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  Maria modello del cristiano operatore di pace secondo Paolo VI 
Società

Dal libro di Antonino Grasso La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI (1963-1978), PAMI, Città del Vaticano 2008, pp. 281-288.



Il cristiano, deve guardare alla Madre di Dio come al suo modello spirituale e antropologico, perché, per essere veramente tale, non soltanto deve essere ogni giorno “operatore di pace”, ma deve identificarsi con la pace stessa. In questo suo convertirsi alla pace, fino ad essere pace, egli guarda a Cristo, archetipo supremo e accompagnatore essenziale dell’uomo, ma accanto a Lui contempla anche la Madre, la cui missione e la cui vita l’hanno resa mirabile icona anche della  pace.  Per comprendere questa verità, il cristiano deve prima di tutto capire l’urgenza della pace stessa e considerare la sua vita spirituale un’alleanza di pace con Dio e con gli uomini.Sull’esempio di Maria, discepola perfetta e madre dei figli dispersi di Dio, come giustamente osserva l’arcivescovo di Catanzaro Antonio Ciliberti nella sua lettera pastorale mariana Ave gratia plena, il credente deve sentirsi chiamato a collaborare per formare di molte genti un solo popolo nella fratellanza e nell’amore e a promuovere, con il cuore libero da ogni forma di odio e di violenza, la vera cultura della pace.3 La Madre del Signore, invita a vivere nell’utopia della pace oltre ogni ragionevole speranza; raccoglie le attese sognate da tutte le generazioni e, come nella sua vita terrena offrì le sue sofferenze, così ora in cielo offre le sue preghiere, perché tutto il mondo raccolga i frutti della redenzione e incontri il Principe della pace.4 Costruire la pace è, quindi, rispondere, come lei, ad una chiamata trinitaria: il Padre ci ricongiunge alla creazione in pace; il Figlio ci spinge ad essere annunciatori di pace; lo Spirito entra nei cuori per pacificarli. Il programma “mariano” di pace, con i suoi impegnativi ma gratificanti valori di giustizia e di amore, in definitiva è programma “cristologico-trinitario” della pace, nel senso che porta nel cuore e nella mente del credente, il coraggio del rischio, la forza della fede, la generosità del dono.5

Nel difficile contesto del pontificato di Paolo VI, il primo dovere del cristiano è stato quello di comprendere l’urgenza della pace in un mondo in cui la presenza di enormi arsenali nucleari, possedeva la capacità di distruggere più volte la terra e di annientare l’umanità.6 Nel suo famoso discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965 ai rappresentanti delle nazioni, Paolo VI ricordava che la pace si imponeva e si impone sempre come unica alternativa alla distruzione globale e la guerra non poteva e non può mai essere considerata strumento di giustizia, ma solo una catastrofica follia. Di conseguenza, il cristiano, veramente consapevole di questo, ha sempre il dovere di rivolgersi alla pace, di servirla, adoperandosi perché si abbandoni la guerra come via di soluzione delle controversie e sia la pace a guidare, come unico mezzo plausibile, le sorti dei popoli e dell’intera umanità.7 A questa perenne urgenza di pace, il cristiano risponde con la sua vita spirituale, con la quale, stringendo la sua personale alleanza con Dio sotto l’influsso della sua grazia, accetta di inserirsi nella dinamica fondamentale della salvezza, per cui gli uomini, senza distinzione di razza o appartenenza, possono invocare Dio come Padre, Cristo come signore e fratello, lo Spirito come fonte d’amore (Ef 2,18). Questa alleanza di pace (Nm 25,12; Ez 34,25; Is 54,10), infatti, promessa per bocca dei profeti,8 proposta più volte agli uomini, è stata sigillata definitivamente in Cristo (Lc 22,20; Cor 11,25). La pace è il suo dono prezioso9 che, capace di liberare dalle angosce e dalla stessa morte,10 dimora nella coscienza liberata dal peccato e abitata dallo Spirito.11 Questo dono trasformante della pace, può essere invocato tramite l’intercessione della Regina della pace, Madre di Cristo principe della pace e Madre della Chiesa e degli uomini. Proprio nella lettera enciclica Christi Matri, Paolo VI scriveva: «Nulla ci sembra di maggiore opportunità e importanza, quanto l’innalzarsi al cielo delle suppliche di tutta la cristianità verso la Madre di Dio, invocata come Regina della pace, affinché in tante e sì gravi angustie e afflizioni essa effonda pienamente i doni della sua materna bontà. Vogliamo che le siano rivolte assiduamente intense preghiere, a Lei, diciamo, che durante la celebrazione del Concilio Vaticano II, tra il plauso dei Padri e dell’orbe cattolico, abbiamo proclamato Madre della Chiesa, confermando una verità di antica tradizione […]. Non collochiamo perciò invano la nostra speranza in Lei, angosciati da questo terribile sconcerto».12

