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  L'esemplarità di Maria in quanto figura della Chiesa 
Chiesa

Dal libro di Giovanni Travaglia, E il discepolo l'accolse con sé (Gv 19,27b). Il cammino etico-spirituale del credente sulle orme di Maria, Edizioni Messaggero, Padova 2011, pp.57-68.



Al Concilio Vaticano ll (11 ottobre 1962-8 dicembre 1965) i padri conciliari hanno, seppur con decisione risicata, inserito il discorso su Maria a coronamento e a suggello di tutta la trattazione teologica sulla Chiesa"65. La loro riflessione sulla Vergine non si è limitata tuttavia al capitolo VIII della Lumen gentium, essa è presente, diluita, in ben 20 documenti, dal primo — Sacrosanctum concilium sulla sacra liturgia — fino al messaggio finale del Concilio, rivolto alle donne di tutto il mondo. Per valutare i preziosi e ponderati testi conciliari sulla Madre di Dio, è doveroso porre una premessa: i padri conciliari si sono accostati alla figura di Maria senza costrizioni contingenti ed esterne, ma solo nello sforzo di determinare la natura della Chiesa e nel fare un consuntivo della spiritualità ereditata, che più intimamente le appartiene. Le linee dottrinali, inizialmente indipendenti, si sono incontrate in una convergenza inattesa. Non si è trattato, infatti, della Vergine in uno schema a parte, ma lo schema mariano è stato agganciato al vasto e capitale schema dottrinale sulla Chiesa, da cui trae un inevitabile riverbero66. Illuminante, a tal riguardo, un denso testo del mariologo Salvatore M. Perrella: «Gli elementi fondamentali della metodologia utilizzata dal Concilio nell'elaborazione e nella presentazione del cap. VIII, quali i criteri dottrinali che ne hanno guidato la formulazione, non differiscono da quelli utilizzati nella composizione di tutti gli altri documenti del Vaticano II. Essi sono: il criterio biblico, antropologico, ecumenico, pastorale. Non diversamente si deve dire della prospettiva teologica nella quale è letto tutto il mistero cristiano, compreso quello della Chiesa e di Maria, cioè la prospettiva della storia della salvezza, che si accentra nell'unico mistero di Cristo e della sua Chiesa»67. Il Vaticano II segna il passaggio da una teologia che di solito situava la sua area di azione ai margini della Rivelazione — nel "virtualmente rivelato" — ad una teologia definita, invece, proprio in rapporto alla divina Rivelazione; essenzialmente impegnata nel compito di assimilazione della Parola, affermata quale suo "fondamento" e "anima". La Parola di Dio è il termine ultimo di riferimento sia del magistero che della teologia: il primo, il magistero dei pastori, nettamente riconosciuto in un atteggiamento globale di servizio ad essa, con l'ufficio della fedele trasmissione e dell'autentica interpretazione; la seconda, distinta dal magistero (e dal sensus fidelium), non in alternativa né indipendente rispetto ad esso, ma impegnata in primo luogo sul piano critico scientifico. I caratteri storico e cristocentrico della Rivelazione, "recuperata" nella sua formalità di historia salutis, si comunicano alla stessa teologia e mariologia: il modello teologico di sintesi che viene proposto dal Vaticano II è un modello storico-salvifico incentrato sulla persona, sulla parola e nel mistero di Cristo e della Chiesa»68.

