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  Maria, madre dolcissima 
Mariologia Un articolo di Don Roberto Carelli in ADMA, n. 12 - 2010, pp. 2-4.

Maria è Madre, Madre di Dio e Madre nostra

La maternità è ciò che più caratterizza il suo profilo e il termine immediato del nostro affidamento a lei. Nell’ordine della grazia, come dice il Montfort, davvero vi è una sola Madre: «il capo e le membra nascono da una stessa madre». E se vi è una sola madre, allora vi sarà anche un solo amore: «la misura dell’amore che Maria nutre per il Figlio è anche quella del suo amore per gli uomini, per ogni uomo. Il suo cuore ama per amore di Gesù, del quale siamo il mistico Corpo». Maria ci ama con lo stesso amore con cui ha amato Gesù: niente potrebbe incoraggiare di più il nostro affidamento a lei! Per questo l’immagine più cara e più comune che la tradizione evangelica consegna alla memoria del cuore è la scena natalizia della Madre con il Bambino, la centralità del Bambino, l’unità del Bambino e della Madre, le ispirazioni celesti di Giuseppe nei loro confronti: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “dall'Egitto ho chiamato il mio figlio”… Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele (Mt 2,11-15.19-21).
Per comprendere la preziosità dell’affidamento alla maternità di Maria è utile fare breve richiamo all’esperienza creaturale dell’amore materno. L’amore materno è il primo amore, ed è un amore speciale: sta alla nostra origine ed è originale, è unico e insostituibile. È l’amore che ci genera e ci nutre, che ci dona la vita e accoglie la nostra vita, che ci offre la vita e offre la propria vita, è l’amore più viscerale e l’esperienza più universale. A ben vedere, è la forma di amore più vicina all’amore trinitario di Dio, dove le persone sono una cosa sola. Infatti il rapporto di simbiosi madre-figlio, il caso massimo in cui si è due in uno e uno in due, è il tempo in cui, secondo l’espressione di Balthasar, «la coscienza materna abbraccia ancora i due corpi… in cui la madre è ancora se stessa e il bambino». Ora, Maria è tutto questo per Gesù ed anche per noi: in modo singolare per Lui, perché lo genera secondo la natura umana, e in modo universale per noi, perché ci genera alla vita divina. Questa doppia maternità di Maria è espressa programmaticamente nelle belle parole del Concilio, dove la maternità è disegnata come itinerario e come realtà fatta di molte dimensioni: La Beata Vergine, concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, coll'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell'ordine della grazia (LG 61).
L’altro elemento della maternità che non può essere taciuto è che dopo il peccato originale l’esperienza materna è segnata dal dolore: come a causa del peccato il dono della vita divina comporta la croce del Figlio, e come il dono della vita naturale non accade senza i dolori della madre, così Maria, come Madre di Dio e Madre nostra, paga l’altissimo prezzo dell’amore in modo unico, con un più di amore e un più di dolore. Ogni madre è chiamata a veder nascere e veder partire il proprio figlio, a tenerlo a lungo fra le sue braccia o a perderlo senza poter far più nulla, ma Maria, come Mater divinae gratiae e Mater misericordiae, ha vissuto l’amore materno con un’intensità insuperabile: come ha dato alla luce e ha offerto in sacrificio il Figlio, così ci fa nascere alla vita di grazia e ci fa rinascere dall’abisso del peccato. Si tratta di una collaborazione intima e diretta al dramma della salvezza! È una maternità mistica, che più di ogni altra partecipa dell’intimo legame di Croce e di Gloria che caratterizza la salvezza cristiana: «come l’Incarnazione gravita verso la Pasqua, così la maternità messianica gravita verso la maternità spirituale della Pasqua come sua pienezza». Il carattere drammatico della maternità di Maria è reso perfettamente nelle parole del Montfort: Si possono applicare a Maria, con più verità che san Paolo non le applichi a se stesso, queste parole: “figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” (Gal 4,19). “Io genero ogni giorno i figli di Dio fino a tanto che in loro sia formato nella sua piena maturità Gesù Cristo, mio Figlio” (Ef 4,13). Sant’Agostino, superando se stesso e quanto io ho detto, dice che tutti i predestinati, per essere conformi all’immagine del Figlio di Dio, sono nascosti, mentre vivono quaggiù, nel seno della santissima Vergine.
Un ultimo elemento utile per comprendere la densità dell’esperienza materna, quello che ne mostra tutta la prossimità alla creatività di Dio, è il suo carattere di dono: «in ogni uomo che viene al mondo rifulge un po’ dell’unicità di Dio. L’abisso della procreazione e della concezione si spinge nelle profondità della vita eterna». Ogni donna che diventa madre sente che il suo bambino non è una conquista, ma un dono, che non si pone nell’ordine del calcolo, ma nell’ordine della grazia, che non è il frutto dell’evoluzione, ma il prodigio della dedizione. E ogni uomo che diventa padre prova un profondo silenzioso stupore per il miracolo della vita che accade nella sua donna e porta alla luce un figlio. In Maria, e al suo fianco in Giuseppe, questa esperienza materna trova la sua massima profondità, perché il suo Bambino è totalmente un miracolo: quel bambino è il Figlio di Dio, e lei è la sua Mamma; quel Figlio non viola l’integrità della Madre, e quella Madre tiene fra le braccia il suo Creatore! Affidandoci a Maria, noi ci affidiamo a Colei nella quale la maternità è riscattata, elevata, resa pienamente disponibile alle grandi opere di Dio. Qui l’affidamento non è semplice protezione, custodia, riferimento morale, ma è conferimento di vita, di amore, di dignità, di destino: Maria si è affidata a Dio, Dio le ha affidato Gesù, Gesù imparerà da Maria ad affidarsi e insegnerà agli Apostoli a fare altrettanto. La maternità di Maria e la filialità di Gesù manifestano tutto il realismo dell’affidamento: esso si pone nell’ordine della generazione, dove la persona viene tessuta, plasmata, conformata, e dove la libertà impara ad essere scelta e a scegliere, ad essere investita e a investire, a ricevere in consegna e a consegnarsi, a ricevere in dono e a farsi dono.


