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  Fondamenti biblici del dogma dell'Immacolata? - Parte II 
Dogmi

Un intervento di Aristide Serra, in Advocata gratiae et sanctitatis exemplar. A 150 anni dalla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione. VOL. 3, Pontificia Academia Theologica, 2004/2, pp. 363-386.



II. ISRAELE AL SINAI, SPOSA IMMACOLATA

Ai piedi del Monte Sinai ebbe luogo l’Alleanza del Signore con tutto il popolo d’Israele e il Dono della Torah (Esodo 19-24). Quelle pagine del libro dell’Esodo costituiscono come il vangelo di tutto l’Antico Testamento. Esse furono oggetto di commenti numerosi e suggestivi da parte della teologia giudaica. Inoltre mostrano un sensibile influsso sui testi del Nuovo Testamento, ove sono citate – esplicitamente o per via di allusioni – una decina di volte47.
Fra i temi sviluppati dalla riflessione giudaica su questi capitoli, ve n’è uno che appare con insistenza frequente e che può conferire al tema del nostro Simposio. Esso riguarda
la purificazione totale, nel corpo e nello spirito, che Dio operò nei riguardi del popolo d’Israele al Sinai; tale purificazione era richiesta dal fatto che la Torah, offerta a Israele, è pura, perfetta, immacolata. Alla Torah senza macchia doveva corrispondere un popolo senza macchia.
Questo tema è sviluppato o accennato con moduli vari dalle seguenti fonti: la versione greca dei Settanta (con discreta probabilità), Filone, Giuseppe Flavio, il Targum, e non pochi midrashîm ove appaiono i nomi di alcuni Rabbini dei secoli II-IV. Cercherò, adesso, di riassumere in termini essenziali il contenuto del tema suddetto
48. I midrashîm (vale a dire i commenti del giudaismo al testo biblico) elaborano considerazioni del seguente tenore. Gli ebrei, quand’erano in Egitto, adorarono le false divinità (cf. Ez 20,7; 23,3.8.19.21.27 ... ). Perciò furono afflitti da inimicizie; il politeismo, infatti, immette germi di discordia tra il popolo di Dio. Anche dopo l’esodo dalla schiavitù del Faraone, le tappe del loro viaggio verso il Sinai furono turbate da dissensi. Sta scritto infatti – argomentano i Rabbini – che « ... gli Israeliti partirono ... da Ramses e si accamparono a Succot» (Num 33,5). L’uso del plurale (“partirono”, “si accamparono”, ripetuto poi nei versetti seguenti) indica che tra le loro fila vi furono dei dissensi49. Inoltre, insegnano alcuni rabbini dei secoli II-IV, gli Israeliti venuti fuori dall’Egitto erano un popolo di minorati nel fisico. Avendo subito dei maltrattamenti durante i lavori forzati, tra loro v’erano parecchi lebbrosi, zoppi, ciechi, muti, sordi…50.
Ed ecco il mutamento che sopraggiunse. Arrivati al Sinai, Dio volle compiere una trasformazione prodigiosa del suo popolo. Egli pensò, infatti: «
La Torah è perfetta ... I giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti» (cf. Sal 19,8.10). Non è conveniente alla dignità della Torah che io la doni a una generazione di handicappati»51. Fu allora che Dio decise di guarire tutti gli Israeliti dalle loro infermità, nello spirito e nel corpo
52.
Nello spirito: poiché si riconciliarono fra loro. Nel prezioso e celebre commento al libro dell’Esodo, chiamato Mekiltà di R. Ismaele, si legge: «Quand’erano tutti insieme al monte Sinai per ricevere la Torah, [gli Israeliti] erano tutti un cuor solo, per accettare con gioia il Regno di Dio»
53. Anche il targum dello pseudo Gionata a Esodo 19,2 è sulla stessa linea di interpretazione; scrive infatti che Israele piantò le tende al Sinai «d’un sol cuore»54. In altre parole, Israele trovò la via della concordia. In effetti in Esodo 19,2 leggiamo che il popolo « ... si accampò davanti al monte». Insegnano i Rabbini che l’impiego del verbo al singolare (“si accampò”), e non più al plurale (“si accamparono”), sta a significare che le tribù divennero come una cosa sola55.
