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AMBITI DELL'ESISTENZA UMANA


1. Gli ambiti dell'esistenza umana
Secondo il IV Convegno nazionale della Chiesa italiana, svoltosi a Verona dal 16 al 20 ottobre del 2006, cinque sono gli ambiti individuati ed esaminati dell'esistenza umana. Essi sono:
- Vita affettiva
- Fragilità umana
- Lavoro e festa
- Tradizione
- Cittadinanza

Sono includibili ed imprescindibili campi di azione entro cui inevitabilmente, volenti o nolenti, sono destinati, o prima o poi, a intraprendere il loro agone formativo tutti e singoli gli esseri umani. Si tratta di ambiti di cui nessuno può prescindere, in quanto realtà che raggiungono e coinvolgono un po' tutte le dimensioni dell'essere e dell'operare di ogni creatura umana. Tutte le altre dimensioni della vita, per un senso o per l'altro, sono riferibili a questi ambiti come ad un prisma dalle molte facce.
La Vergine Maria, con il suo comportamento personale e il suo impegno promozionale nei confronti dell'intera umanità, ha molto da dirci e suggerirci in merito. Accostandoli alla figura e alla missione della Vergine santa, perciò, possiamo chiederci quale sia stato il suo comportamento esemplare alla luce di questi ambiti tipicamente umani.

2. Vita affettiva
Basterebbe pensare ad alcuni dei numerosi momenti colmi di tenerezza e di amorevolezza, descritti dai Vangeli sul conto della Vergine santa:
- immaginiamola con in braccio il suo bambino nell'atto di presentarlo ai pastori, ai contadini e ai re Magi venuti da lontano alla grotta di Betlemme la notte di Natale (cfr. Mt 2,1-12). Come ogni madre, avrà intensamente goduto nell'ascoltare gli elogi di tutti, magari emozionandosi nel sentir dire da qualcuno sul conto del suo bambino: «Tutto sua madre! ...»;
- ammiriamola nell'atto di presentare con orgoglio il suo bambino al tempio di Gerusalemme, insieme alla coppia di tortorelle prevista dalla legge di Mosè (cfr. Lc 2,22-24);
- vediamola mentre gode, come ogni madre, della presenza e dell'affetto del suo bambino, così come il suo bambino gode della compagnia e dell'affetto di sua madre;
- contempliamola emozionata nel sentir dire alla gente al seguito di Gesù: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato» (Lc 11,27).
Lo stesso Gesù, da adulto, gode dell'affetto dei suoi apostoli, dell'amicizia dei fratelli di Betania Marta, Maria e Lazzaro, di Maria di Magdala, del giovane Giovanni amato come discepolo prediletto... Scene descritte puntualmente dagli evangelisti, che ci fanno capire quanto sia Maria sia Gesù apprezzassero l'amore umano.
Non c'è realtà più cercata e desiderata di questa - l'affettività - tanto da poter dire, senza tema di essere smentiti, che non si può vivere senza condivisione di affetti, senza simpatie, senza dialogo d'amore. Una vecchia canzone americana diceva fino a quando non c'e qualcuno che ti dice «Io ti voglio bene» tu sei un poveraccio; fino a quando non incontri qualcuno che ti dice «Io ti amo» tu non sei nessuno e non conti niente, anche se rivesti cariche pubbliche e stai economicamente bene. L'uomo fin dalla nascita sente irresistibile il bisogno di amare e di essere amato, di essere felice e di contagiare gli altri di felicità. In verità c'è da dire che si è tristi a non essere amati da nessuno, ma si è infelici a non essere capaci di amare. Un cuore che non ama o prima o poi sarà un cuore spento. Occorre pertanto curare i rapporti affettivi, se si vuole salvaguardare il cuore: il che è quanto dire la vita degli esseri umani a partire dalla culla, o comunque dalla matrice dei sentimenti più naturali e genuini, ché è la famiglia. Gli affetti innervano di sé ogni condizione umana e danno sapore amicale e spirituale a ogni relazione ecclesiale e sociale. Educare ad amare è parte integrante di ogni percorso formativo, per ogni vocazione di vita e di servizio. C'è anche da sottolienare che l'affettività non è solo una dimensione essenziale dell'umano, ma è un tratto della relazione col divino, non astratto ma incarnato.

