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   Il ''Libro etiopico dei Miracoli di Maria'' 
Cultura

Dal libro di Enrico Cerulli, Storia della Letteratura Etiopica, Nuova Accademia Editrice, Milano 1961, pp. 105-117.



1. Il "Libro dei Miracoli di Maria" del Medio Evo latino e la sua traduzione in etiopico

Una delle più importanti e certamente la più tipica fra le opere della letteratura etiopica è il «Libro dei Miracoli di Maria» (Ta'amra Mdrydm). Le sue origini ed il suo sviluppo, che ha accompagnato dal secolo XV l'evoluzione della letteratura etiopica, sono una prova concreta della ricezione di elementi occidentali nella cultura etiopica e della loro graduale ed infine totale assimilazione. Ma il problema è più vasto e va assai al di là dei limiti della storia letteraria etiopica, perché da esso si possono trarre conseguenze valevoli per la storia generale della cultura medievale e per i rapporti tra Oriente ed Occidente nel Medio Evo. Il Libro dei Miracoli di Maria cominciò a formarsi in Francia, verso la metà del secolo XII, nel ricordo della violenta epidemia detta del «mal des ardents» che devastò le province francesi nel 1128-1129. Si ebbero allora alcune raccolte di narrazioni di miracoli di Maria e particolarmente dei prodigi relativi ai santuari e pellegrinaggi mariani di Laon, di Soissons, di Coutances e di Rocamadour. Queste raccolte si diffusero anzi tutto in Francia e nel regno Anglo-Normanno; presto furono composti florilegi che riunivano i racconti più graditi delle varie collezioni, come fecero Gualtiero di Cluny (intorno al 1141) e William of Malmesbury (quasi contemporaneamente). Queste raccolte di racconti si diffusero presto in tutta l'Europa dall'Islanda alla Germania, alla Spagna, all'Ungheria; e vennero trasmesse in latino o ridotte nelle diverse lingue volgari, redatte in prosa, messe in versi. Molte furono anche le aggiunte di racconti nuovi che si riferivano a prodigi avvenuti in altri paesi, e specialmente in Italia ed in Spagna; molte furono pure le sostituzioni e gli adattamenti di narrazioni che, per una ragione o per l'altra, non corrispondevano al gusto dell'uno o dell'altro paese in cui la raccolta veniva ricevuta. Si formò così, dal secolo XII al XIV, un vastissimo patrimonio di racconti, leggende e tradizioni, riuniti variamente nella collezione dei Miracoli di Maria; e da tale collezione dovevano più tardi trarre ispirazione ed argomenti alcuni tra i maggiori poeti ed artisti dei secoli successivi. Ora una di queste raccolte, redatta assai probabilmente in francese, fu tradotta in arabo nell'Oriente latino fra il 1237 ed il 1289, negli ultimi anni prima della caduta di San Giovanni d'Acri. Il codice arabo più antico, per quanto frammentario, che è sin ora stato identificato, è datato dall'anno 1005 dell'Era dei Martiri e cioè: 1289 dopo Cristo. La traduzione araba dei Miracoli di Maria passò poi dalla Palestina all'Egitto e fu accolta dalla Chiesa Copta di Egitto. Anche qui in Oriente, in Siria, in Palestina ed in Egitto, avvenne un fenomeno analogo a quello che si era avuto nell'Europa Occidentale: racconti locali, in onore dei vari santuari e luoghi di pellegrinaggio siriani, palestinesi ed egiziani, furono inseriti nella grande raccolta, che divenne quindi sempre più una ricca silloge di tradizioni occidentali ed orientali riunite, al di sopra anche delle differenze delle singole Chiese Cristiane, nel nome di Maria. Più tardi ancora alla fine del secolo XIV, sotto il regno del negus Dawit I (1382-1411), il Libro dei Miracoli di Maria fu tradotto dall'arabo in etiopico ed entrò cosi nella letteratura dell'Etiopia. Qui occorre appena aggiungere che, anche e sopra tutto in Etiopia, il Libro dei Miracoli di Maria si aumentò ancora di altri racconti relativi alla storia ed alle tradizioni locali, sì che esso, oltre tutto, ci conserva importantissime testimonianze di avvenimenti specialmente del secolo XV ed addirittura brani di opere etiopiche a noi non più direttamente pervenute. Inoltre i racconti così tradotti dall'arabo, ed in special modo quelli europei, dunque più lontani dal costume etiopico, sono stati nella successiva diffusione rimaneggiati, in modo che di parecchi di essi si leggono oggi nei manoscritti redazioni differenti, sempre più adattate e, per così dire, etiopicizzate, qualche volta anche con l'aggiunta di nuovi particolari e nuovi personaggi, sia pure secondari. A queste modificazioni di sostanza corrispondono, per analoghi motivi, altre variazioni nella forma stessa dei racconti. Infatti la prima e più antica versione di essi è la pura e semplice traduzione dall'arabo, la quale spesso risente fortemente della inevitabile durezza di stile che il passaggio dall'una all'altra di due lingue differenti può causare, sopra tutto quando chi traduce è più esperto di linguaggi che di arte letteraria. Le redazioni successive, che partendo dalla prima traduzione hanno dato sempre più forma etiopica ai racconti, sono invece meglio apprezzabili letterariamente. Anzi queste varie alterazioni di contenuto e di forma, quando veramente sorrette da un intenso fervore di devozione e da una ispirazione che non si attarda né disperde nei giochi stilistici convenzionali, fanno raggiungere ad alcuni di questi racconti un compiuto valore di arte.

