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  L'Islam, religione, fede e società 
IslamLezioni del Prof. J. LACUNZA BALDA presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum" di Roma - Anno Accademico 1999/2000

 L'Arabia antica

Nato tra gli Arabi e centrato sul testo sacro del Corano, l’Islam ha trovato nella lingua e nella cultura di questo popolo i principali veicoli di trasmissione e propagazione. E’ vero che la diffusione del credo islamico e l’incorporazione di altri popoli alla comunità musulmana, ha fatto sempre più sviluppare le sue caratteristiche di religione universale e di civiltà pluralistica, ma nello studio dell’Islam non ci si può esimere dal considerare l’ambiente geografico, culturale e umano da cui esso è nato.

1. Nomadi e sedentari
Gli arabi hanno legato il loro nome all’ideale della vita nomade e ne hanno rappresentato il prototipo nella figura del beduino, inteso non soltanto come allevatore errante di stirpe semitica, ma anche come un uomo bellicoso unito ai suoi simili in strutture di carattere tribale.Che cosa abbia spinto alcuni sedentari ad abbandonare la città e intraprendere la via del deserto, non è appurato. Ma è chiaro che questo ha permesso l’attraversamento del deserto stesso per cui gli insediamenti situati nelle oasi rappresentarono un momento di tappa e respiro per le carovane. La mobilità beduina, si rivelò essenziale allo sviluppo degli scambi sui quali i centri urbani prosperavano.

2. La società beduina
I beduini non conoscevano altra organizzazione sociale che la tribù dove prevalevano i legami orizzontali sulla struttura gerarchica per cui non esistevano che forme limitate di autorità. Il signore detto sayyid che come amir era dotato di eloquenza, non era investito di un’autorità istituzionalizzata, ma piuttosto era come un primis inter pares, con funzioni legate a quelle della rappresentanza, dell’arbitrato e della mediazione. Lo spirito di eguaglianza alimentava un profondo senso di solidarietà, per cui appartenere a questa unità era garanzia di sostegno e di sicurezza.
Date le frequenti carestie, le tribù erano abituate a spostarsi con le pastorizie in cerca di nuovi pascoli. Quando non si trovava da vivere, venivano rapinati i vicini. Alla razzia era perciò contrapposta la legge del taglione: l’individuo che si riteneva ingiustamente colpito, poteva contare sulla vendetta dei membri del suo gruppo.
Sebbene le regole della società non fossero scritte, erano ugualmente vincolanti e il gruppo si faceva custode e garante di esse.

3. L’Arabia felix e i regni del Nord
La situazione era molto diversa nelle ragioni meridionali e settentrionali della penisola.
L’ARABIA DEL NORD
Conosciuta dalla Bibbia come il mitico regno della Regina di Saba, era una zona dalle favorevoli condizioni climatiche che permisero il sorgere di una civiltà sedentaria che aveva fatto della produzione delle essenze la sua fortuna. Il clima favorevole era determinato dalle alte catene montuose contro le quali si infrangono gli umidi venti monsonici dell’Oceano Indiano, causando abbondanti precipitazioni che permetto, nei terrazzamenti distribuiti sulle varie altitudini, diverse e fruttuose coltivazioni.
Queste caratteristiche geografiche e quelle economiche hanno determinato un tipo di organizzazione sociale sconosciuto al resto della penisola. Prima dell’avvento dell’Islam, veniva praticata una religione politeista con l’adorazione di dei e dee ai quali venivano offerti molto probabilmente anche sacrifici umani.
L’ARABIA DEL SUD
Diversa era la situazione nell’Arabia del Sud dove, piuttosto che popolazioni propriamente sedentarie, prevalevano effimere confederazioni di tribù seminomade. Alcune di esse, affascinate dal mondo latino, composero un corpo di truppe arabe al servizio dei romani col nome di Equites saraceni thamudeni. Molto legato al mondo greco fu l’effimero regno di Lihyan, decaduto prima ancora dell’avvento dell’Islam. Approfittando della debolezza di questi stati del Sud, i beduini facevano periodiche incursioni fino ai confini del regno del Nord, travolgendo al loro passaggio ogni difesa e dilagando nei centri sedentari facendoli regredire.

Cultura e valori dell’epoca preislamica
L’antica civiltà araba aveva uno dei sui cardini nel concetto di Tradizione, Sunna che poi, nell’islamismo, assumerà un aspetto molto più religioso e giuridico. Un altro dei cardini era la solidarietà sia all’interno che all’esterno del gruppo e quindi anche verso lo straniero e il viaggiatore. L’arabo di distingueva per la fierezza, il coraggio, la pazienza e l’ospitalità.

La religione dei beduini
Contrariamente a come lasciano intendere i testi islamici, la religione premusulmana non era affatto primitiva e superficiale ed era un insieme di credenze piuttosto complesso, di atteggiamenti, costumi e tradizioni. Agli dei che popolavano i templi venivano offerti i prodotti della terra e sacrifici di bestiame, mentre non è sicuramente assodata la pratica di sacrifici umani. Questa religione aveva anche un carattere astrale dove i corpi di maggiore attrazione erano la luna, il sole e Venere. Venerati venivano anche i demoni, una sorta di spiriti del deserto e le pietre. Il Corano racconta che all’entrata del Profeta nel tempio della Mecca, ben 360 idoli caddero a terra e si infransero. I templi erano custoditi da famiglie dette haram, carattere sacro veniva riconosciuto a tutti gli atti siglati nei tempi.

Presenza ebraica e cristiana
In Arabia erano presenti comunità ebraiche e cristiane che influirono nell’orientamento monoteistico, se non altro suscitando l’ammirazione degli arabi.
- I più antichi stanziamenti ebraici in Arabia vengono fatti risalire al VI secolo avanti Cristo e la loro presenza è attestata dai rapporti tra Salomone e la regina di Saba. In seguito alle campagne di Roma in Palestina, tra il I e il II secolo, la compagine ebraica aumentò notevolmente soprattutto in alcune città come Higiaz. Gli ebrei erano ben inseriti nella società e dediti all’agricoltura, ma non mancavano commercianti, tessitori, orafi e banchieri.
- La presenza cristiana si fa risalire al VI secolo, collegata forse con la Chiesa di Nagran che ebbe notevole influenza anche politica, essendo riuscita a far rimuovere dal potere il re ebreo Die Nuws. Anche alle frontiere con la Siria, il cristianesimo era presente in forme varie e spesso anche eterodosse.