Lo storico Giuseppe Flavio (fine sec. I d.C.) dal canto suo scrive che nei due giorni precedenti l’Alleanza, essi facevano banchetti e pasti più sontuosi
56: la commensalità era segno di fraternità!
Nel corpo: poiché al momento della maestosa teofania sul monte Sinai, fra gli ebrei non v’era più nessuno che soffrisse le menomazioni fisiche di prima. Questo genere di midrash (assai noto), pur nelle sue variegate modulazioni concorda nel dire che al Sinai non v’era nessuno degli Israeliti che fosse zoppo; è scritto infatti che «si tennero ritti alle falde del monte» (Esodo 19,17); “stettero” cioè sui propri piedi. Nessuno aveva le braccia fratturate, poiché si afferma: «Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo
faremo» (Esodo 19,8; 24,3.7). Nessuno che fosse sordo, dal momento che esclamarono: « ... faremo e ascolteremo» (Esodo 24,7). Non un cieco, dato che « ... tutto il popolo vedeva i tuoni» (Esodo 20,18). E neppure un muto, per il fatto che « ... tutto il popolo rispose ... » (Esodo 19,8). Quindi, si conclude, tutti furono guariti, secondo la promessa dichiarata dal Signore: «Non ti infliggerò alcuna infermità che ho mandato all’Egitto: infatti io sono il Signore, Colui che ti guarisce» (Esodo 15,26). In quell’ora solenne, dunque, la comunità di Israele appariva allo sguardo di Dio come la sposa tutta bella e senza macchia di cui parla il Cantico dei Cantici57. Il popolo, commenta Filone di Alessandria, «portava delle vesti di un candore incomparabile»58. In quel nitore degli abiti v’era come la rifrazione degli spiriti rinnovati. Il capitolo 19 dell’Esodo, ove ha inizio il racconto della grandiosa teofania sinaitica, è introdotto dai seguenti due termini: yvylvh vdjb (bachódesh hashshlishî), cioè «nel terzo mese ...». Ora, osservano i rabbini con l’esegesi capillare e ingegnosa di cui erano capaci, il termine vdjb non dev’essere vocalizzato bachódesh (che vuol dire «nel mese»), ma piuttosto bachiddûsh, parola che essi scompongono nel verbo (= venne) e nel sostantivo chiddûsh (= il rinnovamento)59. Un rinnovamento del tutto inedito, mai visto in precedenza: un rinnovamento che avrà la sua replica nel mondo futuro, ove – al dire di Isaia 35,5-6 – « ... si apriranno gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto ... »60. Mosè, pertanto, quale paraninfo61, potè presentare a Dio la sposa-Israele così rifatta dall’intimo. E lì, di fronte alla santa montagna del Sinai, Israele pronunziò il “sì” nuziale: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo» (Es 19,8; cf. 24,3.7). Questa promessa propiziò la ratifica degli sponsali dell’Alleanza.
La teologia giudaica, facilmente già contemporanea al Nuovo Testamento, amava ripetere che Israele era «
la più bella di tutte le nazioni » quando, ai piedi del Sinai, diede il proprio assenso all’Alleanza. L’assemblea lì radunata, si commenta, emise quelle parole «con un cuore integro, buono»62, ossia con intenzione sincera, volta unicamente al bene. Gli Israeliti accolsero i precetti del Signore «con amore»63.
