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  Verso un «umanesimo mariano»: la libertà di Maria paradigma della libertà umana 
Società Dallo studio di Gianni Colzani, Il ruolo di Maria nell'antropologia teologica postconciliare, in Theotokos, 21 (2013), n.1, pp.83-89. Tutto l'assunto pp. 67-89.

Sarà Louis Bouyer, in un articolo comparso su Etudes,61 a coniare l'espressione «umanesimo mariano» per indicare in Maria la più alta rivelazione delle possibilità offerte dalla grazia all'umanità: la chiamata cioè a vivere in comunione con Dio. Una simile prospettiva va oltre una semplice elaborazione degli aspetti religiosi dell'antropologia attuale. L'ipotesi formulata da Pannenberg62 di una partecipazione teologica alla riflessione moderna sulla vita e sulla soggettività umana è stata significativamente presentata da Otto Hermann Pesch come uno sforzo di «comprendere in prospettiva teologica l'antropologia non-teologica del presente»;63 resta da precisare tanto quali siano i criteri e le dinamiche di questa mediazione teologica quanto il senso del progetto in cui si inseriscono: se si tratta di una semplice "reazione" o "accomo-damento" ad una ideologia o se sono altro. 
Il mio suggerimento è qui legato alla convinzione che la costruzione di una moderna antropologia teologica debba collegarsi alla figura di Maria in modo nuovo rispetto a quanto si è fatto e io stesso ho fatto finora. L'attenzione alla persona e alla storia di Maria introduce come naturalmente in quel dialogo che il Dio di Gesù intrattiene con l'umanità; l'umanesimo mariano non è, infatti, altro che una riflessione sul modo con cui Maria ha vissuto quel processo di autorealizzazione della propria umanità e della propria femminilità nel suo particolare rapporto con Dio ed, alla sua luce, con gli altri e con lo stesso cosmo. In concreto la persona e la storia di Maria sono il fondamento di una riflessione che, sviluppando i temi mariologici, illumina pure i presupposti di una riflessione su quelle strutture antropologiche che rendono possibile questo dialogo e ne illuminano le caratteristiche e il senso.
La libertà di Maria è uno di questi punti: mentre ne coglie lo sviluppo e le dinamiche permette infatti di risalire a quella libertà creaturale64 che è presente in Maria senza il peso di quelle divisioni introdotte dal peccato di origine. Ciononostante il paradigma per comprendere la libertà creaturale non può essere semplicemente assunta da quella modernità che attribuisce un carattere potenzialmente universale  e assoluto al volere umano,65 ma va assunta in forma consapevolmente critica. Mentre la libertà moderna, assunta come assoluta signoria di se stessi e piena autodeterminazione, si esaurisce nell'orizzonte umano, la prospettiva creaturale la comprende a partire dal suo fondamento ultimo come libertà donata.66 Il puro esercizio della libertà è, di per sé, incapace di fondare l'unità ultima della persona che, in un quadro di fede, comprende l'apertura a Dio e accoglie la libertà come un dono di cui si porta la responsabilità.
«L'idea di una libertà storicamente donata non è in contrasto con la soggettività in assoluto. Ciò cui essa mira è soltanto la possibilità di una fondazione definitiva e inattaccabile della soggettività e libertà umane, che non si ritrovano pero già presenti in ogni storia, ma che costituiscono esse stesse il tema delle persone singole e di interi popoli».87
Unitamente a questo aspetto culturale va tenuto presente quello teologico. Se è vero che il problema che oggi ci agita è quello dell'umanizzazione dell'uomo,68 la teologia deve formulare le sue tesi risalendo al di là della controversia de auxiliis fino a riprendere le tesi della patristica greca di una libertà intesa come paideia, cioè come cammino verso una perfezione che, pur restando dono, mantiene un profondo rapporto con la libertà umana. Come concepire questa educazione in modo che un uomo, ancora informe alla nascita, possa giungere alla sua piena umanità? Se per la filosofia greca tutto dipendeva dal paradigma, dal modello o prototipo cui ci si ispirava, non vi è alcun dubbio che per i cristiani questo modello sia Cristo69 e, in subordine, Maria.
