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  Maria nella Liturgia e nella pietà popolare del Natale 
Devozione

Da Marcellina Pedico, Maria nell'Anno Liturgico e Pietà Popolare, Avvento, Natale, Quaresima, in AA. VV., La Vergine Maria nel cammino orante della Chiesa, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2003, pp. 12-20.



Tra le feste cristiane che non cadono di domenica, quella di Natale è senza dubbio la prima e la principale, dopo le domeniche di Pasqua e di Pentecoste. Natale è la festa molto amata dalla pietà della Chiesa e dalla devozione popolare, ed è tanto sentita anche dalla nostra cultura contemporanea, nonostante gli abusi del consumismo. Natale è un momento importante per i cristiani: è la festa in cui si celebra il grande mistero della presenza della Parola fatta carne in mezzo a noi. Per questo la sua celebrazione deve avvenire in modo riflessivo, cosciente. Un Natale celebrato senza preparazione penitenziale e senza un’Eucaristia gioiosa e solenne, senza attenzione ai poveri e agli emarginati, senza austerità  e moderazione, senza condivisione e perdono reciproco, senza richiesta di aiuto a Maria, la Vergine dell’attesa, è un Natale banale, che non lascia traccia nella vita.

1. Maria nella liturgia del Natale

Il 25 dicembre la liturgia celebra il «Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la carne», come diceva l’antico martirologio latino. Ma – si sa – la nascita di un figlio è festa della madre. Perciò il tempo natalizio «costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica di colei la cui illibata verginità diede al mondo il Salvatore» (Marialis cultus 5). Antifone, responsori, inni del giorno di Natale e dell’ottava sono pervasi di riverente ammirazione per il parto verginale di Maria e di grato amore per il frutto benedetto del suo grembo: «Oggi il Re del cielo nasce per noi dalla Vergine, per ricondurre l’uomo perduto al regno dei cieli».12 Ma soprattutto nell’ottava del Natale – il 1° gennaio –, la liturgia celebra, commossa e lieta, la solennità di «Maria santissima Madre di Dio»: «Salve, Madre santa, tu hai dato alla luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno».13 «Beata, o Vergine Maria: hai portato il Creatore del mondo. Hai dato vita a colui che ti ha creata, e sei vergine per sempre».14 La Marialis cultus così commenta il contenuto di questa solennità: «Collocata secondo l’antico suggerimento della liturgia di Roma al 1° gennaio, è destinata a celebrare la parte avuta da Maria nel mistero della salvezza e ad esaltare la singolare dignità che da ciò le deriva, ed è un’occasione propizia per rinnovare l’adorazione al neonato Principe della Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico: pace in terra agli uomini..., e per implorare da Dio, mediatrice la Regina Pacis, il dono supremo della pace» (Marialis Cultus 5). La celebrazione della maternità divina di Maria diviene occasione per allargare il senso di tale maternità alla Chiesa e all’umanità tutta, sulla quale si implora la pienezza della "pace" nel denso significato biblico. Il 6 gennaio, «Epifania del Signore», la liturgia, mentre celebra la vocazione universale alla salvezza, contempla la Vergine come vera sede della Sapienza e vera Madre del Re. Maria presenta il Redentore di tutte le genti ai magi, primizia dei gentili, i quali nel neonato Gesù riconoscono e adorano il Cristo Messia (cf. Mt 2,11)» (cf. Marialis cultus 5). La festa della «Santa Famglia di Gesù, Maria e Giuseppe» (domenica fra l’ottava di Natale) non è tanto contemplazione della serena vita domestica che conducono i santi Sposi di Nazaret e il loro figlio Gesù, quanto celebrazione del mistero dell’infanzia e della vita nascosta del Salvatore: tempo segnato da persecuzione (cf. Mt 1;13-18), dalla kenosis del Re della gloria, dall’episodio «pasquale» dello smarrimento del Figlio nel tempio di Gerusalemme; tempo in cui Maria di Nazaret appare nella pienezza della sua funzione di Madre: Gesù le è sottomesso; ma ella, profondamente partecipe della vicenda del Figlio, ha il cuore trafitto dal dolore (cf. Lc 2,35-48), cuore trasformato in scrigno dove lei, la Madre, custodisce la memoria di parole ed eventi riguardanti Gesù (cf. Lc 2,19. 51). La festa della «Presentazione del Signore» (2 febbraio), celebrata nel quarantesimo giorno del Natale, «è memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita come madre del Servo sofferente di Ihwh» (Marialis cultus 7): le braccia della Madre consegnano il Bambino alle braccia di Simeone, «uomo giusto e timorato di Dio» (Lc 2,25), perché in lui abbia luogo l’incontro tra il Messia e il suo popolo e perché egli, guidato dallo Spirito (cf. Lc 2,26.27), proclami Gesù luce delle genti e gloria d’Israele (cf. Lc 2,32).