L'idea di Maria "modello" in quanto figura della Chiesa di chiara matrice patristica è stata al centro dei testi mariani del Concilio Vaticano II69. Il capitolo VIII della Lumen gentium, infatti, ha presentato la Serva e Madre del Signore come typus, exemplar o exemplum della Chiesa70; ha espressamente ricordato l'imitazione di Maria e della sua carità e servizio da parte della Chiesa stessa71; ha indicato nella Vergine l'exemplar virtutum per tota electorum communitas" e ha visto nel suo amore materno quel modello di amore dal quale devono essere animati «tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini»". Il Concilio ha cosi riproposto, giustamente, un discorso sulla figura della Vergine basato non più su una "teologia del privilegio", ma sul suo inserimento in tutta la storia della salvezza74, presentandola come donna di fede, espressione massima dell'antico Israele ed inizio del nuovo, che è la Chiesa dei discepoli e delle discepole di Cristo. Ancorando la figura di Maria alla Parola biblica75, il Concilio offre una sorta di breve ma incisiva lectio divina sul suo mistero, contemplando la bellezza della sua umanità, la peculiarità della sua esistenza di donna e di donna ebrea, la ricchezza della sua esperienza di fede, contribuendo, in tal modo, a far percepire il significato della sua vita per noi, nell'insieme del disegno di Dio e nell'unità del mistero di Cristo76. Si può quindi asserire che «la categoria di modello applicata alla Madre di Dio mostra la sua validità se lascia trasparire i caratteri di dialogo e comunione propri della Rivelazione intesa come manifestazione di Dio e coinvolgimento dell'uomo. La Madre di Dio si inquadra in tali coordinate ed il suo essere modello non resta confinato e ristretto nella sua persona astraendosi dalla realtà. Per la Chiesa "semper reformanda", Maria rappresenta, al contempo, il modello dei primordi e l'immagine della gloria futura che spetta alla comunità conseguire nel tempo attraverso un itinerario di accoglienza della grazia e di attiva testimonianza e purificazione»77.

La santa Vergine, avendo inaugurato in se stessa il Corpo mistico ecclesiale di Cristo78, con ciò stesso con la sua esistenza ci testimonia il cammino etico-spirituale che lo Spirito Santo diffonde in tutta la comunità dei credenti-redenti79. Si tratta di una giusta attenzione che colloca Maria, nell'ottica dell'evento ecclesiale, al punto di interconnessione tra ciò che la costituisce strutturalmente e ciò che la traduce funzionalmente e simbolicamente80. La Chiesa non esiste per se stessa, ma nel suo essere per gli altri in Gesù Cristo. Maria, ha insegnato e ribadito il Vaticano II, non è leggibile in un respiro massimalista mariocentrico o di unilaterale ed enfatico privilegio cristomonico81. Esiste una identificazione misterica semplice e diretta fra Maria e la Chiesa, fondata sul significato collettivo"' dei testi che si riferiscono individualmente alla Madre di Gesù. Ciò che viene detto personalmente di lei, facendo le debite differenze, può essere detto collettivamente della Chiesa, cosicché la mariologia diviene una chiave per capire l'ecclesiologia, come ha affermato Giovanni Paolo II nell 'enciclica Redemptoris Mater83. Proprio questa valorizzazione dell'esemplarità tipologico ecclesiale di Maria84 da parte del Concilio determinò quell'attenzione nuova e più determinata al significato etico di Maria come "stile" della Chiesa: «Maria è come una legge strutturale della Chiesa, la quale anche distorcendo per impossibile lo sguardo dalla Vergine non sarebbe se stessa che imitando lo stile di lei. La spiritualità della Chiesa è essenzialmente mariana»86. In questo senso si parla di un'imitazione di Maria che il Concilio pose per la Chiesa intera e che si configurò come una sorta di normatività etica di Maria per il credente, non, però, attraverso una semplicistica «riproduzione meccanica, servile e spersonalizzante degli atti del modello, quanto invece dell'esemplarità di un ordine interno della sua vita in una situazione sempre nuova e diversa da persona a persona»86.

