la centralità di fondo è sempre e solo l'annuncio di Gesù Cristo e, se ne parla, lo fa relazionandola sempre a lui e spiegandone gli eventi in cui è coinvolta, alla luce della sua morte e resurrezione. Questo non vuol dire che Maria è una figura simbolica, perché la sua realtà storica è attestata da diversi elementi. Infatti, pur nella prospettiva storico – salvifica indicata, il Nuovo Testamento, nel suo complesso - Vangeli sinottici, Atti degli apostoli, Paolo, Giovanni -, trasmette dati e fatti che presuppongono la reale esistenza di una donna concreta, descrizione che rifugge da ogni idealizzazione mitica del personaggio, rovinosa non solo per la cultura ma anche e soprattutto per la fede, perché tende a dissociare la religione dalla società, come anche oggi molto di moda. Maria appare come donna ebrea del suo tempo: si fidanza, visita l'anziana parente Elisabetta, partorisce, compie il pellegrinaggio annuale a Gerusalemme, ascolta, medita, parla, gioisce e soffre. Questi e altri dati biografici reali, sono via via trasmessi, non come testimonianze rigorose di una biografia, ma in un contesto di riflessione teologica su eventi reali che approfondisce il significato di Maria nella storia della salvezza. Ed è per questo che nessuno può negare oggi seriamente, la valenza storia dei Vangeli dell’infanzia di Cristo, in cui Maria è direttamente coinvolta e dai quali emerge come la vera madre di Cristo, inscindibilmente legata al mistero del vero Dio che veramente si incarna nella storia degli uomini. Anche San Paolo, nella sua lettera ai Galati, fa riferimento alla nascita reale di Gesù da una “donna” reale, per attestare la concretezza del suo inserirsi nel tempo, con le stesse modalità di ogni altro essere umano, nascendo, cioè, veramente da una madre. Giovanni, pur elevando la persona di Maria a significati altamente teologici, presenta il suo ruolo di vera madre che intercede ed accoglie - all'inizio e al termine della vita pubblica -, in due contesti concreti e drammatici di nozze in difficoltà e di morte, contesti di cruda e nuda realtà, a cui Dio ha voluto dare un profondo significato teologico, salvifico, teologale ed ecclesiale. E quale immagine più reale della Madre di Gesù che prega nel Cenacolo insieme ai discepoli del Signore in attesa del dono dello Spirito? Così la Scrittura che, parlando di Maria, inizia con l’invio dell’angelo alla fanciulla ebrea, già fidanzata e in attesa delle sue nozze, termina con la stessa immagine concreta della stessa fanciulla la quale, divenuta allora madre del Signore e nuova Figlia di Sion, è rivestita adesso di ruoli materni anche nei confronti di coloro a cui è affidato il compito di evangelizzare la terra. Non ha senso, quindi, affermare che la Sacra Scrittura parla poco di Maria, perché, pur nella brevità dei testi che la riguardano, dopo l'Apostolo Pietro e dopo il Precursore Giovanni, Ella è il personaggio reale, vivo e concreto più citato nei Vangeli canonici e i racconti che la riguardano come l'Annunciazione (Lc 1,26-38), la Visitazione (Lc 1,39-56), le nozze di Cana (Gv 2,1-12), l'affidamento reciproco del Discepolo alla Madre e della Madre al Discepolo (Gv 19,25-27) sono tra le pagine più alte e dense del Nuovo Testamento. Anche, quindi, se non è possibile ricavare dal Testo Sacro una biografia di Maria in senso moderno, la molteplice attestazione delle fonti, l'irriducibilità di alcuni dati fondamentali al mondo in cui furono espressi - primo fra questi l'idea della concezione verginale - ed il criterio della continuità ed omogeneità del messaggio evangelico nel suo insieme, consentono di non avere dubbio alcuno sulla sua figura storica. Perciò, Maria, donna concreta e reale, ma indissolubilmente legata mistericamente a Cristo e per questo stesso motivo alla Chiesa credente, è e rimane «la creatura nella quale Dio ha realizzato la forma più alta della Chiesa quale caparra del Regno; è la figlia per eccellenza nel Figlio incarnato. Tutte le sue qualità si rapportano a questo nucleo e su di esso si chiariscono».  