Due osservazioni possono aiutarci a comprendere ancora meglio questa tematica. Mentre il mondo orientale pensa la salvezza nei termini di un dinamismo cosmico, di un insieme da mantenere nella sua armonica unità,70 per i cristiani resta centrale la relazione tra Dio e l'io umano. Colpito dall'originalità di un'impostazione che liberava l'uomo dal cosmo, Agostino porrà l'accento sull'uomo interiore;71 tuttavia questo rientrare in se stesso, mentre svincola l'uomo dal cosmo, non lo pone per Agostino di fronte a Dio ma davanti alla concupiscenza, all'amor sui, all'essere schiavo di se stessi: solo l'irrompere del Dio-Amore nel più intimo di noi stessi, tramite lo Spirito, ci libera veramente.
A questa prima osservazione bisogna aggiungerne una seconda che colga e sviluppi il rapporto tra grazia divina e libertà umana: questo rapporto è strutturato in forma di amore, in forma cioè di una comunione che coinvolge l'Io umano e il Tu divino. Questa esperienza di una libertà posta e vissuta all'interno di una relazione d'amore è qualcosa di veramente creativo.
«Affinché l'uomo possa accettare il suo io, deve essere prima in qualche modo accettato dal tu. L'io senza il tu, senza il tu che approva, non è mai costituito pienamente [...] In questo senso è l'amore che redime l'uomo. È esso che lo rende nuova creazione».72
Il pieno dispiegarsi della libertà nel dialogo con Dio si ha solo là dove Dio è pensato e vissuto come Amore; assumere il proprio volto in relazione con un Dio-Amore significa volere contemporaneamente anche il proprio bene e, poiché questo può significare anche contraddire la propria volontà contingente ed immediata, allora andrà sviluppato anche il rapporto tra amore e verità:
«l'amore ha a che fare con la verità, con quello che è il vero bene dell'altro [...] La verità ha bisogno dell'uomo per essere creativa ma anche l'uomo ha bisogno della verità affinché la sua creazione non divenga menzogna».73
Collocare Maria in questo contesto appare significativo;74 più che un elenco delle sue virtù,75 mi sembra importante richiamare il senso del suo cammino. Se è vero che l'atto divino di salvezza è - in Cristo uomo e Dio - un atto pienamente compiuto e pienamente accettato, questa accettazione ha il suo perno nella docilità a quello Spirito che è all'origine della nuova creazione e della nascita della Chiesa, sposa immacolata e senza macchia. Questa nuova umanità e questo nuovo popolo di Dio hanno in Maria la loro icona ed il loro nucleo aggregante perché Maria è modello di questa libertà spirituale, di questa piena docilità allo Spirito d'Amore. L'amore eterno, infatti, è per un verso apparso in Cristo e, per un altro, trova in Maria una sua obiettiva realizzazione: come nell'antica alleanza il tempio e la Torah rappresentavano l'articolazione oggettiva dell'accoglienza delle divine promesse e della loro feconda testimonianza, cosi nella nuova alleanza Maria rappresenta la trasparenza personale della novità trasformante della grazia di Cristo e dell'opera del suo Spirito.
Questa convergenza mariana tra la grazia divina portata da Gesù, che rende umanamente praticabile il suo vissuto attraverso il dono del suo Spirito, e la libertà umana chiamata ad accoglierlo ed a corrispondervi è la base dell'umanesimo mariano; non solo Maria — la panaghia, la tutta santa — sarà la realizzazione più alta che una creatura possa raggiungere di se stessa ma rappresenterà pure il paradigma di questa libera partecipazione dell'umanità all'azione divina. Sviluppando questo aspetto, Bérulle arriverà a parlare di Maria come di un "ordo", di una forma di vita salvata a parte;76 in termini più concreti, l'attuale teologia insisterà sulla cooperazione materna, sulla maternità ecclesiale e, con alcuni teologi, arriverà a parlare di mediazione.