Maria, asserisce con forza Cettina Militello, è un imprescindibile e assai utile referente ecclesiologico87, cioè «indice di una modalità compiuta, innanzitutto in lei, primizia e germe dell'umanità redenta, primizia e germe della Chiesa, che come lei vive dell'unione al suo Cristo e da esso trae alimento e salvezza (cf. CCC 963-975)»". La Vergine Maria, quindi, è il luogo ove imparare Cristo in virtù del fatto che il suo atto di fede ha accompagnato la vicenda terrena del Verbo unigenito fin dall'inizio, precedendo cosi l'atto di fede dei discepoli89. Nella continuità della prospettiva conciliare, si va da Maria "stile" della Chiesa a Maria "norma concreta" del comportamento cristiano, in quanto ogni discepolo è chiamato ad imitare Maria, senza con questo perdere di vista il fondamento normativo e teologale del cristiano che è Gesù Cristo (CCC, 2030-2051)90. Infatti, la morale cristiana è cristocentrica, nel senso che non è un elenco di norme, ma un fermo ancoraggio esistenziale alla persona di Gesù Cristo, alle sue parole, alle sue azioni, alla sua presenza salvifica nella Chiesa e nel mondo. La genuina venerazione a Maria non ha altro valore che quello di mostrare come si cresce nel proprio essere in Cristo. Non si tratta quindi solo di pregare Maria, ma di pregare-vivere come Maria e con Maria rivolti verso il Padre per Cristo nello Spirito91. La costituzione dogmatica Lumen gentium ha portato a maturazione la visione tipologico ecclesiale di Maria e, in qualche modo, ha dato una congrua risposta al "disagio circa Maria" che agitava il tempo preconciliare92, permettendo di guardare alla sua persona/figura come ad un verace paradigma dell'esistenza cristiana, in quanto ogni aspetto della sua esistenza possiede una dimensione ed un risvolto di ciò che la Chiesa è chiamata a divenire, sia nella condizione di popolo in cammino sia in quella gloriosa di comunione dei Santi93. Tra le due massime realtà nell'ordine della grazia, la Chiesa e Maria, esiste più di una pura dipendenza di una dall'altra: c'è un vero e proprio parallelismo, una similitudine nell'esistenza e quasi un'identità di atteggiamento, di stato e di missione. Israele è divenuto Chiesa grazie all'adesione a Cristo dell'ebrea Madre del Messia; Maria, anzi, è stata già nella sua vita Chiesa, ossia nuovo Tabernacolo di Dio fra gli uomini (come nell'Annunciazione), ed ha collaborato col Figlio, nella carità, nell'obbedienza e nel servizio, nella fondazione del nuovo Popolo (come alla Croce) dell'Alleanza. Aristide Serra, commentando alcuni testi biblici vetero e neo testamentari che anticipano o declinano il rapporto e il parallelismo Israele-Chiesa-Maria, afferma: «Si vede, pertanto, la continuità tra Israele, Maria e la Chiesa. Israele al Sinai promette: "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo" (Es 19,8; cf. 24,3.7). Maria a Cana esorta: "Quanto il Signore ci ha comandato, osservatelo" (Mt 28,20). Israele, Maria e la Chiesa si incontrano nel condurre l'umanità ad ascoltare l'unica Parola che salva. Ancora una volta la madre di Gesù si rivela in cammino con il popolo di Dio dell'una e dell'altra Alleanza»94.

Questo significa che, ad un certo punto, la Chiesa era solo in Maria e che questa ne era l'effettivo esordio95. A mio modesto avviso, questo comporta anche una puntualizzazione circa la dimensione comunitaria-ecclesiale della morale cristiana, che è stata, a volte, trascurata rispetto ad una proposta di perfezione e di salvezza individuale. Un riequilibrio nel coniugare individualità e socialità per comprendere meglio la realtà della persona è stato operato chiaramente dalla Gaudium et spes". È fuorviante una presentazione riduttiva dell'impegno morale cristiano, quasi si trattasse di un impegno che può essere attuato dal singolo credente, prescindendo dal suo essere membro del nuovo popolo di Dio. Come l'essere umano non è concepibile senza la sua essenziale socialità, cosi l'essere cristiano non è definibile prescindendo dalla sua costitutiva ecclesialità97. Nel decreto riservato alla formazione sacerdotale Optatam totius il Concilio Vaticano II traccia quella che possiamo definire la metodologia della teologia morale: «Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla Sacra Scrittura, illustri l'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo»98.

Dal Concilio abbiamo un importante invito: bisogna ritornare alla sorgente biblica; illustrare ai fedeli in modo positivo e promozionale la loro vocazione cristiana ed il loro dovere di abbondare in opere fattive di carità, non solo per la propria santificazione personale, ma per la vita del mondo a cui la stessa Chiesa è stata finalizzata da Cristo, come ha ribadito anche recentemente Benedetto XVI nelle encicliche Deus caritas est99 e Caritas in veritate100. In questa prospettiva, che supera una morale individualistica e si colloca nell'ampio respiro della storia della salvezza dell'umanità, non può non trovare posto Maria, tipo esemplare di tutta la Chiesa e di ogni fedele, che per prima ha risposto a questa universale ed attuale vocazione: «Riconoscere a Maria la funzione di figura e modello della Chiesa (...) significa riconoscere in lei ciò che siamo nel cuore di Dio, nel suo progetto di salvezza e di santità universale e, infine, ciò che saremo alla fine dei tempi»101.

