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  Prega per noi poveri peccatori, adesso! 
Preghiere

Dal libro di René Laurentin, L'Ave Maria, Queriniana, Brescia 1989, pp. 101-116.

 



Prega per noi

        Perché l'intercessione
        Prega per noi poveri peccatori. L'ultima domanda dell'Ave è un appello all'intercessione di Maria. Quando ci capita di incontrare una persona vicina a Dio, e irradiante, un "santo", spontaneamente gli chiediamo di pregare per noi. La sua preghiera di amico di Dio ci infonde fiducia nell'avvenire. Maria è più santa di tutti coloro che noi conosciamo, migliore dei migliori, ci ama più di chiunque altro. Ella è la migliore intercessione presso Gesù Cristo, o meglio, con Gesù Cristo, in Gesù Cristo.
Ma a che serve l'intercessione, visto che Dio ci ama e conosce i nostri bisogni? Il Signore lo dice nel vangelo:
- Il Padre vostro sa bene ciò di cui avete bisogno, prima che glielo chiediate (Mt 6,8).
Dio sa, ma non ci tratta come dei recipienti che vengono riempiti automaticamente, bensì come persone che comunicano in una relazione d'amore. Egli ci invita ad implorarlo:
- Chiedete e riceverete (Mt 7,7; cf Lc 6,30).
- Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Quale è quel padre tra voi che se il figlio gli chiede un pesce, gli metterà in mano un serpente o se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? (Mt 11,10-11).
- Tutto quello che chiederete al Padre mio, nel mio nome, Io lo farò (Gv 14,13-14).
- Chiedete quello che volete, e l'otterrete! (Gv 15,7.16; 16,26).
«Non è poi tanto evidente!» si dirà. Spesso Dio non ci esaudisce.
Eppure, se il Cristo insiste fino a questo punto, vuoi dire che è vero.
Si, ma se noi domandiamo come si deve, perché un padre e una madre, ai quali il figlio chiede qualcosa di cattivo, sanno bene rifiutargliela. Se chiede un serpente o uno scorpione, che a lui paiono un bel giocattolo, i suoi genitori glieli rifiuteranno.
A fortiori, il Padre nostro dei cieli e la nostra Madre Maria. Dobbiamo quindi imparare a indovinare, a desiderare, ciò che Dio vuole donarci, e che Maria sa in lui: il meglio.
Perché Dio non è la solitudine e non ci invita alla solitudine. Egli è partecipazione. Ama che noi partecipiamo con tutta la nostra anima all'edificazione del nostro essere e del nostro avvenire. Ama che ci aiutiamo gli uni con gli altri, che veniamo in soccorso gli uni degli altri: che chiediamo gli uni per gli altri.
La potenza dell'intercessione, è una corrente d'amore nella quale Dio ama comunicare. E in cima alle intercessioni, c'è Maria, con il suo Figlio Gesù Cristo, nostro Dio. Giovanni l'Evangelista l'ha disegnata in questo atteggiamento di intercessione, che rimane il suo fin dalle nozze di Cana (Gv 2).

        Fin dalle nozze di Cana...
        Le nozze di campagna, sono un tempo di abbondanza, per il quale s'è messo in serbo tutto ciò che occorre per rendere felici generosamente i propri amici. Lo sguardo di Maria, perspicace e caritatevole, ha visto che gli otri erano vuoti. Si è rivolta a Gesù, il cui sguardo umano era più lontano da questi particolari.
- Non hanno più vino, dice lei. La sua constatazione esprime un desiderio: quello degli invitati alla festa di nozze che finirà male, perché è un disonore lasciare a secco gli amici che sono stati invitati a condividere la gioia familiare.
Ma Gesù la mette alla prova. Enigmaticamente, risponde:
- Donna, che ho da fare io con te? La mia ora non è ancora giunta.
É una risposta negativa.
- La prima parte, elimina la domanda. La formula ebraica soggiacente, - letteralmente: Che a me e a te - è quella che usavano i demoni per chiedere a Gesù di allontanarsi da loro:
- Che a te e a me, Gesù di Nazareth, sei venuto per perderci? (Mc 1,24).
La seconda parte della risposta è un'obiezione decisiva: l'ora di Gesù, l'ora della croce, l'ora della sua morte, donde sorgerà la risurrezione, non è «ancora venuta».
Maria non si lascia scoraggiare. La reticenza di Gesù conferma in lei la speranza e la perseveranza nell'intercessione. Ella supera la prova di questo rifiuto apparente. Non importuna più oltre Gesù che chiude il dialogo.
Gli dà fiducia e si rivolge ai servitori per renderli attenti:
- Fate tutto quello che vi dirà (Gv 2,5).
Ella sa bene che Gesù farà qualche cosa: domandate e riceverete!
E secondo la sua richiesta, egli realizza (anticipa) il suo primo segno: quello che fonderà la fede dei suoi discepoli:
- Questo fu il primo miracolo di Gesù a Cana di Galilea. Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui (Gv 2,12).
Non lasciamoci scoraggiare, non perdiamoci d'animo, quando il Signore ci mette alla prova. Perseveriamo nella fiducia. Facciamo appello all'intercessione di Maria, la quale non è cambiata dal tempo di Cana. Ascoltiamo il suo invito permanente: Fate tutto quello che vi dirà (Gv 2,5).

