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CANOVAI GIUSEPPE



Sacerdote studioso e diplomatico dell'opera Familia Christi e Servo di Dio.

1. Cenni biografici
a) Il 27 dicembre 1904 nasce a Roma da Luigi Canovai, impiegato, e da Egeria Pezzolli, figlia di un sediario pontificio. Istruito dapprima in casa, poi al Ginnasio Liceo Visconti, ebbe un’ottima educazione umana e cristiana e ampliò la propria cultura umanistica e religiosa fin da giovane con letture sistematiche e varie. Si formò ad una seria ascetica che lo abituò presto ad un uso serrato del suo tempo, alla penitenza, alla custodia gioiosa della purezza. Di carattere gioviale e scherzoso come il padre, derivò dalla madre un serio e profondo senso della vita. Risultati eccellenti in tutti i suoi studi (quattro Lauree: in Filosofia, in Giurisprudenza, in Teologia e in Diritto Canonico) ma conservò sempre una schietta umiltà. Nel 1924 muore il padre e Giuseppe deve iniziare a lavorare.
b) Esaminandosi in un Corso di Esercizi, si rende conto che il Signore lo vuole sacerdote: si sente attratto dalla vita religiosa nella Compagnia di Gesù, ma non può entrare subito in noviziato perché, figlio unico, deve sovvenire alle necessità della mamma malata. Poco dopo lascia il lavoro e supplisce ospitando in casa giovani studenti, mentre la fedelissima domestica Rosa, che lo accompagnerà per molti anni, provvede a tutto. Iscrittosi poi ai corsi di Teologia della Gregoriana il Padre Enrico Rosa S.J. lo introduce all’Almo Collegio Capranica e lì, finalmente, il 3 maggio 1931 viene ordinato sacerdote. Fin da ragazzo aveva imparato a controllare il proprio lavoro interiore annotando in un diario personale giorno per giorno i fatti salienti della sua vita interiore ed esteriore.
c) Dopo i primi vari ministeri sacerdotali, Don Giuseppe Canovai si dedicò ad un ampio e fecondo apostolato intellettuale, per il quale era particolarmente dotato, in diverse città e istituti. Fu chiamato come minutante nella Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi. Nel 1936 incontrò nell’Opera Familia Christi un ideale nascente che gli prospettò la possibilità di darsi tutto al Signore nei voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, pur rimanendo sacerdote diocesano. Tale incontro fece sì che egli si appropriasse di questo ideale con un entusiasmo ed uno slancio tali da renderlo interamente suo, e ne divenisse un esempio luminosissimo consacrando ad esso tutta la vita ed informando su di esso tutta la sua aspirazione interiore ed il suo apostolato. Dopo altri incarichi, nel 1937 fu nominato Assistente Diocesano della F.U.C.I. ed il suo magnifico zelo ottenne fra l’altro l’assegnazione di un terreno per la Cappella della Città Universitaria.
d) Inaspettatamente nel Maggio 1939 gli giunse la proposta di andare come Uditore di Nunziatura a Buenos Aires. Questo significava abbandonare l’Opera e i suoi giovani, il suo ministero: tutto ciò che aveva di più caro, ma seppe, ancora una volta, dire il suo libenter, libentissime al Signore. Andò in Argentina scrivendo così nel Diario i suoi sentimenti: “…proposito fermo di donarmi per il bene della Chiesa in questo Paese”. E si dedicò con così generoso zelo al suo nuovo incarico da conquistarsi l’affettuosa stima del Nunzio, Sua Eccellenza Mons. Giuseppe Fietta, e da riuscire molto presto a dedicarsi anche a vari ministeri. Specialmente con le sue conferenze, gli esercizi spirituali e le sue profonde ed entusiasmanti lezioni ai Corsi di Cultura Cattolica dei quali fu un appassionato ed affascinante animatore e da cui ebbe poi origine la Università Cattolica. Con queste varie attività svolse un efficacissimo apostolato che ha lasciato un indelebile ammirato ricordo, come testimoniano le commosse riconoscenti espressioni scritte da uno dei più noti sacerdoti argentini don Manuel Moledo. “Sapeva gettare ponti sopra gli abissi”, così il Moledo caratterizzava la sua capacità di conquistare a Cristo anime lontane, affascinandole con la sua eccezionale cultura, profonda spiritualità e l’amore a Cristo e alla Croce che traspariva in ogni suo rapporto con gli altri. Ma la sua anima, sempre più rapita nell’amore di Dio, sconfinava già nel luminoso regno della mistica. Sempre più tormentato dai dolori fisici, ma sempre cordialissimo e fine nel tratto, egli proseguiva le sue segrete offerte di sangue al Signore, in penitenze inimitabili, permesse eccezionalmente dal suo confessore, il P. Andrea Doglia S.J.