La Parola divina rivelata è per il Vaticano II il fondamento e l'anima della teologia, quindi il punto di riferimento fontale anche della dottrina mariana in armonia con il magistero ecclesiale102 ed il sensus fidelium, per cui debitamente si sottolinea come Maria «non è figura marginale nell'ambito della fede, perché ella, secondo il disegno divino, è strettamente congiunta a Gesù Cristo in qualità di prima redenta, di madre e di serva, di glorificata anticipata rispetto a tutti i redenti»103. Compito della teologia morale è, quindi, quello di illuminare la pienezza della vocazione umana e cristiana, con la luce che proviene da chi l'ha pienamente realizzata nella sua vita, cioè Maria.

NOTE
65Si veda a tal riguardo l'esauriente studio compiuto sulle fonti conciliari da: TONIOLO E. M., II capitolo VIII della Lumen gentium. Cronistoria e sinossi, in «Marianum» 66 (2004), pp. 9-245.
66 Per un'esauriente ed ampia analisi sul percorso conciliare con attenzione ai suoi esiti teologici e pastorali cf. TONIOLO E. M.(ed.), Maria nel Concilio. Approfondimenti e percorsi, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2005; ANTONELLI C. M., Il dibattito su Maria nel Concilio Vaticano II. Percorso redazionale sulla base di nuovi documenti di archivio, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2009.
67MEO S., Concilio Vaticano II, in DE FIORES S. — MEO S. (edd.), Nuovo Dizionario di Mariologia, Paoline, Cinisello Balsamo Milano 1985, p. 346.
68 PERRELLA S. M., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea., pp. 64-65.
69Al riguardo, rinviamo a ZIVIANI G., La Chiesa Madre nel Concilio Vaticano II, Gregoriana, Roma 2001, pp. 367-388; MILITEI.LO C., La Chiesa "corpo crismato ", EDB, Bologna 2003, pp. 250-259; pp. 360-372.
70 Cf. LG 53, 63, 65. in EV 1, 427, 439, 441. La svolta conciliare passa innanzitutto dalla ricollocazione di Maria all'interno della comunità ecclesiale. Cf. MILITELLO C., Mariologia, Piemme, Casale Monferrato 1991, pp. 21-32: ID., La Vergine Maria, Madre di Dio e madre della Chiesa, in ANDREI G. (ed.), L 'Immacolata Vergine Maria Madre di Dio e madre della Chiesa, Palombi & Lanci, Tivoli (Roma) 2004, pp. 103 ss.
71 C f. L G 64, in E V 1/440.
72 LG 65, in EV 1/441.
73 Cf. LAURENTIN R., La Madonna del Vaticano II. Storia, esegesi e testo del capitolo ottavo della costituzione "de Ecclesia", Centro di Studi Ecumenici Giovanni XIII, Sotto il Monte 1965, pp. 155 156; MEO S., Maria nel capitolo VIII della "Lumen gentium ". Elementi per un'analisi dottrinale, Marianum, Roma 1974-1975.
74 «Nessuna parte della Costituzione sulla Chiesa ha suscitato tanti commenti e provocato un flusso di pubblicazioni simile a quello suscitato dal dibattito conciliare sulla santa Vergine. Philips (uno degli autori più noti che hanno contribuito alla stesura della Costituzione) distingueva due concezioni opposte e assolutamente irriducibili in questo campo: da una parte i sostenitori della teologia positiva che partono dai documenti più antichi per osservare l'evoluzione graduale della storia della salvezza; dall'altra i partigiani dei privilegi della Madonna, che partono dall'altro lato e analizzano principalmente i titoli di gloria della Vergine [...]. I padri conciliari che caldeggeranno l'inserimento del De beata Virgine nella Costituzione sulla Chiesa e che, nell'ottobre 1963, l'ebbero vinta [...] appartengono alla prima concezione che situa la Madre di Dio all'interno della storia della salvezza» (ALBERIGO, Storia del Concilio Vaticano II, voi. 2, p. 521; si veda anche: PHILIPS G., La Chiesa e il suo mistero nel Concilio Vaticano II. Storia, testo e commento della costituzione "Lumen gentium", Jaca Book, Milano 1993).
