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PASTORALE


Per comprendere bene le prerogative della spiritualità pastorale di Maria di Nazaret e opportuno fare luce anzitutto sulla identità della pastorale tout court, vissuta personalmente dal Signore Gesù. Occorre cioè chiarire prima il concetto di pastorale in quanto tale, così come elaborato da Gesù nell'autocomprendersi e nell'autodefinirsi buon pastore. Soltanto dopo - come di conseguenza - si può riuscire a comprendere la tipologia della spiritualità pastorale vissuta dalla Vergine santa. La pastorale, infatti, da Gesù è intesa come causa, anzi addirittura come sorgente e itinerario di autentica spiritualità cristiana, in quanto concreta realizzazione della caritas pastoralis di cui lui, come Messia e Salvatore, è espressione e modello vivente. Ci accorgeremo, in tal modo, che non è tanto la pastorale che deve attingere dalla spiritualità, quanto piuttosto la spiritualità che deve attingere a piene mani dalla pastorale intesa come esercizio d'amore (caritas) svolto a tempo pieno per la salvezza del genere umano (pastoralis).

1. Vecchio e nuovo concetto di pastorale
a) Siamo adusati, da secoli, a concepire la pastorale come un complesso di attività svolte o da svolgere nell'ambito di una comunità ecclesiale: quasi una rete organizzativa di stampo religioso o para-reigioso, diretta a promuovere varie iniziative di apostolato dentro e attraverso la Chiesa. La pastorale, cioè, in passato è stata intesa per lo più come un abile manager, come una sorta di factotum messo a disposizione dei vari impegni religiosi del popolo di Dio. Tale concezione - in auge ancora in non poche fasce delle basi popolari cristiane, e non solo - descrive in verità le varie concrete manifestazioni della prassi ecclesiale, ma non ne coglie la vera consistenza e, di conseguenza, non ne definisce ne la natura né le finalità tipicamente proprie. Urge pertanto rinnovare e ripresentare la vera carta di identità della pastorale: rivisitarla e ricomporla alla luce di quanto Gesù stesso compie e afferma nel vangelo, e di quanto le prime comunità cristiane testimoniano negli Atti degil Apostoli e nelle Lettere.
b) Per comprendere bene il significato della spiritualità pastorale della Vergine Maria, occorre anzitutto avere chiaro il concetto di pastorale in quanto tale, formulato ed espresso personalmente da Gesù e trascritto fedelmente da Giovanni nel decimo capitolo del suo Vangelo. Nell'autodefinirsi buon pastore, Gesù infatti non fa altro che elencare i connotati della sua personale identità di Messia e Redentore; e, di conseguenza, le prerogative del nuovo popolo messianico col quale egli stesso si identifica. La pastorale della Chiesa, e quindi dei discepoli del Signore Gesù, non può prescindere da questo preciso modo di intendere e di vivere la pastorale del loro Maestro. Sono molti gli aspetti della pastorale di cui Gesù di Nazaret si invaghisce e per cui si propone di darci esplicita testimonianza di vita:
- l'essere pastore, signore e custode dell'ovile e non mercenario a cui le pecore non appartengono (cfr. Gv 10,12);
- il conoscere le pecorelle e il farsi conoscere da esse (cfr. Gv 10,14);
- l'ascoltare le sue pecorelle e il farsi ascoltare da loro (cfr. Gv 10,16);
- il precedere il gregge lungo il cammino (cfr. Gv 10,4);
- l'essere come «porta» che si chiude (nella meditazione e nella preghiera) e che si apre (alla missione) (cfr. Gy 10,9);
- il portare le pecore al pascolo (cfr. Gv 10,9) ossia alla mensa della Parola e alla mensa eucaristica, ai sacramenti, all'itinerario ascetico, alla santità...;
- il darsi in servizio del gregge senza riserve (cfr. Gv 10,11);
- il dare la vita per il suo gregge (cfr. Gv 10,11);
- l'attenzione per le pecorelle smarrite o che ancora non fanno parte del medesimo ovile (cfr. Gv 10,16);
- il tendere alla comunione dell'unico gregge sotto la guida dello stesso pastore (cfr. Gv 10,16).