Il Profeta Maometto

La vita nascosta
L’efficacia della fede islamica è da un lato collegata alla situazione dell’Arabia appena delineata, ma soprattutto alla figura e all’opera del Profeta che nacque e visse tra il VI e il VII secolo in queste terre.
La nascita di Maometto si fa risalire al periodo dell’attacco degli Abissini contro la Mecca ricordato nella Sura dell’elefante. Non è un caso che la nascita di Maometto venga datata accanto ad un episodio legato alla sacralità della Mecca, salvata miracolosamente da stormi di uccelli contro l’assalto dei nemici. La data, quindi, potrebbe essere fissata introno al 570.
I suoi genitori Abdallah e Amina erano della tribù dei Coreisciti che in quel periodo reggeva la città. Le condizioni di Maometto, tuttavia, vengono definite di povertà. Assenti o scarne sono le notizie storiche mentre ricca è la letteratura apocrifa, secondo la quale segni ed eventi miracolosi abbiano accompagnato la nascita e la fanciullezza del Profeta.

Inizio della missione profetica
Fu durante uno dei ritiri di meditazione praticati da Maometto, che egli ricevette la rivelazione del Corano, il testo sacro dell’Islam ad opera dell’Arcangelo Gabriele. Questo avvenne nella notte tra il 26 e il 27 del mese di ramadan nel 610. Ancora oggi i musulmani fanno memoria dell’evento al termine del mese di digiuno del ramadan. Ad accogliere il messaggio ricevuto dal Profeta, furono all’inizio gli stretti parenti e alcuni amici, tra cui la moglie, il cugino Alì e il figlio adottivo Zayd.

La predicazione alla Mecca
Col diffondersi della predicazione del Profeta, aumentò anche il numero dei suoi nemici, tra cui lo zio Abu Lahab. Il messaggio di Maometto doveva infastidire molti perché in una società mercantile dedita ai commerci e al guadagno, egli condannava la sete insaziabile dei ricchi; in una religione politeista predicava il monoteismo; in un ambiente di multiformi articolazioni religiose, si definiva l’unico messaggero di Dio. Ce n’era a sufficienza per minare i cardini di quella società. Gli avversari allora non lasciavano mancare occasione per minacciarlo e per schernirlo, dato che non aveva figli maschi. L’atteggiamento di Maometto non era di sola rottura con la fede degli antichi. La sua predicazione si diresse soprattutto contro il politeismo e reagiva con orrore al pensiero che Allah potesse essere tranquillamente venerato nei templi insieme agli idoli.
Il 619 fu un periodo di grave crisi a causa della morte della moglie e dello zio Abu Talib, a cui però seguì a capo della famiglia, un altro più acerrimo nemico di Maometto di nome Lahab.

L’Egira e la nascita della Sunna
Nel 622 Maometto e i suoi seguaci, a causa delle continue persecuzioni, si trasferirono nella città di Yatrib, poi divenuta Medina. Questa emigrazione è considerata dai musulmani come l’evento principale della loro storia. Da quest’anno infatti essi fanno cominciare l’era islamica. Questa emigrazione va sotto il nome di “Égira” e sottolinea la rottura con il passato, i parenti e il proprio ambiente, in nome della fede. Il Corano non parla dell’égira, ma molte parole della stessa radice, compongono un’infinità di versetti che dettano norme di comportamento e di incoraggiamento per coloro che, per aver abbracciato la fede, hanno dovuto abbandonare la casa e la terra. Anche le generazioni successive hanno sempre guardato a questi versetti come ad una fonte unica e insostituibile per la gestione della vita non solo religiosa ma anche pubblica e sociale. Essi formano quel complesso di tradizioni che va sotto il nome di Sunna e che costituisce la fonte principiale della legge islamica.

Vittoria dell’Islam
Anche dopo la partenza di Maometto, i meccani non cessarono di lottare contro il Profeta e i suoi seguaci:
- Nel 624 Maometto riuscì a sconfiggere a Badr con solo 300 uomini, i 1000 meccani che avevano assalito una carovana;
- Nel 625 fu a sua volta sconfitto e ferito.
- Nel 627 iniziò una estenuante guerra tra Mecca e Medina. I meccani assediarono a lungo la città ma non riuscirono ad occuparla, tanto che alla fine tolsero l’assedio.
In queste occasioni non mancò un profondo dissidio con le colonie di ebrei che vennero o uccisi o esiliati. Ma la frattura con essi fu soprattutto di carattere liturgico e dottrinale: l’Islam cerca sempre più di distinguerli dagli ebrei. L’evento simbolo di questa definitiva rottura, fu il cambiamento della direzione della preghiera: fino allora era stata Gerusalemme, ora era la Mecca, il luogo della rivelazione, il luogo verso cui chi pregava doveva orientarsi. La Mecca ritornò così ad essere il luogo più sacro dell’Islam.
Maometto tento più volte di tornare nella città santa, ma vi riuscì soltanto dieci anni dopo l’égira e poco prima di morire. Durante i riti nel tempio, Maometto pronunciò il suo discorso d’addio che i suoi seguaci considerano come il suo testamento. Lo stesso anno egli morì tra le braccia della giovane moglie A’isa.


Evoluzione storica

La nascita del califfato
Alla sua morte Maometto non lasciò soltanto una religione che doveva ancora sviluppare le sue istituzioni fondamentali, ma anche un popolo legato a uno stile di vita che sarebbe stato ben presto superato dall’affermazione dell’Islam stesso.
Il primo problema fu la successione di Maometto, non nella sua funzione profetica, ma in quell’aspetto della sua autorità che riguardava la conduzione della vita pubblica. Si pensò all’elezione di califfi incaricati di mantenere unita la comunità e di far rispettare i precetti contenuti nella rivelazione di Maometto. Dal 632 al 661 si succedono i primi quattro califfi tra cui Abu Bak (632 – 34) anziano padre della moglie di Maometto; Umar (634-644), suocero del profeta, ucciso da uno schiavo.

La formazione dell’impero
Agli inizi dell’Islam i tentativi di espansione ebbero le stesse caratteristiche delle razzie. Ora, però, gli Arabi, dopo le conquiste non ritornarono più nelle loro terre, ma si stabilirono nel paese conquistato, vivendo in simbiosi con gli indigeni. Rimane misterioso capire come abbiano potuto gli Arabi in pochi decenni condurre a termine la conquista di uno dei più vasti imperi mai conosciuti e realizzare l’irreversibile islamizzazione e arabizzazione di quelle terre. In particolare desta meraviglia il vasto movimento di adesione all’Islam da parte dei popoli conquistati.