2. Pietà popolare mariana nel tempo natalizio

Nel tempo di Natale «gran parte del ricco e complesso mistero della manifestazione del Signore trova ampia eco ed espressioni proprie nella pietà popolare» (Direttorio 108). Ricordiamo ad es. l’albero di Natale, lo scambio di auguri, i regali, i canti, i presepi, il bacio del Bambino Gesù e la sua collocazione nel presepio allestito in chiesa o nelle adiacenze. Alcune espressioni di pietà popolare traggono la loro originaria ispirazione dagli avvenimenti dell’infanzia del Salvatore e, quindi, sono un richiamo obbligato alla figura di Maria, sua Madre:
- Presepio
Il presepio contraddistingue il periodo natalizio.15 I suoi elementi essenziali sono suggeriti dai Vangeli dell’Infanzia. San Luca narra della nascita di Gesù a Betlemme, dei pastori che vegliavano il gregge, come faceva il giovane Davide nei dintorni della città. San Matteo indica Betlemme come luogo visitato dai magi,che andarono incontro al Messia, guidati dalla stella, il simbolo geografico del Natale. Il presepio, infatti, è la ricostruzione delle pagine evangeliche che hanno ispirato san Francesco d’Assisi, nella notte di Natale del 1223, a organizzare a Greccio, piccola borgata dell’Umbria, la sacra rappresentazione della nascita di Gesù, dopo aver ottenuto il permesso di Papa Onorio III. Varie figure appaiono ogni anno nel presepio: i pastori, che accolgono l’annuncio dell’angelo; il gregge che si riposa tranquillo; le case della città in lontananza; la grotta e la mangiatoia con i protagonisti: Maria, Gesù e Giuseppe e, in lenta marcia verso Betlemme, la carovana dei magi. La costruzione progressiva del presepio può assumere una forza pedagogica. Con ogni probabilità è uno degli strumenti più efficaci per visualizzare le scene evangeliche, di sicuro è dotato di una energia maggiore rispetto a quella dei moderni mezzi audiovisivi. Sarebbe quanto mai positivo accompagnare la costruzione del presepio facendo riferimento alle pagine evangeliche. Il programmare a tappe la collocazione delle figure nei rispettivi gruppi di scene potrebbe offrire l’occasione, nei giorni precedenti il Natale, per leggere – una volta collocato ciascun gruppo – il brano corrispondente del Vangelo: di Luca, per la nascita di Gesù e per l’annuncio ai pastori, di Matteo, per i magi. Questo riferimento ai Vangeli aiuterebbe anche a dare al presepio la prospettiva della fede cristiana, evitando che si confonda con un gioco da bambini.16 Riguardo al personaggio «Maria di Nazaret» sulla scena «presepiale», nei primi secoli del cristianesimo è prevalsa la tipologia iconografica ellenica della Natività, dove Maria è raffigurata seduta. Più tardi si è sviluppata quella siriaca, con la Madre di Dio coricata, che sopravvisse fino al XIV secolo. La collocazione attuale di Maria sul presepio, di derivazione francescana, dà un evidente risalto al suo ruolo fondamentale di Madre. Maria, inginocchiata con il capo leggermente proteso in avanti, volge le mani giunte in atto di adorazione del divin Figlio nella mangiatoia. Indossa una tunica talare rosa, tipica dell’antica Palestina, ed «è rivestita di un manto blu che la ricopre dalla testa ai piedi e reca tre stelle – una sul capo e due sulle spalle – a significare la sua verginità prima, durante e dopo il parto e la grazia della Trinità divina che l’ha santificata nello spirito, nell’anima e nel corpo».17
- Canti natalizi