b) È, perciò, su questa Donna reale e concreta, partecipe nella sua vera identità di madre e collaboratrice del divino Salvatore fattosi veramente nostro fratello, che la Chiesa e la teologia, fin dalle origini, hanno rivolto e continuano costantemente a rivolgere lo sguardo, per afferrarne le valenze e scoprirne sempre più e sempre meglio i reconditi significati che l’immutabile rivelazione di Dio codificata dalla S. Scrittura ci ha lasciato. La Chiesa e la teologia, infatti, cogliendo la convergenza dei mille raggi della verità contenuti nella Rivelazione primitiva, percepiscono sempre più chiaramente il mistero della Vergine Madre, non in novità di messaggio, ma in novità di comprensione del messaggio divino, ultimo e immutabile. Maria è, infatti, quel tesoro nascosto, familiare, materno ed esemplare che arricchisce la Chiesa, chiamata da Gesù ad accoglierlo, custodirlo, comprenderlo, difenderlo, come un suo patrimonio prezioso e irrinunciabile, che ne qualifica la stessa identità. Come giustamente precisa Laurentin:   «La Rivelazione è un tesoro nascosto dal quale il teologo edotto sul mistero del Regno estrae incessantemente “delle cose nuove e delle cose vecchie” (Mt 13,52); […] queste cose nuove sono l’eterna e radiosa giovinezza della Parola di Dio». Per questo, assistiamo lungo i due millenni di Cristianesimo ad un sempre più incisivo sviluppo della conoscenza di Maria sul piano teologico ed ecclesiale e, di conseguenza, ad un suo sempre più significativo integrarsi nella culture religiose dei popoli, per molti dei quali, diventa anche un fattore significativo di liberazione e di identificazione.  

2. I primi secoli
Così nei primi secoli della Chiesa, i Padri e i Primi Concili, scoprono Maria come Nuova Eva, la riconoscono come vera Madre di Dio Theotokos, stabiliscono le modalità del culto delle sue immagini e la proclamano Semprevergine. La pietà popolare costruisce cicli di racconti sul mistero della sua nascita e soprattutto della sua Dormizione e Assunzione, mistero che suscita sempre più attento interesse nella viva Tradizione ed a cui i Padri, soprattutto orientali, dedicano molte significative e importanti omelie, legando l’evento alla sua mediazione celeste. Si comincia ad invocarla comunitariamente, come attesta l’antica preghiera del III secolo, il Sub tuum presidium. Questo primo contesto post - biblico si contraddistingue per tre fondamentali preoccupazioni: Riflettere sui misteri rivelati nella Bibbia e trasferirli nella cultura ellenistica; Difendere la fede dalle deviazioni o eresie, puntualizzando dogmaticamente i dati di fede; Vivere la vita cristiana in prospettiva gnostico - sapienziale, organizzare il culto liturgico e l'evangelizzazione in rapporto al mondo romano. In questa triplice dimensione si inserisce anche il discorso su Maria e il suo culto popolare e liturgico e, nel descrivere il suo mistero, si ricorre a due modelli: il modello narrativo apocrifo, in cui Maria appare Santa, Vergine, Protagonista di salvezza e Benedetta per sempre; il modello gnostico – sapienziale che guarda a Maria come Nuova Eva e Santa Theotokos.

3. Dall’VIII al XV secolo
Tutto il Medioevo, dall’VIII al XV secolo, vede in lei la regina gloriosa e la madre di misericordia, di cui esalta la funzione mediatrice. Soprattutto nel XII secolo, definito un “secolo mariano”, Maria è al centro della ricerca dottrinale ed esegetica, della Liturgia e della devozione popolare. Si cerca di recuperare la tradizione dei Padri, per approfondire la conoscenza del passato e stimolare la scoperta di novità valide e originali; viene chiarita la dottrina riguardante la maternità divina e meglio approfondita quella dell’assunzione di Maria al cielo, anche se molti autori sono guardinghi nel parlare sul destino del suo  corpo. Stenta ancora ad entrare nella convinzione dei teologi la preservazione di Maria dal peccato originale, per l’impossibilità di collegare questo con la redenzione universale operata da Cristo. Vengono innalzate cattedrali a lei dedicate, si frequentano in massa i santuari mariani, si fondano confraternite e  si diffondono nuove  forme di preghiera mariana.