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BRANDSMA TITO



Carmelitano, ucciso in un lager nazista, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1985.

1. Cenni biografici e spiritualità
a) Anno Sjoerd Brandsma, questo il nome che il Beato Tito ricevette dai suoi genitori, nacque nel 1881 nella Frisia, Olanda, in una zona a maggioranza religiosa protestante, da genitori cattolici: in questa religione viene educato, fino a che nel 1898 entra nell’Ordine dei Carmelitani, prendendo il nome del padre, Tito, appunto, per onorarlo. Ordinato sacerdote nel 1905, compie gli studi filosofici presso la pontificia università Gregoriana a Roma. Diventa poi docente in Olanda, nell’università di Nimega, divenendone in seguito anche il Magnifico Rettore. Si occupa di giornalismo, pubblicazioni, scuola: non rinuncia alla verità e alla giustizia, parla della necessità di costruire una pace vera, rifiuta il comando dei nazisti e decide di continuare ad ammettere nelle scuole poste sotto la sua responsabilità, i bambini ebrei insieme agli altri. Il nazionalsocialismo ricevette la sua puntuale denuncia: Tito lo aveva definito una “nera menzogna” che non si limita ad “opprimere la libertà degli uomini, ma anche ne contamina le coscienze”. Questo lo portò a vivere un vero e proprio calvario fatto di umiliazioni e sofferenze come prigioniero dei tedeschi nazisti, prima in Olanda, poi in Germania. Nel campo di sterminio, non cede alla paura e continua ad esercitare il suo ministero: visita spesso le camerate degli ammalati per confortarli, pur essendo lui stesso indebolito, percosso, offeso. All’infermiera del campo di sterminio di Dachau, che gli praticò l’iniezione mortale, parlò con amore e confidenza, insegnandole a pregare per invocare l’aiuto della Madonna: “prega per noi peccatori”; le lasciò il suo stesso Santo Rosario: era il 26 luglio 1942. E' stato proclamato beato martire da Giovanni Paolo II il 3 novembre 1985.
b) La vita interiore di Padre Tito è ricca e profondamente vissuta: un mistico a tutti gli effetti, Tito esprime la capacità di vedere in se stesso la miseria, vive un intenso dialogo con il Signore che va verso il Calvario, e, lui che ne saprà essere il testimone, denuncia la propria miseria e indifferenza affidando se stesso (e tutti noi) alla misericordia divina. Così si riscatta dalla debolezza della condizione umana, e ci indica la strada per imitare Cristo: è la preghiera umile e fiduciosa di chi non cerca l’eroismo delle proprie gesta, ma il bene dell’umanità intera nella verità di Cristo Gesù. Anche nella peggiore delle situazioni e nella più violenta delle persone, Padre Tito ricerca ostinatamente un raggio di luce, un appiglio per non perdere l’anima, per incoraggiare a tornare a credere in se stessi e nella vita.