Conflitti e divisioni interne
Proprio al tempo delle grandi conquiste, la comunità islamica viveva al suo interno anni cruciali.
- Sotto Utmann (644-656), successore di Umar, il clan degli Omayyadi si accaparrò molti privilegi, suscitando le reazioni delle forze rivali che uccisero il califfo, dando inizio al primo grave conflitto che avrebbe avuto conseguenze secolari;
- Sotto Alì (656-661), si radicalizzò lo scontro tra i sostenitori del suo diritto al califfato e il gruppo avversario dei Omayyadi che, sconfitti, emigrarono a Damasco, dove diedero origine ad una dinastia che regnò fino al 750. Il loro avvento segnò una nuova fase nella storia dell’Islam perché essi si trasformarono in una sorta di monarchia assoluta ereditaria che chiude l’epoca dei “califfi ortodossi” che fino allora si erano succeduti anche perché appartenenti alla discendenza della famiglia del profeta.

L’impero islamico degli Abbasidi
Nel 750 salì al potere una nuova dinastia e vi rimase per 5 secoli e fu quella degli Abbasidi che fissarono la loro sede a Baghdad, causando uno spostamento dell’asse politico e culturale fino allora concentrato a Damasco, anche per la capacità dimostrata di saper coalizzare in un’unica forza gli avversari degli Omayyadi. Sotto gli Abbasidi venne conquistata la penisola iberica che permise di controllare le popolazioni berbere dell’Africa del Nord, che fino allora avevano resistito all’arabizzazione. In Andalusia fiorì sotto gli Arabi una splendida civiltà le cui vestigia possiamo ancora oggi ammirare. Il califfato degli Abbasidi durato fino al 1258, rappresentò l’epoca d’oro dell’Islam. Le corti arabe divennero centri culturali di grande rilievo che diedero un grande impulso allo sviluppo delle scienze, dell’arte e della filosofia ed ebbero anche un ruolo essenziale per lo sviluppo della cultura europea.
Dal 1096 al 1250 l’impero dovette subire gli attacchi delle crociate dalle quali uscì alla fine vittorioso, ma non resse a quelli dei Mongoli che causarono con le loro invasioni la definitiva caduta di Baghdad.

La decadenza
Con la caduta di Baghdad assistiamo alla tendenza delle varie dinastie locali a staccarsi dal potere centrale del califfo, soprattutto in Africa, cioè nelle terre più lontane dal centro.
L’eredità degli Abbasidi fu raccolta dai Turchi e il califfato Ottomano ha rappresentato per secoli il volto dell’Islam nel confronto con l’Europa cristiana. Emblema di questo conflitto fu la conquista di Costantinopoli nel 1453 da parte dei musulmani.
Dal secolo XVI si formarono altri due grandi imperi: quello safavide in Persia e quello moghul in India. Il primo ebbe un’importanza fondamentale per l’affermazione dello sciismo e la rinascita della cultura iranica; il secondo portò a termine l’incompiuta conquista dell’India. Nel 1924 il fondatore della Turchia moderna Ataturk, abolì il califfato e sulle sue ceneri istituì il moderno stato della Turchia.

Il Corano

Composizione e stile del testo
- All’inizio i musulmani si tramandarono il Corano a voce, affidato alla memoria. Il nome stesso Qur’ar vuol dire “recitazione”. Assottigliandosi il numero di quanti avevano potuto sentire la rivelazione cranica dalla viva voce di Maometto e ne timore si diffondessero messaggio diversi, sotto il terzo califfo Utman, si pensò alla redazione di un testo unico.
- I 114 capitoli del Corano si chiamano Sure e sono stati riuniti in ordine di lunghezza decrescente, ad eccezione del primo che ne è come un’introduzione. Questo forse perché furono considerati più importanti i brani più lunghi e perché i più brevi potrebbero essere stati passi sopravissuti di testi maggiori. Gli studiosi anche musulmani propongono tuttavia una ricomposizione del Corano per ordine cronologico. Le sure medinesi, essendo le più tarde, sono di importanza fondamentale per la conoscenza delle istituzionali dell’Islam nella loro forma definitiva. Il Corano è il primo esempio di prosa in lingua araba ma, soprattutto nelle sue parti più antiche, conserva un ritmo molto vicino a quello poetico.
- Chi parla è sempre Dio che di volta in volta usa “io”, “noi”, “egli”.
- Ritenuto opera di Dio la teologia musulmana ha sviluppato la teoria della sua immortalità e, fino a pochi anni fa, ne proibiva anche la traduzione.

I contenuti
Il Corano contiene i fondamenti del credo e del culto musulmano, senza tuttavia la schematicità dei manuali di teologia o dei trattati di diritto. E’ difficile trovare una sura o un racconto che parlino dello stesso argomento. I versetti si susseguono senza una rigida successione logica, ma solo organicamente correlati tra loro. Per rivelato in una notte, il Corano si ritiene poi portato a conoscenza a brani. Da essi è possibile vedere a quale periodo appartengono. Il Corano appartiene così a quattro periodi della vita del Profeta:
- PRIMO PERIODO MECCANO
Si tratta degli anni che vanno dal 610 al 615, cioè dall’inizio della missione alla prima migrazione di un gruppo di credenti in Aissim. Sono testi brevi che condannano ingiustizie e sopraffazioni e anticipano lo scenario del futuro dell’uomo sul quale incombe l’immediato giudizio di Dio.
- SECONDO PERIODO MECCANO
Si tratta del quinquennio tra il 615 e l 619, anno in cui la famiglia del profeta fu colpita d gravi lutti. Le sure di questo periodo, oltre a riprendere i temi precedenti, si ricollegano sistematicamente alle figure degli antichi patriarchi stabilendo un qualche collegamento con la precedente rivelazione biblica.
- TERZO PERIODO MECCANO
Sono gli anni che vanno dal 619 al 622, data dell’égira che coincide con la fase più critica della vita del Profeta e della sua prima comunità credente. Queste difficoltà si riflettono anche nelle sure che contengono minacce verso gli increduli e inni alla provvidenza di Dio che, attraverso le prove, conduce la storia ai suoi disegni a vantaggio dei suoi fedeli.
- PERIODO MEDINESE
Va collocato tra il 622 e il 632, anno della morte di Maometto. Le sure di questo periodo si distinguono per stile e contenuto dalle precedenti. Ai versetti brevi e incalzanti, succede una prosa descrittiva, ma sempre piena di rime e assonanze e segnata qua e la da slanci poetici. Il nuovo ruolo del Profeta fece assumere al testo sacro anche un carattere normativo più accentuato, per cui queste sure hanno una fondamentale importanza sul piano legislativo, pur restando di difficile lettura.