[29]  Anche nei secoli XIII, XIV e XV, prospera l’interesse per la dottrina e la devozione mariana, con una più marcata sollecitudine per il ritorno alle fonti bibliche e patristiche e alle tradizioni monastiche più genuine, mentre artisti, scultori e architetti, creano capolavori d’arte con cui vengono arricchite le cattedrali romaniche e gotiche del tempo, il tutto con l’obiettivo di evidenziare il disegno sapiente di Dio Salvatore, disceso sulla terra nel grembo di Maria e di esaltare la Donna per eccellenza che, accanto al Figlio, risplende con tutta la sua grandezza di Theotokos e di umile ma potente interceditrice degli uomini. A questo, danno un determinante impulso teologi di grande prestigio culturale appartenenti ai vari ordini mendicanti come francescani, domenicani, servi di Maria, carmelitani, ecc., con opere di grande significato spirituale e storico – teologico. La dottrina mariana, staccata dal genere omiletico del passato, venne adesso inquadrata nella strutturazione e divisione delle discipline teologiche ideate dal nuovo metodo scientifico della Scolastica, cosa che permette di agganciarla meglio all’ambito ben preciso della trattazione sul Verbo Incarnato. Per sintetizzare diciamo che in questo lungo periodo storico - culturale che segue l'epoca romana e precede il Rinascimento, le parole chiavi della cultura medievale sono: verticalità: pur nella consapevolezza del cosmo, guarda in alto e appropriarsi del mistero; gerarchizzazione: riconoscimento di una scala di dipendenza che va dal signore locale, al vassallo, al re, all'imperatore; unità: profonda tra fede e scienza mediante l'accettazione della filosofia di Aristotele riguardante la totalità dell'essere e la sua composizione con la rivelazione cristiana. Il rapporto con Maria si profila sotto il segno della continuità nella novità. Esso coglie la figura di Maria Theotokos e Semprevergine dogmaticamente definita dai Concili ecumenici, ma ne ripensa i lineamenti incarnandoli nella propria cultura. I stereotipi fondamentali della Mariologia di questo periodo storico sono: il modello monastico, che vede Maria gloriosa regina, madre misericordiosa dei credenti, mediatrice fra Cristo e la Chiesa; il modello scolastico – relazionale che guarda a Maria Semprevergine, Madre di Dio, Piena di grazia, vicinissima a Cristo secondo l'umanità; il modello tardo – medievale che considera Maria oggetto di preghiera, più che di imitazione.

4. Dal XVI al XVIII secolo
I secoli XVI – XVIII  sono segnati, rispetto all’età patristica e al medioevo, dalla composizione del Trattato di Mariologia, come discorso distinto e organico su Maria e, parallelamente del trattato sul culto e la devozione verso di Lei. L’epoca è caratterizzata dalla contrapposizione tra la Riforma e la Chiesa Cattolica che vede da un lato Lutero - che pur amava delineare la Vergine quale modello del vero credente - combattere le esagerazioni del culto mariano, sottolineando l’unicità di Cristo come nostro mediatore e dall’altro, la Chiesa del periodo tridentino e postridentino, bilanciare il minimalismo riformatore, ampliando gli attributi e i titoli riferiti a Maria, che appare ora sempre più distante dall’umanità a cui appartiene, tanto che si stenta a chiamarla “sorella” e “serva” del Signore e la si avvicina addirittura all’ordine ipostatico della SS. Trinità, mentre prende quota anche l’approfondimento della cooperazione di Maria alla Salvezza, si conia il termine specifico a tale funzione di “Corredentrice” e si incrementa il movimento immacolatista. Mentre, poi, anche l’Illuminismo cerca di minimizzare con la ragione moderatrice il culto mariano, si diffondono due libri dal carattere cultico – devozionale, ma anche di grande significato teologico – dottrinale, che avranno un successo enorme e formeranno milioni di fedeli: il Trattato della vera devozione di San Luigi Maria Grignon da Montfort e Le glorie di Maria di Sant’Alfonso Maria de' Liguori, opere che, oltre a proporre una devozione affettuosa e sentita verso Maria, insistono nell’orientarla verso Cristo e verso una seria vita cristiana. Sintetizzando questo periodo storico, diciamo che l’immagine della Vergine, staccata dal cielo lontano delle absidi bizantine, si umanizza secondo i canoni della bellezza classica, divenendo in Leonardo e Raffaello un'elegante signora vestita alla foggia rinascimentale, umanizzazione che Lutero respinge perché non legata alla retta interpretazione della Bibbia. I modelli interpretativi di Maria sono, dunque,: il modello luterano - protestante, che vede in Maria la serva del Signore, la Santa Madre di Dio, partecipe della kenosi a cui può essere attribuito qualche onore ma evitando i pericoli dell'accostamento a Cristo unico Redentore e unico Mediatore e, quindi,  non partecipe attiva all'opera della salvezza, non corredentrice, né mediatrice; il modello barocco che guarda a Maria nella sua dignità e nei suoi privilegi scientificamente organizzati, non  solo sotto l’aspetto teologico nei nuovi Trattati, ma anche artistico e spirituale e la si considera come Colei che detiene tutte le perfezioni ed è la più sublime di tutte le creature sublimi; il modello critico – illuministico ch sostiene un culto ragionevole verso la Madre di Dio e non fondato sull'esagerazione di formule e comportamenti astrusi.

