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  La figura di Maria in alcune omelie di Benedetto XVI - Parte II 
MagisteroAdattamento di un intervento di P. Luca M. Di Girolamo osm, della Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma.

 

II ASPETTI DELLA PRESENZA DI MARIA NELL'OMILETICA DI BENEDETTO XVI

Volendo illustrare la presenza di Maria nell’omiletica di Benedetto XVI si presentano due alternative, due strade da scegliere: la prima è quella di leggere ed esaminare in modo continuato tutte le riflessioni durante le SS. Eucaristie presiedute dal Nostro vedendo se compare o meno qualche riferimento mariano, oppure limitando l’esame soltanto a quelle pronunciate per le feste/solennità mariane cogliendone il senso più profondo. Ho scelto questa seconda strada in quanto presenta almeno due vantaggi:
a) sono omelie dichiaratamente a tema mariano, quindi Maria è al centro e non confinata al termine come semplice motivo di completamento, seppur sempre buono;
b) ci offrono la dottrina del papa su Maria e, al contempo, collegano la Madre del Signore con le tematiche più urgenti oggi ed in particolare con il rapporto tra Dio e l’uomo.
Ecco allora che dall’esame di queste omelie possiamo trarre tre linee di discussione:
- Vivere l’esistenza donata da Dio (Dimensione antropologica)
- La Chiesa e Maria (Dimensione ecclesiologica)
- La quotidianità come luogo di preghiera con Maria (Dimensione spirituale)
Sono queste coordinate a mostrarci, nel loro insieme, il ruolo di Maria nella storia della salvezza nel pensiero di Benedetto XVI.
       

        I. ESISTENZA DELL’UOMO
        Una delle preoccupazioni più ricorrenti del magistero di Benedetto XVI è quella relativa alla situazione dell’uomo per mostrarne tanto il limite quanto la grandezza. In tale dimensione antropologica si colloca in modo particolare la Vergine Maria. Nell’Omelia per la Solennità dell’Assunzione del 2005, partendo dalla carica liberante ed umanizzante del Magnificat, il Papa non esita ad osservare come dalle parole di Maria abbiamo descritta quella che è l’identità di Dio. Scrive il papa: «(il canto) comincia con la parola “Magnificat”: la mia anima “magnifica” il Signore, cioè “proclama grande” il Signore. Maria desidera che Dio sia grande nel mondo, sia grande nella sua vita, sia presente tra tutti noi. Non ha paura che Dio possa essere un “concorrente” nella nostra vita, che possa toglierci qualcosa della nostra libertà, del nostro spazio vitale con la sua grandezza. Ella sa che, se Dio è grande, anche noi siamo grandi».21 Ma perché ribadire tutto ciò? La risposta viene data più avanti quando nella stessa omelia, Ratzinger descrive un falso concetto di grandezza e di libertà. Essa nasce con i progenitori che vedono un Dio distorto ed ha in seguito una storia conseguente che arriva fino ad oggi passando per il NT. Adamo ed Eva, «pensavano di dover accantonare Dio per avere spazio per loro stessi. Questa è stata anche la grande tentazione dell’epoca moderna, degli ultimi tre-quattro secoli. Sempre più si è pensato ed anche si è detto: “Ma questo Dio non ci lascia la nostra libertà, rende stretto lo spazio della nostra vita con tutti i suoi comandamenti. Dio deve dunque scomparire; vogliamo essere autonomi, indipendenti. Senza questo Dio noi stessi saremo dèi, facendo quel che vogliamo noi". Era questo il pensiero anche del figlio prodigo, il quale non capì che, proprio per il fatto di essere nella casa del padre, era “libero”».22 Nucleo del peccato originale è appunto quello commesso, ma anche la situazione ricorrente, capace di generare pericolosi e nefasti squilibri. Analoghe idee vengono espresse – sempre nel 2005 – in un’altra Omelia, quella dell’Immacolata. Dinanzi alla narrazione di Gen 3 si chiede il papa: «Qual è il quadro che in questa pagina ci vien posto davanti? L'uomo non si fida di Dio. Egli, tentato dalle parole del serpente, cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà. L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso. L'uomo non vuole ricevere da Dio la sua esistenza e la pienezza della sua vita. Vuole attingere egli stesso dall'albero della conoscenza il potere di plasmare il mondo, di farsi dio elevandosi al livello di Lui, e di vincere con le proprie forze la morte e le tenebre. Non vuole contare sull'amore che non gli sembra affidabile; egli conta unicamente sulla conoscenza, in quanto essa gli conferisce il potere. Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita. E nel fare questo, egli si fida della menzogna piuttosto che della verità e con ciò sprofonda con la sua vita nel vuoto, nella morte. Amore non è dipendenza, ma dono che ci fa vivere».23 Un amore-dono che è garanzia di pace, luogo di crescita e di maturazione profonda, ma anch’essa fragile così come appare descritta nel successivo Messaggio per la pace del 1° Gennaio 2006. Dinanzi alla domanda su quelli che rappresentano gli impedimenti alla pace il papa risponde: «A questo proposito, la Sacra Scrittura mette in evidenza nel suo primo Libro, la Genesi, la menzogna, pronunciata all'inizio della storia dall'essere dalla lingua biforcuta, qualificato dall'evangelista Giovanni come «padre della menzogna» (Gv 8,44). La menzogna è pure uno dei peccati che ricorda la Bibbia nell'ultimo capitolo del suo ultimo Libro, l'Apocalisse, per segnalare l'esclusione dalla Gerusalemme celeste dei menzogneri: «Fuori... chiunque ama e pratica la menzogna!» (22,15). Alla menzogna è legato il dramma del peccato con le sue conseguenze perverse, che hanno causato e continuano a causare effetti devastanti nella vita degli individui e delle nazioni. Basti pensare a quanto è successo nel secolo scorso, quando aberranti sistemi ideologici e politici hanno mistificato in modo programmato la verità ed hanno condotto allo sfruttamento ed alla soppressione di un numero impressionante di uomini e di donne, sterminando addirittura intere famiglie e comunità. Come non restare seriamente preoccupati, dopo tali esperienze, di fronte alle menzogne del nostro tempo, che fanno da cornice a minacciosi scenari di morte in non poche regioni del mondo? L'autentica ricerca della pace deve partire dalla consapevolezza che il problema della verità e della menzogna riguarda ogni uomo e ogni donna, e risulta essere decisivo per un futuro pacifico del nostro pianeta». 24  Quale via di uscita da questa ambiguità di fondo ? La risposta a tale quesito va ricercata unicamente nel mantenimento della comunione con Dio. In una parola: “fede” ed è qui forte l’insistenza di Maria presentata dal papa quale modello. Percorrendo questa strada segnata dal credere si diviene beati come lo è Maria nel Magnificat. Nell’Omelia per la Solennità dell’Assunzione del 2006, papa Benedetto così si esprime, partendo da Lc 1,48b: «"Tutte le generazioni mi chiameranno beata". Noi possiamo lodare Maria, venerare Maria, perché è "beata", è beata per sempre. E questo è il contenuto di questa Festa. Beata è perché unita a Dio, vive con Dio e in Dio. (…) Maria è "beata" perché è divenuta – totalmente, con corpo e anima e per sempre – la dimora del Signore. Se questo è vero, Maria non solamente, non semplicemente ci invita all’ammirazione, alla venerazione, ma ci guida, mostra la strada della vita a noi, ci mostra come noi possiamo divenire beati, trovare la strada della felicità».25 Ma a questo aspetto se ne aggiunge un secondo non meno illuminante: «Il primo e fondamentale atto per diventare dimora di Dio e per trovare così la felicità definitiva è credere, è la fede, la fede in Dio, in quel Dio che si è mostrato in Gesù Cristo e si fa sentire nella parola divina della Sacra Scrittura. Credere non è aggiungere una opinione ad altre. E la convinzione, la fede che Dio c’è non è una informazione come altre. Di molte informazioni, a noi non fa niente se sono vere o false, non cambiano la nostra vita. Ma se Dio non c’è, la vita è vuota, il futuro è vuoto. E