75 Cf. RIGATO L. M., I testi biblici su Maria nel capitolo VIII della Lumen gentium, in AA. VV., Maria nel Concilio, pp. 71-85.
76 Cf. ODASSO G., Ermeneutica biblica in mariologia, in «Theotokos», 2 (1994), pp. 37-72.
77 DI GIRQLAMO L., Modello, in DE FIQRES — FERRARI SCHIEFER — PERRELLA (edd.), Mariologia, p. 871; cf. l'intera voce alle pp. 864-872.
78 Sant'Isidoro di Siviglia sentenziava: «Maria significa Chiesa»: in PL 83, 117 C.
79 GOFFI T., Panoramica sulla morale cristiana con attenzione a Maria, in TONIOLO E. M. (ed.)., Il mistero di Maria e la morale cristiana, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1992, p. 21.
80 Cf. BALTHASAR VON H. U., Maria icona della Chiesa, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998; RATZINGER, Maria Chiesa nascente
81 Cf. MILITELLO, Una spiritualità per l 'oggi, p. 111.
82 Secondo l'idea di personalità collettiva, una persona diviene "rappresentante" di una collettività. Cosi Adamo = umanità in generale; Eva-umanità viva; Israele-Giacobbe — Israele popolo eletto; Efraim = regno del Nord, ecc. Si veda a tal riguardo: ELLIS E., L 'Antico Testamento nel primo cristianesimo, Paideia, Brescia 1999, pp. 146-149.
83 Cf. RM 47, in E V 10/1403-1405. Per un commento sulla lettera apostolica, cf. AA. Vv., Una luce sul cammino dell'uomo. Per una lettura della "Redemptoris Mater", LEV, Città del Vaticano 1987.
84 La Vergine appare come uno specchio che riflette il volto della sposa di Cristo, e nel quale la sposa — comunità contempla il suo mistero ed il suo futuro eterno. Cf. MASCIARELLI G. M., L 'indissolubile rapporto di Maria con la Chiesa: figura, modello, presenza, in AA. VV., Maria nel Concilio, pp. 87-132; MILITELLO C., "Mutans Evae nomen ". Maria prototipo della donna: linee di ecclesiologia, in ID., Maria con occhi di donna, pp. 33-53.
85 DE FIORES S., Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Commento teologico-spirituale al capitolo mariano del concilio Vaticano II, Monfortane, Roma 1995, p. 213.
86 Ibid., p. 150; si veda anche RROSSI DE GASPERIS R., Maria di Nazaret. Icona di 1sraele e della Chiesa, Qiqajion, Magnano 1997.
87 Cf. MILITELLO C., Chiesa, in DE FIORES — FERRARI SCHIEFER — PERRELLA (edd.), Mariologia, pp. 257-267.
88 Ibid., pp. 262-263.
89 FORLAI G., Spiritualità di Maria e spiritualità mariana in Giovanni Paolo II, in TONIOLO (ed.), Il magistero mariano di Giovanni Paolo II, pp. 146-147.
90 Il tema va collocato nel contesto cristologico-ecclesiologico; si veda a tal riguardo PERRELLA S. M., Maria di Nazaret nel mistero di Cristo e della Chiesa tra il Vaticano II e la Tertio millennio adveniente (1959-1998), in «MARIANUM» 60 (1998) pp. 385-530.
91 Cf. PERRELLA., «Ecco tua Madre (Gv 19,27)», p. 268.
92 Cf. Ibid., p. 183-184.
93 Cf. SERRA, Maria a Cana, pp. 102-103.
94 SERRA A., Maria serva del Signore e della nuova Alleanza, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, p. 55.
95 Cf. MONTAGNA D. M., Secondo le Scritture, Libreria San Carlo, Milano 1999, pp. 45-49.
96 Per una recente rivisitazione del Concilio sotto il profilo ecclesiologico, con particolare riferimento alla Gaudium et spes, cf. TANGORRA G., La Chiesa secondo il Concilio, EDB, Bologna 2007.
