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  Maria, «Nostra Signora e Madre», nella spiritualità di Sant'Ignazio di Loyola 
Santi Ritiro spirituale per le Suore Orsoline Missionarie del Sacro Cuore di P. Adam Wolanin, SJ del 22 maggio 2010


 

Quale posto occupa Maria e la devozione mariana nella spiritualità ignaziana? Se dovessimo giudicare da ciò che vediamo nella nostra pratica comunitaria oggi, dovremmo forse ammettere una certa mancanza di questa dimensione, almeno a livello di vita istituzionale, non necessariamente nel settore di vita spirituale personale.
In ogni caso, nella vita di S. Ignazio e nel carisma ignaziano Maria occupa il posto di primo ordine. Per quanto riguarda S. Ignazio stesso, la sua «devozione mariana» si svela soprattutto attraverso il suo Diario spirituale, l’Autobiografia e, ovviamente, gli Esercizi spirituali. Attraverso questi scritti cercheremo di scoprire un’impronta mariana nella spiritualità ignaziana. Oltre ai testi originali tratti dai suddetti scritti, rinvio allo studio di Padre Simon Decloux, SJ,Maria negli scritti di Ignazio di Loyola1  e all’articolo di Maria Clara Lucchetti Bingemer, nel Diccionario de Espiritualidad Ignaciana2.
Subito all’inizio vorrei menzionare un dettaglio connesso con la storia della Compagnia di Gesù. La prima Chiesa della Compagnia è stata quella di Santa Maria della Strada, che originariamente si chiamava chiesa degli Astalli, poi degli Altieri, o semplicemente della Madonna della Strada. Si ritiene che questo titolo sia dovuto al fatto che i pellegrini diretti verso la basilica di S. Pietro vi sostavano per pregare. Oggi, l’immagine della Madonna della Strada si trova nella cappella che porta il suo nome, nella chiesa del Gesù. A consegnare questa prima chiesa a S. Ignazio e i suoi compagni, nel giugno 1541, fu Papa Paolo III (della famiglia Farnese), lo stesso che il 27 settembre 1540 approvò la Compagnia di Gesù. La primitiva chiesetta della Madonna della Strada fu abbattuta nel 1569 per dar posto alla costruzione di una nuova chiesa (del Ss.mo nome di Gesù) commissionata dal Card. Alessandro Farnese. In quella occasione l’immagine (affresco) della Madonna fu salvata con un taglio del pezzo del muro sul quale si trovava. Tralasciando altri dettagli storici riguardanti il noto affresco vorrei ricordare che davanti a questa immagine della Madonna hanno celebrato la Messa S. Ignazio e S. Francesco Borgia, e hanno pregato altri grandi Santi e Beati: Francesco Saverio, Pietro Favre, Pietro Canisio, Stanislao Kostka, Carlo Borromeo, Filippo Neri, e tanti altri.
Attraverso i summenzionati scritti di S. Ignazio si scopre che egli nutriva per Maria un vivo affetto e una profonda devozione. Non solo egli si sentiva aiutato dalla Madonna nella propria conversione, ma era anche guidato da Lei nella prima stesura degli Esercizi Spirituali. Anzi, secondo la tradizione ignaziana, Maria avrebbe dettato a Sant’Ignazio a Manresa gli Esercizi Spirituali. Come si potrà vedere più avanti, Maria è molto presente negli Esercizi Spirituali. Infatti, quasi ogni meditazione e contemplazione si conclude con un colloquio con Lei, e nel contesto dell’elezione l’offerta alla Ss.ma Trinità viene fatta alla presenza di Maria.
L’espressione che più frequentemente appare negli Esercizi Spirituali con riferimento a Maria è «Madre y Señora nuestra» (Madre e Signora nostra). È un’espressione ricca di contenuto teologico e nel contempo di grande carica emotiva di S. Ignazio. Maria è nostra Madre perché ci è stata donata come tale nel testamento da Gesù stesso, morente sulla croce. Al tempo stesso, nella persona del discepolo amato, Gesù sulla croce ci ha affidati tutti all’amore di sua propria Madre. Maria è anche nostra Signora proprio in quanto Madre del nostro Signore.