2. Maria al centro della vita carmelitana
Nel pensiero e nella vita del beato Tito, esimio professore di storia della mistica presso l’Università cattolica di Nimega, il Carmelo non può esistere senza Maria, per cui “l’Ordine è talmente mariano non solo nel nome ma anche nelle sue opere: se non fosse mariano non sarebbe carmelitano”. Maria accompagna sempre il carmelitano nella sua vita di ascensione verso Dio: “Nella nostra sterilità e aridità, Maria è la nube provvidenziale che ci porta la redenzione. Prestiamole il nostro ossequio. Confidiamo in lei. Mediante la sua intercessione siamo sicuri della grazia di Dio. Lei, la piccola nuvola, si riversa su di noi in pioggia abbondante”. Ma la consacrazione a Maria del Carmelo non svolge solo un aspetto di protezione, bensì l’appartenenza del Carmelo a Maria comporta soprattutto tre fattori dinamici:
1. imitazione di Maria
2. unione con Maria,
3. somiglianza con Maria.
Questo breve percorso schematico porta i carmelitani ad essere altre Maria: “Noi dobbiamo cercare di somigliare a Maria, soprattutto perché riconosciamo la sua perfezione come la più alta che una creatura per grazia di Dio ha mai potuto raggiungere…la nostra devozione a Maria deve tendere a fare di noi quasi delle altre ‘Madri di Dio’, di modo che Dio sia concepito anche in noi e generato da noi”.
Scrive ancora il beato: "Noi dobbiamo cercare di somigliare a Maria, soprattutto perché riconosciamo la sua perfezione come la più alta che una creatura per grazia di Dio ha mai potuto raggiungere. Questa perfezione può venir portata anche in noi a un alto livello, se ci rispecchiamo in Maria e ci uniamo a lei. La nostra devozione a Maria deve tendere a far di noi quasi delle altre madri di Dio, in modo che Dio sia concepito anche in noi e generato da noi. Il mistero dell’incarnazione ci ha rivelato che l’uomo vale molto per Dio e che Dio vuole essere intimamente unito all’uomo. La generazione eterna del Figlio dal Padre è la ragione più profonda di questo mistero d’amore... Maria è la figlia di Dio Padre, la Madre del Figlio e la sposa di Dio Spirito Santo. In lei le tre nascite si sono realizzate. Noi pure siamo stati scelti dalla Santissima Trinità come sua abitazione, per partecipare dei privilegi che ammiriamo in Maria e che Dio vuol donare anche a noi. Visto sotto quest’aspetto, mi piace affermare che “il mistero dell’incarnazione è un’altra sintesi della mistica carmelitana, della vita spirituale del Carmelo”. La devozione a Maria è uno dei fiori più deliziosi del giardino del Carmelo. Lo direi un girasole. È un fiore che si innalza sopra tutti gli altri fiori. Nato su un grosso stelo, ricco di grandi foglie, si eleva più alto tra il verde fogliame ed ha la caratteristica di girarsi verso il sole. È addirittura un’immagine del sole medesimo. È un fiore semplice: può crescere in tutti i giardini ed essere un ornamento per tutti. È alto e robusto ed ha radici profonde come un albero. Allo stesso modo nessuna devozione è più salda di quella a Maria. Il fresco fogliame, le verdi foglie indicano l’abbondanza delle virtù dalle quali la devozione a Maria è sostenuta. Il fiore rappresenta l’anima creata a immagine di Dio per assorbire lo splendore della sua bontà. Sono due soli che risplendono l’uno nell’altro: l’uno irradiante una luce insondabile, l’altro che assorbe quella luce, che si immerge in quella luce e diventa quasi un altro sole. È talmente rapito dai raggi del sole che brilla su di lui, che non può volgersi altrove, ma soltanto vivere per lui e di lui. Maria era un fiore così. Fiori della sua semenza, anche noi possiamo crescere e fiorire davanti al Sole che ha infuso se stesso in lei, e vuole trasmettere a noi pure i raggi della sua luce e del suo calore."

Bibliografia
MILLAN R. F, Il coraggio della verità. Il beato Tito Brandsma, Ancora, Milano 2012; BRANDSMA T., Punto contro Hitler un sorriso agli aguzzini. Martire carmelitano. Scritti biografici di Brandsma Tito, Mimep-Docete, Pessano Con Bornago 2000; IDEM, Per vivere senza crudeltà sugli animali, Graphe.it Edizioni, 2013; IDEM, Via crucis. Il cammino della croce con il beato Tito Brandsma, Mimep-Docete, Pessano Con Bornago 2003; VIGANI M., Maria la madre del Carmelo secondo s. Teresa di Gesù Bambino, la beata Elisabetta della Trinità, il beato Tito Brandsma, Mimep-Docete, Pessano Con Bornago 2001; SCAPIN S., Nella notte la libertà. Tito Brandsma giornalista martire a Dachau, Rogate, Roma 1985.






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