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  Maria, la Madre della gioia 
Spiritualità

Un articolo in L'Araldo. Sacerdoti del S. Cuore Dehoniani, n. 4/2011, pp. 3-11.




 “La cosa più bella del mondo - ha scritto nel suo temino un alunno delle elementari - è il sorriso di mia mamma”. Queste parole, non potrebbe firmarle anche il buon Dio, nei riguardi di sua Madre? Direi di sì! Egli infatti l’ha pensata, voluta e scelta, perché in lei splendesse il suo amore di Padre sull’umanità, dopo tanta e tanta storia di peccato e di morte. La Bibbia racconta il “lamento di Dio” sul peccato dell’uomo: “Il Signore si pentì di aver fatto l’uomo e se ne addolorò in cuor suo” (Gn 6,6). È il pianto del Padre, deluso dalle sue creature. Ma Dio, nel suo amore misericordioso, viene incontro all’umanità per liberarla dal male. E per il suo progetto d’amore, dà un segno inconfondibile: “Ecco la Vergine partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,14). Il segno diventa realtà quando l’Angelo “inviato da Dio” annuncia a Maria: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te. Tu concepirai un bambino che sarà chiamato Figlio dell’Altissimo” (Lc 1,28-29). In Maria, aurora di una nuova umanità, torna il “sorriso di Dio”.

Maria, sorgente della gioia

I cristiani, con i santi in prima fila, hanno sempre riconosciuto in Maria la fonte della gioia. Secondo la preghiera liturgica della Chiesa, ella è “la causa della nostra gioia”, “la letizia d’Israele”, cioè la gioia del mondo rinnovato da Dio. Questo riconoscimento è evidente anche nel come i cristiani di tutto il mondo celebrano le feste della Madonna, e frequentano i tanti santuari mariani. Perché tutto questo? Innanzitutto perché Maria è Immacolata, cioè tutta di Dio che è eterna felicità. Ma c’è una ragione ancora più profonda: Maria è la degna Madre del Figlio di Dio, “ venuto per darci la gioia e darcela in abbondanza” (cfr Gv 15,11). Proprio perché col suo meraviglioso “” è divenuta Madre del Salvatore, Maria ha motivo di gioire per la presenza del Figlio di Dio nel suo grembo, e sente il bisogno di manifestare questa sua incomparabile gioia: “L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore” (Lc 1, 46-55). Capiamo allora anche il perché del sorprendente annuncio dell’Angelo ai pastori di Betlemme: “Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo: è nato per voi il Salvatore” (Lc 2, 10-12). Maria, benché pensosa per le parole del vecchio Simeone al tempio, rimane madre felice, per la vicinanza d’amore del suo Gesù, che vede crescere meravigliosamente “in età, sapienza e grazia” (Lc 2,40). Fa sue le gioie della vita domestica a Nazaret, ma anche quelle della parentela alle nozze di Cana, dove assicura che la gioia degli sposi e degli invitati non venga meno per la mancanza di vino (cfr Gv 2, 1-11). Maria gioisce notando che nella Galilea si diffonde rapidamente la fama del suo figlio, e che le folle lo acclamano come maestro. Nella sinagoga di Nazaret, ha la soddisfazione di sentire dalle stesse parole di Gesù, quello che lei, come già a Cana, crede fermamente: il suo Gesù è davvero il Messia, “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio della salvezza” (cfr Lc 4, 14-21). E si sentirà umilmente gratificata per l’elogio di una donna del popolo: “Beato il grembo che ti ha portato” ( Lc 11,27).