Essendo, dunque, la pace elemento essenziale e centrale della nuova alleanza e del messaggio cristiano, esso fa parte della vita stessa e dell’impegno permanente del discepolo di Cristo.13 Scrive C. Chenis: «L’auspicio di pace, se radicato nella fede vissuta in Cristo, se assicurato dalla speranza non vaga del Regno dei cieli, se percorso dalla carità sollecita verso il prossimo, lega l’utopia del desiderio umano di pace alla realtà escatologica della pace vera. La pace rimane un’utopia per questo mondo e nel contempo è presagio della perenne attuazione celeste. Ed è proprio attraverso la fatica nell’essere costruttori di pace, qui, nel secolo presente, che l’uomo costruisce realmente la pace imperitura». Pur affermando con chiarezza che la pace è un dono di Dio, essa è, infatti, un dono che deve trovare la sua cittadinanza e la sua presenza nel mondo. Il dono della pace che il cristiano riceve, non può restare chiuso all’interno della sua coscienza, ma la dimensione spirituale della pace deve uscire dalla coscienza dell’individuo e circolare per il mondo, essere presente in esso e trasformarlo, in quanto il dono della pace è offerto a tutta la comunità umana.  Proprio per questo, il cristianesimo diventa una forza capace dell’impossibile, che può rompere determinate categorie, previsioni, impostazioni umane dei fatti; può sbriciolare schemi e modelli di interpretazione e di razionalizzazione dei fatti storici, delle situazioni sociali e politiche; può sollecitare a vie nuove e animare di tensione morale l’uomo affinché recuperi la coscienza della pace di Cristo e in Cristo.