3. Fragilità umana
Non sono state poche le prove legate alla debolezza creaturale che Maria ha esperimentato con amarezza, come ogni comune essere mortale: da quelle normali che fanno parte del bagaglio tipico di ogni donna nel tempo della gestazione e della nascita dei figli (per Maria le doglie del parto si sono verificate addirittura in circostanze particolarmente anomale: in piena campagna, dentro una grotta, senza le più elementari assistenze ... ), a quelle terribili della ingiusta condanna, della passione e della morte in croce del figlio suo. Maria: donna fragile come ogni creatura umana. Fragile, Maria, come fragile del resto è stato in vita il figlio suo Gesù, essendo pienamente uomo e non solo essere divino. Basti ricordare, in merito, alcune debolezze tipiche della persona e della vita del Signore Gesù per comprendere meglio le sofferenze di Maria. In concreto Gesù:
- ha avuto fame: «La mattina seguente, mentre uscivano da Betania, ebbe fame» (Mc 11,12);
- ha avuto sete: «Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: "Dammi da bere"» (Gv 4,7);
- ha sentito freddo, tristezza, paura della morte: «La mia anima è triste fino alla morte;... lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,38.41);  «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!» (Mt 26,39);
- ha chiesto un po' di compagnia, anche solo un'ora, nell'orto del Getsemani, ai suoi apostoli: «Non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?» (Mt 26,40);
- ha pianto di dolore alla notizia della monte dell'amico Lazzaro: «Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: "Guarda come,lo amava! "» (Gv 11,35-36).
La fragilità è espressione di povertà esistenziale, fa parte del limite creaturale di ogni uomo, rivela la debolezza delle qualità fisiche, psichiche e morali della natura umana; ma, se vissuta con coraggio e con forza di volontà e soprattutto con fede, la fragilità può tradursi in vera e propria risorsa valoriale per un futuro di impegno, di speranza e di grazia. Così è stato per Gesù, così per la Vergine santa. Così può essere, così deve essere per ogni cristiano. Ci è proposto di guardare le fragilità umane come risorsa, ossia come ragione e motore di un particolare impegno. Nella contemplazione della croce e del figlio crocifisso, il dolore di Maria è massimo, ma non riesce a spegnere in lei la forza interiore dell'amore di Dio, e con esso della speranza. La fragilità dunque può essere debolezza o carenza di forza e può essere risorsa. San Paolo in proposito direbbe: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti, quando sono debole, è alllora che sono forte» (2Cor 12,9-10).

