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  Via Matris dolorosae 
Devozione Un articolo di Bruno Simonetto su Madre di Dio, n. 3 marzo 2003

 

 

 

Il ‘cammino di dolore’ della Vergine percorre i ‘misteri del dolore’ di Cristo e dell’uomo di ogni tempo. – La Passione di Gesù e la ‘com-passio Mariae’ per la salvezza del mondo.

Nel secondo capitolo della Lettera apostolica "Rosarium Virginis Mariae", titolato: Misteri di Cristo – Misteri della Madre, Papa Giovanni Paolo II così scrive dei ‘misteri del dolore’: "Ai misteri del dolore di Cristo i Vangeli danno grande rilievo. Da sempre la pietà cristiana, specialmente nella Quaresima, attraverso la pratica della Via Crucis, si è soffermata sui singoli momenti della Passione, intuendo che è qui il culmine della rivelazione dell’amore ed è qui la sorgente della nostra salvezza. Il Rosario sceglie alcuni momenti della Passione, inducendo l’orante a fissarvi lo sguardo del cuore e a riviverli […].
I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la Croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell’abisso dell’amore di Dio per l’uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice" (RVM, 22). Noi vogliamo rivivere con Maria questi ‘misteri del dolore di Cristo’, che sono anche i misteri delle sofferenze dell’uomo di ogni tempo.

I ‘sette dolori’ della Vergine

"La Via Matris dolorosae o semplicemente Via Matris – come spiega l’Introduzione del testo dei ‘Servi di Maria’ che ne propone alcuni riti di celebrazione (cfr. Curia generalizia OSM, 1997, p. 13ss) – è un pio esercizio nel quale un gruppo di fedeli o un singolo orante compie un percorso su un tratto di strada o all’interno di una chiesa, meditando i dolori che la Vergine Maria, madre e cooperatrice del Salvatore, soffrì durante la vita, nell’adempimento della sua missione […]. Il cammino percorso da Gesù, il figlio, dal tribunale a Pilato e al Monte Calvario lo percorse anche Maria, la madre: fu in gran parte un cammino comune, per cui alcune ‘stazioni’ del cammino della Via Crucis sono coincidenti con quelle della Via Matris".
"Tuttavia – annota ancora il testo citato – , poiché l’intera vita della Vergine – il suo cammino – fu contrassegnata dalla sofferenza, il popolo cristiano la unificò concettualmente e la celebrò cultualmente come "cammino di dolore", assumendo come chiave di lettura la partecipazione della Madre alla passione del Figlio e come modello celebrativo la Via Crucis. Fino agli inizi del secolo XX, questo pio esercizio è designato spesso come Via Matris, ossia "i sette acerbissimi dolori di Maria Vergine meditati nella forma medesima della Via Crucis" (cfr. volumetto omonimo, Tipografia Artigianelli S. Giuseppe, Roma 1906)".
La devozione si è, per così dire, polarizzata sui ‘sette dolori’ della Vergine; ma il fondamento teologico della Via Matris, come del resto di ogni altro pio esercizio mariano, è l’indissolubile unione di Maria a Cristo nell’attuazione del progetto salvifico di Dio, che ha nell’Incarnazione del Verbo e nella Morte e Risurrezione di Cristo le sue più alte espressioni.
La Vergine è "l’intimissima socia" (cfr. Paolo VI, Esort. ap. Signum magnum, 1) nel compimento dell’opera della Redenzione. Associati quindi nel disegno della salvezza (cfr. Lc 2, 34-35), Cristo crocifisso e la Vergine Addolorata sono anche associati nelle celebrazioni della liturgia e nelle manifestazioni della pietà popolare.
L’intuizione fondamentale della Via Matris è, dunque, quella di considerare l’intera vita della Vergine, dall’annuncio di Gabriele (cfr. Lc 1, 26-38) e dal vaticinio di Simeone (cfr. Lc 2, 34-35) fino alla morte e sepoltura del Figlio, come un cammino di fede (cfr. Lumen gentium, 58) e di dolore.
Nella Via Matris questo cammino è articolato in sette ‘stazioni’, corrispondenti a sette episodi, in cui la pietà del popolo cristiano ha individuato i sette ‘principali’ dolori della Madre del Signore.