Queste alcune delle note che rivelano l'impegni, la passione con cui Gesù vive la sua azione salvifica tra gli uomini. Queste le dimensioni che qualificano ed esprimono concretamente quella realtà che è la caritas pastoralis del Messia di Nazaret, anzi la caritas pastoralis che è il Messia di Nazaret. Lui infatti è l'amore fatto pastore, totalmente dedito alla salvezza integrale dell'umanità. Se vogliamo capire in cosa consiste la vera natura della pastorale ecclesiale, occorre pertanto modellarsi sulle stesse prerogative del modus vivendi di Colui che si è compiaciuto di autodefinirsi buon pastore. Se poi vogliamo svolgere vera azione pastorale, non ci resta che dare volto concreto a ciò che Egli personalmente intende realizzare e vivere in noi cristiani e, attraverso di noi, nella storia degli uomini. E lui, infatti, che vuole vivere il suo essere amore fatto carne nel mondo attraverso la Chiesa: corpo di Cristo, Cristo stesso comunicato e diffuso, prolungamento della incarnazione, carne di Dio nel mondo... Chiesa chiamata a realizzare la stessa azione del Messia nel tempo e nello spazio. Se dunque i cristiani vogliono essere veri discepoli, sono chiamati a realizzare la loro missione personale e comunitaria attraverso l'essere segno e strumento della stessa azione salvifica a loro da Cristo personalmente consegnata attraverso il battesimo e confermata attraverso la cresima. Sicché si è veri operatori pastorali nella misura in cui si dà a lui la possibilità di agire in quanto Pastore divino nell'oggi e nel qui della storia umana. In altre parole: è Gesù che vuole continuare la sua pastorale lungo il cammino della convivenza umana di tutti i tempi e di tutti i luoghi, appunto perché è lui la caritas pastoralis. É lui che a ogni discepolo - ora a chi è chiamato al sacerdozio, ora a chi e chiamato alla consacrazione totale di sé a Dio, ora a chi è chiamato a essere laico impegnato in campo sociale, educativo o culturale - in modi diversi chiede: me lo dai il tuo tempo, il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore... perché io possa continuare a esercitare attraverso di te, là dove ti troverai a vivere, il mio essere Redentore e Salvatore, il mio servizio redentivo nei confronti dell'umanità, il mio essere consacrato del Padre, sempre, Ovunque, totalmente?
c) É in questo quadro che si colloca il servizio della Chiesa e quindi di noi cristiani, e cioè l'esercizio pastorale stesso del Signore Gesù in noi e attraverso di noi nel mondo. Sicché, da cristiano, debbo talmente compenetrarmi di tale altissima missione a me affidata da non essere più io a pensare, ad amare, ad agire con le mie povere forze umane, ma a lasciare che sia lui, Gesù di Nazaret, a vivere e operare in me, e io un semplice strumento in mano a Lui: fino a cedergli in toto la mia esistenza perché egli possa compiere personalmente attraverso di me gli stessi gesti salvifici compiuti da lui venti secoli fa in terra di Palestina. Ciò comporta l'impegno di pormi concretamente nella situazione costante e progressiva della imitazione di Cristo.

2. Che cos'è in sé la pastorale?
a) La pastorale non consiste nel compiere una serie di attività più o meno organizzate in campo catechistico, religioso, sacramentale, etico, o culturale... anche se dentro e attraverso la comunità ecclesiale; la pastorale non è da considerare come una sorta di dama di compagnia o colf religiosa o, peggio, come una sorta di sbriga-faccende delle incombenze sacre, tipiche di ambienti religiosi quali parrocchie, aggregazioni laicali, gruppi ecclesiali: oratori, scuole cattoliche, scuole di teologia, corsi di aggiornamento teologico, volontariato cristiano... Certo queste manifestazioni fanno pane dell'agire pastorale dei cristiani e delle comunità cristiane. Ma la pastorale nella sua vera essenza non coincide con tale agire. Tale agire, semmai, e solo una conseguenza, una espressione, un itinerario di pastorale ma non è la pastorale nella sua natura teologica.