4. Lavoro e festa 
Nell'immaginanio collettivo, purtroppo, l'attività delle casalinghe non sempre e ritenuta equivalente all'impegno lavorativo che di solito è proprio dell'uomo. Mentre in realtà si tratta di un impegno ugualmente faticoso, anche se in modo diverso, in relazione al sostegno della vita personale, familiare e sociale. Lavoro non solo faticoso ma anche nobile, che a volte rivela qualità artistiche in chi lo compie; e nel contempo anche lavoro che richiede intelligenza, carattere, gusto, forza d'animo. Il lavoro di Maria si sarà svolto certamente nella casetta di Nazaret, con il ritmo laborioso tipico di ogni sposa e di ogni mamma di famiglia palestinese: lavare, cucinare, fare il bucato, fare da spalla al marito nell'educazione del figlio, portare avanti nel miglior modo possibile le non poche incombenze familiari con gli alti e i bassi che esse normalmente riservano. La stessa occupazione lavorativa di Gesù, probabilménte quella di garzone nella stessa bottega di Giuseppe, sarà stata accompagnata dalle cure materne di Maria: dall'inizio della giornata al ritorno a casa dello sposo e del figlio... affaticati e stanchi, bisognosi di riposo. Maria non è una dea, è creatura umana a pieno titolo. Nel caso specifico, sposa di un impegnato operaio di Nazaret e madre dell'attesa Messia delle genti preannunciato dai profeti lungo tutto l'Antico Testamento: situazione, questa, particolarmente gravida di enormi responsabilità, sia in campo educativo, sia in campo religioso e sociale. Nell'espletamento di questi ruoli, Maria si sarà trovata a essere di esempio per ogni donna o sposa o madre, a partire dal suo ambiente locale, essendo legata a un'alta, altissima missione affidatale da Dio. Modello in riferimento al lavoro casalingo fatto di impegno manuale, educativo, etico-religioso e culturale. Anche l'aspetto della festa — non solo quello lavorativo — fa parte di una sana, autentica antropologia cristiana. E Maria, da brava seguace e collaboratrice del messaggio salvifico del figlio Gesù, sa che la festa, il riposo, la distensioe, le ricorrenze gioiose da vivere insieme... fanno parte dell'entourage familiare e sociale. La presenza di Maria accanto a Gesù e agli apostoli durante il trattenimento delle nozze di Cana è altamente espressiva e qualificante in merito a questo aspetto della convivenza umana: si tratta di un quadro degno di una cornice preziosa da valorizzare sempre nell'iter dell'esistenza di ogni singolo uomo e di ogni famiglia cristiana. Specie, poi, se si tiene in conto l'interessamento impegnato e premuroso della Vergine santa nel chiedere il miracolo a Gesù e nel far sì che la festa degli sposi novelli divenga sempre più bella e più gioiosa. Lavorare è un modo di realizzarsi che è proprio dell'uomo, nel quale egli può trovare senso alla propria vita e non è soltanto il lavoro a trovare compimento nella festa come occasione di riposo, ma è soprattutto la festa, evento della gratuità e del dono, a risuscitare il lavoro a servizio dell'edificaziône della comunità, aiutando a sviluppare una giusta visione creaturale ed escatologica.

5. Tradizione
a) Nel cantico del Magnificat la Madonna ci fa capire l'importanza della trasmissione del "depositum fidei" inteso come incalcolabile patrimonio socio-religioso
lasciatoci dai nostri padri, di cui noi dobbiamo essere attenti custodi e responsabili trasmettitori agli uomini della società futura: «Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e santo è il suo nome... Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,49.54-55). Non si tratta solo di comunicazione di fede ma di espressione di gratitudine, di legame dottrinale che ci deve tenere legati al passato per consolidare il presente e garantire il futuro; e nel contempo si tratta anche di curare un rapporto affettivo che ci faccia prendere sempre più coscienza di far parte di un unico grande popolo santo di Dio. Maria in visita alla cugina Elisabetta si presenta come parente e amica, cosciente di svolgere un servizio in quanto figlia di un popolo antico e contemporaneamente in quanto madre di un nuovo e grande popolo futuro: «D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Si sarà sentita colma di gioia nell'atto di servire al presente la cugina, nella previsione di servire in futuro tutti i figli suoi sparsi nel mondo, quasi trasportata dall'amore del piccolo Servus Jahve che porta in grembo, venuto sulla terra per servire e non per essere servito. Un giorno quel bambino divenuto grande dirà infatti: «Non sono venuto per essere servito, ma per servire» (cfr. Mc 10,45). II Magnificat - pronunciato da Maria in occasione di un servizio - ci fa capire che la vera gioia nasce soprattutto quando riusciamo a trasmettere, a chi si trova nel bisogno, la carica del nostro amore, la certezza del nostro sostegno e della nostra piena disponibilità. Nessuno è felice, infatti, fino a quando non c'è qualcuno che faccia capire e dica con le parole e con i fatti: «Io non ti lascio solo. Io ti sto e ti starò sempre vicino».  Tradizione, dunque, non tradizionalismo. Il tradizionalismo e l'assolutizzazione del passato, il che è quanto dire fenomeno fine a sé stesso e pertanto arido, sterile, privo di speranze e di progetti creativi. La tradizione, al contrario, è un patrimonio ereditato dal passato ma sempre padre del presente e costruttore del futuro. Nella trasmissione del proprio patrimonio spirituale e culturale ogni generazione si misura con un compito di straordinaria importanza e delicatezza, che costituisce un vero e proprio esercizio di speranza. In quest'opera di trasmissione dei valori lasciatici dai nostri padri, noi non possiamo essere solo strumenti tecnici ma testimoni responsabili, coscienti di comunicare qualcosa di vitale, perché la tradizione non è mai una trasmissione di valori o di nozioni astratte, bensì una testimonianza, quasi per pressione osmotica da persona a persona. Il rischio delle generazioni del nostro tempo consiste proprio nella perdita dello spirito di appartenenza. Oggi infatti si ha la sensazione che non si appartenga a nessuno: i cittadini non sembrano appartenere a una propria città o regione o stato (si è smarrito infatti il senso della patria), la moglie non sembra appartenere al marito, né il marito alla moglie, né i figli ai genitori, né gli alunni ad un corpo docente... Perdere il seno dell'appartenenza o prima o poi si rivelerà come perdita della identità personale e comunitaria. E avanzerà sempre più forte l'anonimato di massa.