E una convinzione va radicandosi saldamente in Israele. Cioè: l’autentica “bellezza” d’Israele è la sua fedeltà alla Toràh, la Legge dell’Alleanza, la Legge del Signore
64. Stupisce, a questo proposito, un fenomeno caratteristico nel targum del Cantico dei Cantici. Là dove il testo ebraico celebra la bellezza della Sposa, il testo aramaico del targum – per ben sette volte! – converte questa “bellezza” nelle opere giuste e sante che Israele compie quando vive secondo la Torah65.
L’Eterno, insegnava inoltre il giudaismo, aveva purificato il suo popolo nel corpo e nello spirito, perché potesse esprimere il suo consenso al Dono della Torah. Proprio perché la Torah è perfetta (cf. Sal 19,8), il popolo doveva essere perfetto. In quell’ora solenne Israele appariva come Sposa
interamente monda (Ct 4,7), resa tutta candida (Ct 8,5 nei Settanta: leleukanqismevnh)66. Perciò il Signore si rivolgeva a lei con gli accenti della Cantica (4,7): «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia»67. E – si noti bene – la purificazione totale che Dio volle effettuare nel suo popolo affinché fosse in grado di accogliere la Torah, è posta in tacito rapporto con la bellezza di Eva perduta dopo la seduzione del serpente. Questo raccordo di situazioni pare insinuato da una sentenza di R. Yochanan (+ 279), riferita per tre volte in tre distinti trattati del talmud babilonese. Essa recita così: «
Quando il serpente si accostò a Eva iniettò la concupiscenza in lei ... [Ma per] gli Israeliti che stettero in faccia al Sinai, cessò la loro incontinenza ... »68. Il presente assioma mette chiaramente in relazione la caduta di Eva nell’Eden con «il giorno dell’assemblea» (cf. Dt 4,10 nei Settanta), il giorno cioè in cui le tribù di Israele comparvero davanti al monte Sinai per ricevere la Torah. Tra le due scene è suggerito un rapporto antitetico: il comportamento di Israele ai piedi del Sinai fu il riscatto del fallimento di Eva davanti al serpente. La disobbedienza di Eva veniva redenta dal “sì” di Israele. In conclusione: la bellezza di Eva, svanita nell’Eden a causa della colpa, fu ridonata a Israele nel grande giorno del Sinai, per il merito di aver accolto la Torah.
Ai piedi del Sinai, dicevamo, Israele apparve completamente purificata dal Signore, e quindi “tutta bella”. Perciò fu in grado di pronunciare quel “sì” che la rendeva Sposa del Signore e Donna dell’Alleanza. Il “fiat” primigenio di Israele ha il suo riscontro nel “fiat” di Maria
69. Se in faccia al Sinai Israele era la leleukanthisméne (= resa tutta candida), a Nazaret, dinanzi all’angelo, Maria è la kecharitoméne, ossia «la piena di grazia». Come al Sinai Israele era «la più bella fra le nazioni», così a Nazaret Maria è «la più bella fra le donne» quando pronuncia il suo “sì”, che la rende Madre del Signore e Donna dell’Alleanza Nuova
70. Fin dal secolo IV la chiesa d’Oriente parlerà di una “prepurificazione” (prokathársis) di Maria ad opera dello Spirito Santo, in vista del “fiat” dell’annunciazione. Nella carne e nella mente fu santificata, poiché doveva accogliere in grembo il Verbo Divino, Santità assoluta71. Alcune di queste voci mettono poi in rapporto la bellezza di Eva nell’Eden con la bellezza di Maria nel mistero dell’Annunciazione. Canta Giacomo di Sarug (+ 521): «[Lo Spirito Santo] pura la fece e casta e benedetta come quell’Eva, prima che con lei il serpente parlasse. Dette a lei la bellezza antica, che aveva la madre sua, prima che dell’albero gustasse pieno di morte ... Nuova la fece e vide il Signore che era molto bella come l’antica, ed allora abitò e s’incarnò in ess72.