2. Le varie collezioni di racconti del "Libro etiopico dei Miracoli di Maria" e la raccolta canonica dei 33 racconti

E qui conviene ancora considerare un altro lato della questione. Per le ragioni ora esposte la collezione dei racconti del Libro etiopico dei Miracoli di Maria è assai numerosa. Ma il numero dei racconti non è stato quasi mai eguale nei vari manoscritti, perché la scelta è stata diversa non solo nei diversi scriptoria, ma anche da parte dei singoli copisti e rielaboratori di uno stesso scriptorium. Dai 316 racconti contenuti nel codice del «British Museum» Or. 643 (che è datato del 1717) e dai 303 racconti del codice del «British Museum» Or. 637 (che è della seconda metà del Seicento) passiamo ai 150 del codice della «Giovardiana» di Veroli (che è del 1517), ai 69 del codice della «Bibliothèque Nationale» Eth. di Parigi (che è del secolo XVI), ai 30 racconti del codice del «British Museum» Or. 651 (anche del secolo XVI), ed ai 16 del codice di Upsala Et. 12 e di Firenze, «Nazionale» (Magi. III, 83), copiato nella seconda metà dello stesso secolo XVI. Il codice più antico sin ora identificato (Or. 650 del «British Museum», della metà del Quattrocento) ha 51 racconti. La diversità del numero dei racconti in ciascuna collezione non vuol dire affatto che il totale delle narrazioni entrate in Etiopia od attribuite in Etiopia alla raccolta del Libro dei Miracoli di Maria sia di 316, cifra massima della collezione più ricca, e che le altre meno numerose collezioni siano formate mediante scelta da quella massima. Anzi molto più numeroso è l'insieme dei racconti e molte collezioni hanno racconti propri che non si riscontrano in altre. Per ora non si può dire di più, perché solo una piccola parte dei codici è stata sin ora studiata nel suo contenuto. Tale varietà delle collezioni dei Miracoli di Maria implicava alcuni inconvenienti ed incertezze, perché, una volta adottato nella Chiesa Copta (di Egitto) il Libro dei Miracoli come lettura edificante, era logico che questa lettura non fosse soggetta a variazioni, alterazioni e novità troppo sensibili nelle varie chiese e nei vari monasteri. Questa necessità si fece a poco a poco sentire in Egitto; e così nel secolo XVII si formò una collezione tipica di 74 racconti, che da allora fu costantemente copiata negli scriptoria. Perciò i codici arabi, dal Seicento in poi, contengono uniformemente questi 74 racconti; e le varianti sono soltanto di redazione dei singoli racconti e non più si sono avute sostituzioni od aggiunte di narrazioni, come invece prima era normale. Ancor più in Etiopia si doveva affermare tale tendenza alla uniformità. Infatti già durante il regno di Zara Jakob (1434-1468) veniva ammessa, anzi prescritta, la lettura in chiesa, durante le cerimonie religiose in onore di Maria, di brani del Libro dei Miracoli, con ancor maggior rigore di quanto era stato accettato in Egitto secondo un presunto canone (detto «di al-Muallaka», dal nome della chiesa del Vecchio Cairo). Questo uso liturgico dei racconti, che furono detti, in testi etiopici, «pari al Vangelo del Figlio di Lei (Maria)», veniva già a consigliare una attenuazione delle varietà delle collezioni. Ma soltanto più tardi, e propriamente verso la metà del Seicento, si formò anche in