6. Cittadinanza
Il sentimento del dovere civico-civile, oltre al senso di appartenenza alla grande famiglia umana e alla fedeltà nel rispondere agli appelli dello Stato, ci viene testimoniato dalla Madonna nell'atto di aderire al censimento indetto dal Cesare romano, nonostante le enormi difficoltà che esso implicava (cfr. Lc 2,1-7). É un esempio che deve farci molto pensare, questo della Vergine santa. Non c'è vero umanesimo, infatti, senza sincero e forte impegno sociale. Non basta il buon comportamento etico personale, né basta da sola una forte condotta di vita ascetico-spirituale, e neppure la testimonianza, sia pure grande e sincera, del proprio quotidiano credo religioso. É necessaria contemporaneamente l'assunzione di responsabilità sociali anche esplicite e - se occorre - anche pubbliche, specie in ambiti e campi di natura pastorale. Una vera antropologia cristiana esige questa testimonianza come conditio sine qua non. Affermano i vescovi italiani, in un celebre documento degli anni '90, che una pastorale che non è sociale non è un'autentica pastorale ecclesiale. Questo intimo, inscindibile abbinamento tra fede e impegno sociale, lo si evince anche dalle parole che la Vergine santa pronuncia nel Magnificat quando si riferisce all'ingiusto sopruso dei potenti nei confronti dei più umili e poveri della terra, facendoci capire che la scelta di chi crede in Dio - la scelta di mettersi dalla parte degli ultimi e dei poveri - non è opzionale ma doverosa perché proprio lui, il Signore, ci dà l'esempio e ci invita a fare altrettanto. Egli stesso in persona «ha ricolmato di beni gli affamati» (Lc 1,53), ci è venuto incontro, «come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza» (Lc 1,55), «ha soccorso» (Lc 1,54) i deboli, colmando tutti con la «sua misericordia» (Lc 1,54). É proprio quando si palesa evidente il problema della giustizia - virtù corredata di sincerità, coerenza, esemplarità, onestà, correttezza d'animo - che Gesù arriva a usare un linguaggio rigido, perentorio e a volte persino irruente. Tre episodi sono, in merito, particolarmente eloquenti:
- Lo scontro con i profanatori del tempio: «Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambia monete e le sedie dei venditori di colombe, e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: "Non sta forse scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri"» (Mc 11,15-17).
- La filippica contro i farisei: «Voi farisei pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria... Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l'amore di Dio... Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo» (Lc 11,39.42.44).
- La denuncia contro la dittatura di Erode: «In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere". Egli rispose loro: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino... "» (Lc 13,31-33). Quasi a dire: nessuno, neanche un potente o un dittatore o un tiranno..., può impedirmi di annunciare la parola di Dio.
C'è da pensare che la Vergine Santa si sia intrattenuta pin volte con Gesù su questo argomento e che anche lei come educatrice abbia detto una sua parola sui problemi della giustizia sociale e della sollecitudine in favore dei pin deboli. Dobbiamo essere sinceri: di solito non pensiamo a questo impegno fortemente socio-pastorale della Vergine santa, forse perché abituati, come siamo da sempre, a pensare la Madonna tutta dedita al rapporto intimo e privato col suo figlio Gesù e di conseguenza a compiti di vita spirituale, relativi al soprannaturale, al divino o tutt'al più alla sfera della meditazione della parola di Dio e della preghiera. Di certo questi compiti saranno stati da lei i più seguiti e i più coltivati, ma non gli unici, ne separati da un peculiare modo di concepire, di vivere e di testimoniare il suo impegno socio-pastorale nella storia. Anche sotto questo aspetto dobbiamo imparare molto dalla Vergine santa: esattamente dal suo impegno fortemente umanitario. Questi i motivi di fondo per cui ci piace parlare di antropologia mariana tout court.
 