e) Nel gennaio 1942 fu improvvisamente inviato a Santiago del Cile, come Incaricato d’Affari ad interim mostrando anche lì grande zelo e competenza nei doveri del suo incarico insieme con la generosa dedizione all’apostolato in vari ambienti dove conquistò tante anime. Scrisse a Santiago nel Diario: “Non ti chiedo che la terra ove mi inviò la Tua Provvidenza mi germini rose: Ti chiedo solo che mi doni le spine della Tua Passione… e che di sotto le spine germini una spiga a me invisibile…”. E anche in Cile proseguì le sue mirabili offerte di penitenza: indimenticabili le flagellazioni con cui impetrò che non fosse approvata la proposta di legge dei radicali per introdurre il divorzio in Cile e quella con cui, durante la Settimana Santa si univa alla Passione del suo Signore, una volta di giorno ed una di notte, mentre era intento ad organizzare, partecipandovi con ineccepibile brillantezza, i festeggiamenti per l’insediamento del nuovo Presidente Cileno. E proprio in Cile tracciò la sua mirabile Preghiera scritta con il sangue. Del resto, in una commossa rievocazione di alcuni suoi amici cileni, leggiamo di lui come del “sapiente conoscitore profondo della S. Scrittura, dello psicologo penetrante e guida di anime, dell’apostolo di Cristo e – perché non dirlo?- del santo che permeò la nostra terra cilena col profumo squisito delle sue eccelse virtù”.
f) Nel Luglio del 1942 ritornò a Buenos Aires riprendendo tutte le sue attività. Presentiva stranamente vicina la sua fine ed intensificò il suo generoso darsi, in una splendida crescita di amore a Dio e alle anime. Infatti nel novembre, fra tormenti indicibili per una irreversibile peritonite, che egli copriva con una serena incredibile pazienza, assistito dal Nunzio e da vari amici, dando a tutti la testimonianza di una esemplare preparazione al grande incontro con il Maestro, a meno di trentotto anni, offrì per la Chiesa, per il Papa e per l’Opera la sua vita, che chiuse cantando con voce angelica – lui che non aveva mai saputo cantare – il suo Vexilla Regis e dichiarando: Non pensavo che fosse così bello morire e morire giovane. Le sue ultime parole: Tutto per Te, Signore! Era l'11 novembre 1942. Egli fu dapprima sepolto nel cimitero della Recoleta a Buenos Aires, ma la sua fama di santità, persistente e sempre crescente, portò a chiedersi per lui la sepoltura privilegiata in una Chiesa. Tra il trionfo di popolo e la commozione generale avvenne la sua prima traslazione il 13 settembre del 1949 quando trovò riposo nella Chiesa Regina Martyrum dei suoi cari Gesuiti. La lapide che vi fu apposta conchiude: “Sacerdote a pochi paragonabile, godi della pace di Cristo”.
g) Nel maggio 2007 la Familia Christi è riuscita, dopo non poche fatiche, ad esaudire la volontà testamentaria di don Giuseppe, ed a ricondurre a Roma le sue spoglie mortali. Esse sono oggi provvisoriamente custodite dalla Postulazione francescana della Provincia Romana in attesa di una collocazione definitiva. La sua fama di santità è rimasta vivissima e vasta, e cresce ancora per il ricordo affettuoso e devoto che ne conservano la “Familia Christi” (Associazione Vittorio e Tommasina Alfieri), e quanti a lui si avvicinano conoscendolo attraverso la lettura dei suoi sorprendenti scritti.