CONCLUSIONE

L’Immacolata è strettamente connessa al «mistero taciuto per secoli eterni» e rivelato in Cristo Gesù (cf. Rom 16,25-26)73. In vista dell’Incarnazione e in virtù del mistero Pasquale, il Dio dell’Alleanza sognava di trasformare Israele e l’umanità intera in una “Sposa tutta bella, santa e immacolata” (cf. Ef 5,27). In Maria di Nazaret, figlia di Eva e fiore d’Israele, il sogno si è avverato compiutamente. E così sarà della Chiesa, cuore e alveo dell’umanità. Lo Spirito effuso dal Risorto «st[a] facendo nuove tutte le cose» (Ap 21,5). La Risurrezione, appunto, mise in piena luce la “novità” inaudita del sogno divino: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, è il Verbo Divino fatto carne, è il Dio-con noi (cf. Gv 1,14; 14,20). La Pasqua rivelò la rinascita verginale di Cristo: il Padre, mediante l’energia dello Spirito, fece rinascere in maniera prodigiosa il Figlio Suo Gesù dal grembo della tomba. A sua volta, il fulgore della Pasqua sospinse la Chiesa a interrogarsi sul “come” il Figlio dell’Altissimo era divenuto Figlio dell’uomo nel grembo della madre terrena. E qui nasce la fede nella concezione verginale di Cristo: il Padre, in virtù dello Spirito Santo, suscita l’umanità del Figlio Suo nel grembo di Maria. Successivamente, nel corso dei secoli, lo Spirito Santo suggerì alla Chiesa di investigare la maniera con la quale Egli Stesso plasmò gli inizi della donna chiamata a collaborare al disegno dell’Incarnazione. Approfondendo allora il “non detto” della Scrittura, l’assemblea ecclesiale elabora lentamente la propria fede nella concezione immacolata di Maria: l’Incarnazione del Verbo, come vertice dell’Alleanza di Dio con noi, esigeva che fosse inondata di grazia – fin dal primo istante  della sua esistenza – la Madre di Lui74. Ed è un’“esigenza” che si rivela, ancora una volta, opera della Trinità Santa: «Del Padre che prepara una dimora radicalmente e assolutamente santa per il Figlio, da lui eternamente generato e infinitamente amato; della divina Sapienza [il Figlio], la quale, secondo l’appropriazione liturgica, “si è costruita una casa” (Pro 9,1), escludendo da essa ogni connessione con il peccato, assolutamente incompatibile con la sua santità; dello Spirito Santo, iconografo divino, che abbellisce con esimi doni di grazia e di santità la dimora per il Figlio dal quale Egli eternamente procede»75.
L’Immacolata da una parte corona il cammino di purificazione dal male che il Signore Dio andava operando in seno a Israele; dall’altra è l’inizio che ha in sé l’anticipo della fine, quando « ... Dio sarà tutto in tutti» (1 Cor 15,28). È una riprova della tattica divina così espressa dal profeta: «
Io dal principio annunzio la fine ... Io dico: “Il mio progetto resta valido, io compirò ogni mia volontà”»(Is 46,10).

NOTE
46 Altri tre argomenti di questo tipo appariranno negli Atti del XIV Simposio Internazionale Mariologico, celebrato il 7-10 ottobre 2003 presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, sul dogma dell’Immacolata.