La teologia musulmana

Influsso dell’Islam sull’evoluzione della cultura araba
L’Islam portò con sé notevoli conseguenze per il successivo sviluppo della civiltà araba. Si può dire che anche la stessa consapevolezza culturale da parte degli Arabi fu anche in gran parte determinata dalla religione. Gli studi arabi nelle loro varie branche sono sorti in stretto collegamento con il Corano e questo fu il perno attorno al quale essi hanno ruotato.
Il passaggio dal paganesimo all’Islam, oltre alle novità etiche e teologiche, segnò anche il passaggio dalla cultura orale a quella scritta, con la conseguente formazione per iscritto della produzione letteraria e con lo studio sistematico e la definitiva determinazione della grammatica. Essendo stato il primo testo scritto, il Corano divenne anche il modello di ogni altro testo sul piano linguistico, anche se ritenuto irrepetibile nel contenuto e nella forma.

Funzioni e limiti della teologia musulmana
All’evoluzione politica già descritta si accompagnò anche un rapido e importante sviluppo del pensiero in generale e di quello religioso in particolare. All’assoluta unicità di Dio, finirono per affiancarsi forti elementi di continuità con il passato pre – islamico, rafforzando un vincolo profondo con la tradizione araba e aprendo a quest’ultima un ruolo di radicamento e prospettive di sviluppo fino allora impensabili.
Accanto allo studio del Corano si andava anche sviluppando la raccolta sistematica delle tradizioni risalenti al Profeta che cresceva in qualità e varità negli argomenti trattati. Parallelamente anche le funzioni di quanti si occupavano di religione, venivano diversificandosi e specificandosi. Ai devoti, desiderosi di conoscere meglio il Profeta, subentravano gli esperti di questioni giuridiche che andavano ponendo le basi della legge musulmana e infine i teologi che intendevano dare uniformità e coerenza al credo islamico e sposto nel Corano in forma implicita e non sistematica.
Tuttavia in questo sviluppo complessivo, quello legislativo ha sempre preceduto lo sviluppo teologico perché, in ossequio all’assoluta trascendenza di Dio e in conformità al dettato religioso di compiere la sua volontà, l’Islam ha sempre privilegiato l’aspetto giuridico – comportamentale su quello dogmatico – speculare. Lo stesso Corano fissa norme di comportamento e disapprova l’esasperata ricerca di svelare i disegni di Dio. La teologia ha perciò, per così dire, una funzione secondaria e si può definire solo come un’apologetica difensiva che però poco incide sui comportamenti e sull’ordine sociale islamico.

Le prime correnti
In un primo momento furono le condizioni interne della società islamica a determinare il sorgere di diversi nuclei di riflessione destinati ad essere ripresi nei secoli successivi con più raffinati strumenti formali. Al dilatarsi dell’impero e al frazionamento della comunità islamica in differenti sette, il messaggio divino andò assumendo implicazioni politiche sempre maggiori. Determinanti furono anche i contrasti sorti intorno alla legittima successione di Maometto alla carica di califfo. A questa carica doveva essere eletto uno che oltre a possedere le virtù dell’antico arabo, doveva avere le qualità del vero musulmano, degno pertanto di succedere al Profeta anche sul piano della moralità e della profondità del credo. Proprio su questo punto e cioè sulla responsabilità dell’uomo nel suo agire, sul suo rapporto con la fede e con Dio con la conseguente interpretazione dei testi sacri, si formarono diverse scuole di pensiero:
- I QUADANTI affermavano che l’uomo è capace di determinare in proprio i propri atti, rendendosi in tal modo responsabile e meritando il premio o il castigo di Dio;
- I MURGI’ITI affermavano, invece che solo Dio può giudicare il comportamento di ciascuno. Anche in caso di condotta incoerente, non si può pretendere di stabilire se il credente è ancora tale o no;
- I MU’TAZILITI si caratterizzarono sia per il loro rifiuto di prendere posizione nelle dispute che riguardavano la successione dei califfi e sia per la loro posizione definita “razionale”. Essi si adoperarono per difendere e sistematizzare i principi della fede islamica in base alle esigenze dell’epoca in cui vivevano, riaffermarono la assoluta unicità di Dio, senza distinguere i suoi attributi per toglierli ogni parvenza di molteplicità, ma si rifiutarono di considerare il Corano eterno e increato: la rivelazione della Parola, in quanto atto ad extra di Dio, non partecipa delle caratteristiche proprie di Dio quali l’eternità e l’increatezza. Essi affermarono inoltre che, per poter ritenere giusto il giudizio di Dio sull’uomo, questi doveva essere libero e responsabile dei propri atti per cui la retribuzione eterna, oltre a tener conto della volontà di Dio, viene anche fatta in base al merito delle opere di ciascuno. Ogni credente ha perciò il potere di ordinare il bene e proibire il male ed ogni principe sottostà anche al giudizio e al consiglio del fratello nella fede.
- AS’ARITA E LA SUA SCUOLA, senza eludere le esigenze razionali, cercò di ristabilire il rispetto del mistero di Dio e ricondurre la teologia nel solco che egli aveva voluto rivelare attraverso l’insegnamento del Profeta raccolto nella Sunna. Dio opera nella storia e nella vita dell’uomo che si, è responsabile delle sue azioni, ma sempre con la grazia di Dio. La fede deve avere sempre il sopravvento. Il musulmano peccatore non sarà condannato per l’eternità se ha avuto fede. Il Corano è Parola di Dio e perciò come Dio increato ed eterno.
- AL – GAZALI E LA SUA SCUOLA è l’iniziatore di un profondo e vasto ripensamento delle credenze e delle pratiche di fede dell’Islam, i cui frutti furono racconti nell’opera famosa: “Ravvivamento delle scienze religiose”. Egli riteneva che la teologia non è una via alla fede, ma un mezzo di difesa e di supporto di essa. La pratica e l’osservanza dei precetti non può bastare in quanto essa è valida solo se è il riflesso esteriore di una convinzione profonda ed interiore. Le pratiche mistiche, più che la pratica e l’osservanza dei precetti sono il mezzo adatto per purificare l’uomo e consentirgli di avvicinarsi veramente a Dio. La conoscenza di Dio non può essere quindi di tipo razionale, ma intuitivo ed affettivo.
- LA CORRENTE HAMBALITA fondata da Hambal (780 – 855), una delle più intransigenti delle scuole sannite di diritto musulmano, propugna la più stretta fedeltà agli insegnamenti originali dell’Islam espressi nelle sue fonti scritte ossia il Corano e la Sunna e confortati dal consenso delle prime generazioni. La rivelazione ha perciò un primato assoluto e viene sminuito il valore dell’interpretazione personale e propugnato il massimo rigore morale. Questa di Hambal è una delle scuole a cui tutto l’Islam riconosce la difesa e la custodia della vera ortodossia.