2. La spiritualità mariana di Mons. Giuseppe Canovai
a) Mio Dio, voglio essere sacerdote in tutto, per tutto, in ogni attimo della vita, in ogni momento della mia giornata, in ogni atteggiamento del mio spirito… Voglio che tutto sia sacerdozio e cioè distruzione di me, glorificazione di te, donazione di misericordia e di pace alle anime… Intensifica, o mio Dio, centuplica il fuoco che mi brucia, che non mi lascia in pace, affretta la consumazione e la fine affinché sul grano disfatto trionfi la tua croce, si irradi la tua luce, si aprano le sorgenti della Vita e le anime trovino misericordia, e il tuo Nome gloria”, ( Diario, 7 maggio 1940). Accenti come questi sono l’eco genuino di un cuore sacerdotale andato in fiamma in contatto del Cuore sacerdotale di Gesù Cristo. Ma chi è che ha preparato quest’anima… che l’ha disposta così bene a tanta incandescenza di carità? Tante le volte che ci si trova dinanzi ad una di queste creature di grazia, non si può che pensare a Lei, alla Mater gratiae. Chi vi fa pensare è tutto un fiume stupendo e veramente regalo di tradizione cattolica. È sulla sponda di quel fiume una voce che compendia tutta quella tradizione, la voce di Leone XIII, il quale nella Enciclica Iucunda semper (8.sett. 1894) insegna che “qualunque grazia impartita agli uomini ha questo triplice procedimento: da Dio a Cristo, da Cristo a Maria, da Maria a noi”. Consacrazione solenne del noto pensiero di san Bernando: “Dio ha voluto che noi non avessimo nulla se non per le mani di Maria”(Serm. III De Nativ. Dom.).
b) Nell’Epifania del 1941, Mons. Canovai, al termine di una meditazione tutta “piena di luce e di grazia”, si sentì come travolto da “un’inondazione di riconoscenza”, dinanzi a Lui che si è degnato manifestarsi – a Bethlem, al Giordano, a Cana – . L’anima, dice egli, veniva meno “alla contemplazione di quel suo infinito donarsi”. Prendendo nelle mani la mia offerta e sentendone la nullità, allora “ho cercato chi potesse farmi la misericordia di presentarla: ho cercato Maria… l’ho incontrata a Bethlem e l’ho incontrata a Cana… ed ho affidato alle sue mani virginee e materne la mia offerta.. poi son dovuto andare all’altare, tutto mi si scoloriva, i testi della Messa mi si confondevano in un pensiero solo, alla fine Maria ti ha deposto nelle mie mani e gli occhi ti hanno fissato, si sono affissati nel mistero del tuo manifestarsi: nei veli della creazione, nell’incanto di Bethlem, nella onnipotenza di Cana, nei veli del pane, nel sangue della croce”. “Ho cercato Maria…”: cogliere Giuseppe Canovai con questa espressione sulle labbra, nell’atto che sta per salire all’altare e sull’altare sta per scendere nelle sue mani la vittima divina, è lo stesso che scoprire il segreto e l’orientamento più vero di tutta la sua vita interiore di sacerdote: ad Iesum per Mariam! In realtà, egli aveva cercato Maria fin da giovinetto. Ma quando in prossimità del sacerdozio e per teologica consapevolezza, si persuase che il successo della sua vita interiore e l’efficacia del suo apostolato dipendevano tutto dalla grazia, e d’altra parte, mediatrice di tutta la grazia è la Madonna, trasse dubito la conseguenza, che la sua santificazione e la fecondità del suo lavoro apostolico dipendevano tutto da Maria.