Mi pare bello, in conclusione, richiamare il pensiero di Tommaso quando, commentando l'annunciazione come evento ordinato allo «spirituale matrimonium inter Filium Dei et humanam naturam», osserva che il consenso di Maria è dato «loco totius humanae naturae».77 Il senso dell'osservazione tomista è che quanto avviene in Maria è un momento decisivo del dono di Dio all'umanità e della risposta umana. Evdokimov ne ricaverà la conclusione che la storia dell'umanità non è tanto una dialettica di grazia e peccato ma di grazia e santità; Dio infatti - osserverà - può prendere su di sé tutte le iniquità, ma non può rispondere al posto dell'uomo.78 In questo senso Massimo il Confessore79 dirà che la grazia e la libertà sono le due ali di cui abbiamo bisogno nel nostro cammino verso Dio. Collocando Maria su questo sfondo, il nostro Dante Alighieri metterà sulle labbra di Bernardo queste parole che possono riassumere tutto il nostro discorso: Riguarda omai ne la faccia che a Cristo
più si somoglia, che la sua chiarezza
sola ti può disporre a ceder Cristo.80

NOTE
61 L. BOUYER, «Humanisme marial», in Etudes 87 (1954), n. 5, 158-165. Secondo Bouyer, «Marie et l'honneur que l'Eglise lui rend nous révèlent ce que peut réaliser l'humanité dans sa ligne propre, c'est-à-dire avec la grace divine donnée en plénitude, mais sans excéder pourtant les limites de l'humain [...]Marie est l'exemplaire insurpassable de ce que doit viser tout humanisme chrétien digne de ce nom. Étudier ses perfections, ce sera étudier ce qui nous concerne tous directement: l'idéal que l'humanité restaurée par l'Incarnation doit se proposer». L'articolo si inserisce in un numero unico dedicato a «Marie dans la spiritualité française».
62 Cf. W. PANNENBERG, Antropologia in prospettiva teologica, Queriniana, Brescia 1987.
63 O.H. PESCH, Liberi per grazia. Antropologia teologica, Queriniana, Brescia 1988, 29.
64 Cf. G. COLZANI, «La libertà creaturale della persona», in ID., Antropologia Teologica. L'uomo paradosso e mistero, Dehoniane, Bologna 1997, 367-405.
65 Cf. la critica di W. Pannenberg alla concezione di libertà di K. Rahner: W. PANNENBERG, «Christlicher Glaube und menschliche Freiheit», in Kerygma und Dogma 4(1958) 251-280. Su questa critica converge anche O. H. Pesch.
66 Cf. al riguardo le visioni diverse - trascendentale la prima e storico-teologica la seconda - di K. RAHNER, La grazia come libertà, Paoline, Roma 1970; G. GRESHAKE, Libertà donata. Breve trattato sulla grazia, Queriniana, Brescia 1984.
67 W. PANNENBERG, «Il fondamento cristologico dell'antropologia cristiana», in Concilium 9 (1973) 1091.
68 «C'è ancor oggi un uomo ragionevole che voglia diventare Dio? [...]Di grande attualità per un uditorio ellenistico, il tema dello scambio tra Dio e uomo (o delle due "nature") non è più un tema in un'epoca in cui assenza di Dio ed "eclissi di Dio" sono cosi drammaticamente percepite. Il nostro problema non si chiama più divinizzazione, bensì umanizzazione dell'uomo»: H. KUNG, Essere cristiani, Mondadori, Milano 1976, 501.
gia Teologica.
69 Cf. le stimolanti riflessioni di CH. DOQUOC, Gesù uomo libero. Abbozzo di una cristologia, Queriniana, Brescia 1974.
70 Qui la persona umana sta sotto la legge del karma che fissa l'insuperabile concatenazione tra le scelte umane ed il premio o castigo della seguente reincarnazione. Questo quadro cosmico era presente anche nel pensiero filosofico greco che legava la vita umana al cosmo tramite Anágke, personificazione del destino o del Fato ma scomparirà con il cristianesimo.
71 «Deum et animam scire cupio; quid plus?»: AGOSTINQ, Soliloquia II, 2, 7.
72 J. RATZINGER, «Questioni preliminari ad una teologia della redenzione», in Redenzione ed emancipazione, Queriniana, Brescia 1975, 187.