5. I secoli XIX e XX e gli inizi del XXI
a)
I secoli XIX e XX e gli inizi del XXI, sono segnati da diversi momenti significativi:
        - Due definizioni dogmatiche mariane accompagnate da un rigoglio inimmaginabile di devozione e culto mariano
Le due definizioni dogmatiche mariane sono: il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, definito da Pio IX l’8 dicembre del 1854 e quello dell’Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo, definito da Pio XII il 1° novembre del 1950. Questo periodo è segnato da una massiccia accentuazione del fervore mariano sia sul piano dottrinale che su quello cultuale e devozionale che genera un numero cospicuo di manifestazioni, tanto che Pio XII parla espressamente di “tempo e epoca della Vergine” e di “Era della Vergine Maria”. Questo fervore è alimentato oltre che dal Magistero pontificio e dalla riflessione teologica, anche dal moltiplicarsi di apparizioni mariane, quali quelle della Medaglia Miracolosa del 1830 a Parigi, di Lourdes nel 1858, di Fatima nel 1917, di Beauraing (1932-1933) e Banneux (1933) in Belgio, che hanno avuto una forte incidenza nella devozione popolare e nel moltiplicarsi ed incrementarsi del pellegrinaggio ai santuari mariani.  
       - Il Concilio Vaticano II con le sue precisazioni sulla figura, la missione e la venerazione di Maria
La controversia che da tempo animava la Chiesa anche con forti contrapposizioni, tra una mariologia dei privilegi, manualistica, autonoma e unidirezionale, tipica del periodo appena descritto e le correnti innovatrici che la vedevano invece fondata sulla solida base della Sacra Scrittura, dei Padri, della Santa Liturgia, legata strutturalmente a tutta la teologia e attenta alle problematiche ecumeniche, trova la sua equilibrata soluzione nel Concilio Vaticano II, che, nel Capitolo VIII della Lumen Gentium del 1964, inserisce la figura e la funzione di Maria, madre del Salvatore, nel mistero di Cristo e della Chiesa e nella storia della salvezza, divenendo in certo senso, la Magna Charta della mariologia della nostra epoca.  
        -
Il postconcilio con la crisi mariologico – mariana
Proprio negli anni successivi al Concilio Vaticano II, però, si registra una vera crisi mariana, con il rifiuto delle tradizionali forme di devozione e della non più attuale struttura classica e autonoma del trattato di Mariologia. Sarà papa Paolo VI, con la sua esortazione apostolica Marialis cultus del 1974, a indicare come cause di questa crisi il cambiamento culturale, le mutate concezioni antropologiche in cui le donne e gli uomini del nostro tempo vivono e operano ed a proporre, quindi, una nuova lettura della figura di Maria, staccata dei mutevoli contesti culturali delle varie epoche, ma solidamente legata a Cristo e alla Chiesa, della quale, proprio lo stesso pontefice la proclama significativamente “madre”, alla fine della Terza sessione conciliare. In questa luce e magistralmente nello stesso documento, dopo aver riqualificato la presenza di Maria nella Liturgia della Chiesa, Papa Montini indica il Rosario mariano, non più come la devota espressione di una obsoleta pietà popolare da dimenticare, ma come una grande preghiera evangelica e cristologica, preparatoria e vicina alla Liturgia, con la quale, pur nella differenza sostanziale, ha molte affinità.
        - Il consolidarsi di un nuovo modo di onorare e comprendere Maria  
La Mariologia si riequilibra con fatica ma decisamente, sui nuovi binari conciliari e magisteriali postconcilari, con il contributo dei Congressi Mariologico - mariani, l’istituzione o la riorganizzazione di Accademie e Società mariologiche, gli studi di insigni mariologi, che presentano Maria come sintesi e compendio dei massimi dati della fede, donna icona del mistero, microstoria della salvezza e chiave del mistero cristiano. I Vescovi di Roma, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, dal canto loro,  convinti dell'efficacia salvifica e pastorale della presenza di Maria nella Chiesa e nella spiritualità cristiana, continuano nel rinnovamento del culto mariano che deve trasformarsi in un culto della vita veramente vissuta con Cristo insieme a Maria; dedicano alla Vergine importanti documenti specifici come la Redemptoris Mater e la Rosarium Virginis Mariae, o interventi di vario genere teologico – pastorale e spazi significativi nei loro documenti magisteriali, che continuano a sottolineare il legame ancora più intimo e stretto di Maria con la Parola di Dio, la Chiesa, la vita credente.  