Modellati su Maria

La Chiesa ha origine veramente da Maria, nel suo Capo e nel suo Corpo: è Madre del Capo, è Modello del Corpo, è Madre anche del Corpo! Come Madre della Chiesa, ella desidera farci simili a sé e a Gesù. Vuole generare in noi i lineamenti del Figlio, e per questo vuole offrirci i suoi stessi lineamenti, quelli che una volta ha offerto al Figlio e che dal Figlio in fin dei conti ha ricevuto. Il suo amore materno per noi, che è lo stesso amore che ha per Gesù, si esprime in questo: nel farci come Lui facendoci come lei. Affidarsi a Maria è dunque anzitutto decidere di lasciarsi modellare da lei. Dice efficacemente Grignion: I santi sono modellati in Maria… Maria è chiamata da sant’Agostino, e lo è effettivamente, forma Dei, vivo stampo di Dio. Ciò significa che soltanto in lei il Dio-uomo è stato formato al naturale, senza che abbia perduto alcun tratto della divinità; e che ancora soltanto in lei l’uomo può essere formato in Dio al naturale, quanto lo permetta la natura umana. C’è una pagina di Fausto di Riez che esprime in maniera sorprendente la capacità di Maria di modellare i cuori secondo Dio. Bisogna pensare che lo ha fatto anche con Gesù, che dall’amore ricevuto fin dalla nascita imparò ad amarci fino alla fine: O Maria, allatta il tuo Creatore! Allatta il pane del cielo, il riscatto del mondo. Offri la mammella a lui che succhia, perché egli per te offra la sua guancia a chi la percuote. Il piccolo bambino si nutra con il latte del tuo seno, perché da adulto per te accetti la bevanda d’aceto. Lo portino ora le tue mani, affinché poi per te le sue braccia siano infisse alla croce. E tu, come madre, donagli il nutrimento del corpo, affinché egli a noi e a te, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, doni la vita eterna.