73 Ibid., 188.
74 Cf. ad esempio i seguenti testi, non sempre attenti alla impostazione teologica della questione: A. AMATO, «Maria di Nazareth, paradigma dell'antropologia cristiana», in Miles Immaculatae 41 (2005) 37-61; S. DE FIORES, «La pro-esistenza di Maria di Nazaret nel contesto della relazionalità», in Ricerche teologiche 6 (1995) 213-227; G. P. Di NICOLA, «Maria persona in relazione tra sociologia e teologia», in Theotokos 2 (1994) 197-261; X. PIKAZA, «Maria la prima persona della storia», in Come si manifesta in Maria la dignità della donna, Centro di cultura mariana «Madre della Chiesa», Roma 1990, 10-47; S. ROSTAGNO, «Marie, modèle du rapport de l'etre humain avec Dieu», in Études théologiques et religieuses 67 (1992) 227-242.
75 Oltre alle indicazioni precedenti cf. G. COLZANI, «La vita di Maria: un cammino spirituale verso la santità», in ID., Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1986, 231-244; G. MARTIRANI, «Maria donna mediterranea»; C. BOFF, «Impegno sociale»; D. G. CANDIDO, «Madre dei discepoli», in Mariologia, a cura di S. DE FIORES - V. FERRARI SGHIEFER - S. M. PERRELLA, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009, 791-806; 628-638 765- 773.
76 Bérulle e la teologia dell'Oratorio giungeranno fino a fare di Maria un ordine a parte. Bérulle parte dal fatto che «l'ordine della Unione ipostatica è più distante dall'ordine di natura e più elevato al di sopra di esso che non lo sia l'ordine di natura sopra il nulla. Perché tra il nulla e l'essere della natura non vi è niente di interposto, non vi è che una semplice parete e questa è di fango [...]ma tra Dio e l'uomo, tra l'essere creato ed increato vi è una distanza infinita...»: P. DE BÉRULLE, Le grandezze di Gesù, Vita e Pensiero, Milano 1935, 118. Riflettendo poi sull'Unione ipostatica giungerà a parlare dell'ordine della Madre di Dio: «L'ordine di Madre di Dio! Ordine distinto e separato da tutti gli ordini che i sono tra gli Angeli e i Santi! Ordine che la SS. Vergine riempie da sola e nel quale essa è unica come il Figlio di Dio è unico nell'ordine e nello stato di Unione ipostatica! Ordine che contiene una grazia e una gloria più grande di quella che è compresa in tutti gli ordini del Cielo e in tutti gli stati degli Spiriti beati! Ordine il più eccellente che possa esserci dopo l'ordine e la dignità suprema della Unione ipostatica riservata al Figlio unico di Dio! Ordine vicinissimo a quella unione divina e personale: in questa ha i suoi fondamenti e le è congiunta in eterno!»: Ibid., 394-395. Se non proprio di un ordine, bisognerà parlare di una forma unica e singolare di grazia, ben diversa da quella santificante e da quella del Verbo incarnato.
77 TOMMASO D'AQUINO, Summa Theologica. III, q. 30, a. 1, in corpus.
78 Cf. P. EVDOKIMOV, La donna e la salvezza del mondo, Jaca Book, Milano 1980, 195-197.
79 Massimo il Confessore vedrà nell'unione delle due nature di Cristo e nella conseguente presenza di due volontà pienamente compiute e non confuse, l'esempio più alto della relazione tra la grazia divina e la libertà della natura umana: cf. Quaestiones ad Thalassum 59, 608b. Ne ricaverà la loro collaborazione nell'ambito della storia salvifica: «non è lecito dire che la grazia da sola per sé operava nei santi la conoscenza dei misteri senza le facoltà per natura recettive della conoscenza [...]. Ma neppure senza la grazia dello Spirito Santo, cercando con la sola facoltà naturale, conseguirono la vera gnosi degli esseri. Altrimenti risulterà inutile ai santi l'irruzione dello Spirito, se in nulla avrà cooperato con essi per la manifestazione della verità»: Quaestiones ad Thalassum 59, 604d-605a.
80 DANTE ALIGHIERI, Paradiso XXXII, 85-87.

 

Inserito Martedi 5 Luglio 2016, alle ore 11:59:41 da latheotokos
 
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