La più nota canzone natalizia: «Tu scendi dalle stelle»,18 sta per compiere 250 anni di vita, immortalata anche da Eduardo de Filippo nel suo famoso lavoro teatrale, «Natale in casa Cupiello».19 Le sette strofe che iniziano con «Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo» furono infatti composte nel dicembre 1755 da sant’Alfonso Maria de’ Liguori, mentre stava predicando una missione a Nola, nei pressi di Napoli. Immediatamente la dolce lirica e l’orecchiabile motivo si diffusero in tutta la Campania e via via si propagarono dovunque in Italia, anche in seguito alle missioni popolari tenute dai Padri redentoristi. A sant’Alfonso risalgono anche altre due composizioni natalizie: quella mariana: «Fermarono i cieli la loro armonia, cantando a Maria la nanna a Gesù», e quella in dialetto napoletano, «Quanno nascette Ninno a Bettalemme era notte e parea miezo juorno». Nel Settecento, Napoli si segnala all’attenzione di tutti per la costruzione dei presepi: da quello costruito dalle mani stesse di re Carlo di Borbone per la reggia, da quelli classici del Somma, Bottiglieri, Cappelli e soprattutto del Sammartino, fino a quelli più semplici, ma anche più veri, nelle case dei poveri, nei bassí, nelle botteghe, nei vicoli. Su questo fervore di sacro artigianato sant’Alfonso nella «Novena di Natale» cala la sua meditazione invitando i fedeli a fare del proprio cuore un presepe, dove accogliere Cristo che viene. In sintonia con il suo popolo anche il santo attende, prega, canta e gioisce per il Natale. Con la sua spontaneità e freschezza, che assicurano al canto i valori eterni, Alfonso contempla Maria accanto al Bambino nell’atto di intonargli la ninna nanna: il cosmo si ferma estatico davanti a questo miracolo d’amore: «Fermarono i cieli / la loro armonia / cantando Maria / la nanna a Gesù». Almeno a Natale tutti devono gioire e pregare; anche gli scugnizzi. Per questi il santo ricorre al dialetto. E non è irriverenza la sua o disimpegno letterario, ma ricerca di una comunicazione di squisito sapore confidenziale: «Quanno nascette Ninno a Bettalemme era notte e parea miezo juorno». Però il canto: «Tu scendi dalle stelle» ha indissolubilmente legato il nome di sant’Alfonso alla solennità del Natale. Il santo risale all’immenso amore di Cristo, che si fa Bambino, attraverso il ritmo di efficaci contrasti. L’amore vero non sopporta le distanze e Cristo non si limita a contemplare le sofferenze dell’uomo, ma le sperimenta e condivide nella sua carne. Scende allora dalle stelle e viene in una grotta, al freddo, al gelo; alla ricchezza di Creatore del mondo, alla festa eterna nel seno del Padre, preferisce un’assoluta povertà, fino alla mancanza di panni e di fuoco, fino al dolore e al pianto. Ma ecco, tra la terza e la quarta strofa, la chiave del messaggio: «Tu piangi non per duol, ma per amore... Caro, non pianger più, ch’io t’amo, io t’amo...». Il canto poi si chiude, in linea con il sentire alfonsiano, con il ricorso e l’invocazione a Maria, l’ultima speranza per riordinare le cose: «O Maria, speranza mia, s’io poco amo il tuo Gesù, non ti sdegnare; /amalo tu per me s’io nol so amare». Ancora oggi con sant’Alfonso è possibile ritrovare i ritmi giusti, per un’autentica atmosfera natalizia. L’aveva già intuito il genio di Giuseppe Verdi quando, dopo aver ascoltato l’inno del santo durante la veglia natalizia del 1890, nel palazzo Doria a Genova, esclamò: «Senza questa pastorale, Natale non sarebbe Natale».
- Riscoprire l’Ave Maria
«La solennità del 1° gennaio, eminentemente mariana, offre una spazio particolarmente adatto per un incontro della pietà liturgica con quella popolare: la prima celebra quell’evento con i moduli che le sono propri; la seconda, se debitamente educata, non mancherà di dare vita a espressioni di lode e di felicitazione alla Vergine per la nascita del suo Figlio divino, e di approfondire il contenuto di tante formule di preghiera, a cominciare da quella tanto cara ai fedeli: "Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori"» (Direttorio 115). In verità, l’Ave Maria, cominciata, per così dire, con la redazione del Vangelo di Luca e conclusa, da un punto di vista liturgico-giuridico, solo nel 1569, quando Pio V la introdusse nel Breviario Romano, è la preghiera più conosciuta e più comune che la Chiesa rivolge alla Madre di Dio: s’impara da bambini, si ripete per tutta la vita. È una preghiera semplice e popolare che trae origine dal Vangelo e porta però in sé una serie di espressioni che manifestano l’animo umano nella