Poveri peccatori

Noi preghiamo la Tutta Santa e siamo peccatori. Ne siamo coscienti?

        Contrizione. Umiltà
        Il nostro tempo ha perduto il senso del peccato. Volentieri si sopprimerebbe dall'Ave Maria questa parola come una parola di troppo. Ma la chiesa la mantiene e bisogna mantenerla.
Anzi, la traduzione francese l'accentua con un aggettivo patetico: «poveri peccatori».
Dobbiamo chiedere a Dio innanzitutto la luce sul nostro peccato, per non pregare da incoscienti, senza convinzione.
Preghiamo Dio di scoprire la nostra miseria.
Il nostro tempo, al limite, accetta una colpevolezza globale, confusa e irresponsabile: «il peccato del mondo» in cui ci troviamo, di cui tutti e nessuno sono colpevoli, un ambiente peccaminoso, di cui saremmo le vittime incoscienti, impotenti, e non gli attori.
Dio ci chiede una conoscenza più precisa e più responsabile.
Egli ci ama, e ci ha dato tutto, la sua vita e la sua morte. Si dona senza riserve nell'eucaristia. Che differenza tra questo amore e la nostra risposta!
Il peccato è, essenzialmente, questa mancanza di amore e la mancanza di lucidità che lo accompagna con tante conseguenze. Le infrazioni, gli errori, sono le conseguenze, e dobbiamo stare molto attenti. La soluzione è quella di amare di più, perché chi ama gli altri adempie tutta la Legge (Rm 13,18).
Bisogna attaccare il male alla radice: la mancanza di amore che fa di noi dei tiepidi.
Certo, ci sarà sempre una distanza infinita tra l'amore di Dio e il nostro amore creato.
Questa differenza di livello non è un peccato.
Ma la differenza tra questo amore infinito che dà tutto e la nostra ingratitudine che dà poco, questo si che è un famoso peccato, un peccato contro l'amore stesso. E per questo che Gesù guarda la povera vedova che metteva due piccole monete nel tesoro del tempio, dicendo:
- Lei ha donato più di tutti, perché ha donato tutto quello che aveva per vivere (Lc 2 1,2).
La nostra tiepidezza smentisce e paralizza il fuoco bruciante dell'amore di Dio. É una colpa grave e carica di conseguenze.
- I tiepidi li vomiterò dalla mia bocca, dice Gesù, nell'Apocalisse (3,16).
Pecchiamo anche contro il prossimo. Pensiamo agli altri? Agiamo per essi, intelligentemente, efficacemente, in buon ordine? E abbiamo saputo guarire la nostra memoria dai suoi rancori, dai cattivi sentimenti che proietta, dagli egoismi che ci fanno ripiegare su noi stessi?
Dobbiamo capire bene dove sta il nostro peccato: mancanza grave o mancanza leggera.. C'è peccato là ove c'è responsabilità. E noi disattendiamo troppo spesso le nostre responsabilità. L'incoscienza negligente è colpa in ogni campo. Bisogna scongiurarla.
Se si sale in santità, non si sale nel compiacimento e nell'ammirazione di se stessi. Nella misura in cui ci avviciniamo a Dio misuriamo nello stesso tempo quanto siamo lontani dal suo amore e dalla sua santità.
Se vogliamo uscire dal peccato, dobbiamo prenderne coscienza, e la prima grazia da chiedere, è la luce, perché una colpa riconosciuta e riprovata è già più che per metà perdonata e più che per metà guarita.
La prima condizione per guarire dal peccato, è la lucidità, quindi l'umiltà, perché non ci piace vedere come siamo, la dove qualcosa non funziona.
La seconda condizione, è la speranza. Una speranza più grande della nostra miseria, più grande della nostra debolezza, più grande dell'impossibile:
- Dio è più grande del nostro cuore, dice l'apostolo Giovanni (1 Gv 3,20).
Apriamo dunque il nostro cuore a questo duplice richiamo: l'umiltà e la speranza. Così creeremo la possibilità di essere esauditi quando chiediamo a Maria: Prega per noi, peccatori... «poveri peccatori», come supplica più pateticamente la traduzione francese.
Il male più tragico, più radicale, è d'essere peccatori davanti a Dio, di non essere santi con il nostro creatore tre volte santo.