47 Per una documentazione di massima, cf.: Es 19-24 con Eb 12,18-24; Es 19,3-8 con Lc 1,26-38 (applicazione mariana) e Mt 28,16-20 (applicazione ecclesiale); Es 19,3-20,1ss. con At 2,1-13 e Ef 4,8-10; Es 19,6a con 1 Pt 2,5 e Ap 1,6; 5,10; Es 19,8 e 24,3.7 con Gv 2,5; Es 24,3-8 con Eb 9,19-20; Es 24,8 con Mc 14,24; Mt 26,28; Lc 22,20; 1 Cor 11,25; Eb 19,20. Per un cenno bibliografico di avvio, cf. O. BETZ, The eschatological Interpretation of the Sinai Tradition in Qumran and in the New Testament, in Revue de Qumran 6 (1967), pp. 89-107; J. POTIN, La Fête juive de la Pentecôte. Étude des textes liturgiques, t. I, Commentaire, Les Éditions Du Cerf, Paris 1971, pp. 203-230, 299-314; A. SERRA, Maria secondo il Vangelo, Queriniana, Brescia 1987, pp. 7-17; IDEM, E c’era la Madre di Gesù ..., Ed. Cens-Marianum 1989, pp. 291-292, 368-370; IDEM, Maria di Nazaret. Una fede in cammino, Edizioni Paoline, Milano 1993, pp. 9-17; E. BOSETTI, Il Pastore. Cristo e la Chiesa nella prima lettera di Pietro, Edizioni Dehoniane, Bologna 1990, pp. 205, 269, 272.
48 L’ho esposto, a più riprese, nei seguenti miei scritti: Contributi dell’antica letteratura giudaica per l’esegesi di Giovanni 2,1-12 e 19,25-27, Edizioni Herder, Roma 1977, pp. 200, 358-362; Maria, segno operante di unità dei «dispersi figli di Dio» (Giov 11,52), in AA.VV., Il ruolo di Maria nell’oggi della Chiesa e del mondo. Simposio mariologico Roma, ottobre 1978, Edizioni Marianum-Dehoniane, Roma-Bologna 1979, pp. 75-79 (testo ripreso nella mia miscellanea E c’era la Madre di Gesù ..., cit., 1989, pp. 291-294); voce Immacolata, in Nuovo Dizionario di Mariologia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1985, pp. 693-695; Miryam Figlia di Sion. La Donna di Nazaret e il femminile a partire dal giudaismo antico, Edizioni Paoline, Milano 1997, pp. 167-172. Da queste ricerche mi permetto ricavare la sintesi delle righe successive.
49 Lv R (= Rabbah) 9,9 a 17,11-12 e Perek Hashalom 59b (R. Ezechia, incerto se di Acca, 350 ca., o Ezechia b.Chiyya, 240 ca.); Lam R, proemio 20 (R. Alessandro, 270 ca.); Qo R 10,18.1; Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par.1 a Es 19,2.
50 R. Simeone b.Yochai, 150 ca. (Ct R 4,7.1; Lv R 18,4 a 15,1; Num R 7,1 a 5,2; 13,8 a 7,13); R. Eliezer (Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par. 9 a 20,18); R. Tanchuma b. R. Abba, 380 ca. (Num R 7,1 a 5,2). Cf. anche Pesiktà di Rav Kahana 12,19 e Pesiktà Rabbati 15,22.
51 Num R 7,1 a 5,2 (R. Tanchuma b.R. Abba, 380 ca.); Pesiktà di Rav Kahana 12,19 (R. Giuda b.R. Simone, 320 ca.). Osserva POTIN, op. cit., p. 212: «L’approche du Dieu Saint exige une sainteté totale. La Loi divine qu’Israël va recevoir est une lumière impitoyable qui scrute jusqu’au plus profond du coeur».
52 Per una trattazione complessiva dei vari aspetti connessi a questo argomento, cf. SERRA, Contributi ... , pp. 199-202, 358-362; POTIN, op. cit., pp. 210-217.
53 Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par. 5 a Es 20,2.
54 Targum du Pentateuque. Traduction des deux recensions palestiniennes complètes avec introduction, parallèles, notes et index par R. Le Déaut, avec la collaboration de J. Robert, t. II, Exode et Lévitique, Les Éditions du Cerf, Paris 1979 (Sources Chrétiennes, n. 256), p. 153.