sua situazione concreta. È la preghiera che pone l’orante in relazione con la Madre di Gesù e madre nostra, a cui presenta il suo saluto e le sue richieste. Frutto dell’ispirazione divina e dell’esperienza ecclesiale, l’Ave Maria risuonerà sempre come la lode più pura e la supplica più intensa dei figli peccatori, ma fiduciosi nell’intercessione di Maria, dal cui grembo verginale è nato il Salvatore del mondo. Quale vero tesoro di fede, di amore filiale, di confidenza e di sicura speranza, l’Ave Maria è preghiera biblica, perché la prima parte è tratta dal Vangelo di Luca; è preghiera ecclesiale, perché riflette l’esperienza della Chiesa e ne esprime la fede; è preghiera liturgica, perché ricorre evocatrice in varie celebrazioni della Liturgia delle Ore e dei santi misteri; è preghiera popolare, perché costituisce il nucleo essenziale di pii esercizi molto diffusi e amati dal popolo cristiano, quali l’Angelus Domini e il Rosario; è infine preghiera catechetica, perché fonte ispiratrice dell’insegnamento della Chiesa e oggetto essa stessa della sua catechesi. Cos’è l’Ave Maria, se non una collana formata da due, tre, perle tutte riprese dalle Scritture, e annodate da una pietra preziosa, il nome di Gesù?
a) La prima parte
è una lode e pone sulle nostre labbra il saluto stesso che Dio rivolse, per mezzo dell’angelo, a Maria di Nazaret (Lc 1,28) e l’elogio che Elisabetta rivolse alla Madre del Signore (Lc 1,42-43). Si tratta di una sintesi rigorosa del mistero della Vergine: della sua santità e della trasformazione operata in lei dalla grazia («piena di grazia»), della sua singolare elezione («benedetta tu fra le donne»), del favore con cui Dio l’accompagna nella missione che le affida («il Signore è con te»), della sua maternità messianica e salvifica («benedetto il frutto del tuo seno»).
b) La seconda parte è una supplica ed è frutto dell’esperienza della Chiesa: della sua fede nella maternità divina («Madre di Dio»), della sua fiducia nell’intercessione materna e misericordiosa della Vergine («prega per noi»), accompagnando il cristiano, debole e peccatore («peccatori»), nel cammino della vita: «adesso», il presente, quale espressione concreta di vita e possibilità unica di agire; e «nell’ora della morte», quale occasione decisiva: momento temuto e desiderato, tenebroso e luminoso, di lotta e di riposo, di fine e di inizio.20
- Affidamento familiare alla Santa Famiglia di Nazaret
«La festa della Santa Famiglia di Nazaret offre un ambito celebrativo adatto per lo svolgimento di alcuni riti o momenti di preghiera propri della famiglia cristiana» (Direttorio 112). Tale festività potrà essere occasione per la rinnovazione dell’affidamento familiare alla Santa Famiglia di Nazaret, la benedizione dei figli, prevista nel Rituale, il rinnovo degli impegni matrimoniali o lo scambio delle promesse sponsali dei fidanzati (cf. Direttorio 112).21 Riguardo alla formula di preghiera dell’«Atto di affidamento», legittimamente approvata,22 il Direttorio indica gli atteggiamenti da assumere, i criteri da tener presente e le modalità di attuazione: come indica il Manuale delle indulgenze, «deve essere espressa in modo corretto, in una linea, per così dire, liturgica: al Padre per Cristo nello Spirito Santo, implorando l’intercessione gloriosa di Maria, alla quale ci si affida totalmente, per osservare con fedeltà gli impegni battesimali e vivere in atteggiamento filiale nei suoi confronti; deve essere compiuta al di fuori della celebrazione del Sacrificio eucaristico, dato che si tratta di un gesto di devozione non assimilabile alla Liturgia: l’affidamento a Maria infatti si distingue sostanzialemente da altre forme di consacrazione liturgica» (Direttorio 204).23 Possiamo dire in sintesi che la liturgia del tempo di Natale e le manifestazioni della pietà popolare sono fondamentalmente caratterizzate dall’invito a riconoscere Maria come la Madre di Dio e a vederla presente nelle varie manifestazioni del Figlio.