La Sunna e la Legge

La Sunna
Il termine “Sunna” veniva usato anche nella cultura pre – islamica per indicare le consuetudini, gli usi e i costumi a cui si attenevano gli antichi e che costituivano il patrimonio e i valori di base da tutti condivisi.
Con l’avvento dell’Islam il termine acquistò progressivamente un significato più specifico. Nel Corano esso indica il modo di agire di Dio verso i popoli ai quali, nel corso dei secoli, ha mandato i profeti e inviati; più tardi “Sunna” venne ad indicare anzitutto la consuetudine del profeta e dei suoi compagni, destinata ad assumere con tempo un valore normativo sempre maggiore. Sono quindi soprattutto gli “Hadit”, i racconti, che rappresentano un mattone nell’immenso edificio della Sunna che si affiancò al Corano come seconda fonte scritturale. La Sunna non è, in verità, ritenuta un libro ispirato, ma è il comportamento del profeta che diventa modello perché ispirato da una divina saggezza.

Le raccolte di Hadit
Come per il Corano la trascrizione degli Hadit si rese necessaria a causa della progressiva scomparsa dei testimoni e dei compagni del profeta. Questi racconti vennero organizzati con criteri molto diversi: da semplici foglietti iniziali usati a mo’ di promemoria, si passò a raccolte di detti concernenti un determinato argomento per giungere a selezioni più finalizzate come ad esempio quelle solo normative. Vari gruppi cercarono di inserire nella Sunna versetti di convenienza con espressioni attribuite al profeta. Negli handit si trovano infatti delle posizioni discordanti e anacronistiche relativi a dibattiti che avevano avuto origine solo dopo la morte del profeta. La questione dell’autenticità degli handit è stata sempre di vitale importanza. Alcuni specialisti hanno sottoposto ad attenta analisi una mole impressionante di handit, riunendo quelli sicuri in apposite raccolte che hanno costituito la base della giurisprudenza islamica per i secoli successivi. Le raccolte vennero chiamate “Cinque libri” a cui se ne aggiunse un sesto sul quale però l’accordo degli specialisti non è unanime.

I contenuti
Data l’enorme quantità di materiali confluiti nella Sunna, non è possibile fare una esemplificazione sommaria.
- Una parte consistente riguarda le pratiche di culto. Vengono ad esempio specificate le modalità delle abluzioni e della purità rituale;
- Altra parte riguarda gli aspetti della vita personale e sociale: matrimonio, ripudio, prole, successioni, pene per i reati, furti, adulterio, spergiuro ecc.;
- Ci sono anche regole di comportamento e di buona educazione: come essere pudichi, rispettare i patti, mantenere i segreti; come vestirsi, curarsi, cibarsi ecc.

Altre fonti del diritto e scuole giuridiche dell’Islam
- Una delle fonti riconosciute di diritto, oltre il Corano e la Sunna è il consenso della comunità credenti. Nella società araba, anche prima dell’Islam, le norme di comportamento non scritte della vita di gruppo, ricevevano la loro legittimità proprio dal tacito accordo comune. Nell’Islam, più che una semplice regola pratica, il consenso divenne un vero e proprio principio di verità. Il Profeta tesso riteneva il consenso della comunità essenziale alla fede e al mantenimento della verità per cui riteneva che la comunità, in quanto tale, non sarebbe mai potuta cadere in errore. Anche molte istituzioni fondamentali dell’Islam, non espressamente previste e regolate dal Corano e dalla Sunna, trovano i propri presupposti nella pratica concorde delle prime generazioni musulmane.
- Altra fonte di diritto è il cosiddetto “principio di analogia” col quale, per induzione, prendendo le mosse da altri casi simili regolati dalle altre fonti del diritto, il singolo giurista giunge con il proprio criterio a desumere regole per situazioni inedite.
Tra le scuole di diritto ricordiamo:
- LA SCUOLA DI ABU HANIFA, detta hanafita, che ritenne indispensabile l’ampio ricorso alla valutazione personale del giurista quanto i testi non contengono disposizioni sufficienti.
- LA SCUOLA DI AL – SAFI (820) che ebbe il merito di precisare le fonti del diritto musulmano nella forma minasta canonica fino ad oggi
- LA SCUOLA DI HAMBAL che nel campo del diritto sostenne la assoluta supremazia dei testi scritti all’analogia.

Evoluzione della legge e suoi problemi
La varietà infinita di contenuti della Sunna e la diversificata posizione delle varie scuole interpretative, ha avuto ampio riflesso sull’elaborazione della legge islamica detta SARI’A – via maestra – che forse è uno dei frutti più complessi della civiltà musulmana.


Il credo islamico

La fede
- Il Corano è la diretta e definitiva rilevazione di Dio tramite il Profeta Maometto, del quale la Sunna riporta innumerevoli dati e comportamenti; il consenso della comunità credente assicura che essa si trova sulla via di Dio, dato che non può commettere errore. Senza la sua rivelazione, l’uomo non può conoscere Dio:
- Nell’uomo è radicato un profondo atteggiamento religioso per cui egli realizza se stesso e la sua vocazione nel compiere il volere di Dio;
- Il creato è una manifestazione continua di Dio che per altro è sempre intervenuto nella storia con eventi straordinari e l’invio dei suoi messaggeri.

Dio
Dio è uno ed unico; egli è il principio e la fine di ogni realtà. La teologia islamica ha codificato 99 nomi di Dio che i musulmani invocano ogni giorno, sgranando tra le mani una sorta di rosario. Egli è grandissimo, invisibile, clemente, misericordioso, possente, creatore ecc.