Gli "Esercizi spirituali"

In quale contesto S. Ignazio fa riferimento a Maria negli Esercizi Spirituali? Molto spesso a conclusione della meditazione o contemplazione, proponendo il triplice colloquio (Maria, Gesù, Dio Padre). Il primo dei tre colloqui è di solito con Maria. Per esempio, nel contesto della meditazione sul peccato S. Ignazio propone “Il primo colloquio con nostra Signora, perché mi ottenga da suo Figlio tre grazie: la prima, che io acquisti un'intima conoscenza dei miei peccati e li detesti; la seconda, che io senta il disordine delle mie azioni, e così, detestandole, possa emendarmi e mettere ordine in me stesso; la terza, che io prenda conoscenza del mondo, e così, detestandolo, possa tenermi lontano dalle vanità terrene. Qui dirò un'Ave Maria” [ES, 63]. Una simile proposta viene fatta da S. Ignazio nel contesto della meditazione su due bandiere: “Primo colloquio. Farò un colloquio con nostra Signora, perché mi ottenga dal suo Figlio e Signore la grazia di essere accolto sotto la sua bandiera, anzitutto in somma povertà spirituale e, se la divina Maestà così vorrà e intenderà scegliermi e accogliermi, anche nella povertà materiale; poi sopportando umiliazioni e insulti, per meglio imitarlo in questi, purché possa sopportarli senza peccato di alcuna persona e senza offesa alla divina Maestà. Qui dirò un'Ave Maria” [ES, 147]. Anche in molte altre meditazioni e/contemplazioni si ripete la stessa proposta-
A proposito dell’«Ave Maria», si trova negli Esercizi Spirituali un curioso dettaglio. Nella prima addizione «per fare meglio gli esercizi e per trovare più facilmente quello che si desidera» [ES, 73], l’«Ave Maria» serve come un’unità di misura: “Dopo essermi coricato, sul punto di addormentarmi, per la durata di un'Ave Maria, penserò a che ora devo alzarmi e a che scopo, e richiamerò sinteticamente l'esercizio che devo fare” [ES, 73]. Ciò vale per la preparazione personale di ogni meditazione e/o contemplazione. Sembra una cosa banale, ma è significativa in quanto anche il ritmo di preparazione della preghiera (e non solo la preghiera stessa) poteva era scandito, secondo S. Ignazio, da questa semplice preghiera mariana, il cui contenuto essenziale (l’annuncio dell’angelo san Gabriele a nostra Signora [ES, 102], e la visita di nostra Signora a s. Elisabetta [ES, 162, 263]) diventa oggetto di contemplazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo e di quello della visitazione di Maria. Nella contemplazione del mistero dell’Incarnazione s. Ignazio dice: “ancora guardo quello che fanno l'angelo e nostra Signora, cioè l'angelo compie la sua missione di messaggero e nostra Signora con un atto di umiltà ringrazia la divina Maestà” [ES, 108]. E anche qui, alla fine della contemplazione, S. Ignazio propone un colloquio “pensando a quello che devo dire alle tre Persone divine o al Verbo incarnato o alla Madre e Signora nostra” [ES, 109].
Nel contesto del mistero della visitazione di Maria la proposta per la contemplazione è semplice: “Nostra Signora fa visita a Elisabetta e san Giovanni Battista, che è nel grembo della madre, avverte la visita fatta da nostra Signora: Appena Elisabetta udì il saluto di nostra Signora, il bambino sussultò di gioia nel suo grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo»” [ES, 263].
Un testo degli Esercizi Spirituali in cui appare una significativa presenza di Maria è anche quello dell’offerta che l’esercitante fa a Dio. La Vergine Maria, chiamata «gloriosa Madre» vi appare come testimone di questa offerta, insieme con tutta la corte celeste: “Eterno Signore di tutte le cose, con il tuo favore e il tuo aiuto io faccio la mia offerta davanti alla tua infinita bontà, davanti alla tua gloriosa Madre e a tutti i santi e le sante della corte celeste: io voglio e desidero ed è mia ferma decisione, purché sia per tuo maggior servizio e lode, imitarti nel sopportare ogni ingiuria e disprezzo e ogni povertà, sia materiale che spirituale, se la tua santissima Maestà vorrà scegliermi e ricevermi in questo genere di vita” [ES, 98].