Lungi dall’essere una vana utopia o uno dei tanti idealismi che hanno popolato i secoli, il cristianesimo è una forza dinamica, divina, misteriosa che investe e pervade il mondo, in quanto derivante da quella realtà vivificante che è il Dio Trinitario, che non è Dio della guerra, ma Dio che dona pace e salvezza. Il cristiano diventa così uno stimolatore della realtà temporale verso la realizzazione della vera Civiltà dell’amore, su cui aleggia lo Spirito di Dio che trasforma e trasfigura la faccia della terra e scrive con la “sua mano” la vera storia dell’uomo.14 In questo contesto emerge la figura di Maria per il fatto che Ella, essendo la via tipologica ed esemplare a motivo della sua singolare fede in  Cristo e agendo come madre dei discepoli all’interno della comunicazione della vita secondo lo Spirito di Cristo, esercita un grande e benefico influsso sulla vita storica e teologale dei credenti. Nell’omelia del 15 agosto 1968 il Papa affermava:  «Occorre sollevare in alto gli occhi, come sempre il popolo cristiano ha fatto; cercare la Madonna e da Lei attingere la lezione della vita. Maria Santissima è nostra Madre e nostra Maestra: ci insegna come dobbiamo vivere. Se, nelle nostre congiunture e traversie, noi guardiamo a Maria, immediatamente sentiamo una provvida ispirazione: sii paziente, buono, caritatevole; comportati così; soffri volentieri; presenta le tue pene al Signore come io le ho offerte. Spera sempre; ama sempre; dà alla tua vita il significato autentico d’essere dedicata a Cristo e da lui ricevere salvezza. Sono tutte lezioni, queste, elementari, che nessuno può ignorarle. Tutti siamo in grado di accoglierle, purchè coltiviamo un po’ di devozione sincera verso la Vergine immacolata».15  A tal riguardo Michele Giulio Masciarelli, commentando gli atteggiamenti “discepolari” di Maria a Cana, giustamente rileva come la Madre di Gesù sia consentaneamente discepola e maestra; nel senso che «la discepola e la maestra sono evidentemente due termini reciproci, come inseparabili sono le loro esperienze. Qui non si tratta di una reciprocità solo concettuale, ma una continuità di discorso: Maria insegna, come discepola, quello che manca (il vino) e quello che occorre fare (obbedire a Cristo). Sia nel primo che nel secondo intervento Maria mostra una competenza discepolare: è discepolare la virtù dell’attenzione con cui la Vergine Madre nota ciò che manca a Cana (a una discepola si richiede che sia attenta), come pure è evidentemente discepolare il suo indicare l’ubbidienza a Cristo (per questo motivo ella è la discepola migliore del divin Maestro».16  Inserita pienamente nel mistero della nuova alleanza, Maria incarna, come abbiamo visto, la risposta definitiva e positiva dell’uomo, risposta che comporta l’ascolto e l’accoglienza della Parola, la piena obbedienza a Dio e la fedeltà al suo patto, così come i Vangeli sottolineano negli eventi dell’Annunciazione e di Cana, descritti proprio con le formule dell’alleanza.17 Gli evangelisti esaltano qui sia il ruolo di mediazione di Maria, sia la sua identificazione con il nuovo popolo dell’alleanza,18 facendo scaturire dalle sue labbra quel “Si”, a nome di tutti, al progetto di salvezza che, pronunciato con pieno senso di responsabilità, coraggio e intelligenza, promuove il bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.19

Il rapporto di Maria con la pace, scaturisce anche dalla sua maternità messianica e  pasquale, per cui Ella, generando al mondo il Figlio di Dio fattosi uomo,20 con il quale la pace è estremamente legata, diventa portatrice di pace, perché Cristo, in definitiva, è la pace stessa (Ef 2,18), la pace personificata (Mt 5,4), l’artefice supremo della  pacificazione degli uomini con Dio e tra di loro (Ef 2,14). Il legame con Cristo, icona del Dio invisibile (Col 1, 15), Verbo eterno di Dio, fa sì che Maria abbia anche un profondo legame con il Padre, che è Dio della pace (Rm 15,33; 16,20; 1Cor 14,33; Eb 13,20), Padre misericordioso e Amore stesso (Lc 1,5; 1Gv 4, 16) e con lo Spirito Santo che infonde pienezza di giustizia, pace e gioia (Rm 14, 17 – 18).21Nel radiomessaggio del  25 marzo 1965, Paolo VI, a questo proposito, affermava: «Il genere umano troverà nella nostra Signora, “la porta per la quale venne al mondo la luce”, la giustizia, la pace, la libertà, la dolcezza. Aggrappati i cristiani a questa protezione materna, si uniranno più intimamente al Mediatore e Salvatore Gesù Cristo, per vivere più intensamente con lui e per lui l’unione fra loro stessi […]. Interceda presso suo Figlio e ottenga che i popoli della terra, di tutte le razze e di tutte le lingue, tanto se si onorano con il nome cristiano, quanto se ancora ignorano il Salvatore, siano felicemente congregati con pace e concordia in un solo popolo di Dio».22 Madre di Cristo - pace, dunque, in perfetta sintonia con il Dio della pace e plasmata dallo Spirito della pace, inserita con pienezza nel mistero dell’opera di salvezza del Figlio, la Vergine diventa madre dei dispersi figli di Dio (Gv 11,52),23 di coloro cioè che sono chiamati alla pacificazione definitiva con Dio e tra di loro; coopera, con la sua materna azione e il suo esempio, al loro reinserimento nel mistero e nella trasmissione della vita divina; intercede con il suo regale potere a favore della pace sia nell’uomo che nella Chiesa e in tutta la comunità umana. La sua vocazione, la sua missione, la sua maternità, il suo manifestarsi nella storia, non sono altro che un perenne invito alla pace. Per questo la Chiesa nella sua liturgia, giustamente invoca Dio di concedere e conservare nella pace, lei intercedente, gli uomini, la Chiesa e l’Universo intero.24