Etiopia una serie canonica di racconti, in tutto trentatré. Però, mentre in Egitto, come ora abbiamo visto, soltanto la collezione approvata è rappresentata da allora in poi nei manoscritti arabi, in Etiopia invece — per la grande autonomia dei monasteri sparsi nelle regioni anche più inaccessibili dell'altopiano e per il vivissimo sentimento regionale — la serie canonica dei trentatré racconti è bensì copiata, nei codici posteriori al secolo XVII, in testa ai singoli codici, ma ad essa seguono — fortunatamente per noi — altri e spesso numerosi racconti che mantengono dunque l'abbondanza della raccolta. Qui il problema di storia letteraria si riconnette anche con una questione di storia dell'arte etiopica. Infatti, forse per la prima volta in scriptoria di Gondar (allora capitale dell'Etiopia), miniaturisti illustrarono i trentatré racconti della serie canonica. In tal modo divenne uso nella capitale e nei monasteri delle province di decorare il Libro dei Miracoli di Maria con miniature, che, prendendo a tipo quelle di Gondar od anche con stile diverso, si riferiscono però tutte ai trentatré racconti, che costantemente appaiono all'inizio dei codici. Questi complessi di miniature, il cui studio è appena agli inizi, è uno dei più importanti documenti dell'arte pittorica in Etiopia; e ricerche ulteriori, che ovviamente non possono essere condotte che comparativamente su varie serie complete di miniature, potranno forse darci nuovi elementi dimostrativi delle influenze e delle reazioni cui tale manifestazione artistica fu dovuta.

3. Raccolti dei cicli europei: Spagna, Italia, Francia

I racconti di origine europea giunti nel Libro dei Miracoli di Maria etiopico, sinora identificati, sono di queste provenienze:

a) SPAGNA
Si possono individuare almeno tre gruppi di racconti: quelli di Toledo; quelli dell'Arca di Oviedo; quelli del pellegrinaggio a Santiago di Compostella. Il gruppo di Toledo principalmente esalta Sant'Ildefonso, che di Toledo fu arcivescovo dal 657 al 667, durante il regno visigoto di Spagna. Il suo libro De Virginitate Sanctae Mariae contra tres infideles gli assicurò una durevole fama come difensore di Maria; ed il prodigio del dono del pallio arcivescovile concessogli dalla Santa Vergine fu incluso nelle raccolte europee del Libro dei Miracoli ed in opere d'arte dai miniaturisti medievali sino ai quadri famosi del Velasquez (ora nel palazzo arcivescovile di Siviglia) e del Murillo (ora al Museo del Prado). Il racconto del miracolo fatto a Sant'Ildefonso da Toledo è anzi il primo di una serie, che appare — come determinò il Mussafia — in molti codici medievali europei. Analogamente parecchi manoscritti del Libro etiopico dei Miracoli di Maria si iniziano appunto col racconto di Sant'Ildefonso da Toledo; e così la stessa raccolta canonica dei trentatré racconti di cui abbiamo detto si apre col racconto di Sant'Ildefonso. Il gruppo del pellegrinaggio a Santiago di Compostella in etiopico ha racconti, il cui originale europeo è andato perduto o per lo meno non è stato ancora rintracciato nei manoscritti occidentali sinora esaminati: segnatamente, il racconto dell'innocente resuscitato, nel quale si sono riunite varie tradizioni sul passaggio dei pellegrini per l'alta valle dell'Ebro, nella Rioja.