Angeli, demoni e “ginn”
- Gli angeli sono citati spesso dal Corano e sono creature alate che si muovono tra cielo e terra in qualità di intermediari tra Dio e gli uomini. La loro natura non è chiara, ma sembrano essere simili al ruah ebraico, cioè spirito. Sono stati creati per glorificare Dio e portare agli uomini i suoi messaggi. In grandi registri annotano le azioni umane che saranno letti nel giorno del giudizio. La teologia li descrive come creature di luce, incorporei, asessuati, invisibili, salvo a coloro cui sono inviati. Nella scala degli esseri gli angeli comuni sono uno scalino sotto dei buoni musulmani e uno sopra di quelli peccatori;
- I demoni sono angeli che hanno disobbedito a Dio e sono stati da lui cacciati, divenendo i tentatori che ingannano l’uomo e lo inducono ad agire contro la volontà divina, fin dal peccato di Adamo ed Eva;
- I “ginn” sono spiriti che rappresentano le forze della natura già venerati e temuti nell’era preislamica. Essi sono esseri intelligenti, presenti sulla etrra e chiamati ad adorare Dio e ad accogliere i suoi messaggi. Anch’essi verranno giudicati nel giorno del giudizio.

Profeti e inviati
- Dio si manifesta agli uomini e ogni popolo riceve messaggi divini. Il Corano mette una lunga serie di rivelazioni e profeti tra cui annovera i patriarchi biblici e anche Gesù. Essi però sono considerati uomini come gli altri, possono peccare, ma trasmettono senza errori il messaggio ricevuto da Dio. I profeti possono compiere dei miracoli per comprovare la veridicità della propria missione. Ad essi tuttavia la teologia non attribuisce un grande valore, essendo solo una interruzione dell’abituale operare di Dio, non soggetto ad altre leggi che il suo volere. I profeti costituiscono una catena ininterrotta di messaggeri divini ai quali è necessario credere senza eccezioni. Ultimo profeta prima di Maometto è stato Gesù, il messia figlio di Maria, da lei concepito per intervento divino. Il Corano nega tuttavia che egli sia Figlio di Dio e nel giorno del giudizio egli sconfesserà quelli che lo hanno creduto tale.

La rivelazione dei libri
L’Islam ammette come libri rivelati i libri delle rivelazioni dei profeti. Menzionati sono i “fogli” di Abramo, la Torà di Mosè, i salmi di Davide, il Vangelo di Cesù. Non sono essi libri ispirati ma rivelati perché il loro archetipo esiste da sempre presso Dio. Esso scende sull’inviato generalmente trasmesso da un angelo. Il messaggio è perciò nella forma e nel contenuto di origine divina. Nella trasmissione del libro, regna sovrana la volontà di Dio, senza alcuna interferenza da parte del profeta.

L’ultimo giorno
In origine l’attesa escatologica era un tipico aspetto del messaggio di Maometto. Con l’affermazione storica dell’Islam e le sue vittorie politiche e militari, l’aspetto escatologico si è col tempo stemperato e nei successi terreni si sono spesso cercate quella conferme che in origine sembravano principalmente affidate a un intervento definitivo da parte di Dio, sempre prossimo ed imminente. Imminente chiama il Corano l’ora del giudizio che incombe, giudizio descritto come un’adunanza di fronte a Dio del genere umano diviso in due schiere: a destra quella degli eletti, alla sinistra i dannati. Ad essi si aggiunge la categoria dei precursori, cioè i primi che hanno aderito alla fede, meritevoli di una speciale ricompensa.
L’imminente giudizio è preannunciato da questi segni:
- la comparsa di un personaggio di grande importanza nell’Islam chiamato Madhi e quella del suo grande antagonista Daggal, una specie di anticristo;
- il sole sorgerà ad occidente
- un denso fumo avvolgerà ogni cosa per 40 giorni
- la Ka’ba verrà distrutta
- il Corano dimenticato
- la distruzione del mondo
- la resurrezione dei morti
Dio giudicherà gli uomini. Il peccato più grave sarà il politeismo, l’unico a non poter essere perdonato. Le azioni degli uomini verranno pesate dagli angeli su un’apposita bilancia ed il Profeta cercherà di intercedere presso Dio a favore dei credenti, mentre nulla potrà essere fatto per gli infedeli.
Gli eletti godranno per sempre nel paradiso che è un giardino pieno di freschi acque e rigogliosa vegetazione; i dannati andranno all’inferno, il luogo torrido e tenebroso dei tormenti.

La predestinazione
Il tema non è chiaro. Il Corano afferma insistentemente l’esistenza del libero arbitrio, anche confermata dalle scuole teologiche; in altri passi viene invece affermato che nulla avviene senza la volontà di Dio e la stessa ostinazione dei peccatori ha origine da lui.
C’è da dire che nella sensibilità dei credenti l’idea dell’assoluta potenza divina convive con la coscienza della necessità di un impegno personale e di una condotta coerente con i principi della fede.