Ovviamente, Maria è presente negli Esercizi Spirituali soprattutto in quelle contemplazioni che hanno come oggetto i vari misteri della vita, morte e risurrezione del nostro Signore. Non si tratta di citare qui tutti quei testi che si riferiscono a Maria, ma è opportuno insistere sul fatto che S. Ignazio guarda alla «Madre e Signora nostra» quasi sempre in rapporto con i misteri fondamentali della vita di Gesù. E ciò ha un grande significato teologico: Maria è al servizio di suo Figlio, Signore e Salvatore dell’umanità, ed è anche la sua cooperatrice nell’opera della redenzione. A questo proposito il Concilio Vaticano ha ricordato:  "Giustamente quindi i santi padri ritengono che Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza. Infatti, come dice s. Ireneo, ella «obbedendo divenne causa della salvezza per sé e per tutto il genere umano». Onde non pochi antichi padri nella loro predicazione volentieri affermano che «il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la vergine Maria l'ha sciolto con la sua fede»3. E più avanti nella stessa Costituzione dogmatica sulla Chiesa si legge:  “Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo al Padre nel tempio, soffrire col figlio suo morente sulla croce, ella ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre nell'ordine della grazia"4.
È molto significativo che s. Ignazio, pur nutrendo una profonda e filiale devozione per Maria, non l’ha mai chiamata «corredentrice», attribuendo il ruolo di Salvatore a Dio Gesù Cristo, Signore. Quello di Maria, per quanto fosse stato importante, è stato il ruolo subordinato, il che viene sottolineato ancora nella summenzionata costituzione sulla Chiesa: “E questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell'annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna. Nella sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Questo però va inteso in modo, che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico mediatore. Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e Redentore; ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai sacri ministri e dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata dall'unica fonte. E questo compito subordinato di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerlo apertamente, continuamente lo sperimenta e lo raccomanda al cuore dei fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, essi più intimamente aderiscano col Mediatore e Salvatore"5.

L'Autobiografia (Racconto del pellegrino)

Vediamo adesso alcuni testi mariani tratti dall’Autobiografia di s. Ignazio conosciuta anche con il nome del Racconto del pellegrino.
Ancora in convalescenza a Loyola, “una notte, mentre era ancora sveglio”, s. Ignazio “vide chiaramente un’immagine di nostra Signora con il santo bambino Gesù [e] poté contemplarla a lungo provandone grandissima consolazione” (Autobiografia, n°10). Questa visione ebbe come effetto una profonda “trasformazione che si era compiuta dentro la sua anima” di cui suo fratello e tutti gli altri di casa potevano accorgersi dal suo comportamento esterno. In che cosa consisteva questa trasformazione? Essa viene espressa con le seguenti parole: “Poi gli sopravvenne un tale disgusto di tutta la vita passata, specialmente delle cose carnali, da sembrargli che fossero sparite dall'anima tutte le immaginazioni prima così radicate e vivide. Da quel momento a questo agosto del '53 [1553] in cui si scrivono queste memorie, non diede mai neppure il più piccolo consenso a sollecitazioni sensuali: e proprio questo effetto permette di giudicare che la cosa veniva da Dio” (Autobiografia, n°10).
Lo zelo di neo-convertito e il profitto spirituale che traeva dalla lettura dei pochissimi libri che aveva a sua disposizione (Vita di Cristo e dei Santi) spinse s. Ignazio a trascrivere alcuni passi più significativi: “Scriveva le parole di Gesù in rosso, quelle di nostra Signora in azzurro, su carta lucida a righe, con elegante scrittura, mettendo a profitto la sua grafia molto bella. Impiegava il suo tempo in parte a scrivere, in parte a pregare. La sua consolazione più grande era guardare il cielo e le stelle; li contemplava spesso e per lungo tempo, perché da questo gli nasceva dentro un fortissimo impulso a servire nostro Signore” (Autobiografia, n°11)6.