b) ITALIA
Il massimo gruppo di racconti italiani inclusi nel Libro etiopico dei Miracoli concerne Roma ed i prodigi avvenuti nelle varie chiese di Roma medievale: da Santa Maria in Aracoeli a Santa Maria Maggiore, a San Paolo extra moenia, a San Lorenzo. È un nuovo e valido esempio della diffusione delle tradizioni medievali romane nell'Oriente cristiano. Ed anche qui, si seguono bene le successive assimilazioni all'ambiente etiopico: per esempio, nel racconto (tolto, in definitiva, dai Mirabilia Urbis Romae) dell'apparizione prodigiosa della Vergine col Bambino all'imperatore Augusto, che, avutane spiegazione dalla Sibilla Tiburtina, fonda sul posto stesso la chiesa dell'Aracoeli. In una successiva redazione l'imperatore Augusto addirittura si converte alla fine al Cristianesimo e fa redigere il Libro dei Miracoli e dota di terreni la chiesa, come si sarebbe detto di un sovrano etiopico dell'epoca medievale. Altri racconti etiopici si riferiscono a Pavia, che, collocata sulla Via Francigena dei pellegrini per Roma, meglio poteva offrire argomento a simili tradizioni.

c) FRANCIA
Le prime componenti del Libro dei Miracoli, come si è detto, erano state le raccolte francesi. Di conseguenza i gruppi relativi ai santuari di Laon e Soissons; quello della Cattedrale di Chartres; quello di Nostra Signora di Rocamadour (nel Quercy); e la celeberrima abbazia di Mont-Saint-Michel, al confine tra Brettagna e Normandia sono passati nell'etiopico. Anche qui si hanno gli adattamenti etiopici; e, per esempio, in un racconto il nome di Chartres, che si era conservato nell'arabo: Giartrìs, è sostituito da «un'isola del Mar Mediterraneo verso il Monte Carmelo» per una lettura erronea (Geztrah, « isola » invece di Giartrìs), più tardi ampliata da una glossa che trasforma così Chartres in Cipro. Così il racconto, anche più complicato, del miracolo del bandito che è soffocato mentre mangia, in punizione per aver depredato due pellegrine. Le pellegrine depredate andavano a Monserrato (in Catalogna), secondo una delle Cantigas de Santa Maria di Alfonso il Savio; ma già nel francese il fatto era stato trasferito a Rocamadour, il cui nome è passato anche nell'arabo (Rùsciamàdùr). Nell'etiopico, in una redazione assimilata, la scena è trasferita addirittura a Betlemme; e l'episodio diventa così uno dei tanti incidenti del pellegrinaggio etiopico ai Luoghi Santi di Palestina.

4. Le aggiunte orientali al "Libro dei Miracoli": Siria, Palestina, Egitto ed Etiopia

A questi racconti di origine europea sono stati aggiunti nel Libro etiopico le altre narrazioni di prodigi, che lungo la via dall'Oriente Latino, luogo della prima traduzione dal francese in arabo, sino all'Africa Orientale sono state successivamente inserite nei vari paesi. Abbiamo così altre fonti:

a) SIRIA
E qui primeggia il gruppo dei racconti relativi al santuario di Santa Maria di Saidnaia, presso Damasco. Questo gruppo era già passato, in senso opposto, dalla Siria in Europa, perché il pellegrinaggio a Saidnaia si svolgeva sotto la protezione dell'Ordine dei Templari, che ne diffusero la devozione in Francia, in Italia, e altrove (il primo testo latino sin ora ritrovato è un codice vaticano del secolo XII). Qui abbiamo anche la prova che, come attraverso il Libro dei Miracoli di Maria una parte della narrativa medievale europea giunse nelle letterature araba ed etiopica, così attraverso lo stesso Libro racconti orientali arrivarono nell'Europa delle Crociate. In Etiopia le narrazioni di Saidnaia furono così popolari che già nel secolo XV veniva celebrata annualmente il dieci del mese di maskaram (settembre) la festa di quel santuario; e del prodigio che diede origine al santuario almeno tre redazioni diverse sono nel Libro dei Miracoli.