b) Cos'è allora, veramente, la pastorale? La pastorale è la vocazione vera del Signore Gesù ossia la sua piena missione di inviato dal Padre, il suo tipico modus vivendi, la sua specifica identità di Messia e Salvatore del mondo. Sta qui tutta la forza emblematica della definizione che egli stesso dà di sé in quanto Verbo fatto uomo: «sono il buon pastore» (Gv 10,11). In verità sarebbe meglio formulare la domanda in altro modo e chiedersi tout court: Chi è la pastorale? La risposta infatti non può non essere che una: la pastorale coincide si con l'agire, ma innanzi tutto e soprattutto con l'essere stesso del Signore Gesù. É lui infatti l'amore fatto pastore, lui pertanto la caritas (amore) pastoralis (che vive da pastore). Ecco perché la pastorale non esprime solo l'operare ma esprime anche l'essere del Messia di Nazaret. Sappiamo poi che Gesù si immedesima con i suoi discepoli fino ad identificarsi con essi e quindi con la Chiesa, suo corpo vivente nella storia: «Chi accoglie voi, accoglie me e chi disprezza voi disprezza me» (Lc 10,16). L' essere e l'agire di Cristo pertanto si prolungano e si realizzano attraverso l'essere e l'agire della Chiesa. In altre parole: la pastorale che i discepoli sono chiamati a vivere consiste in questo proseguire e concretizzare nel tempo e nello spazio il messaggio e l'opera di Cristo, tramite la disponibilità della mente, della volontà, del cuore, del corpo, dell'azione, della loro vita cosciente e libera. Gesù, in tal modo, continua a svolgere la sua missione di pastore tramite i suoi discepoli e attraverso la comunità ecclesiale.
c) La pastorale, dunque, è la vita della Chiesa intesa in quanto presenza e prolungamento della stessa missione del Messia di Nazaret. É la vita della Chiesa perché è la vita di Cristo Gesù che prosegue nel corpo stesso della comunità cristiana. Sicché: senza pastorale non c'è comunità cristiana, perché senza pastorale non c'è evangelizzazione, non c'è catechesi, non c'è celebrazione dei sacramenti, non c'è vera formazione cristiana..., non c'è autentica vita cristiana. Senza pastorale non c'è Pastore; senza pastorale non c'è Cristo; senza pastorale non c'è Chiesa. Nella Chiesa, ossia nei cristiani e attraverso i cristiani, Cristo continua a svolgere la sua missione di pastore. Ovviamente in gradi e modi diversi. Senza pastorale, e cioè senza esercizio di caritas pastoralis, non essendoci Cristo buon pastore, non c'è vera vita di Chiesa. Di conseguenza i termini pastorale ed ecclesiale coincidono: sono sinonimi. Pertanto: il cristiano che vuole veramente amare Cristo, non può non amare la Chiesa, non può non dare a Cristo la possibilità di continuare, attraverso di sé e della comunità di cui fa parte, la stessa missione pastorale per cui «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Questo e il compito stupendo a cui il Signore Gesù chiama ogni suo discepolo: a vivere nel mondo per dare a lui la possibilità di continuare a essere Salvatore e Signore, Maestro e Guida, Redentore e Servitore dell'umanità di sempre. Questa la grande dignità e la grande missione di ogni credente in Cristo.

3. L'azione pastorale di Maria
a) É da situare sullo stesso versante sopra descritto l'azione svolta da Maria nella storia della salvezza - accanto, cioè, alla stessa missione operata dal suo figlio Gesù, il buon pastore di Nazaret - se vogliamo comprendere bene la sua grande missione di madre e collaboratrice del Messia nell'opera della salvezza del mondo. Il Concilio Vaticano II coglie, in tutta la sua portata, questo compito squisitamente pastorale di Maria, nell'ottavo capitolo della Costituzione dogmatica Lumen gentium, quando afferma: «Nella vita pubblica la madre di Gesù appare distintamente già fin dall'inizio, quando alle nozze in Cana di Galilea, mossa a compassione, ottenne con la sua intercessione che il Messia Gesù desse inizio ai suoi segni (cfr. Gv 2,1-11). Durante il corso della predicazione del Figlio accolse le parole, con cui egli esaltava il Regno al di sopra delle ragioni e dei vincoli della carne e del sangue, e proclamava beati coloro che ascoltano e custodiscono la parola di Dio (cfr. Mc 3,35; Lc 11,27-28), come lei stessa già faceva fedelmente (cfr. Lc 2,19.51). Anche la Beata Vergine ha così percorso il suo pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce, dove, non senza un disegno divino, fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio, associandosi con animo materno al suo sacrificio e unendo il suo amorevole consenso all'immolazione della vittima che lei stessa aveva generata. Infine fu data in madre al discepolo dallo stesso Cristo Gesù morente in croce, con le parole: "Donna, ecco il tuo figlio" (cfr. Gv 19,2627)». Proprio per questa opera pastorale di Maria fortemente complementare a quella del buon Pastore di Nazaret, il Concilio esorta i cristiani a fare dell'uno (Cristo) e dell'altra (Maria) il compendio delle virtù spirituali, e insieme il modello della caritas pastoralis, lungo l'itinerario della loro comune missione apostolica: «Nella sua vita la Vergine e stata modello di quell'amore materno che deve animare tutti coloro che nella missione apostolica cooperano alla rigenerazione degli uomini».