Adesso

L'Ave Maria attualizza il Prega per noi, peccatori, su due momenti,
- il più vicino,
- il più lontano:
adesso e nell'ora della nostra morte.

        Il quotidiano
        Adesso: è il quotidiano che ha la sua importanza. Il vangelo ci invita a vivere giorno per giorno: «Non preoccupatevi del domani, a ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6,34). Il quotidiano è banale, ma la banalità non è mediocrità. É nel quotidiano che cresce la messe. É nella banalità dell'officina di Nazareth che Gesù ha passato nove decimi della sua vita umana, senza il minimo evento. Il quotidiano ha la sua importanza per formare in noi la statura e l'amore che saranno la nostra eternità.
L'oggi non si limita ai nostri bisogni personali. Esso implica quelli della nostra famiglia, del nostro ambiente. A ciascuno il compito di precisarli, di metterli nel cuore di Maria nostra Madre.
Ma ci sono anche i bisogni della chiesa e del mondo. Non chiudiamo questo vasto ventaglio. Il mondo ha immensi bisogni. Si è abbandonato al peccato. Scava in questo modo la propria tomba. Il lucro, la violenza e l'erotismo, che divampano ciecamente, vi contribuiscono.
L'adesso è grave, in questo terzo millennio.

        Presenza di Maria
        Questo adesso ci ricorda anche la presenza di Maria. Ella ci è presente, come una madre che non cessa di pensare a noi. Nessun 'adesso' le sfugge, nella sua condivisione senza ombre, con Dio tutto in tutti.
Pensiamo a questa attenzione materna di Maria. L'amore è attivo. Quello di Maria agisce per noi, a misura della corrente di amore che passa, reciprocamente. La grazia non è paragonabile al tubo di una canalizzazione. La comunicazione passa attraverso lo scambio interpersonale. Ciò suppone, da parte di chi chiede, cioè da parte nostra, almeno un desiderio, una fiducia, una ricettività.
Maria ci è sempre presente. Non è un'idea pazza, è una verità di fede: Maria è la creatura più vicina a Dio, e per questo la più vicina agli altri. Ella occupa il primo posto nel corpo mistico del Cristo, che ha cominciato come in germe, quando il Figlio di Dio ha preso da lei un corpo, e lei gli ha dato per prima quella adesione di fede che fonda il corpo mistico del Cristo. Egli le ha dato la funzione di Madre e i mezzi per svolgerla, a cominciare dall'amore che dà alle madri, a misura del loro stupendo compito.
Bisogna prendere coscienza di questa presenza fondata nella fede.
Lungo i secoli, numerosi santi l'hanno percepita con frutto:
Già Sant'Ambrogio parla di questa presenza.
S. Germano di Costantinopoli (634-733) ne esprime in questi termini l'esperienza:
- Tu coabiti in tutti con Dio. Tu hai abbandonato questo mondo senza abbandonare coloro che erano nel mondo (...) tre volte beati coloro che si dilettano della tua visibile presenza e coloro che sanno trovarti come madre della vita (...) Tu coabiti con noi in spirito. La potente protezione con la quale ci copri è il segno della tua presenza in mezzo a noi. Noi udiamo la tua voce, e le nostre voci raggiungono le tue orecchie. Tutti siamo da te conosciuti grazie al tuo aiuto e noi riconosciamo la tua potente e permanente assistenza.1
E san Giovanni Damasceno:
- Disponiamo dunque le nostre memorie come un soggiorno privilegiato per la Vergine (...). Maria visiterà spesso i suoi servitori fedeli, portando con sé tutti i beni, con il Cristo suo Figlio, Re e Signore di tutte le cose, che rimane nei nostri cuori.2
