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PRAECLARA CUSTOS VIRGINUM


Composizione di autore ignoto risalente al secolo XVII, che si recita il 7 dicembre ai Primi Vespri della solennità dell'Immacolata Concezione di Maria.


1. L'inno
 
Praeclara custos virginum
Deique mater innuba,
caelestis aulae ianua
spes nostra, caeli gaudium;
 
 Inclita custode delle vergini,
e madre intatta,
porta del palazzo celeste
speranza nostra, gioia del cielo;
Inter rubeta lilium,
columba formosissima,
e stirpe virga germinans
nostro medelam vulneri;
 
 Giglio tra le spine,
colomba di belle forme,
virgulto che esce dal ceppo
come farmaco alla nostra ferita;
Turris draconi impervia,
amica stella naufragis,
defende nos a fraudibus
tuaque luce dirige.
 
 Torre inaccessibile al serpente,
stella benevola verso i nàufragi,
difendici dagli inganni
e orientaci con la tua luce.
Erroris umbras discute,
syrtes dolosas amove,
fluctus tot inter, deviis
tutam reclude semitam.
 
 Dissipa le ombre dell’errore,
rimuovi le infide sabbie mobili,
tra tanti flutti, rivela un sentiero
sicuro a chi è fuori strada.
Quae labe nostrae originis
intacta splendes unica,
serpentis artes aemuli
elude vindex inclita.
 
 Tu che risplendi unica del nostro genere
non toccata dal peccato,
quale insigne vendicatrice,
eludi le arti del serpente ingannatore.
Patri sit et Paraclito
tuoque Nato gloria,
qui sanctitatis unicae
te munerarunt gratia.
 
 Gloria al Padre e al Paraclito
e al tuo Figlio,
che ti hanno donato
la grazia di una santità unica.
Sembra che l’inno sia stato composto per la festa della Purità di Maria, celebrata in alcune diocesi e famiglie religiose il 16 ottobre; ma appunto per la sua intrinseca bellezza esso è entrato a far parte dell’ufficiatura dell’8 dicembre, che celebra nella sua stessa radice la purezza della Madre del Signore.

2. Significati dell'Inno
a)
a)La Concezione senza macchia di Maria è vista dalla tradizione ecclesiale come la prima espressione di libertà dalle catene del peccato, di vittoria su satana, l’oppressore del genere umano, motivo quindi di speranza per una umanità che, secondo una metafora corrente, era immersa nel fango del peccato. Pio X sintetizza bene l’esperienza della Chiesa quando, in un interessante testo dell’enciclica Ad diem illum (11 febbraio 1904), afferma che la contemplazione della Concezione immacolata della Vergine rafforza la fede e rianima la speranza: Che se la fede, al dire dell’Apostolo, è «realtà di cose sperate » (Eb 11,1), facilmente si concederà che la Immacolata Concezione della Vergine nello stesso tempo rafforza la fede e anima la speranza. E ciò tanto più perché la Vergine fu esente dalla colpa originale, in quanto doveva diventare Madre di Cristo: e fu Madre di Cristo, affinché ci fosse restituita la speranza dei beni eterni. La contemplazione dell’Immacolata, creatura privilegiata ma sorella nostra, totalmente esente dalla macchia originale, accende la speranza del popolo di Dio in cammino verso una condizione in cui sarà, tutto, «senza macchia né ruga o alcunché di simile» (Ef 5,27). Degna di attenzione è la connessione che Pio X stabilisce tra la Concezione immacolata, la maternità divina e la nostra speranza: la Vergine fu immacolata perché doveva essere Madre di Cristo; fu Madre di Cristo perché rivivesse in noi la speranza dei beni eterni.
b) L’8 dicembre, per l’evento di grazia del concepimento immacolato, la liturgia contempla la Vergine, quale giglio tra le spine (v. 5: «inter rubeta lilium»), fortezza inespugnabile agli assalti del drago infernale (v. 9: «Turris draconi impervia »), stella amica ai naviganti che hanno fatto naufragio nel pelago del peccato originale (v. 10: «amica stella naufragis»). La luce dell’Immacolata, splendendo in mezzo alle tenebre del peccato (v. 18: «intacta splendes unica»), desta la speranza nel cuore dell’uomo. Egli infatti avverte che nel concepimento immacolato di Maria si è arrestato il fiume inquinante del peccato; che è giunto il momento in cui si compie il vaticinio della vittoria della Donna sul serpente antico (cf. Gn 3,15); che presto scoccherà l’ora della redenzione, perché da lei sta per germogliare il Salvatore, portatore della medicina sicura per guarire la ferita del peccato originale (vv. 7-8: «e stirpe virga germinans / nostro medelam vulneri»). L’ignoto autore dell’inno, quando saluta la Vergine quale «nostra speranza» (v. 4: spes nostra), non fa altro che testimoniare un’antica esperienza ecclesiale, molto diffusa in Occidente a causa della popolarità dell’antifona ‘maggiore’ Salve, Regina, mater misericordiae, in cui figura, densa e apportatrice di sollievo, l’espressione «vita, dulcedo et spes nostra».
c) Guardando l’Immacolata, la teologia contemporanea sottolinea volentieri che ella compie in sé l’essenza della condizione umana quale Dio l’ha voluta: ella è donna orientata verso l’alto, non curva sotto il peso del peccato; non è ripiegata su se stessa, ma aperta all’amore di Dio, degli uomini, della creazione; non è una schiava segnata dal marchio del Nemico del genere umano, ma è la figlia prediletta del Padre, che reca fin dal principio della sua esistenza, «il sigillo di Dio sulla fronte» (Ap 9,4; cf.7,3). E osserva che in Maria risplende la forma vera e pura della bellezza, senza menzogna, quindi, né turbamento; bellezza come splendore della verità e riverbero della bontà; bellezza quale perfezione e armonia, semplicità e trasparenza. 

Bibliografia
CALABUIG I. M., Maria "Nostra Speranza" nell'attuale innografia della Liturgia Romana, in AA. VV., Maria segno di speranza per il terzo millennio, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2001, pp. 241-243.






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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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