se Dio c’è, tutto è cambiato, la vita è luce, il nostro avvenire è luce e abbiamo l’orientamento per come vivere. Perciò credere costituisce l’orientamento fondamentale della nostra vita. Credere, dire: "Sì, credo che Tu sei Dio, credo che nel Figlio incarnato sei Tu presente tra di noi", orienta la mia vita, mi spinge ad attaccarmi a Dio, ad unirmi con Dio e così a trovare il luogo dove vivere, e il modo come vivere. E credere non è solo un tipo di pensiero, un’idea; è, come già accennato, un agire, è una forma di vivere».26 Quindi la fede intesa come possibilità per l’uomo di ottenere quella risposta ai suoi più profondi interrogativi soprattutto nei momenti di disordine e di disorientamento, quando cioè – fedeli al dettato di Ap 12 – il drago imperversa e fa sentire la sua violenza. Il drago «che è la rappresentazione di tutti i poteri della violenza del mondo». Nella preghiera dell’omaggio a Maria a Piazza di Spagna nel dicembre del 2004, il papa è tornato su questo tema della fede e, in tono orante, esprime la richiesta corale della Chiesa:«Alla tua scuola, insegnaci a pronunciare anche noi il nostro "sì" alla volontà del Signore. Un "sì" che si unisce al tuo "sì" senza riserve e senza ombre, di cui il Padre celeste ha voluto aver bisogno per generare l’Uomo nuovo, il Cristo, unico Salvatore del mondo e della storia. Dacci il coraggio di dire "no" agli inganni del potere, del denaro, del piacere; ai guadagni disonesti, alla corruzione e all’ipocrisia, all’egoismo e alla violenza. "No" al Maligno, principe ingannatore di questo mondo. "Sì" a Cristo, che distrugge la potenza del male con l’onnipotenza dell’amore».27 Parole forti che indicano fattivo e concreto impegno che ha il suo significato ultimo ed il suo parametro in Cristo che per primo e modello dell’umanità e per l’umanità ha accolto la missione del Padre e l’ha portata a compimento.       

         II. LA CHIESA E MARIA
        Esordendo nella sua prima omelia a carattere mariano – nel giorno dell’Immacolata del 2005, 40° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II – Benedetto XVI mostra come tutto questo evento ecclesiale si è svolto tra la festa della maternità di Maria (un tempo celebrata il giorno 11 ottobre) e la solennità dell’Immacolata (8 dicembre). Si tratta di una cornice, osserva il papa, ma anche un orientamento esteso in modo globale a tutta la Chiesa. Non a caso, papa Ratzinger ricorda la dichiarazione – a Concilio concluso – di Maria Madre della Chiesa da parte di papa Paolo VI e la manifestazione di plauso da parte dei Padri conciliari. In margine a ciò – in modo breve, sintetico, ma denso – Benedetto XVI illustra il legame esistente tra Maria e la comunità ecclesiale. Riferendosi alla Tradizione e ai Padri, Cristo «come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata da se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa».28  Si tratta di un’asserzione molto importante in quanto chiama in causa, sebbene in modo implicito, la categoria di modello particolarmente utilizzata dalla Chiesa nei confronti di Maria che ne rappresenta l’immagine perfetta. Ciò può e dev’essere inteso a livello comunitario e personale/singolare: ogni cristiano non può mettere tra parentesi, ossia ignorare o misconoscere il rapporto tra Cristo e sua Madre in un’ottica di discepolato, di perfezionamento. Questo insieme di relazioni e imprescindibile al cristiano in vista di una costante purificazione. È l’insegnamento – osserva Benedetto XVI – più profondo del Vaticano II apportatore di rinnovamento. Difatti, «Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui sacerdoti, i laici e i religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, "che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione…" (Lumen gentium, 8). Ma questo aspetto "petrino" della Chiesa è incluso in quello "mariano". In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali", così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (Col 