Maria accompagnò il nostro pellegrino sin dal momento in cui egli decise di lasciare Loyola per recarsi verso una meta ancora a lui sconosciuta. In compagnia di suo fratello e cavalcando una mula s. Ignazio partì in direzione di Oñate, persuadendo il fratello “a fare una veglia insieme con lui nel santuario di Nostra Signora di Aránzazu. Là passò la notte in preghiera per ottenere nuove energie in vista del suo viaggio. Poi lasciò suo fratello a Oñate, in casa di una sorella a cui aveva fatto visita, e lui si recò a Navarrete” (Autobiografia, n°13). Quanto grande sia stata la devozione del pellegrino per la Madonna possiamo indovinare, tra l’altro, da un fatto che si verificò proprio a Navarrete. Avendo riscosso lì il denaro che gli doveva la casa del duca di Nájera (Antonio Manrique de Lara) e essendosi sdebitato con “certe persone verso le quali aveva degli obblighi”, s. Ignazio destinò una parte del denaro “al restauro e al miglior ornamento di un'immagine di nostra Signora che era in cattivo stato” e da solo partì verso Montserrat, sulla sua mula (Autobiografia, n°13).
Sul cammino verso Montserrat si verificò un altro significativo episodio che testimonia della profonda devozione di s. Ignazio verso la Madonna. Che cosa è successo? Ce lo racconta il pellegrino stesso: “Avvenne dunque che mentre andava per la sua strada lo raggiunse un moro che cavalcava un mulo. Si misero a conversare e il discorso cadde su nostra Signora. Il moro sosteneva che, certo, la Vergine aveva concepito senza intervento d'uomo; ma che avesse partorito restando vergine, questo non lo poteva ammettere; e a sostegno di ciò adduceva i motivi naturali che gli si presentavano alla mente. Da questa opinione il pellegrino, per quanti argomenti portasse, non riuscì a smuoverlo. Poi il moro si allontanò velocemente, tanto che lo perse di vista; ed egli rimase pensieroso, riflettendo su quanto era intervenuto con quell'uomo. E insorsero in lui impulsi che gli provocavano un senso di scontentezza sembrandogli di aver mancato al suo dovere, e lo movevano a sdegno contro il moro. Gli pareva di aver fatto male a permettere che egli facesse quelle affermazioni su nostra Signora, e di essere obbligato a difenderne l'onore. Gli veniva voglia di andarlo a cercare e di prenderlo a pugnalate per le affermazioni che aveva fatto. Restò a lungo in subbuglio, combattuto da questi impulsi, e alla fine rimase perplesso senza sapere cosa era tenuto a fare. Prima di allontanarsi il moro gli aveva detto che era diretto a una località poco distante, lungo il suo stesso cammino, era molto vicina alla strada maestra, ma questa non l'attraversava” (Autobiografia, n°15).
“Stanco di riflettere cosa era meglio fare, senza vedere una soluzione sicura a cui attenersi, decise così: lasciare andare la mula a briglia sciolta fino al punto in cui le strade si dividevano. Poi, se la mula avesse imboccato la via del paese, avrebbe raggiunto il moro e lo avrebbe pugnalato; se invece avesse proseguito per la strada maestra, lo avrebbe lasciato perdere. Seguì questa idea; l'abitato era distante solo trenta o quaranta passi e la strada che vi conduceva era larga e comoda; ma nostro Signore fece sì che la mula la lasciasse da parte e scegliesse la via principale” (Autobiografia, n°16).
Comperati poi un bastone da viaggio, una borraccia, un abito che avrebbe usato per andare a Gerusalemme, e un paio di sandali (calzandone soltanto uno per la gamba malconcia e tutta gonfia) il pellegrino ripartì per Montserrat. Ancora in cammino, prima di arrivare in questa località, pensava “a quanto voleva intraprendere per amore di Dio” e “decise che avrebbe fatto una veglia d'armi per una notte intera, senza sedersi né appoggiarsi, ma solo restando in piedi o in ginocchio davanti all'altare di Nostra Signora di Montserrat, dove aveva in animo di lasciare i suoi abiti per vestire le armi di Cristo” (Autobiografia, n°17).
Arrivato a Montserrat, s. Ignazio mise in atto ciò che aveva già deciso nel suo cuore: “Dopo essersi trattenuto in preghiera, prese accordi con un confessore; poi, nel corso di tre giorni si impegnò nella sua confessione generale, mettendo tutto per iscritto. Affidò pure al confessore l'incarico di far ritirare la mula e di appendere la spada e il pugnale nel santuario, all'altare di nostra Signora” (Autobiografia, n°17). Non è tutto, perché “La vigilia di Nostra Signora di marzo [festa dell'Annunciazione] del 1522, verso notte, in tutta segretezza andò a cercare un povero e, spogliatosi di tutti i suoi abiti, glieli diede, e lui indossò la tunica che ormai solo desiderava. Poi andò a prostrarsi davanti all'altare di nostra Signora e un po’ in ginocchio e un po’ in piedi con il bordone in mano, vi trascorse tutta le notte. Partì all'alba per non essere riconosciuto” (Autobiografia, n°17).