I Vangeli – che non sono una biografia di Gesù, e tantomeno di Maria, ma annuncio dell’opera di salvezza – ci hanno tuttavia informato di vari ‘cammini’ compiuti da Gesù e da sua madre, Maria di Nazareth.

Relativamente alla Vergine, ci hanno tramandato la ‘memoria’ dei seguenti otto ‘cammini’:
1 – cammino della Figlia di Sion che, fatta arca della Nuova Alleanza per la presenza in lei del Verbo, si reca "in fretta" alla casa del sacerdote Zaccaria, per proclamare le opere salvifiche di Dio (mirabilia Dei) e portare Cristo a Giovanni, divenendo così la prima evangelizzatrice del Regno e del nuovo Patto (cfr. Lc 1, 39-55);
2 – cammino di donna incinta, da Nazareth a Betlemme (cfr. Lc 2, 1-7), dove sperimenta il dolore di dover deporre il neonato Figlio "in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo" (Lc 2, 7);
3 – cammino di pia israelita, che si reca a Gerusalemme per offrire il Bambino "come è scritto nella Legge del Signore" (Lc 2, 23), e là, dalle labbra di Simeone, "uomo giusto e timorato di Dio" (Lc 2, 25), ode il vaticinio sul Figlio, che sarà "segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2, 34-35), e su lei stessa, a cui "una spada trafiggerà l’anima" (L 2, 35);
4 – cammino di donna esule, che insieme con lo sposo Giuseppe e il figlio Gesù fugge dalla propria terra per salvare la vita del Bambino, perseguitato dai potenti (cfr. Mc 2, 13-15), e poi, cessato il pericolo, ritorna con loro in Galilea e va "ad abitare in una città chiamata Nazareth" (Mt 2, 23);
5 – cammino di donna pellegrina, che ogni anno, per la festa di Pasqua, si reca a Gerusalemme (cfr. Lc 2, 41), dove Gesù, compiuti i dodici anni, in un doloroso e profetico episodio di smarrimento e di ritrovamento – morte e vita – (cfr. Lc 2, 43), manifesta la sua missione: occuparsi del disegno salvifico del Padre (cfr. Lc 2, 49);
6 – cammino di donna amica, che si reca premurosa a Cana di Galilea per partecipare ad una festa di nozze, in occasione delle quali il Figlio manifesta la sua gloria di sposo messianico e i suoi discepoli credono in lui (cfr. Gv 2, 1-11), e da dove, discepola con i discepoli, discende a Cafarnao con il Figlio e i ‘fratelli’ e discepoli di lui (cfr. Gv 2, 12);
7 – cammino di madre sollecita, che – come sembra – va in cerca del Figlio di cui si diceva che era "fuori di sé" (Mc 3, 21): episodio oscuro e di difficile interpretazione, in cui ella apprende dal Figlio stesso la superiorità dell’accoglimento della Parola sulla maternità biologica (cfr. Mc 3, 31-35);
8 – cammino di discepola fedele, per cui, secondo lo "statuto del discepolo", sale dietro Gesù il Monte Calvario per essere accanto al Figlio-Maestro (cfr. Gv 19, 25-27), allorché egli darà la vita per la salvezza del genere umano; cammino al quale la pietà dei fedeli aggiunge un ultimo, significativo tratto: dal luogo della crocifissione al luogo della sepoltura, in un vicino giardino dove era un sepolcro nuovo (cfr. Gv 19, 41-42).