1,21; Ef 1,4)».29 Due elementi emergono da questo asserto e nei quali papa Ratzinger echeggia le posizioni del grande teologo von Balthasar (peraltro suo amico)30: il binomio Maria-Pietro, ossia l’aspetto istituzionale e quello sponsale-discepolare della Chiesa che non sono in opposizione e l’altro e più antico tema dell’anima ecclesiastica proveniente da Origene († 254)31 e successivamente ripreso da S. Ambrogio († 397)32 nonché da S. Maria Maddalena de’ Pazzi († 1607).33 Secondo quest’ultimo concetto: l’anima del cristiano, sulla base dei contenuti e delle immagini del Cantico dei Cantici, è identificata ed assimilabile alla Chiesa-Sposa. Sul primo punto il papa ritorna nell’Omelia per la solennità dell’Annunciazione del 2006 alla consegna dell’anello cardinalizio ai nuovi eletti. In quell’occasione egli ribadisce il ruolo eminente della Vergine Santa che con il suo «Eccomi, sono la serva del Signore» si configura come l’eco all’«Ecco io vengo a compiere la tua volontà» proprio di Cristo, così come recita Eb 10,7, quindi il Papa ricorda come questo ruolo materno di Maria si salda con quello istituzionale e come essi appaiono nell’evento dell’Incarnazione. La dimensione ecclesiale ha perciò la sua origine e sviluppo a partire da Lc 1,26-38. Scrive Benedetto XVI: «L’icona dell’Annunciazione, meglio di qualunque altra, ci fa percepire con chiarezza come tutto nella Chiesa risalga lì, a quel mistero di accoglienza del Verbo divino, dove, per opera dello Spirito Santo, l’Alleanza tra Dio e l’umanità è stata suggellata in modo perfetto. Tutto nella Chiesa, ogni istituzione e ministero, anche quello di Pietro e dei suoi successori, è "compreso" sotto il manto della Vergine, nello spazio pieno di grazia del suo "sì" alla volontà di Dio. Si tratta di un legame che in tutti noi ha naturalmente una forte risonanza affettiva, ma che ha prima di tutto una valenza oggettiva» 34 e, più avanti, tale rapporto tra i due principi (mariano e petrino) si salda nel segno dell’anello: «Il tema del rapporto tra il principio petrino e quello mariano lo possiamo ritrovare anche nel simbolo dell’anello, che tra poco vi consegnerò. L’anello è sempre un segno nuziale. (…) Ricevere l’anello sia dunque per voi come rinnovare il vostro "sì", il vostro "eccomi", rivolto al tempo stesso al Signore Gesù, che vi ha scelti e costituiti, e alla sua santa Chiesa, che siete chiamati a servire con amore sponsale. Le due dimensioni della Chiesa, mariana e petrina, si incontrano dunque in quello che costituisce il compimento di entrambe, cioè nel valore supremo della carità, il carisma "più grande", la "via migliore di tutte", come scrive l’apostolo Paolo (1 Cor 12,31; 13,13)».35  Ma la Vergine Santa indica realmente il modello nella carità e in ciò mostra alla Chiesa quale è la sua via da percorrere. Riferendosi all’episodio immediatamente seguente all’Annunciazione, cioè la visita ad Elisabetta, il papa ha ancora modo di sviluppare il suo pensiero: «il primo atto che Maria compì dopo aver accolto il messaggio dell’Angelo, fu di recarsi "in fretta" a casa della cugina Elisabetta per prestarle il suo servizio (cfr Lc 1,39). Quella della Vergine fu un’iniziativa di autentica carità, umile e coraggiosa, mossa dalla fede nella Parola di Dio e dalla spinta interiore dello Spirito Santo. Chi ama dimentica se stesso e si mette al servizio del prossimo. Ecco l’immagine e il modello della Chiesa! Ogni Comunità ecclesiale, come la Madre di Cristo, è chiamata ad accogliere con piena disponibilità il mistero di Dio che viene ad abitare in essa e la spinge sulle vie dell’amore».36 La vocazione di Maria è perciò vocazione dell’intera Chiesa, ossia la missione da portare avanti in modo costante e che si condensa soprattutto attorno alla virtù della carità mai distaccata dalla preghiera. Sono esse a scandire il ritmo della quotidianità riempiendolo di concreta e robusta spiritualità e ad animare l’azione dei suoi membri.       