b) Il santo padre Paolo VI, nella esortazione apostolica Marialis cultus, in perfetta linea con la Costituzione conciliare Lumen gentium precisa, ed esplicita ancor più chiaramente, alla luce della Parola di Dio, questa lettura pastorale della presenza e della missione di Maria nella vita della Chiesa: «La lettura delle divine Scritture, compiuta sotto l'influsso dello Spirito Santo e tenendo presenti le acquisizioni delle scienze umane e le vane situazioni del mondo contemporaneo, porterà a scoprire come Maria possa essere assunta a specchio delle attese degli uomini del nostro tempo. Così, per dare qualche esempio, la donna contemporanea, desiderosa di partecipare con potere decisionale alle scelte della comunità, contemplerà con intima gioia Maria che, assunta al dialogo con Dio, dà il suo consenso attivo e responsabile non alla soluzione di un problema contingente, ma a quell'"opera dei secoli", come è stata giustamente chiamata l'incarnazione del Verbo; si renderà conto che la scelta dello stato verginale da parte di Maria, che nel disegno di Dio la disponeva al mistero dell'incarnazione, non fu atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all'amore di Dio. Così costaterà con lieta sorpresa che Maria di Nazaret, pur completamente abbandonata alla volontà del Signore, fu tutt'altro che donna passivamente remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo (cfr. Lc 1,51-53); e riconoscerà in Maria, che "primeggia tra gli umili e i poveri del Signore", una donna forte, che conobbe povertà e sofferenza, fuga ed esilio (cfr. Mt 2,13-23): situazioni che non possono sfuggire all'attenzione di chi vuole assecondare con spirito evangelico le energie liberatrici dell'uomo e della società; e non le apparirà Maria come una madre gelosamente ripiegata sul proprio Figlio divino, ma donna che con la sua azione favorì la fede della comunità apostolica in Cristo (cfr. Gv 2,1-12) e la cui funzione materna si dilatò assumendo sul Calvario dimensioni universali. Non sono che esempi, dai quali appare chiaro, tuttavia, come la figura della Vergine non deluda alcune attese profonde degli uomini del nostro tempo ed offra ad essi il modello compiuto del discepolo del Signore: artefice della città terrena e temporale, ma pellegrino solerte verso quella celeste ed eterna promotore della giustizia che libera 1'oppresso e della carità che soccorre il bisognoso, ma soprattutto testimone operoso dell'amore chee edifica Cristo nei cuori».

4. La spiritualità pastorale di Maria
a) Alla luce della splendida pagina della Marialis cultus sopra riportata possiamo parlare di Maria come del primo modello di realizzazione della caritas pastoralis messa in opera dal Signore Gesù buon pastore di Nazaret. Maria, infatti, è madre dell'amore (caritas) fatto carne e venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) per operare concretamente la salvezza degli uomini (pastoralis). La pastorale di Maria è intimamente legata alla pastorale di Gesù, per motivi plurimi, variegati e policromi. Per quali, precisamente? Ne elenchiamo alcuni:
- Perché è lei - la «piena di grazia» (Lc 1,28) - che offre tutta se stessa per dare i natali a Cristo Gesù, a quel Gesù che e i'espressione storica della caritas pastoralis del Dio uno e trino, ossia la realizzazione della pastoralità trinitaria nei confronti dell'umanità, l'incarnazione dell'amore stesso di Dio, dell'amore che è Dio che si apre agli uomini e si dispiega nel tempo, coinvolgendo nella sua azione redentiva persone, ambienti, eventi e cose.
- É lei che, generando Cristo, genera contemporaneamente la Chiesa che è corpo di Cristo, è prolungamento dell'incarnazione del Verbo: la Chiesa, chiamata a tradurre nella storia l'azione pastorale stessa della santissima Trinità; la Chiesa, di cui Maria è figlia e madre, discepola e maestra, segno e strumento di grazia, e nel contempo modello di virtù umane e divine per tutti e singoli i battezzati che con lei nel tempo vi fanno e vi faranno parte da operatori pastorali.