Gioia nel dolore

Gioia e dolore sembrano escludersi a vicenda. Ma non è così nel cuore di una madre. E non lo è soprattutto nel cuore di Maria che ha posto la sua gioia nella volontà di Dio Padre su di lei come sul suo Gesù e sui figli (la Chiesa) che Gesù le ha affidato dall’alto della croce. A riguardo è interessante notare che la devozione del popolo cristiano ai “sette dolori di Maria” fa corrispondere le “sette gioie di Maria”, dal momento dell’Annunciazione fino alla sua gloriosa assunzione in cielo. L’unione tra gioia e dolore è presente nel disagiato eppure felicissimo Natale a Betlemme; nella Presentazione di Gesù al tempio, dove Maria intravede il suo futuro dolore dalle parole rivolte a lei da Simeone che però nello stesso tempo proclamava la lode di Dio per aver dato in Gesù la salvezza al suo popolo e la luce alle genti (cfr Lc 2,9-32). È così nell’ansiosa fuga in Egitto e nel gioioso ritorno alla casa di Nazaret, nello smarrimento e ritrovamento di Gesù al tempio, nelle avversità incontrate dal suo Gesù ma anche nel suo potere vincente contro ogni male. È così per il tradimento di Giuda, la fuga dei discepoli e il rinnegamento di Pietro, ma anche per la fedeltà delle donne che con lei seguivano il suo Gesù. È così per la passione e morte di Gesù ma anche per la sua gloriosa risurrezione, per la paura dei discepoli e insieme per il loro ritrovato coraggio con l’effusione dello Spirito Santo, per l’ascensione di Gesù al cielo e per la sua continuata presenza nel cuore della Madre come nella vita dei discepoli. È così per le paure della Chiesa nascente e insieme per lo slancio che essa manifesta sotto la guida dello Spirito e il suo materno accompagnamento.

Con l’alleluia nel cuore

Quando interiormente ma anche esteriormente, una persona è piena di gioia, si dice che è “felice come una Pasqua”. Perché la Risurrezione di Gesù è stata davvero un’esplosione di gioia per quanti credevano in lui. Il racconto evangelico sulle apparizioni del Risorto, mostra che la gioia progressivamente prende tutta la vita dei discepoli. Qualcuno però oggi lamenta: “Perché i Vangeli riportano diverse apparizioni del Risorto, ma non l’incontro con la Madre sua? Questo incontro avrebbe confermato il premuroso amore del Figlio che fa felice sua Madre, trafitta da tanto dolore per la sua morte e sepoltura”. A riguardo alcuni Santi pensano che Maria non aveva bisogno di apparizioni, perché aveva nel cuore la certezza della Risurrezione del suo Gesù. San Giovanni Paolo II, il 22 maggio 1997, fa questa riflessione sul mancato incontro del Risorto con sua Madre: I Vangeli intendono mostrare che il Risorto affida l’annuncio della sua Risurrezione a “testimoni prescelti”, cioè gli Apostoli, e a quelle donne a cui dà una funzione ecclesiale: “Annunziate ai miei fratelli che li incontrerò in Galilea” (Mc 16,7). È comunque legittimo pensare che il Risorto sia apparso per primo alla Madre. Già un autore del V secolo, Sedulio, sostiene che “Cristo si è mostrato nello splendore della sua vita risorta innanzitutto alla propria Madre. Infatti, colei che nell’Annunciazione era stata la via del suo ingresso nel mondo, era chiamata a diffondere la meravigliosa notizia della Risurrezione, annunciando così la sua gloriosa venuta”. Insomma, il primo alleluia di Pasqua ha preso voce nel cuore di Maria, madre del Risorto. E di questo si fa eco la liturgia cristiana: “Regina dei cieli rallegrati, alleluia! Cristo che hai portato nel grembo è risorto, alleluia! Rallegrati Vergine Maria, alleluia!”.

Aiuto e conforto materno di Maria

Certamente ha bisogno di consolazione più una madre che perde il proprio figlio, che non dei discepoli che perdono il loro maestro. Eppure nella prova che va dalla passione alla risurrezione e ascensione di Gesù, è la Madre che consola e rianima i discepoli, pregando con loro e per loro. Lo fa sapendo di non aver perso il Figlio amato, ma di rimanere realmente e totalmente unita a lui nella fede e nella speranza di ritrovarsi eternamente insieme nella gloria della vita eterna. Già agli inizi della Chiesa e poi lungo i secoli fino ad oggi, è lei a sostenere nei discepoli del suo Gesù quella “fede che salva” e quella “speranza che non delude”. È lei che sostiene la serena fiducia dei martiri della fede cristiana e la gioiosa testimonianza dei credenti che vivono nell’amore di Cristo. È lei che, apparendo in tante parti del mondo, continua ad accompagnare il popolo cristiano sulle difficili strade della vita personale, familiare e sociale. Oggi, guardando alla nostra realtà che spesso diventa insopportabile, ci chiediamo: “Ma è possibile la gioia nel dolore?”. Umanamente no, cristianamente sì! Lo riconosce il grande sant’Agostino nelle sue Confessioni: “Umanamente ciò che si sopporta non si ama! Ma cristianamente, quando si ama, si sopporta anche l’insopportabile”. In questo Maria è uno splendido modello e un grande aiuto per i cristiani. Ponendo la sua felicità nella volontà divina, Maria ha la capacità di trasformare il dolore in amore, nella vita sua ma anche di quella dei suoi “figli nella fede”. Ecco perché la Chiesa la riconosce “Madre della gioia” e insieme “Aiuto dei cristiani” e “Consolatrice degli afflitti”. Chi può dire di non aver avuto luce, sostegno e conforto dalla materna presenza di Maria nella propria vita?