55 Lv R 9,9 a 7,11-12; 19,4 a 15,25 (R. Kohen, 330 ca. [?]; Lam R, proemio 20; Perek Hashalom 59b (R. Ezechia; cf. la nota 57); Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par. 1 a Es 19,2. Inoltre i Pirqe di Rabbi Eliezer, cap. 41,3 scrivono: «Dal giorno in cui gli Israeliti uscirono dall’Egitto, viaggiarono e si accamparono in buona armonia, secondo che sta scritto: “Erano partiti [da Refidim] e si accamparono nel deserto” (Es 19,2), finchè giunsero tutti al monte Sinai,e fissarono tutti l’accampamento in faccia alla montagna, “come un solo uomo, d’un sol cuore”, essendo scritto: “E Israele pose la tenda là, dirimpetto al monte” (Es 19,2)». Cf. M. PÉREZ FERNÁNDEZ, Los Capítulos de Rabbí Eliezer. Pirqê Rabbî jElîezer, [Artes Gráficas Soler], Valencia 1984, p. 288, paragrafo 3. Gli scritti giudaici impiegano sovente il collettivo “tutti” per meglio significare che il popolo ebraico tutto quanto prese parte all’esperienza del Sinai. Si tratta di un evento comunitario-ecclesiale. Anche Paolo scrive: « ... i nostri Padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale ... » (1 Cor 10,1-4). Cf. POTIN, op. cit., pp. 46, 48-49, 217.
56 Antichità Giudaiche III, 5. 1-2.
57 Ct R 2,14.4 (R. Aqiba, + 135); 4,7.1 (R. Simeone b.Yochai, 150 ca.); Es R 21,5 a 14,15 (R. Yochanan, + 279 [?]); Pesiktà Rabbati 15,6 (R. Yosé, incerto quale); Mekiltà di R. Simeone b.Yochai a Es 19,17; Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par. 9 a Es 20,18.
58 FILONE, De decalogo 10-13,45.
59 Pesiktà di Rav Kahana 12,19 (R. Giuda b.R. Simone, 320 ca.); Midrash Tanchuma B.IV, 12-13. Cf. BLOCH, Quelques aspects de la figure de Moise dans la tradition rabbinique Mekiltà di R. Ismaele, pp. 210-217; K. HRUBY, Le concept de Révélation dans la théologique rabbinique. Étude de quelques aspects des rapports entre Écriture et Tradition d’après les documents de la littérature rabbinique, in L’Orient Syrien 11 (1966), pp. 17-50 (in specie pp. 43-44); IDEM, Begriff und Funktion des Gottesvolkes in der rabbinischen Tradition, in Judaica 21 (1965), pp. 230-256; 22 (1966), pp. 167-191; 23 (1967), pp. 30-48 (in specie pp. 43-44); POTIN, op. cit., p. 210.
60 Pesiktà di Rav Kahana 12, 19 (R. Giuda b.R. Simone, 320 ca.); Pesiktà Rabbati 15,22 (R. Eliezer b.Yosé, 180 ca., R. Acha [180 ca.?] e gli altri maestri in genere che – a proposito di Es 12,2 – parlano di «una nuova esperienza»).
61 Mekiltà di R. Ismaele, Bachodesh, par. 3 a 19,17; Dt R 3,12 a 10,1 (i Rabbini in genere).
62 Tg Es 19,8: recensione del codice Neophyti (N) e del targum frammentario (TJ II).
63 Tg Ct 2,4.
64 SERRA, Miryam Figlia di Sion ..., pp.158-181.
65 Op. cit., pp. 172-181 (testi esaminati, nell’originale ebraico e nella parafrasi aramaica del targum: Ct 1,15; 2,14; 4,7; 6,1.4.9.10).
66 Circa i probabili motivi di questa aggiunta dei Settanta rispetto all’ebraico, formulavo alcune ipotesi nei miei Contributi ... , pp. 358-362.