NOTE

1 É Teotecno di Livia († metà del VII secolo) ad identificare Maria con la pace stessa: «La pace è Maria. La giustizia è Cristo, e la fedeltà è Cristo» (Teotecno di Livia, Omelia nell’Assunzione della Madre di Dio, in AA. VV. (ed), Testi mariani del primo millennio, vol  2, op. cit., 86).
2 Cfr. S. De  Fiores, Maria nell’itinerario spirituale del cristiano operatore di pace, op. cit. 187–215.
3 Contemplando Maria Santissima, la Chiesa ha sempre riconosciuto in lei l’esempio della perfetta conformazione a Cristo e il modello della propria missione apostolica. Alla scuola di Maria, quindi, i cristiani imparano a riconoscere e vivere la loro missione che è quella di generare Cristo nei cuori (Cfr. A. Ciliberti, Ave gratia plena. L’Immacolata nella storia della salvezza. Lettera  pastorale per l’anno mariano nella Chiesa di Catanzaro-Squillace, Catanzaro 13 maggio 2004, n. 4).
4 Cfr. C. Chenis, Maria, beatitudine del quotidiano, Editrice Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1993, 98.
5 Cfr. Ibidem, 104.
6 A questo proposito viene annotato che «soprattutto sotto tre aspetti tale minaccia viene sentita come gravissima e addirittura senza confronti. Il primo aspetto è costituito dall’enorme apparato militare, che non ha eguali nella storia dell’umanità; il secondo dal fatto che il drammatico aumento della popolazione mondiale si accompagna a un crescente contrasto economico fra Stati industriali e fascia povera della terra; infine il terzo, dal fatto che il dominio dell’uomo sulla natura ha conseguenze deleterie e autodistruttrici. Violenza bellica, fame nel mondo e sfruttamento della natura costituiscono le tre grandi sfide e pericoli per la pace nel nostro tempo» (W. Huber – H. R. Reuter, Etica della pace, op. cit., 7).
7 Cfr. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite del 04 ottobre 1965, in EV,  1, nn. 365–410.
8 «Stringerò con essi un’alleanza di pace […]. Farò con loro un’alleanza di pace, che sarà con loro un’alleanza eterna.» (Ez 34, 25-26); «Anche se […] i monti vacillassero […] non vacillerebbe la mia alleanza di pace» (Is 54,10).
9 «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27).
10 «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14, 27); « Queste cose vi ho detto affinché abbiate pace. Nel mondo avrete tribolazione, ma coraggio! Io ho vinto il mondo.» (Gv 16, 33).
11 «Giustificati, dunque, per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. […] L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che vi è stato dato» Rm 5, 1.5).
12 Paolo VI, Christi matri, in EV, Supplementum 1, n. 94.
13 Per tutto il paragrafo cfr. S. De Fiores, Maria nell’itinerario spirituale del cristiano operatore di pace, op. cit. 191 – 194.
14 Cfr. C. Riva, Il cristiano nel mondo, A.V.E.,  Roma 1970, 101-106.
15 Paolo VI, Omelia del 15 agosto 1968, in Insegnamenti di Paolo VI,  6, 1100–1101.
16 M. G. Masciarelli, La Maestra. Lezioni mariane a Cana. LEV, Roma 2002, 14.