Si può vivere come lei

La madre è tutta per i figli, e gioisce quando può aiutarli nelle loro difficoltà. Ma è ancora più felice quando vede che i figli seguono il suo buon esempio. Oggi purtroppo spesso non è così. Tante mamme, pur donandosi ai figli, soffrono nel vederli indifferenti e addirittura contrari alle loro convinzioni morali e religiose. Il perché di questo sconforto sta nel fatto che le mamme sanno benissimo che i loro figli si privano di valori grandi e indispensabili alla loro vita e soprattutto alla loro vita di fede. Come credenti siamo chiamati ad ascoltare ed imitare colei che è la nostra “madre nella fede”. E questo per un principio teologico: “tutto ci viene da Dio attraverso Maria e tutto va a Dio attraverso Maria”. A partire da questo principio, Tommaso da Kempis oltre alla “Imitazione di Cristo” ha scritto anche la “Imitazione di Maria”, tracciando così la via migliore per una vera imitazione del Signore, cioè per una vita buona che porti gioia a noi e agli altri. Ma si può davvero imitare Maria? Certamente, e con profonda gioia, perché la gioia è la fioritura della bontà. Lo dimostrano i santi, ma anche tante brave persone di ogni tempo. San Filippo Neri diceva: “Tristezza e malinconia, via da casa mia!”. E san Francesco di Sales, per inculcare la gioia della vita buona, ricordava che “un santo triste è un triste santo”, un santo a metà, diremmo noi.

Con lei si impara ad essere felici

Da Maria si impara ad avere nel cuore quella fede serena e quella fiduciosa speranza che, anche nelle prove, ci ottengono una vita felice. Certo, non è facile vivere così. Ma il Vangelo ce lo ricorda: “Tutto è possibile a Dio” (Lc 1 37). Maria già dal momento dell’Annunciazione ha esperimentato questa forza divina; e dopo la Pentecoste l’ha trasmessa alla comunità dei discepoli, i quali, “maltrattati dai loro nemici, erano lieti degli oltraggi ricevuti per amore di Gesù” (cfr At 5,41). L’apostolo Paolo potrà dire: “Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione” (2 Cor 7,4). San Francesco d’Assisi, a coloro che non capivano come lui potesse unire la felicità alla povertà più austera, confidava: “Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto!”. La nostra imitazione della “Madre della gioia” deve farci assumere un atteggiamento molto importante della sua vita: la sua attenzione agli altri, come ha fatto con la sua visita alla cugina Elisabetta e con il suo gentile interessamento verso gli sposi di Cana. Maria con la visita ad Elisabetta che conclude con il “Magnificat”, c’insegna che Dio dà la gioia a coloro che per amore suo, donano amore agli altri. Lo capirà molto bene san Francesco che dice: “È donando che si riceve”. Donarsi e gioire vanno a braccetto verso Dio che “ama chi dona con gioia”. A Cana poi Maria ci insegna qualcosa da cui dipende il presente e il futuro della nostra gioia: “Fate quello che egli vi dirà!”. Sì, nella volontà divina è la nostra gioia e la nostra pace. Accogliere e vivere questo invito di Maria, può non essere facile, ma è felice.

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Inserito Mercoledi 18 Agosto 2021, alle ore 12:05:07 da latheotokos
 
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