c) Volle perciò che la Madonna entrasse in pieno nei pensieri, desideri, aspirazioni, propositi, gioie, sofferenze, lavoro, in tutta la sua vita. E quando un figlio diventa un sacerdote, in un’ora di confidenza incondizionata e tenera, abbandona se stesso… questa Mamma, e lascia a Lei la cura di badare a tutto, di provvedere a tutto, e Le promette di lasciarla fare, e di fatto la lascerà fare come crede e come vuole, senza chiederle mai conto di quello che fa: noi ci accorgeremo presto che in quell’anima c’è la presenza di questa Mamma, perché in ogni cosa ravviseremo il tocco delicato – qualche volta anche maternamente severo – della sua mano, tutto comincerà a vedersi in ordine, tutto s’andrà illuminando nel riflesso del suo sorriso, nello splendore della sua purezza, da per tutto troveremo il senso della sua tutela, l’impronta della sua bontà: quell’anima in poco tempo si trasforma, le virtù pulluleranno l’una dopo l’altra, come per incanto, nel caldo del suo Cuore materno. San Giuseppe Cafasso, che s’intendeva come pochi di anime sacerdotali, soleva dire: “Quando avvenga di sentir parlare d’un sacerdote che sia devoto di Maria, non cercate più altro, state certi che non può a meno che esser buono, e forse d’una bontà non comune. Se al contrario venite a conoscerlo freddo e poco sensibile all’affetto, perché se non ha un gran cuore per la Madre, non può avere un gran cuore per il Figlio, per la gloria di Lui e per la salute delle anime”. (Cfr.Idem, Homo Dei, Torino 1947).

3. Brevi ma intensi riferimenti a Maria
a) Tutto quello che Giuseppe Canovai ha scritto della Madonna, a metterlo insieme, riempirebbe sì e no una quindicina di pagine. Non sono che dei tratti dove si parla di Lei. Ma quei tratti rivelano di volta in volta tutto un mondo di santa e quasi gelosa intimità. Si coglie in essi il lampo di gioia confidente e commossa del figlio che si sente con la Mamma. Si direbbe nient’altro che lo scambio di pochissime parole, appena uno sguardo d’intesa, ma in quelle parole e in quello sguardo c’è tutto, perché c’è l’abbandono di un’anima che sa di appartenerle e ogni cosa ne attende. In breve, essi ci dicono come tutto il suo sacerdozio si appoggiasse su Maria, Regina cleri, Mater sacerdotum, e come i suoi rapporti con Lei non si esaurissero in fervorosi atti e pratiche devozionali, ma si attuassero in una piena e definitiva donazione di sé alla Madre celeste. Questi tratti mariani del diario si riferiscono a tutti i momenti più significativi della sua vita, specialmente interiore. Sorprendiamolo mentre va meditando sui titoli che ha questa Madre alla nostra confidenza e al nostro amore. “Maria…Mater mea,….mia madre: per me ha offerto la sua verginità, per me l’ha difesa, per me ha accolto la profezia di Simeone, per me misera a Bethlem, per me raminga in Egitto, per me povera e affaticata a Nazareth, per me cercante a Gerusalemme, per me silenziosa nel tempio, per me invocante a Cana, per me ansiosa a Cafarnao, per me sola nella grande assenza, per me strazia ai tribunali, per me desolata e forte al Calavario, per me …..coi dodici, per me esaltante nello Spirito, per me trionfante nei cieli, per me ….tutto questo, fatto per me, voluto per me essa mi…………., mi ha generato, mi ha accolto nelle sua braccia materne, ad immagine della Provvidenza di Dio, prima che fossi, per me….O amabilissima Madre!”. (27 ottobre 1939).