NOTE
12 Liturgia delle Ore, 25 dicembre, Responsorio I lettura.
13 Messale Romano, 1° gennaio, Antifona d’ingresso.
14 Liturgia delle Ore, 1° gennaio, Responsorio II lettura.
15 Tra le numerose pubblicazioni, cf. B. FORTE, Il racconto del presepe con una appendice a cura di Giuliana Boccadamo, D’Auria Editore, Napoli 1999; V. MATTIOLI, I personaggi del presepe, Piemme, Casale Monferrato 2000; A. PRONZATO, La novena di Natale davanti al presepe, Gribaudi, Milano 2001; C. BIASINI SELVAGGI, I segreti del presepio. Storia dei personaggi, degli animali, degli oggetti e dei paesaggi, Piemme, Casale Monferrato 2001; G. LAFORGIA, Per le strade di un sogno. I Vangeli dell’Infanzia secondo un presepista. Presentazione di Nicola Defilippis, Edizioni Vivere In, Roma 2001; Presepi artistici e popolari, a cura di Luciano Zeppegno, Interlinea Edizioni, Novara 2002; Z. ZUFFETTI, Gli animali del presepio. Dall’Eden a Betlemme, Ancora, Milano 2002.
16 Cf. T. LASCONI, Natale non è un gioco, in Noi genitori&figli. Supplemento di Avvenire del 22 dicembre 2002, p. 6-7.
17 G. PASSARELLI, L’icona del Natale, Matriona, Milano 1989, p. 15.
18 Cf. ALFONSO DE LIGUORI, Tu scendi dalle stelle. A cura di Nino Fasullo. Con una nota di Salvatore S. Nigro, Sellerio Editore, Palermo 2002; A. AMARANTE, «Tu scendi dalle stelle» nacque così, in La Madre di Dio, 56 (1988), n. 12, p. 14-15.
19 E. DE FILIPPO, Natale in casa Cuppiello, Fabbri Editori, Milano 2002.
20 Cf. I. M. CALABUIG, Ave Maria. Lode e supplica alla Madre di Dio, Centro di cultura mariana «Madre della Chiesa», Roma 1993; M. M. PEDICO, Ave Maria piena di storia e di novità, in Rogate ergo, n. 5/2003, p. 5-8.
21 Cf. J. CASTELLANO CERVERA, Aspetti mariani delle «benedizioni» riguardanti la famiglia, in Riparazione mariana, n. 2/2003, p. 7-10.
22 Manuale delle indulgenze. Norme e concessioni, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999, p. 55. Nel Manuale si legge: «Si concede l’indulgenza plenaria ai membri della famiglia nel giorno in cui per la prima volta, possibilmente alla presenza del sacerdote o del diacono, si compie la consacrazione della medesima alla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, leggendo la preghiera legittimamente approvata davanti all’immagine della Santa Famiglia; nel giorno anniversario l’indulgenza è parziale».
23 Cf. C. MAGGIONI, Consacrarsi-affidarsi alla Madre di Dio, in Riparazione mariana, 3/2003, p. 4-7: Tutto il fascicolo è dedicato al tema della consacrazione/affidamento a Maria.

 

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