Bibliografia
FALLICO A., Irresistibile fascino dell'educatrice di Nazaret. Note di antropologia mariana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 201-213; CEI, "Rigenerati per una speranza nuova" (1Pt 1,3): testimoni del grande "sì" di Dio all'uomo. Nota pastorale dopo il IV Convegno Ecclesiale Nazionale, 29 giugno 2007; IDEM, Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali, del 22 novembre 1992, San paolo, Cinisello Balsamo 1993; IAFRATE R., Introduzione agli ambiti. Affettività, in Una speranza per l'Italia. Il diario di Verona. IV Convegno Ecclesiale Nazionale 16-20 ottobre 2006, Avvenire, Milano 2006, p. 113; SABATINI A., Introduzione agli ambiti. Fragilità, in Una speranza per l'Italia. Il diario di Verona. IV Convegno Ecclesiale Nazionale 16-20 ottobre 2006, Avvenire, Milano 2006, p. 130-137; FABRIS A., Introduzione agli ambiti. Lavoro e festa, in Una speranza per l'Italia. Il diario di Verona. IV Convegno Ecclesiale Nazionale 16-20 ottobre 2006, Avvenire, Milano 2006, p. 115; ESPOSITO C., Introduzione agli ambiti. Tradizione, in Una speranza per l'Italia. Il diario di Verona. IV Convegno Ecclesiale Nazionale 16-20 ottobre 2006, Avvenire, Milano 2006, p. 143-144; BOFF C., Mariologia sociale. Il significato della Vergine per la società.  Queriniana, Brescia 2007; GRASSO A., Maria, modello esemplare della donna e dell’uomo contemporanei, in LAÓS XIII(2006) n.1, pp. 13-19; IDEM,  Maria icona, maestra e presenza di speranza e di giustizia nel mondo, in LAOS XIII (2005) n. 1, pp. 23-29; REALE M., Con Maria, contro l'ansia del vivere, in Milizia Mariana, n. 6 Luglio/agosto 2013, pp. 22-23; MASCIARELLI M. G.,  Antropologia e Mariologia dopo il Vaticano II. Come dire il "mistero dell'uomo" alla luce della teologia mariana, in Theotokos XXI (2013)  n. 1., pp. 129-167.

VEDI ANCHE:
 - ETICA CRISTIANA
 - ETICA RELAZIONALE
 - MODELLO DI ESISTENZA CRISTIANA
 - MODELLO DI SANTITÁ
 - MODELLO ESEMPLARE
 - MORALE CRISTIANA
 - VOCAZIONE UNIVERSALE ALLA SANTITÁ






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