         III. LA QUOTIDIANITÀ COME LUOGO DI PREGHIERA CON MARIA
        Uno dei costitutivi più importanti della vita cristiana è, senza dubbio, quello della preghiera, ossia di quel particolare dialogo (personale e comunitario) con il Signore che nutre ed alimenta l’azione concreta e testimoniante del credente. Anche in questo ambito molto è stato scritto e detto in relazione a Maria, contemplata e considerata quale creatura orante. La preghiera è perciò parte integrante della vita del fedele discepolo del Signore chiamato a vivere quel tempo che gli viene assegnato: preghiera che – come lascia intuire il papa configura e rende ricco di significato il tempo. Alla fine del 2006, durante la celebrazione dei I Vespri della Solennità della Maternità di Maria, il papa ha pronunziato un’Omelia nella quale mostra la diversità di approccio fra coloro che sono immersi nella superficialità mondana e coloro che formano la Chiesa. Alla fine dell’anno si vengono a confrontare quindi due temi: la fine dell’anno civile e la solennità di Maria Madre di Dio. Su di essi il papa fa conoscere il suo pensiero: «Il primo tema, molto suggestivo, è quello collegato con la dimensione del tempo. Nelle ultime ore di ogni anno solare assistiamo al ripetersi di taluni "riti" mondani che, nell’attuale contesto, sono prevalentemente improntati al divertimento, vissuto spesso come evasione dalla realtà, quasi ad esorcizzarne gli aspetti negativi e a propiziare improbabili fortune. Quanto diverso deve essere l’atteggiamento della Comunità cristiana! La Chiesa è chiamata a vivere queste ore facendo propri i sentimenti della Vergine Maria. Insieme a Lei è invitata a tenere lo sguardo fisso sul Bambino Gesù, nuovo Sole apparso all’orizzonte dell’umanità e, confortata dalla sua luce, a premurarsi di presentargli "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono" (Conc. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 1)».37 Se ad una considerazione quantitativa del tempo – fatta di anni, giorni, ore e minuti – si deve anteporre una visione qualitativa e teologica – caratterizzata dalla pienezza che è Cristo (secondo il dettato di Gal 4,4), tutto ciò obbliga ad un ripensamento sul modo di vivere questo tempo. Si tratta ancora una volta di una dimensione antropologica, questa volta con forte accentuazione spirituale: non sarà più allora il quanto vivere, ma il come, il modo di vivere questo tempo che è dominato dalla benefica presenza di Cristo, piaccia o non piaccia. Tutto questo ce lo insegna la Vergine Santa che, in questa omelia di fine anno 2006 tiene lo sguardo fisso sul Bambino Gesù. Lo stesso aspetto viene ripreso il giorno successivo all’Angelus. Partendo dalla felice intuizione di Paolo VI di affidare alla protezione di Maria ogni inizio di nuovo anno, Benedetto XVI dice: «La Comunità cristiana, che in questi giorni è rimasta in orante adorazione dinanzi al presepe, guarda oggi con particolare amore alla Vergine Madre. Si immedesima con Lei mentre contempla il Bambino appena nato, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia. Come Maria, anche la Chiesa resta in silenzio, per cogliere e custodire le risonanze interiori del Verbo fatto carne e non disperdere il calore divino-umano che si sprigiona dalla sua presenza. È Lui la Benedizione di Dio!»38 Ma tale atteggiamento di contemplazione non resta confinato al tempo di Natale. Durante la sua visita in Germania nel settembre del 2006, Benedetto XVI ci mostra come laVergine Santa è sempre partecipe ed attenta alla vita del Figlio mostrandosi realmente quale persona che prega. Al centro dell’omelia del giorno 11 settembre 2006 nella piazza del Santuario mariano di Altötting troviamo l’episodio delle nozze di Cana (cf. Gv 2,1-12) che viene illustrato e commentato non senza un cenno introduttorio – ancora una volta – al Magnificat in cui appare, potremmo dire, la grammatica della preghiera densa di riscontri antropologici: «Noi abbiamo risposto a questa lettura cantando insieme con Maria la grande lode intonata da lei, quando Elisabetta la chiamò beata a motivo della sua fede. È questa