b) Sintetizzando tutto questo complesso periodo storico, si riscontrano in Mariologia tre modelli fondamentali:
        - il modello restauratore dell’Ottocento che guarda all’Immacolata come a una Donna protagonista e singolare che legge Maria in chiave di privilegio, con la diffusione di una devozione molto sentimentale che bada più ai toni di affettività che alla sostanza spirituale;
        - il modello antropologico e storico – salvifico del Novecento che vede in Maria il prototipo della Chiesa e dell'uomo, secondo il disegno salvifico di Dio e la studia attraverso la Mariologia manualistica che riconosce come primo principio la Maternità divina, il parallelismo Eva - Maria, l'associazione della Madre all'opera del Figlio che la fa diventare anche la Madre spirituale degli uomini; la Mariologia rinnovata che, criticando la mariologia manualistica, sollecita una lettura biblica e patristica di Maria, riavvicinata al credente e quindi vista in chiave antropologica ed ecumenica;
        - la Mariologia del Concilio Vaticano II, che presenta Maria inserita pienamente nel mistero storico - salvifico e proiettata verso la Chiesa di cui è tipo e modello;
        - la Mariologia del post – Concilio che registra un grande disagio fino al 1974 e che, lentamente, dietro impulso di Paolo VI, presenta Maria in una nuova prospettiva antropologica, biblica, ecclesiologica, dove anche l'aspetto della sua femminilità è letto come una categoria fondamentale di lettura del suo mistero.  

Conclusione
Possiamo concludere questo breve excursus, con le parole di Luigi Gambero, affermando e sottolineando che, anche se non sempre con palese evidenza e con i limiti tipici del tempo in cui sono vissuti, i teologi «attraverso la meditazione sui dati della fede quali emergono dalla parola di Dio, ci hanno trasmesso un’immagine della Vergine Madre che corrisponde alle indicazioni della Rivelazione; e lo hanno fatto fin dai primordi della storia del cristianesimo. Però non possiamo parlare di molte immagini di Maria, ognuna conforme ai gusti e ai desideri dei vari Padri della Chiesa o di altri autori cristiani. Si tratta piuttosto di un’unica immagine che emerge con crescente chiarezza dalla loro ricerca e dalla loro meditazione e che esprime aspetti nascosti di un unico mistero nel quale è riflessa, come in uno specchio limpidissimo, la luce stessa della divinità. Certo ogni essere umano è portato a prediligere aspetti e sfumature particolari della ricca e complessa personalità della Madre del Signore; ma in realtà la sua immagine è unica, dipinta in modo mirabile dall’Artista divino, che ha effuso su di lei doni straordinari e meravigliosi, capaci di fare di lei la donna e la madre più perfetta, la credente e la serva per eccellenza del Signore. Così la teologia, studiandola e contemplandola alla luce della fede, è passata di scoperta in scoperta, di stupore in stupore, di ammirazione in ammirazione. Questa immagine della Madre di Dio, quale era scaturita dalle Sacre Scritture e che i Padri e gli autori cristiani dei primi cinque secoli avevano ammirato nei suoi lineamenti essenziali, nei secoli successivi andò assumendo contorni nuovi e sfumature sorprendenti, che fecero apparire la sua persona sempre più affascinante e più vicina al popolo di Dio».  Per questi motivi, a partire dalla Sacra Scrittura e sostenuto dalla ricchezza dottrinale dei Padri della Chiesa, dalle loro riflessioni e dal loro amore per Maria, il progresso del magistero e della teologia lungo il corso dei secoli, ha rafforzato le radici di quella viva tradizione ecclesiale mariana che costituisce il nutrimento della fede e della vita cristiana dei credenti di tutti i tempi e perciò anche di quelli di oggi. Rimane sempre vera l’affermazione di Giulia Paola di Nicola: «Molte cose restano ancora da scoprire su Maria, che in un certo senso è la sempre piena di sorprese, che si vanno rivelando lentamente nel corso della storia».  

Bibliografia
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IDEATO E REALIZZATO DA ANTONINO GRASSO
DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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