Generati in Maria

Maria ci è davvero Madre nell’ordine della grazia. Noi ci affidiamo a lei per esserle sempre più figli. Ora, perché crescano in noi sentimenti filiali nei suoi confronti, dobbiamo convincerci che Maria ci genera veramente, che è per noi tutto quello che è una madre per un figlio, che ci fa doni molto più grandi ed efficaci di quanti sapremmo riconoscere. Ma soprattutto, Maria è per noi una Madre meravigliosa, degna di tutta la nostra fiducia, perché ci ama di un amore che è tutto carità. Maria ci ama perché ama Gesù e a motivo di Gesù, e ci ama di un amore immenso perché ama immensamente Dio: La prima ragione del grande amore che Maria ha per gli uomini è il grande amore che ella ha per Dio… Perciò, siccome non c’è fra tutti gli spiriti beati chi più di Maria ami Dio, noi non abbiamo né possiamo avere chi, dopo Dio, ci ami più di questa nostra Madre così piena di amore. Se si mettessero insieme l’amore di tutte le madri per i loro figli, di tutti gli sposi per le loro spose, di tutti i santi e gli angeli per i loro devoti, non si raggiungerebbe l’amore che Maria ha per una sola anima… Altro motivo per cui noi siamo tanto amati da Maria è che ella vede che noi siamo il prezzo della morte di Gesù Cristo.
Qui va considerato che l’amore materno è la prima e radicale forma di affidamento. Un figlio è affidato radicalmente alle cure della propria madre. L’affidamento è la prima forma di esperienza, il primo modo di esistere di un figlio, qualcosa che può e deve rimanere indelebile. Questa prima esperienza non è anonima, ma porta il nome della madre, e “mamma” è il primo nome che ogni piccolo pronuncia. Vi è un introduzione materna nel mondo della lingua, e la lingua è per il piccolo la “lingua-madre”; lo è stato anche per Colui che è “la Parola”! E l’affidamento alla madre è tante cose: è esperienza dell’essere preceduti, accolti, amati, affermati, soggetti di cure e di premure, indirizzati alla libertà, preparati per cose più grandi. Nell’essere affidati si comprende che non bisogna essere, sapere e capire subito tutto, che non si può controllare e garantire tutto, perché la fede è in ogni senso qualcosa di originario! Invece, a partire da Gesù e Maria, tutto lo spazio cristiano è riempito dalla logica della fede, sperimentata in tutte le sue sfumature: il fidarsi, il confidare e l’affidarsi; il riconoscere, l’obbedire e il ringraziare. Bisogna pensare che Gesù, avendo avuto Maria come sua Madre, e avendo fatto esperienza della sua eccellenza, non può che raccomandarla al nostro affidamento, con tutto l’amore che nutre per lei e con tutta la riconoscenza che il suo cuore divino prova per la sua madre umana.