Il culto musulmano

L’Islam ha cinque precetti fondamentali dettati da Maometto stesso:
1. LA PROFESSIONE DI FEDE: “Che tu testimoni che non c’è altro Dio che Iddio e che Maometto è il suo profeta”. Questa professione inserisce l’Islam nel solco delle grandi religioni monoteiste ed è l’unica professione di fede richiesta a chi si converte all’islamismo:
2. LA PREGHIERA RITUALE: “Che tu compia la preghiera rituale”. Essa è uno degli atti di culto a cui i testi sacri richiamano i musulmani: Per accostarsi alla preghiera bisogna essere in stato di purità rituale, da ciò deriva la necessità di fare abluzioni, che consistono nel lavarsi alcune parti del corpo o tutti il corpo, a seconda i casi. Le preghiere prescritte sono cinque e distribuite nell’arco della giornata: al mattino prima del sorgere del sole; a mezzogiorno; nel corso del pomeriggio; al tramonto; a tarda sera. Il richiamo alla preghiera vine gridato dal muezzin dall’alto del minareto. Luogo privilegiato per la preghiera è la moschea, ma la si può compiere ovunque, a patto di riservare un perimetro a questo scopo, spesso ottenuto stendendo a terra un tappeto. Solo la preghiera del mezzogiorno di venerdì si svolge nella moschea in forma comunitaria. Durante la preghiera l’orante deve orientarsi verso la Mecca. La preghiera islamica non è spontanea ma composta da una sequenza di movimenti e dalla ripetizione di formule prestabilite.
3. L’ELEMOSINA: “Che tu versi l’elemosina”. L’elemosina purifica in primo luogo chi la pratica ed è conseguente alla condanna dello smodato uso delle ricchezze da parte del Corano. Oltre alla purificazione personale, l’altro scopo e la solidarietà verso i membri della comunità che si trovano in difficoltà. Essa è dunque un dovere religioso ma anche sociale praticato solo da quelli che sono in grado di farvi fronte. Infatti il Corano afferma che non la si deve fare quando si è indigenti o la propria famiglia ha bisogno. I proventi sono destinati ai bisognosi o alle necessità pubbliche che lo stesso Corano elenca.
4. IL DIGIUNO: “che tu digiuni nel mese di ramadan”: E’ il più noto dei precetti islamici e viene praticato nel mese di ramadan. Durante questo mese durante le ore di luce sono interdetti cibi, bevande, fumo e rapporti sessuali. La scelta di ramadan come mese di digiuno è collegata con la rivelazione del Corano nella “notte di Dio” tra il 26 e il 27 di questo mese del 610 ed anche ad importanti date nella vita del profeta: nel 619 muore la sua prima moglie; nel 624 vince contro i meccani a Badr; nel 630 entra trionfalmente alla Mecca; gli sciiti vi aggiungono la nascita di Alì e la morte di suo figlio Husayn. I musulmani considerano questo mese un vero tempo forte dell’anno islamico. Le serate e le notti, dal momento della rottura del digiuno, vengono trascorse in letizia con riunioni conviviali, veglie di preghiera, ascolto del Corano. Alla fine del mese si celebra una festa detta “piccola festa” per distinguerla dalla “grande festa” collegata con il pellegrinaggio alla Mecca.
5. IL PELLEGRINAGGIO: “che tu faccia il pellegrinaggio alla Casa se ne hai la possibilità”. Tra i cinque pilastri è quello che conserva maggiori legami con le tradizioni preislamiche. Esso è obbligatorio almeno una volta nella vita per chi abbia i mezzi per farlo. Il tempio santo della Mecca che i pellegrini visitano è stato scelto da Dio prima della creazione del mondo ed esso è l’immagine di un tempio costruito nel cielo per ordine di Dio stesso da parte degli angeli; come questi girano intorno al tempio celeste, così i pellegrini sono chiamati a farlo intorno a quello terreno. Il pellegrinaggio è un’esperienza fondamentale per il musulmano che, dopo averlo fatto, si può fregiare del titolo ufficiale di “pellegrino”.
Ai cinque pilastri dunque è stata attribuita una enorme importanza e vengono chiamati anche i “Diritti di Dio”, sanciti dal Corano e dall’insegnamento del Profeta. Essi sono il fondamento perenne ed immutabile dell’Islam che perciò non prevede alcuna riforma o innovazione.


Articolazione e forme dell'Islam

Assenza di una vera ortodossia
Nonostante le diversificazioni etniche, linguistiche e religiose che rendono varia e ricca questa civiltà, l’Islam ha una comune posizione culturale che costituisce un formidabile fattore di unità. Gli elementi che sono alla base di questa unità sono:
- la coscienza di un glorioso passato comune;
- una visione del mondo fortemente caratterizzata dall’atteggiamento religioso;
- una mentalità legata alla tradizione.
L’Islam non ha una autorità religiosa centrale, ma vige al suo posto il primcpio del consenso (igma) della comunità, o almeno dei dotti, senza tuttavia che quest’ultimi abbiano un’investitura ufficiale, né gli strumenti per imporre una loro particolare interpretazione della religione fuori del grande solco tracciato dal Corano e dalla Sunna del Profeta.
L’assenza di questa autorità porta con sé la mancanza di autentici dogmi; esistono, è vero, delle verità fondamentali che però si riducono ai due enunciati della professione islamica, ma il musulmano non è incline a troppe costrizioni speculative sul mistero divino, né vede volentieri il suo credo affidato a canali di trasmissione che non sia il grande fiume della tradizione.
Le diversificazioni interne, tuttavia, non sono viste da tutti allo stesso modo:
- alcuni vi vedono un opera di Dio e il segno della perenne vitalità dell’Islam e quindi devono essere apprezzati secondo il detto del profeta: “le divergenze della mia comunità sono misericordia divina”;
- altri, invece, vedono in esse un pericolo per l’unità anche in base ad un altro detto del profeta: “la mia comunità si dividerà in 73 sette: una si salverà e l’altre periranno”.
In ogni caso il 90% dei musulmani si riconosce nel sunnismo, per un profondo senso di unità.

Sciiti e haragi
GLI SCIITI
Il movimento sciita si colloca nel quadro delle dispute sorte intorno alla legittima successione alla carica di califfo. Essi si rifanno ad Alì, riconoscono in lui il vero successore del profeta e, fondandosi sulla sua tragica fine, hanno sviluppato una propria visione della fede in cui la sofferenza e il martirio hanno un significato pregnante, a differenza del resto dell’Islam che è poco propenso ad accettare la sconfitta. La morte di Alì e del figlio Husayn ucciso a Karbalà nel 680, sono vissute con grande partecipazione. Anche in campo dottrinale gli sciiti si differenziano dai sanniti ed hanno sviluppato una particolare teoria sull’imman, titolo che essi hanno attribuito al loro capo e ai suoi discendenti ed al quale attribuiscono come un potere di mediazione tra Dio e gli uomini. L’imman non è perciò una carica elettiva; egli è anche capo temporale e non solo spirituale della comunità, depositario del vero senso delle scritture e quindi loro ed unico autentico interprete. Comunque non tutti gli sciiti riconoscono ai figli di Alì la stessa linea di discendenza. La maggioranza riconosce una serie di 12 imman a partire da Alì e suo figlio. Gli sciiti sono il gruppo religiosamente più organizzato dell’Islam. Dentro agli sciiti due gruppi hanno particolare importanza:
- gli zayditi che enfatizzano le qualità morali dell’imman ritenendo degno della causa solo colui che, tra i discendenti di Alì, primeggia per vita spirituale e doti morali;
- gli isma’iliti che, al contrario, danno un peso preponderante solo alla discendenza.
GLI HARIGITI
Gli harigiti sostengono l’uguaglianza di tutte le razze rispetto alla fede, per cui l’immanato può essere attribuito ad ogni fedele, quali che siano le sue ascendenze. Solo la perfezione personale dell’imman determina la legittimità dei diritti e dei doveri della sua carica. Essi sono stati sempre animati da uno spirito egualitario e ardore religioso, hanno combattuto ogni potere e contropotere, ritenendo tutti ugualmente corrotti e illegittimi. Oltre che per le loro imprese religiose, essi sono noti anche per il loro zelo religioso espresso in versi che ha inaugurato un nuovo filone nella poesia araba. Secondo questo gruppo la comunità dei credenti è fondata su due principi:
- quello di appartenenza o consanguineità spirituale di quanti attestano con la parola e le opere la pura unicità divina;
- la scomunica o ostilità, il cui rigore si applica a coloro che si allontano dalla retta via.