17 In ambedue le scene, infatti, si trovano i tre elementi del modello letterario dell’Alleanza conclusa da Dio con Israele: il discorso del mediatore, la risposta in termini di obbedienza e servizio, il ritorno del mediatore presso Dio (Es 19, 3–8; Gs 24, 24). La risposta di Israele matura, quindi, sulle labbra di Maria, nuova Figlia di Sion. Mentre nel suo comportamento dinnanzi all’angelo, rivela il dinamismo delle interpellanze tra il popolo eletto e i suoi mediatori, quando si tratta di impegnarsi per il patto, alle nozze di Cana emerge la risposta del popolo a Dio, espressa con le parole: «Fate quello che egli vi dirà» (Gv  2,5), eco del: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo» (Es 19,8); «Tutti i comandi che ha dato il Signore noi li eseguiremo» (Es 24,3); «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo ed eseguiremo» (Es 24,7) (Cfr. A. Serra, E c’era la Madre di Gesù …[Gv 2,1]. Saggi di esegesi biblico–mariana. Cens – Marianum, Cernusco–Roma 1989, 337; idem, Maria a Cana e presso la croce. Saggio di mariologia giovannea, Centro di Cultura mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1991, 30–37). Dello stesso esegeta del Marianum cfr il recente studio: La Donna dell’Alleanza. Prefigurazione di Maria nell’Antico Testamento, Messaggero, Padova 2006, 108-137.
18 Per rappresentare le comunità umane, il linguaggio simbolico dell’Antico Oriente, ricorreva volentieri alle personificazioni femminili. Il Deutero Isaia, ad esempio, interpella la Figlia di Babilonia (Is 47,1; cfr. Sal 137,8) e un salmo mostra in Sion la madre delle nazioni riunite nell’unico popolo di Dio (Sal 87, 5-6). Molti testi profetici ricorrono alla stessa immagine per annunciare la gioia che Dio riserva al popolo nuovo, salvato alla fine dei tempi: «Rallegrati, Figlia di Sion! […]. Il Signore tuo Dio è dentro di te» (Sof 3, 14-17; cfr. Zc 2, 14). In questa prospettiva finale, Gerusalemme è chiamata a diventare la madre di una prosperità numerosa (Is 54, 1-3), oppure è descritta come una donna dalle doglie del parto, che mette al mondo un figlio maschio, personificazione del popolo intero (66, 7-13). Anche qui il Nuovo Testamento troverà un punto di partenza testuale per presentare Maria come la Figlia di Sion per eccellenza, la madre del Messia da cui dipende la salvezza escatologica (Cfr. P. Grelot, S. Scrittura, in AA.VV., Maria è il suo nome. Itinerario storico–teologico, Città Nuova Editrice, Roma 1985, 15).
19 Per tutto il paragrafo, cfr. S. De Fiores, Maria nell’itinerario spirituale del cristiano operatore di pace, op. cit. 194–196.
20 L’evento dell’Incarnazione messianico-pasquale è paradosso salvifico che innerva positivamente la storia umana. Essendo parte dello scandalo permanente del mistero di Cristo Dio entrato con sconcertante semplicità nel quotidiano vivere tramite la Vergine e lo Spirito, sovente imbarazza l’orgogliosa intelligenza degli uomini. Tale evento che fonda la libertà umana e chiama la fede a una decisione in grado di esperire e pensare il senso della storia nella novità del vangelo, è continuo stimolo ad accogliere il paradosso del natus ex Virgine. (Cfr. C. Dotolo, Simbolo o metafora? Il paradosso dell’incarnazione, in AA. VV., Concepito di Spirito Santo nato dalla Vergine, op. cit., 95-111; S. M. Perrella, Maria vergine e madre, op. cit., 261-272.
21 Cfr. S. M. Perrella, Maria vergine e madre, op. cit.,  199–202.
22 Paolo VI, Radiomessaggio alla chiusura dei Congressi mariologico e mariano a S. Domingo del 25 marzo 1965, in Encicliche e discorsi,  5 , 328.
23 Cfr. A. Serra, E c’era la Madre di Gesù, op. cit., 285-321.
24 Cfr. Ibidem, 202–205.

Inserito Lunedi 29 Dicembre 2014, alle ore 9:01:31 da latheotokos
 
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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