67 Op. cit., pp. 200, 358-362.
68 Talmud Babilonese, Shabbat 145b-146a; Yebamoth 103b (R. Yochanan, + 279, che sembra farsi portavoce di R. Simeone b.Yochai, 150 ca.); Abodah Zarah 22b (R. Yochanan). R. Chanan, che si rifaceva a R. Acha (320 ca.), non esitava a dichiarare che dal cuore degli Israeliti fu sradicata ogni inclinazione al male, dopo che essi esclamarono: «Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo» (Es 24, 7). Cf. Pesiktà Rabbati 41,4; Zohar, Vayechi 228a. È, in sostanza, il tema della “purificazione” mediante la Parola di Dio, che compare in vari passi anche del Nuovo Testamento. I colleghi di Rabbah (+ 352), il noto maestro del giudaismo, insegnavano: «Se Dio ha creato la cattiva inclinazione, ha creato però anche la Torah come suo antidoto» (Talmud Babilonese, Baba Bathrà 16a). A Rabbah, che sembrava negare la libertà dell’uomo di fronte a Dio, i colleghi rispondevano: «Tu anzi distruggi la religione e abolisci l’effondersi innanzi a Dio» (Gb 15,4).
69 A. SERRA, Maria secondo il Vangelo, Queriniana, Brescia 1987, pp. 7-17.
70 Con evidente allusione a Ct 8,5 secondo i Settanta, Teodoto di Ancira (+ prima del 446) chiama Maria «colomba leleukaméne» (Omelia 4,13,
In Sanctam Deiparam et in Simeonem: PG 77,1409).
71 E. TONIOLO, La presenza dello Spirito Santo in Maria secondo l’antica tradizione cristiana (sec.II-IV), in Maria e lo Spirito Santo. Atti del IV Simposio Mariologico Internazionale (Roma, ottobre 1982), Edizioni Marianum - Dehoniane, Roma-Bologna 1984, pp. 218-228 (in specie pp. 223-226).
72 C. VONA, Omelie mariologiche di S. Giacomo di Sarug, introduzione, traduzione dal siriaco e commento, Pont. Ateneo Lateranense, Roma 1953, pp. 130, 131 (vv. 400-404 e 438-439 dell’omelia I sulla Beata Vergine Genitrice di Dio Maria). Anche Cirillona, autore siriaco del sec. IV, ha questa espressione: «Debitrice Eva divenne quando abitò in lei il consiglio che estranea la rese; sorse Maria splendente, dell’antica rintracciò la bellezza» (C. VONA, I carmi di Cirillona, studio introduttivo, traduzione, commento, Desclée e C. Editori Pontifici, Roma-Parigi-Tournai-New York 1963, p. 126 [vv. 17-20 del carme sulla conversione di Zaccheo]).
73 Allude a questo passo paolino il prologo della Bolla dogmatica di Pio IX: «Dio ineffabile ... decretò, con disegno nascosto da secoli (in mysterio a saeculis absconditum), di compiere l’opera primitiva della sua bontà con un mistero ancor più profondo, mediante l’Incarnazione del Verbo ... » (TONDINI, Le Encicliche Mariane ... , pp. 30-31).
74 Piace qui riportare la felice puntualizzazione espressa dal documento della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, La Madre del Signore. Memoria, presenza, speranza, Città del Vaticano 2000, p. 62-63, n. 47: «Riguardo al dogma del concepimento immacolato di Maria, l’odierna riflessione teologica è impegnata ad approfondire alcuni ... “punti di vista nuovi”». Fra questi, vi è l’aspetto cristologico. Era infatti impossibile « ... – come ha intuito il “sensus fidelium” – che il Verbo di Dio, il totalmente e radicalmente Santo, prendesse l’umana natura da una creatura soggetta, sia pure per brevissimo tempo, al dominio del Maligno; da questo punto di vista la concezione immacolata di Maria appare requisito preliminare all’incarnazione del Verbo: la preparazione della sua “degna dimora” ». In tal senso si esprimono la Colletta e il Prefazio del Messale Romano, per la solennità dell’8 dicembre.
75 Op. cit., p. 63, nota 139.

 

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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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