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PELLEGRINAGGIO NOTTURNO A PIEDI



É un tipico e tradizionale pellegrinaggio notturno a piedi che partendo nel cuore della notte da Roma si dirige verso il Santuario Divino Amore.

1. Tempi e modalità del pellegrinaggio notturno a piedi
Il pellegrinaggio notturno a piedi si tiene ogni sabato, dal primo dopo Pasqua all’ultimo di ottobre con partenza a mezza notte da Roma, Piazza di Porta Capena, e arrivo alle ore 5 della domenica al Santuario. Oltre ai pellegrinaggi del sabato ne sono previsti due straordinari: il 14 agosto, vigilia dell'Assunzione di Maria SS.ma, ed il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata Concezione. I pellegrini della notte percorrono la Via Appia Antica fino al Quo Vadis, quindi la Via Ardeatina, passando sopra le Catacombe di San Callisto e davanti al Mausoleo delle Fosse Ardeatine; essi portano ai piedi della Vergine, insieme alle proprie intenzioni, anche le necessità, le speranze della città eterna e la missione della Chiesa di Roma.

2. Testimonianza di un pellegrino
a) Sabato 9 luglio 2008, ore 23 circa, centro di Roma.
Atmosfera stranamente silenziosa, quasi ovattata, i rumori del traffico sembrano lontani. In sordina, vanno convenendo stuoli di pellegrini di tutte le razze, giovani, di mezza età, anziani, donne soprattutto, moltissimi rappresentanti del cosiddetto terzo mondo. Presenze, ma non molte, di persone che hanno scelto la vita consacrata. Una sorta di fotocopia ideale e a tutto campo di razze, lingue, culture, colori della pelle dei più svariati, come se si concentrassero qui intere tribù, nazioni o continenti, milioni e milioni d’esseri umani. Comune il “progetto”: incamminarsi verso una méta. Raggruppatosi un piccolo esercito di circa trecento partecipanti, si parte, come di consueto, a mezzanotte in punto dal marciapiede davanti al palazzone della F.A.O., in prossimità del Circo Massimo, area notissima sia per gli scavi e i ruderi, sia per essere sovente sede di eventi e spettacoli grandiosi, con palchi enormi, amplificatori megagalattici, decine se non centinaia di migliaia di spettatori vocianti, raggi di luce ecc. ecc. Quale contrasto, perciò, rispetto allo spettacolo odierno! Il rituale è fatto di preghiere e canti, in testa alla processione la croce (già di semplice legno e ora di cristallo, luminosa ad intermittenza) portata a turno da partecipanti all’uopo prenotatisi e predispostisi interiormente, pochissime luci, solo tante candele e ceri, altoparlanti rudimentali al centro e verso la fine del corteo. Si odono i rumori dei passi e basta, il tonfo leggero o l’accennato stropiccio delle scarpe; taluni pellegrini compiono il percorso a piedi nudi, la pelle a diretto contatto col selciato o asfalto. Niente scambi di chiacchiericci su problemi privati o fatti di cronaca o gossip, la qual cosa, invece, ricorre abitualmente, purtroppo, in analoghi riti ordinari, laici e non soltanto laici. Ampia e articolata sequenza di preghiere e canti, si diceva, soprattutto con l’invocazione di un nome in molteplici varianti: Maria, Madonna, Madre di Dio, Vergine, Madonna del Divino Amore.
“Viva, viva, sempre viva
“ la Madonna del Divino Amore,
“ fa le grazie tutte l’or
“ noi l’ andiamo a visitar.
è il ritornello che affiora al primo incedere del corteo. Corale e sentito, riecheggerà più volte in seguito. A voler interiorizzare su un altro aspetto, costituiscono i pellegrini di questo genere un folto gruppo di privilegiati, insomma di persone speciali che sono state ispirate a trascorrere e spendere così una notte di fine settimana in luglio. Di contro e in confronto a loro, pur col rispetto d’ogni libera scelta, sembrano perdenti e poveri i serpentoni di gente in fila per poter entrare in un locale, incrociati dopo un iniziale tratto di processione. Nel primo caso, opportunità di partecipazione intensa che resterà viva dentro, nel secondo, routine di un divertimento che si esaurisce senza nulla lasciare dietro di sé. La prima tappa, non vera e propria sosta, coincide con un posto assai significativo, le Fosse Ardeatine. Attimi di profondo raccoglimento per tutti, anche per coloro – vale a dire la larga prevalenza dei partecipanti – i quali non hanno vissuto e/o conosciuto i tragici eventi storici che il luogo ricorda. Quindi, la sgroppata mediana e di maggiore consistenza verso il traguardo intermedio successivo, all’estrema periferia della metropoli, in un punto conosciuto come il vecchio dazio, dove si arriva intorno alle 2.30 del mattino. Sempre fra canti, preghiere, letture, meditazioni, riflessioni.
b) Qualche notazione.