- É lei la madre che per opera dello Spirito Santo genera il Figlio di Dio, lo dà alla luce, lo cresce, lo educa, lo accompagna - sia pure in maniera discreta e silenziosa - nella sua infaticabile azione missionaria in terra di Palestina.
- É lei che compie il primo gesto di volontariato cristiano: va a servire la cugina Elisabetta, giunta al sesto mesee di gravidanza, in attesa di Giovanni Battista, portando con sé, nel suo grembo verginale, il Verbo di Dio fatto carne (cfr. Lc 1,39-45).
- É lei che, nell'intonare il cantico del Magnificat, proclama con audacia profetica l'impegno cristiano della liberazione dei poveri, annunciando l'abbattimento dell'arroganza dei potenti, denunciando la prepotenza dei superbi, accusandola megalomania di chi sfrutta e umilia gli ultimi con la strumentalizzazione, la sopraffazione e la forza bruta (cfr. Lc 1,46-55).
- É lei che pone attenzione materna ai bisogni dei suoi figli, specie nei momenti imprevisti e difficili, come nel caso degli sposi di Cana, privi improvvisamente di vino durante il pranzo di nozze e in procinto di ritrovarsi in fastidioso imbarazzo di fronte agli invitati.
- É lei che accompagna gli apostoli e i discepoli del Signore, pregando, assistendo e confortando, in attesa della venuta dello Spirito, nel cenacolo di Gerusalemme.
b) Troviamo nell'operato di Maria esattamente ciò che Gesù descrive nel decimo capitolo del Vangelo di Giovanni: i segreti di riuscita, le dinamiche profonde, i gesti, le attenzioni, le trepidazioni, le proposte concrete di una vera e propria ministerialità pastorale mai disgiunta da una vera e propria spiritualità pastorale. La spiritualità pastorale di Maria nasce e si sviluppa sulla stessa lunghezza d'onda della pastoralità del buon pastore: di essa si nutre, con essa cammina e cresce, essa stessa riflette ed esprime.

Bibliografia
FALLICO A., Irresistibile fascino dell'educatrice di Nazaret. Note di antropologia mariana, San paolo, Cinisello Balsamo, 2012, pp. 29-45; GIOVANNI PAOLO, Pastores dabo vobis, Esortazione apostolica post-sinodale del 25 marzo 1992, in AAS 84 (1992), pp. 657-804; BENEDETTO XVI, Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio. Guardate alla giovane Maria! Incontro con i giovani italiani a Loreto (1-2 settembre 2007), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007; PAOLO VI, Marialis cultus, esortazione apostolica del 2 febbraio 1974, in Enchiridion Vaticanum (EV), EDB, Bologna 1980, vol. 5, nn. 13–97; TETTAMANZI D., Maria "la vergine dell'ascolto", immagine della chiesa e della famiglia nel cammino pastorale. Presentazione Anno Pastorale 2008-2009, Centro Ambrosiano, Milano 2008; BORSI M., L'animazione della pastorale giovanile nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1962-2008). Elementi di sintesi e linee di futuro, LAS Editrice, Roma 2010; RUCCIA A., La laicità di Maria per una conversione pastorale, OCD, Roma 2013; BARSOTTI D., Una madre tra noi. Il messaggio della Madonna, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007; AMATO A., Maria e la Trinità. Spiritualità mariana ed esistenza cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000; MARICONTI G. F., Il Parroco promotore di comunione nella comunità parrocchiale, in Monitor Ecclesiasticus 116 (1991), pp. 243-259; ERDO P. -GARCIA MARTIN J., La missione come principio organizzativo della Chiesa. Un aspetto particolare: la missione dei presbiteri e dei vescovi, in Periodica de re canonica, 84 (1995), pp. 425-454;  VILLATA G., Teologia pastorale, EDB, Bologna 2016;  CIPRESSA S., Teologia morale e teologia pastorale. La dimensione pratica della teologia, LAS Editrice, Roma 2016;  MARTINI C. M., Io sto in mezzo a voi. Il prete e la sua comunità, EDB, Bologna 2010;  LAURITA R., Testimonianza e annuncio nella pastorale e nella catechesi, in Credere Oggi, 199 (2014), n. 1 gennaio-febbraio; AA. VV., Il legame famigliare del popolo di Dio. Prospettive ecclesiologiche nell'Amoris laetitia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016;  FORNEZZA E., Andate. Pastorale battesimale «in uscita», In Dialogo, 2015.

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