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  La Madonna del Cardellino di Raffaello 
ArteDalla Conferenza di Matteo Renzi, Sindaco di Firenze del 24 novembre 2008

La Madonna del Cardellino- la storia

Secondo quanto narra Giorgio Vasari nelle sue Vite (1568), Raffaello dipinse la Madonna del cardellino su commissione di Lorenzo Nasi, ricco mercante col quale egli aveva stretto “amicizia grandissima” nel corso della sua permanenza a Firenze, durata dal 1504 al 1508. L’occasione erano state le nozze, avvenute probabilmente nel 1505 (comunque prima del 23 febbraio 1506), dell’uomo d’affari con Sandra di Matteo Canigiani: sorella di quel Domenico, per il quale l’Urbinate, ancora a detta di Vasari, avrebbe poi eseguito la Sacra Famiglia oggi a Monaco di Baviera.
Sempre al biografo aretino dobbiamo la conoscenza delle travagliate vicende che, alcuni decenni più tardi, dovevano mettere a repentaglio l’esistenza del capolavoro del Sanzio, già oggetto, da parte di Vasari, di una descrizione straordinariamente ammirata: “Il [...] quadro fu da Lorenzo Nasi tenuto con grandissima venerazione mentre che visse, così per memoria di Raffaello statogli amicissimo, come per la dignità et eccellenza dell’opera. Ma capitò poi male quest’opera l’anno 1548 a dì 17 novembre [invero fine 1547], quando la casa di Lorenzo insieme con quelle ornatissime e belle degl’eredi di Marco del Nero, per uno smottamento del Monte di San Giorgio rovinarono insieme con altre case vicine. Nondimeno, ritrovati i pezzi d’essa fra i calcinacci della rovina, furono da Battista, figliuolo di esso Lorenzo, amorevolissimo dell’arte, fatti rimettere insieme in quel miglior modo che si potette”.
Nessun documento ha però tramandato l’identità di chi assunse l’arduo incarico d’assemblare i frammenti superstiti della tavola schiantata, unendo i vari pezzi del supporto mediante tasselli di legno e lunghi chiodi metallici. Pare tuttavia ammissibile la congettura che a restaurare la tavola possa essere stato Ridolfo del Ghirlandaio (1483-1561): il pittore fiorentino (figlio del più celebre Domenico), coetaneo e amico, cui Raffaello, ormai in procinto di partire per Roma, aveva demandato il compito di terminare una sua Madonna col Bambino lasciata incompiuta, e per lo più identificata con la Bella giardiniera del Louvre.
Dopo il restauro, la Madonna del cardellino rimase probabilmente di proprietà dei Nasi fino all’estinzione, per discendenza maschile, della famiglia, avvenuta nel 1639 con la morte di Francesco di Lorenzo. Di lì a poco venne acquistata dal cardinal Giovan Carlo de’ Medici (1611-1663) che la collocò nella sua dimora di via della Scala. Messa all’asta assieme al patrimonio di quest’ultimo, dal fratello – il granduca Ferdinando II (1628-1670) -, per far fronte ai consistenti debiti che il porporato non aveva onorato in vita, l’opera del Sanzio, valutata ben 600 scudi, fu allora probabilmente riscattata dal cardinal decano Carlo de’ Medici (1596-1664), zio di Giovan Carlo, col preciso intento di mantenere nelle collezioni di famiglia un ormai venerato caposaldo della civiltà pittorica fiorentina. Pervenuta al granduca, approdò nel 1704 agli Uffizi, dove fu accolta fra i capolavori della Tribuna.

Il progetto di Restauro

Il delicato e difficile intervento di restauro sulla Madonna del Cardellino di Raffaello, compiuto dall’Opificio delle Pietre Dure, è stato supportato da una lunga fase iniziale di studio e da continue indagini scientifiche volte a chiarire quali fossero i materiali pittorici usati da Raffaello, quali da Ridolfo del Ghirlandaio, che verosimilmente ha restaurato l’opera gravemente danneggiata nel 1547, e le stratificazioni degli interventi successivi. La consistente massa di questi materiali nel tempo si è alterata al punto da nascondere completamente la policromia raffaellesca.
Sono stati impiegati tutti i possibili strumenti di conoscenza offerti dalle varie tecniche di indagine diagnostica: RX, TAC, Fluorescenzab UV, IR b/n, IR falso colore, Riflettografia  IR, ecc, privilegiando quelli non invasivi con l’applicazione anche di tecniche innovative. L’analisi ai raggi X ha permesso di vedere le fratture tra i pezzi, e i numerosi lunghi chiodi inseriti in occasione del primo restauro cinquecentesco per ricomporre la tavola che era andata in pezzi, mentre la riflettografia a raggi infrarossi ha individuato un disegno preliminare in scala 1:1. Le differenze rispetto all’opera ultimata nelle figure sono poche, molto più importanti sono quelle relative al paesaggio come il ponte a sinistra, che era del tutto inventato, e la torre insieme ad un edificio cilindrico sulla destra, che nell’opera si trasformano in uno spazio aperto. Altre piccole differenze riguardano la scollatura dell’abito della Madonna, che nel cartone era più morbida e non quadrata, e l’orecchio del San Giovanni Battista che risulta in posizione più alta rispetto a come verrà dipinto.
I risultati del progetto di conservazione sono duplici: da un lato hanno cercato di risanare gli elementi patologici, dall’altro hanno fatto si che gli straordinari valori espressivi del dipinto fossero correttamente fruibili. La lunga e delicata fase di pulitura ha consentito il recupero della policromia raffaellesca ancora protetta dalla verniciatura stesa dall’artista. Anche il supporto ligneo è stato oggetto di un intervento di risanamento volto al consolidamento delle fratture che nel tempo si erano riaperte e al parziale miglioramento dell’andamento della superficie, segnata da una serie di deformazioni. La stuccatura delle lacune, il trattamento della superficie e la reintegrazione pittorica, hanno permesso di coniugare il miglioramento strutturale a quello di una corretta fruizione dei valori espressivi del dipinto.

Inserito Martedi 15 Settembre 2009, alle ore 8:49:22 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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