Pochi - già si ricordava prima - i preti o frati o suore, l’evento si caratterizza come appartenente alla gente comune che però, nella fattispecie, si potrebbe nel contempo definire “gente speciale”. Alcune poste del Santo Rosario che si snoda durante il pellegrinaggio vengono recitate in idiomi diversi dall’italiano : croato, aramaico, eritreo, ucraino, spagnolo, portoghese, rumeno. Verso la periferia, dietro la persiana di una modesta casetta, una candela e il volto di una donna anziana. Si é alle 2 del mattino. La scena si rinnova tutte le domeniche? Se è così, trattasi dell’ istantanea più bella e più vera del pellegrinaggio. Più avanti, un’altra casettina conciata male, eppure occupata e costituente la dimora di una coppia d’immigrati: i due sono ancora in piedi intenti a lavorare, affaccendati; si vede che, per loro, ha cadenza quotidiana il pellegrinaggio verso la …. sopravvivenza. Quando, durante i canti, si invoca la Vergine, centinaia di candele accese si alzano in alto, magnifica suggestione nel buio: alla stregua che ognuno, in modo identico, volesse trarre da dentro di sé e offrire alla Madonna il pregio della fede, di un credo. Non molti gli italiani (3 o 4 su dieci), la maggioranza è fatta d’immigrati, folta la rappresentanza di pellegrini provenienti dai paesi dell’ est europeo. Questi ultimi non recano candele ma ceri, ognuno con attaccato sopra un foglietto di carta alla buona riportante la scritta in stampatello di un nome e un cognome: parrebbe che gli interessati tenessero a lasciare, in questa notte, la materiale prova e la testimonianza fedele del loro itinerario di devozione. Quante storie negli occhi che animano e vivificano la scena! Sì, fondi di mestizia e sofferenza, ma anche barlumi di speranze e di attese . Ritornando al “viaggio”, sosta ristoro di una mezz’oretta , ripartenza alle 3 in direzione della destinazione finale. Intanto la calda notte romana va incedendo sempre più profonda, anche se, man mano, la temperatura regredisce di qualche grado. Progressivamente, ci si stacca dalle luci superbe e invadenti della capitale e rimangono quelle più sommesse dei margini urbani . Ecco il sottopasso del Grande Raccordo Anulare; attraversandolo, si prova una sensazione davvero strana nel riconoscersi parte di un corteo di pedoni – pellegrini, mentre sulla propria testa sfrecciano moltitudini di bolidi e moltitudini di frettolosa umanità: come se, sotto, allignasse un “mondo” diverso, se non agli antipodi, rispetto a quello in vorticoso movimento, sopra. Il silenzio dell’habitat naturale, comunque, torna presto a prevalere e avvolge anche il proseguimento delle preghiere della processione.
c) Arrivo al Santuario
Mancano ormai solo pochi chilometri al colle su cui si erge il santuario, s’incede dunque in leggera salita: dal 1999, la “casa” della Madonna consiste in una nuova, moderna e grande chiesa, inaugurata e consacrata da Papa Giovanni Paolo II. Dopo l’ultima sosta, mentre va distinguendosi e debuttando l’alba del nuovo giorno, fa capolino un senso di spossatezza, che però sembra scomparire del tutto all’arrivo nel santuario, con l’effige della Madonna troneggiante dalla sommità dell’altare. Nella mente dell’autore dei presenti appunti, intanto che si consuma l’ ultimo tratto del cammino, sobbalzano i ricordi di due precedenti identiche esperienze. Certo, allora l’atmosfera era un po’ differente, c’era ancora il lavoro attivo e vigeva una migliore prestanza fisica e motoria; ora, invece, le attività, sebbene variegate, non sono più scandite dall’orologio, qualche acciacco si affaccia di tanto in tanto e si lascia sentire. Però, lo spirito di fondo è immutato, la forza di volontà identica, vigorosa la spinta interiore: quasi una sfida alle imperfezioni, ai limiti e ai difetti della quotidianità, specialmente in seno alle relazioni con gli altri, vuoi che si tratti di persone vicine o familiari o care , vuoi che siano persone lontane. Adesso come in passato, lo scopo è raggiungere quel sito, portarsi ai piedi di Lei e presentarLe tutte le proprie miserie, almeno per un momento, con animo trasparente e sincero. Astraendo dai riferimenti personali, l’atmosfera d’insieme è d’alta partecipazione, di commozione diffusa, di fede. Ritornando fugacemente a chi scrive, mette conto di precisare che, stavolta, egli porta con sé una dedica interiore aggiuntiva e speciale che intende rivolgere a Lei: il pensiero di Paolo, il primo nipotino, come a voler impetrare la Madre Santissima del Divino Amore di vigilare sui suoi giorni, sulla sua sana crescita e sul suo futuro.

Bibliografia
Notizie tratte dal sito del Santuario; MORA M., La Madonna del Divino Amore, in Maria Ausiliatrice, 10-12 2001; CORRUBOLO F., Don Umberto Terenzi. Voglio chiamar Maria, Velar, Roma; TOMMASINI N., Il Divino Amore. Storia, Tradizione, Pietà Popolare, Roma 1998; CECCONI S., Guida del Santuario del Divino Amore, Roma 2013; LELLI S., Guida ai Santuari del Lazio, Roma 2008; MEAOLO G., Ave Maria e coraggio. Don Umberto Terenzi, prete romano, Roma 1991.

VEDI ANCHE
- MADONNA DEL DIVINO AMORE
- TERENZI UMBERTO






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