b) PALESTINA
Vari racconti del Libro etiopico si svolgono in Palestina: a Gerusalemme, in prevalenza, od a Betlemme. Ma di essi alcuni sono della tradizione di Terra Santa, come quello del ladro che voleva rubare le porte della grotta di Betlemme; altri invece si riferiscono alla lunga e qualche volta dolorosa vicenda della comunità etiopica di Gerusalemme (ed alla cerimonia del «fuoco sacro» del Sabato Santo, cui gli Etiopi partecipavano in prima linea nella Basilica del Santo Sepolcro). In altri ancora l'ubicazione in Palestina è senz'altro fittizia, come abbiamo qui sopra visto per Betlemme sostituita a Rocamadour.

c) EGITTO
Come era da attendersi, è la più numerosa delle serie orientali nel Libro etiopico. Abbiamo parecchi gruppi: uno che è il più ricco si riferisce al convento di San Samuele di Kalamon, nel Fayyum e contiene racconti anche artisticamente più vivaci. Come al solito, anche, ad esempio, al grazioso racconto dell'Angelo che, impietosito risparmia un fanciullo trasgredendo gli ordini del Signore e perciò si rifugia nel convento di San Samuele, è stata aggiunta nell'etiopico una lunga digressione sugli Angeli e la loro natura. Un altro gruppo concerne il deserto di Scete ed i monasteri ed eremitaggi colà esistenti, da San Macario il Grande in poi. Altri racconti celebrano il miracolo annuale della barca luminosa che soleva apparire sotto la cupola della chiesa di al-Maghtas (Metmaq) nel Delta ed i pellegrinaggi cui questo ricorrente prodigio dava luogo sino al secolo XV quando la chiesa fu distrutta, poco prima del 1438, per ordine del sultano mamelucco Barsbey. Un altro gruppo raccoglie i miracoli avvenuti al monastero di Kuskam {Dayr al-Muharrak), nell'Alto Egitto e l'ultimo racconto è datato dal 1396. E, accanto a questi gruppi maggiori, altri racconti narrano di minori santuari dell'Egitto, come quello, così felice nella sua ingenua sincerità, di Scenute, cui i suoi monaci si erano lamentati della eccessiva carità del loro ortolano che disperdeva in elemosine gli ortaggi del convento. E Scenute vede al mattino la Vergine, che appare nell'orto, prende la mano dell'ortolano e l'immerge nell'acqua dei canali, cospargendone così la verdura, mentre pronunzia formule di benedizione, a lode della carità.

d) ETIOPIA
Infine questa così vasta raccolta, che abbiamo visto procedere quasi a valanga dalla Francia all'Oriente raccogliendo tanti altri materiali sul suo cammino, accoglie l'apporto di narrazioni etiopiche. Qui conviene sottolineare che questi racconti etiopici si riferiscono soltanto ai regni del negus Dav^it I e di suo figlio Zara Jakob. Ciò vuol dire che, posteriormente al 1468 (data della morte di Zara Jakob), nessun altro avvenimento etiopico, per quanto importante, è stato ricordato nel Libro dei Miracoli di Maria: fatto che precisa la cronologia della composizione del Libro. Questi racconti etiopici sono per noi doppiamente di valore: perché contengono menzione di fatti storici non altrimenti conosciuti e perché, scritti spesso a breve distanza dagli avvenimenti, risentono artisticamente della immediata impressione che quelle guerre, quei successi, quei prodigi ebbero nell'animo dello scrittore.

Credo di aver così, sommariamente, prospettato le principali questioni che si pongono a proposito di questa opera fondamentale della letteratura etiopica.

Inserito Domenica 26 Luglio 2020, alle ore 12:45:33 da latheotokos
 
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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