Le ‘sette Stazioni’ della Via Matris

Nel contesto di questi ‘cammini’ della Vergine Maria si disegnano le sette ‘Stazioni’ della Via Matris, un pio esercizio dove è messo in luce anche il suo aspetto pasquale. Al Mistero pasquale, infatti, guardano significativamente al I Stazione ("Maria accoglie nella fede la profezia di Simeone"), in cui risuona una parola di morte e di vita: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele" (Lc 2, 34); la II Stazione ("Maria fugge in Egitto con Gesù e Giuseppe"), in cui si succedono profeticamente fuga e ritorno, minaccia mortale del tiranno e amorosa protezione del Padre; la III Stazione ("Maria cerca Gesù rimasto in Gerusalemme"), nella quale i tre giorni dello smarrimento richiamano i tre giorni della sepoltura.
Al Mistero pasquale poi appartengono pienamente gli eventi salvifici contemplati nelle Stazioni IV ("Maria incontra Gesù sulla via del Calvario"), V ("Maria sta presso la Croce del Figlio"), VI ("Maria accoglie nel suo grembo Gesù deposto dalla Croce") e VII ("Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della Risurrezione").
Va tuttavia notato che, per la temperie culturale dell’epoca in cui è nata la Via Matris, dominata dalla devozione alla Passione di Cristo, nemmeno questa pratica – come, del resto, la classica Via Crucis delle 14 Stazioni – si sofferma a meditare esplicitamente sull’evento della Risurrezione di Cristo: nei secoli XVII-XVIII, infatti, giunge al culmine la devozione verso la Passione di Gesù e la com-passione della Vergine Madre.
Si noterà che, come la Via Crucis, la Via Matris è una "preghiera biblica", in quanto dal Vangelo, inteso in senso letterale o interpretato alla luce della tradizione della Chiesa, trae gli episodi di dolore e di salvezza che vi si contempla.
Gli episodi di dolore della vita di Cristo e di Maria sono consumazione del dolore che grava sull’umanità fin dai suoi albori, a causa della misteriosa ‘rottura’ tra Dio e l’uomo, avvenuta alle origini (cfr. Gn 3, 1-17) e delle successive, ripetute infedeltà all’Alleanza: Cristo è il "Servo sofferente", che "si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (Is 53, 4); cfr. Mt 8, 17); per il mistero dell’Incarnazione e per la sua condizione di Capo dell’umanità egli è arcanamente partecipe di ogni sofferenza umana passata, presente e futura (cfr. Mt 25, 35-40); Maria è la "Donna del dolore", come la chiama la tradizione della Chiesa, che in Uffici liturgici e in pii esercizi (come questo della Via Matris) ha posto sulle labbra della Vergine il lamento della ‘Figlia di Sion’: "Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore" (Lam 1, 12a).
Sicché possiamo aggiungere un’ultima riflessione.
In una attenta celebrazione della Via Matris non sarà difficile scorgere il senso ecclesiale del dolore della Vergine, e scorgerne il prolungamento nel dolore che accompagna la Chiesa e l’umanità intera nel suo cammino.
La Vergine, madre esule di un bambino perseguitato dai potenti, madre intrepida di un Figlio incompreso dai familiari, rifiutato dai concittadini, osteggiato dalle Autorità religiose, abbandonato dai discepoli, condotto al patibolo e crocifisso tra due malfattori, diviene la personificazione della Donna forte e fedele, cui la Chiesa continuamente si ispira nell’ora della tribolazione: quando vede derisa la persona e la parola del suo Signore, perseguitati i suoi figli, ostacolata la sua missione.
La Vergine ai piedi della Croce e la Madre sul cui grembo è deposto il Figlio morto diventano il simbolo e l’icona della Chiesa che, per divina missione, è accanto all’uomo che soffre e accoglie nel suo seno il dolore e l’afflizione di tutta l’umanità.
Certo, in tempi di globalità di tutto, viene spontaneo pensare alla forma più radicale e più vera di universalismo che è il dolore degli uomini. E ricordare ancora che il primo sguardo di Gesù non si rivolgeva al peccato degli altri, ma alla sofferenza degli altri; e il peccato stesso era, anzitutto, rifiuto della condivisione e della partecipazione al dolore altrui. Condivisione o com-passione non sono solo commiserazione: il termine com-passione può davvero essere preso come parola-chiave per il progetto di un mondo della religione biblica nell’èra della globalizzazione.
Nel nome di Gesù, "l’uomo dei dolori che ben conosce il patire" (Is 53, 3); e nel nome della Vergine Addolorata, intimamente unita al Figlio suo Crocifisso, che è parimenti "colei che ben conosce il patire".



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Inserito Lunedi 11 Ottobre 2010, alle ore 18:01:11 da latheotokos
 
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