una preghiera di ringraziamento, di gioia in Dio, di benedizione per le sue grandi opere. Il tenore di questo canto emerge subito nella prima parola: "L'anima mia magnifica – cioè rende grande – il Signore". Rendere Dio grande vuol dire dargli spazio nel mondo, nella propria vita, lasciarlo entrare nel nostro tempo e nel nostro agire: è questa l'essenza più profonda della vera preghiera. Dove Dio diventa grande, l'uomo non diventa piccolo: lì diventa grande anche l'uomo e luminoso il mondo».39 Nell’episodio di Cana, la richiesta di Maria al Figlio diviene intercessione che si colloca all’interno di un fatto umanissimo: quello delle nozze nelle quali viene a mancare quel ‘quid’ che rende lieta la festa. Quel vino nel quale variamente gli esegeti nel corso del tempo hanno visto la nuova Legge, la pienezza della Rivelazione in Cristo rispetto alle acque dell’AT. Al centro della vicenda abbiamo l’azione, il segno operato da Cristo, ma notevole è anche il comportamento di Maria nel quale il papa intravede due aspetti: «da una parte, la sua sollecitudine affettuosa per gli uomini, l'attenzione materna con cui avverte l'altrui situazione difficile; vediamo la sua bontà cordiale e la sua disponibilità ad aiutare. (…) A lei affidiamo le nostre preoccupazioni, le necessità e le situazioni penose. La bontà pronta ad aiutare della Madre, alla quale ci affidiamo, è qui nella Sacra Scrittura, che la vediamo per la prima volta. Ma a questo primo aspetto molto familiare a tutti noi se ne unisce ancora un altro, che facilmente ci sfugge: Maria rimette tutto al giudizio del Signore. A Nazaret ha consegnato la sua volontà immergendola in quella di Dio: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38)».40 Abbiamo perciò uno stretto legame tra l’Annunciazione e l’episodio di Cana qualitativamente molto diversi tra loro, ma saldati dallo stesso atteggiamento orante di Maria che: «così ci insegna a pregare: non voler affermare di fronte a Dio la nostra volontà e i nostri desideri, per quanto importanti, per quanto ragionevoli possano apparirci, ma portarli davanti a Lui e lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare. Da Maria impariamo la bontà pronta ad aiutare, ma anche l'umiltà e la generosità di accettare la volontà di Dio, dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta, qualunque essa sia, sarà il nostro, il mio vero bene».41 In tal senso è possibile comprendere come Maria in questa sua disponibilità si configura quale collaboratrice singolare all’opera della salvezza. Se Gesù risponde alla Madre affermando che non è giunta ancora la sua Ora, ciò non gli impedisce di provvedere beneficamente non solo per quegli sposi e per quelle nozze, ma trasformando quel momento in segno anticipatore del suo offrirsi eucaristico. Osserva in merito Benedetto XVI: «Le nozze diventano immagine di quel momento, in cui Gesù spinge l’amore fino all’estremo, lascia lacerare il suo corpo e così si dona a noi per sempre, diventa un tutt'uno con noi – nozze tra Dio e l’uomo. L’ora della Croce, l’ora dalla quale scaturisce il Sacramento, in cui Egli si dà realmente a noi in carne e sangue, pone il suo Corpo nelle nostre mani e nel nostro cuore, è questa l’ora delle nozze. Così, in modo veramente divino, viene risolta anche la necessità del momento e la domanda iniziale largamente oltrepassata. L’ora di Gesù non è ancora arrivata, ma nel segno della trasformazione dell'acqua in vino, nel segno del dono festivo, anticipa la sua ora già in questo momento».42 Si tratta per l’uomo di comprendere in modo adorante tale offerta che Gesù fa di sé stesso e Maria ci insegna in tale impegno orante, per cui il papa conclude con una richiesta alla Vergine Santa: «Maria e Gesù vanno insieme. Mediante lei vogliamo restare in dialogo col Signore, imparando così a riceverlo meglio. Santa Madre di Dio, prega per noi, come a Cana hai pregato per gli sposi! Guidaci verso Gesù – sempre di nuovo! Amen!»43 La preghiera diviene, a partire da Maria, insegnamento che ben si riversa in modo fecondo sulla comunità ecclesiale invitandola alla collaborazione e all’azione.