Educati da Maria

Maria ha dato a Gesù tutto quello che una madre dona a un figlio: non solo la vita, ma anche il senso della vita, non solo i lineamenti fisici, ma anche quelli spirituali, non solo la carne, ma anche tutto ciò che dell’anima è condizionato dalla carne: abitudini mentali e pratiche, doti di immaginazione e inclinazioni della sensibilità, un certo carattere e un dato temperamento. Maria ha umanamente introdotto Gesù, propiziando tutte le sue risonanze divine, alla lingua del suo popolo, alla preghiera di Israele, alla lettura e all’amore per la Torah, agli usi e costumi dei padri. Maria è la miglior educatrice, perché non solo ha educato il Figlio, ma dal Figlio è stata poi educata. Nel reciproco affidamento – certo vissuto a titolo diverso: prima Lui come Figlio e lei come Madre, poi Lui come Signore e lei come Discepola – Gesù e Maria hanno imparato a vivere tutto quello che passa in un legame di libero affidamento secondo la volontà di Dio: essere autorevoli ed essere docili, prendersi cura e rinunciare alle cure, vivere con equilibrio gli attaccamenti e anche i distacchi, interpretare e sopportare tutto quel carico di gioie e di dolori che nella vita è inevitabile, ma anche educabile, perché è un carico che può far crescere e rendere saggi, oppure paralizzare e rendere stolti, che può rendere maturi o lasciare immaturi. Dobbiamo immaginare che quando Gesù spiegava la logica dell’amore, si serviva delle parole e degli esempi ricevuti da Maria: i suoi inviti a non trattenersi per trovarsi veramente, a cadere a terra e portare frutto come il chicco di grano, a rimanere e operare in Lui come i tralci uniti alla vite, si ispiravano alla persona di sua Madre, al suo modo di fare e di esprimersi, di considerare e valutare, di servire e consolare, di farsi avanti e mettersi in disparte, di sollecitare e di attendere. Nessuno come Maria potrà educarci a ciò che più conta a riguardo della volontà di Dio nel suo duplice aspetto di vocazione e missione. Come Maria, siamo chiamati ad “appropriarci” della nostra vocazione accogliendola e sentendola come il centro assoluto della nostra identità, e ad “espropriarci” della nostra missione, non considerandola un possesso personale, ma rimettendo a Dio e alla Chiesa ogni nostra opera e ogni suo frutto.
Nell’opera educativa di Maria si innesta tutta l’opera materna ed educativa della Chiesa, che in qualche modo va compresa come il prolungamento delle cure che la Madre ha avuto per la nascita e la crescita di Gesù e per le origini e i primi passi della Chiesa. I cristiani sono chiamati a comprendere vitalmente di essere al tempo stesso Figli della Vergine alla cui rigenerazione e formazione spirituale ella collabora con materno amore e figli altresì della Chiesa, perché noi dal suo parto nasciamo, dal suo latte siamo nutriti e dal suo Spirito siamo vivificati. Ambedue concorrono a generare il corpo mistico di Cristo: l'una e l'altra è madre di Cristo, ma nessuna di esse genera tutto (il corpo) senza l'altra; e devono percepire, più distintamente che l'azione della Chiesa nel mondo è come un prolungamento della sollecitudine di Maria (MC 28).

Per la preghiera e la vita

Mi immergo con la mente e il cuore nella scena natalizia della Madonna con il Bambino. Considero come Gesù e Maria si assomigliano, come l’uno ha assunto dall’altro i lineamenti del corpo e la fisionomia dell’anima. Medito sull’umiltà di Maria che diventa Madre di Dio e sull’umiltà di Dio che si fa Figlio dell’uomo. Riconosco Maria come mia Madre? Mi sento davvero suo figlio? Ho l’umiltà e la gioia di affidarmi a lei con la fiducia di un bimbo, di confidarle gioie e dolori senza vergogna e reticenza, di chiederle le grazie che mi sono necessarie con animo infantile? Come lotto contro le tentazioni della chiusura e dell’autosufficienza, della disperazione e della presunzione, della superficialità e della durezza di cuore? Affidiamo a Maria Madre di Dio e Madre nostra i genitori e gli educatori, perché tutti coloro che sono investiti di compiti e responsabilità educative, i padri e le madri di famiglia, i padri e le madri spirituali, i sacerdoti e i vescovi con a capo il Papa, gli insegnanti e i catechisti, sappiano far conoscere e gustare la verità di un Dio che si è fatto carne, diventando il “Dio con noi”.

 

Inserito Mercoledi 28 Febbraio 2018, alle ore 10:20:30 da latheotokos
 
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