Altri raggruppamenti
- DRUSI: che si ricollegano alla dinastia dei Fatimidi;
- AHMADIYYA, movimento sorto in India nel 1876 e fondato dal riformatore islamico Mirza Gulam;
- BABISMO e BAHA’ISMO, nati dentro il gruppo sciita che enfatizza la figura di Bab, intermediario tra l’imman nascosto e Dio

Il sufismo
Il sufismo è una particolare espressione della fede che si manifesta in forme mistiche caratteristiche e che mirano alla unione con Dio. Questo non meraviglia se si considera che il musulmano crede in un unico e personale Dio e tutta la sua vita è impregnata di questa presenza. Non stupisce dunque che sia nato negli spiriti più sensibili l’anelito ad avvicinarsi all’unica realtà esistente, con il conseguente distacco dal mondo allo scopo di eliminare ogni ostacolo che possa ritardare o deviare l’itinerario del mistico verso l’oggetto della sua ricerca. La nostalgia di Dio e l’anelito a ricongiungersi a lui, sono perciò il grande tema del sufismo, incessantemente riproposto dai detti e dai versi dei suoi maggiori esponenti.
Gli oppositori del sufismo rimproverano ad esso di essere una fuga dal mondo e dall’assunzione delle proprie responsabilità e la degenerazione a un atteggiamento fatalistico e rinunciatario. I sufisti da parte loro lamentano il prevalere degli aspetti legali e istituzionali che riducono la religione al suo mero aspetto esteriore, privandola della indispensabile interiorizzazione.


L'Islam moderno

I movimenti del XVIII secolo
Ne notiamo tre dei più importanti:
-WAHHABITI: movimento fondato in Arabia da Abd al Wahhab allo scopo di ripristinare l’Islam nella sua forma originaria, rifiutando quegli elementi di originalità spuria che si sono inseriti indebitamente nelle pratiche seguite dai musulmani;
-SENUSSI: movimento sorto in Africa e che assunse la forma di una specie di confraternita che riproponeva lo stile di vita austero e devoto dei primi credenti e rifiutava i musulmani occidentali perché avevano abbandonato le antiche tradizioni;
-WALI ALLAH: il suo movimento fondato a Nuova Dehli, pur mantenendosi fedele alla fede ortodossa, non rifugge di aprirsi alle nuove esigenze del mondo moderno e contemporaneo, permettendo anche la traduzione del Corano in altre lingue.

Trasformazioni culturali e sociali
La campagna napoleonica del 1798 in Egitto, è ritenuta come il punto di partenza del vasto movimento di rinnovamento che si sviluppò nei decenni successivi e che viene ricordato come il “Risorgimento” arabo e musulmano. Il contatto con la civiltà europea e la traduzione delle opere filosofiche e letterarie dei maggiori autori europei, mise gli intellettuali arabi a contatto con dottrine e correnti che non tardarono ad influenzare anche il loro pensiero. Tra le novità del vasto rinnovamento notiamo:
- introduzione della stampa e nascita di numerose testate con conseguente evoluzione della lingua e dei suoi generi letterari;
- nuove formulazioni del diritto musulmano con codificazioni simili a quelli dell’occidente;
- introduzione di norme costituzionali dello stato, di legislazioni moderne per quanto riguarda il diritto di famiglia;
- riforma della struttura dello stato in senso moderno con sviluppo dell’associazionismo politico e la partecipazione a conferenze e all’istituzioni di organi internazionali.

Grandi figure del riformismo
Ne notiamo solo alcuni:
- GAMAL AL-DIN AFGANI (1838-1897): è ritenuto il pioniere del riformismo. Vedendo lo stato di decadenza e di asservimento dai paesi musulmani ai paesi stranieri, si adoperò per risvegliare la coscienza dei musulmani e dei loro governanti affinché tornassero ad impegnarsi per l’affermazione anche temporale della loro fede, in sintonia con gli insegnamenti e con l’esempio del Profeta.
- MUHAMAD ‘ABDUH (1849-1905): per recuperare la gloria dei secoli passati, l’Islam doveva riformulare le basi del rapporto dell’uomo con Dio, rivalutando la sua razionalità, così come affermavano i mu’tualiziti. Egli si adoperò anche per la riforma delle università e il miglioramento la vita degli studenti.
- FAHIR AL-GAZA (1850-1920): autore di un catechismo in Siria che riproponeva in forme chiare e semplici i principi del credo musulmano e si opponeva alle forme devianti della religiosità popolare.

Punti caldi della critica alla tradizione
La critica alle forme tradizionali dell’Islam chiede soprattutto:
- separazione tra fede e politica. Nel Corano e nella Sunna non esiterebbero elementi sufficienti per sostenere che solo una determinata forma di stato è compatibile con l’Islam (Al’ Abd – al Raziq (1888-1966);
- ricerca dell’autenticità dei libri sacri: molti documenti dei primi tempi, secondo una severa critica letteraria sono apocrifi, inseriti ad arte dalle vari fazioni in lotta tra di loro. I libri sacri devono essere riporati alla primitiva autenticità, attraverso l’esame critico delle fonti e dei generi letterari (Taha Husayn (1889-1973);
- Il Corano non è un libro di storia: le narrazioni craniche vanno intese tenendo conto del loro intento essenzialmente pedagogico. Il Corano usa forme letterarie e modalità utili alla comunicazione tra narratore e destinatari del messaggio, molti dati storici non sono quindi fondati (Muhamad Abmad Halay (1916).

Il radicalismo islamico
Gli aderenti a questo movimento si definiscono al – islamiyyn. Essi non si accontenterebbero di essere musulmani, ma desiderano affermare la loro appartenenza a un sistema totalizzante – l’Islam – che intendono promuovere e difendere non soltanto nella sfera della personale adesione alla fede, ma anche e soprattutto in quella pubblica e istituzionale.
Una delle formazioni più note del radicalismo è quella dei “Fratelli musulmani” fondata nel 1928 in Egitto. Essi ripropongono la tipica globalità islamica, che cioè esiste un inscindibile nesso tra religione e società, tra fede e politica, in forza del quale viene ribadito il valore irrinunciabile della tradizione, senza alcuna concessione alla laicizzazione.

Inserito Mercoledi 16 Settembre 2009, alle ore 9:52:55 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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