b) Sacerdote, egli la vuole “Maestra di ogni pensiero” (15 agosto 1940). Apostolo, sente il bisogno “di avvicinarsi a Maria per apprendere da Lei a offrire il Cristo alle anime” (15 dicembre 1940). Anima di profonda interiorità, sente che “è bello pensare che la nostra anima può essere riposo al Cristo! Ma come esserlo bisogna chiederlo a Maria: Maria è stata la sola anima in cui Cristo ha incontrato riposo”(29 dicembre 1940). Ma il momento più augusto e più commovente di questa sua figliolanza mariana amò contemplarlo là dove la maternità di Lei era stata divinamente proclamata, ai piedi della croce. Maternità ch’egli sentiva di raccogliere sanzionata dal sacrificio di Cristo, in fraterna solidarietà con Giovanni, il primo sacerdote a cui quella maternità veniva significata e per lui a tutti i sacerdoti e a tutta l’umanità. “Maria ci ha generato; essa può rigenerarci ancora; ma ci ha generato alla croce e non ci rigenera che nella croce”(15 ottobre 1940). Del resto, se la croce è l’unica nostra speranza di rigenerazione, è però “la speranza nutrita e sorretta dalla Madre” (24 settembre 1939). “La grandezza propria di Maria – scrive durante un corso di Esercizi tutto imperniato sulla croce – mi è apparsa in questo, che non ha sofferto altro che della sofferenza di Gesù. Non ha offerto per il Signore sofferenze sue, ma ha sofferto di quelle del Figlio di Dio. Ha sofferto perché Cristo soffriva, ha patito per la Croce del Figlio, mi è apparsa come l’insuperato modello di chi vuole soffrire soltanto di Gesù… mi è apparsa veramente Regina della croce, perché la sua croce era soltanto la croce del Re”. Tutto questo dice un’anima spoglia interamente di sé, in ogni cosa, che non si ricerca e non si ritrova più; che ha perduto interesse ad ogni cosa che non abbia il dolce sapore della croce del Maestro e non di sé e per sé, ma di Lui solo soffre. Di Lui crocifisso un giorno con legno e chiodi e di Lui crocifisso eternamente di carità in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Le nostre pene sono in quanto rifrangono la sua, in quanto ci aiutano a comunicare alla sua, ma quello che strazia il nostro cuore è, il sacrificio suo e la sofferenza sua. “O Maria, Regina della croce che partecipasti ai dolori del Figlio in una donazione di te perfettissima che ti fatto con Cristo Regina e Corredentrice delle anime, donami impresso indelebilmente nel cuore il segno della carità dolorante di Gesù, stabiliscimi nella comunione continua al suo divino tormento, fammi penetrare la realtà vera e continua della sua crocifissione d’amore, fammi sentire il lamento doloroso e continuo del Maestro invisibilmente crocifisso nelle donazioni dell’Ostia e nel mistico corpo della sua Chiesa. Fa’ che questa realtà sia al centro del mio pensiero, che io la trovi al fondo di ogni atto dell’intelletto e della volontà e di qui si diffonda in tutta la vita affinché in qualunque cosa io sia occupato con una attenzione nascosta del cuore e della volontà, con le donazioni interiori dell’animo, al di fuori di ogni formulazione del pensiero, con un amore vigile e desto io sia nel mistero del dolore crocifisso, io sia nella croce”(dic. 1937). In questa pagina abbiamo l’aspetto più particolare della spiritualità mariana di Mons. Canovai; abbiamo il segreto della sua eroica vita interiore e la spiegazione della fecondità con cui la Regina crucis ne ha benedetto l’apostolato. Egli è un fiore di sacerdote tutto sbocciato ai piedi della croce, accanto al Cuore dolorante della Madre divina. Se la sentenza di san Bonaventura: “Non ho mai letto esservi stato un santo che non fosse particolarmente devoto della gloriosa Vergine” (Serm.II…….) è una realtà storica, Giuseppe Canovai ne è una nuova conferma.

Bibliografia
MONDRONE D., Suscipe Domine. Biografia e Diario di Mons. Giuseppe Canovai, La Civiltà Cattolica, Roma 1949; LORETI G. (a cura di), Don Giuseppe Canovainei nei suoi scritti, Edizioni Centena, Roma 1963; IDEM, Soste e riprese. Dagli scritti di Mons. Giuseppe Canovai, Edizioni Centena, Roma 1963; ALFIERI F., In Cruce oro et pugno. Gli ultimi giorni di Mons. Canovai, Roma 2012; CANOVAI G., Passione per Cristo. Diario di Mons. Giuseppe Canovai, Cantagalli, Siena 2015; OPERA FAMILIA CHRISTI (a cura di), Via Crucis di Mons. Giuseppe Canovai, Roma 2011.






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