97 Cf. COLOMBO G., Maria e la dimensione ecclesiale della morale, in TONIOLO (ed.), II mistero di Maria, pp. 50-51.
98 OT 16, in EV 1/808.«Per i cristiani la Sacra Scrittura non è soltanto la fonte della rivelazione, la base della fede, ma anche l'imprescindibile punto di riferimento della morale» (PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Bibbia e morale. Radici bibliche dell'agire cristiano, LEV, Città del Vaticano 2008, p. 5).
99 Nell'enciclica di Papa Ratzinger si legge come l'arte di amare al modo del Signore Gesù consista nel concretare senza frontiere e barriere la diaconia sempre attuale della carità. È il servizio che la Chiesa, sacramentum caritatis, svolge per venire incontro costantemente alle sofferenze e ai bisogni, alle gioie e alle speranze degli uomini e delle donne della città terrestre. La concreta attività caritativa, come servizio alla comunione umana, impegna la comunità dei discepoli di Cristo a lavorare e a testimoniare a favore della giustizia e della solidarietà. Per cui, osserva ancora Benedetto XVI nella medesima enciclica, il volto dell'agape è anche il volto e il servizio dei testimoni: essi nella storia antica e recente del cristianesimo e della Chiesa hanno epifanizzato e continuano a manifestare nelle varie e concrete situazioni il primato dell'amore sulla indifferenza e malevolenza egocentrica (Per un commento cf., AA. VV., Deus caritas est, in «Studia Moralia» 45 [2007], pp. 11-145; AA. VV., La scala della carità. Commento all 'enciclica "Deus caritas est ", in «Euntes Docete» 60 [2007], pp. 5-313). Si veda anche: PERRELLA S. M., L 'amore agapico cristiano in un contesto di cultura "liquida ": l insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, in CERAVOLO F., Sulle ali della carità, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2008, pp. 7-52.
100 BENEDETTO XVI, lettera enciclica Carità in veritate sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità del 29-06-2009, LEV, Città del Vaticano 2009. In questa enciclica sui temi sociali, il Pontefice invita a riflettere sul significato autentico dello sviluppo. Come il suo predecessore Paolo VI aveva sottolineato la dimensione antropologica e trascendente e non meramente economicista e sociale dello sviluppo, cosi nella Caritas in veritate papa Ratzinger invita tutti a un radicale cambiamento di prospettiva andando nella stessa direzione, spronando a far propri, rendendoli storicamente concreti, temi come la fraternità, la solidarietà, la gratuità, il dono, la giustizia sociale, l'equità dello sviluppo, troppo spesso dimenticati o posti in secondo piano rispetto ad altre parole d'ordine: il «Vangelo è elemento fondamentale dello sviluppo» (Caritas in veritate, 18l; la Chiesa è in prima linea impegnata ad evangelizzare in tal senso. Per alcuni commenti, cf. AA. VV., Carità globale. Commento alla "Caritas in veritate", LEV, Città del Vaticano 2009.
101 GRUSSO G., Con Maria Figlia di Sion. In ascolto della Parola, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2003, p. 145.
102 Il compito, il carisma, il munus docendi del Papa, del collegio episcopale e del singolo vescovo, consiste nel custodire, interpretare, esporre, difendere e trasmettere in forma viva ed attuale, alla luce della Rivelazione, sotto la guida dello Spirito Santo, tenendo in debito conto sia della Tradizione che del sensus fidelium, i contenuti della fede e della morale, eventualmente in maniera vincolante e/o definitiva: cf. CCC, 85-87: «Il magistero della Chiesa»; ARDUSSO F., Magistero ecclesiale. Il servizio della Parola, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, pp. 25-53; PIÉ-NINOT S., Ecclesiologiaa. La sacramentalità della comunità cristiana, Queriniana, Brescia 2008, pp. 454-577; AMATO A., Maria nell'insegnamento del magistero dal Concilio Vaticano II a oggi, in BARBIERI — CALABUIG - DI ANGELO (edd.), Fons lucis, pp. 437-472; PERRELLA S. M., Magistero, in DE FIOREs — FERRARI SCHIEFER — PERRELLA (edd.), Mariologia pp. 774-784.
103 PERRELLA S. M., La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, pp. 78-79.

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