Questa grazia della presenza di Maria è ampiamente diffusa nel secolo XVII. La troviamo anche a Port-Royal, in Marie-Claire Arnauld che scrive:
- Maria è l'unica via per la quale posso sperare la misericordia di Dio. Per la maggior parte del mio tempo sono tutta occupata in lei, e non vivo se non sotto la sua ombra.3
Questa esperienza continua nel secolo XVII in Grignion de Monfort.
Nel secolo XIX, Teresa di Lisieux ha vissuto «tutta nascosta sotto il manto della Vergine», un periodo particolarmente fruttuoso della sua vita.
- C'è un dono della presenza abituale della Santa Vergine, come c'è un dono della presenza abituale di Dio, molto raro è vero, accessibile comunque a una grande fedeltà, diceva Chaminade.4
Non si tratta di una presenza emozionale, bensì di una presenza vissuta nella fede, in maniera notturna.
Non è la presenza di Dio: presenza creatrice. Solo Dio ci fa esistere. Solo lui ci dà l'esistenza ogni momento, a tal punto che se cessasse di pensare a noi, noi cesseremmo di esistere, come svaniscono i nostri sogni quando ci svegliamo.
Il Cristo, Dio Salvatore, ci comunica immediatamente la sua vita divina, la sua vita d'amore, in ogni momento.
Maria non accede a questo ruolo divino e trascendente. La sua presenza non è di ordine metafisico, bensì di ordine morale. É una presenza d'amore e di azione, con Dio, in Dio e per Dio: una presenza materna che si esercita con una particolare delicatezza.
Questa presenza ha normalmente dei tempi forti e dei tempi deboli; I tempi forti sono analoghi a quelli che Maria ebbe nella vita di Gesù:
- Maria è innanzitutto la Vergine degli inizi preposta alla sua nascita e alla sua infanzia. Essa ottenne il primo miracolo di Gesù, a Cana di Galilea, che fondò la fede dei suoi discepoli (Gv 2,1-12). Accompagnò la nascita della chiesa alla pentecoste (At 1,14-2,12) Anche noi dobbiamo offrirle gli inizi dei nostri progetti e delle nostre azioni.
- Ella è la Vergine delle transizioni. É per lei che si fa il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento, con la venuta del Cristo. La sua presenza sul Calvario, poi con gli apostoli fino a pentecoste, accompagna il passaggio dal Cristo alla chiesa, e la sua assunzione anticipa quella della chiesa alla parusia. Dobbiamo affidare a lei le transizioni della nostra vita, i momenti difficili e decisivi.
- In modo tutto speciale è la Vergine delle transizioni dolorose. É la Vergine dello Stabat Mater, ai piedi della Croce, quando ci fu donata come madre. Nelle nostre prove, e nell'ora della nostra morte, ella ha la funzione di portare la pace e la speranza. Impariamo a scoprire questa presenza di Maria nella Comunione dei Santi. É la prima e la più amorosa presenza dopo quella di Dio, in quella di Dio, sotto l'azione dello Spirito santo, in cui ella vive ed agisce.

NOTE
1. Omelia 1 sulla Dormizione, in PG 98, 344-345.
2. Omelia sull'Assunzione, in PG 96, 752.
3. Lettera a Monsieur Singlin, in Mémoire pour servir a l'histoire de Port-Royal, Utrecht 1642, tomo 3, p. 471.
4. L'Esprit de noire Fondation, tomo 1, p. 173.

 

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Inserito Mercoledi 11 Marzo 2020, alle ore 19:13:03 da latheotokos
 
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