CONCLUSIONE

All’inizio del 2007 nell’Angelus, Papa Benedetto XVI in una frase indica ancora una volta alla Chiesa quale è la sua vocazione più profonda: «La Chiesa, come la Vergine, non fa altro che mostrare a tutti Gesù, il Salvatore, e su ciascuno riflette la luce del suo Volto, splendore di bontà e di verità».44  Una vocazione che pone in evidenza l’impegno assegnato ad ogni componente (uomo/donna che sia) della Chiesa. Vocazione a quell’amore e a quella carità dei quali il papa parla nella sua enciclica Deus caritas est (del 2005). Amore e carità che si attuano in un progressivo divenire simile all’altro. È quanto Maria opera nel far spazio a Dio nell’Incarnazione e nella preghiera di lode a Dio costituito dal Magnificat. Ed è proprio a questo testo che Benedetto XVI fa riferimento al n. 41 di detta enciclica nell’affermare che: «Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è umile: non vuole essere nient'altro che l'ancella del Signore (cfr Lc 1,38. 48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio».45 Ancora una volta il nostro Dio si mostra come coinvolgente l’uomo in un’opera di redenzione, di liberazione e di creazione nuova. Sono esse a dover essere mediate dalle nostre parole e dalle nostre azioni. In una parola: da una vita di testimonianza.

NOTE
1 J. RATZINGER, La Figlia di Sion, Ed. Jaca Book, Milano 1979 (or. ted. 1977).
2 J. RATZINGER, Il segno della donna. Introduzione all’enciclica Redemptoris mater, in ID.-H. URS VON BALTHASAR, Maria il Si di Dio all’uomo, Queriniana, Brescia 1987. Tali testi sono stati poi inseriti nel volume Maria Chiesa nascente pubblicato dalle ed. Paoline nel 1998.
3 Il testo integrale dell’omelia lo troviamo nell’opuscolo Parole di Benedetto. La visione della Chiesa e del mondo negli interventi di J. Ratzinger, Ed. Ancora, Milano 2005, pp. 18-23.
4 J. RATZINGER, La Figlia di Sion, ed. cit., p. 23.
5 Ibidem, pp. 46-7
6
Ibidem, p 50.
7 Ibidem, p. 62.
8 Ibidem, p. 64. Il corsivo è nel testo.
9 Ibidem, p. 65.
10 Cf., soprattutto la Teologia dei tre giorni.
11 J. RATZINGER, La Figlia di Sion, pp. 67-8.
12 Ibidem, p. 75.
13 Cf., Ibidem, p. 78.
14 Cf., J. RATZINGER, Il segno della donna. Introduzione all’enciclica Redemptoris mater, ed. cit., p. 23.
15 Ibidem, p. 27.
16 Ibidem, pp. 30-1.
17 Ibidem, p. 36.
18 Ibidem, p. 37.
19 J. RATZINGER, Omelia della Messa esequiale per Giovanni Paolo II, in Parole di Benedetto, ed. cit., p. 23.
20 Ibidem.
21 Per i testi delle omelie di Benedetto XVI ci siamo valsi del sito www.vatican.va. Il testo citato è parte dell’Omelia dell’Assunzione (2005).
22 Ibidem.
23 Omelia dell’Immacolata (2005).
24 Messaggio per la pace (2006).
25 Omelia dell’Assunzione (2006).
26 Ibidem.
27 Messaggio nell’Omaggio alla Vergine a piazza di Spagna (2006).
28 Omelia dell’Immacolata (2005).
29 Ibidem.
30 L’esposizione appare in H. U. VON BALTHASAR, Chi è la Chiesa?, in ID., Sponsa Verbi, Ed. Morcelliana, Brescia 1985 (or. ted. 1961), pp. 139-187.
31 Cf., ORIGENE, Commento al Cantico dei Cantici, I,10.
32 Cf., AMBROGIO, Expositio in Psalmum 118, 6.8, in CSEL 62,112.
33 Cf., MARIA MADDALENA DE’ PAZZI, Colloqui 2, p. 258, in ID., Opera omnia, Centro Internazionale del Libro, Firenze 1960-66, vol. II, p. 258.
34 Omelia dell’Annunciazione (2006).
35 Ibidem.
36
Ibidem.
37 Omelia dei I Vespri della Maternità di Maria (2006).
38 Angelus del 1 Gennaio 2007.
39 Omelia al santuario di Altötting (11 settembre 2006).
40 Ibidem.
41 Ibidem.
42 Ibidem.
43 Ibidem.
44 Angelus del 1 gennaio 2007.
45 BENEDETTO XVI, Deus caritas est n. 41, LEV, Città del Vaticano 2005.

Inserito Venerdi 21 Giugno 2019, alle ore 17:56:24 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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