Essendo già a Manresa, oltre a sentire una profonda devozione verso la Santissima Trinità e rivolgere la sua preghiera alle tre Persone divine, il pellegrino sperimentò anche un «rapimento» spirituale durante la recita dell’ufficio «di nostra Signora» (Autobiografia, n°28). Oltre alla visione della Santissima Trinità “ha visto anche nostra Signora, nello stesso modo, senza distinzione di membra. Tutte queste esperienze lo confermarono allora nella fede e gliene diedero poi sempre tanta fermezza da pensare molte volte che, se non ci fosse la Scrittura a insegnarci queste verità, era pronto a morire in loro testimonianza anche solo in forza di quanto aveva visto” (Autobiografia, n°29).
Nella sua terra natale, dove passò qualche tempo tra Parigi e la partenza per l’Italia, s. Ignazio contribuì all’introduzione della «campana dell’Avemaria tre volte al giorno», secondo l’usanza romana, «per invitare la gente alla preghiera» [mariana dell’Angelus] (Autobiografia, n°89)7. Per s. Ignazio non si trattava di una semplice usanza né un puro esercizio devozionale. Egli era convinto dell’importanza di questa semplice preghiera, in quanto esprimeva una delle fondamentali verità della nostra fede, cioè l’Incarnazione di Cristo, il Figlio di Dio. Ignazio era anche convinto dell’efficacia della preghiera rivolta a Maria, dell’efficacia della sua intercessione. Infatti, essendo sul cammino verso Roma e avendo ricevuto da Dio, durante questo viaggio, «favori straordinari», “aveva deliberato che, una volta sacerdote, sarebbe rimasto un anno senza celebrare la messa per prepararvisi e per pregare la Madonna che lo volesse mettere con il suo Figlio” (Autobiografia, n° 96). La sua fiducia è stata ripagata: “Un giorno, trovandosi ormai a poche miglia da Roma, mentre in una chiesa faceva orazione, sentì nell'animo una profonda mutazione e vide tanto chiaramente che Dio Padre lo metteva con Cristo suo Figlio da non poter più in alcun modo dubitare che di fatto Dio Padre lo metteva con il suo Figlio (Autobiografia, n° 96).
Infine, oltre alle visioni e grandi consolazioni che esperimentava durante la celebrazione della Messa, s. Ignazio ebbe le importanti visioni che lo confermavano in qualche punto particolare nella redazione delle Costituzioni: “Vedeva ora Dio Padre, ora le tre Persone della Trinità, ora la Madonna che intercedeva o approvava” (Autobiografia, n° 100). Pertanto, si potrebbe dire che S. Ignazio deve all’intercessione della Madonna quanto ha potuto scrivere nelle Costituzioni e che le stesse Costituzioni ricevettero la sua approvazione.

Il Diario Spirituale

Un altro scritto di s. Ignazio che rende testimonianza alla sua profonda devozione alla Madonna e l’importanza che egli dà al suo ruolo nell’opera della salvezza è il Diario spirituale. Non fu certamente l’intenzione di s. Ignazio di scrivere i suoi appunti spirituali allo scopo di renderli poi pubblici. Infatti, una parte di ciò che chiamiamo Diario spirituale andò distrutta, forse intenzionalmente. Gli appunti rimasti sono raccolti in due quaderni e riguardano due periodi, di successione immediata, uno tra il 2 febbraio e il 12 marzo del 1544, e l’altro tra il 13 marzo 1544 e il 27 febbraio dell’anno seguente. Gli appunti del primo quaderno (di 14 fogli) si riferiscono al processo spirituale di Ignazio nel periodo in cui doveva decidere sulla povertà delle chiese della Compagnia8.Gli appunti del periodo successivo sono molto più brevi, a volte una frase, anche se si riferiscono ad un periodo più lungo rispetto al primo.
Non intendo citare e tanto meno analizzare tutti i testi del Diario spirituale che in qualche modo si riferiscono alla Vergine Maria, Madre di Gesù. Ne ricorderò soltanto alcuni, a testimonianza della profonda devozione che s. Ignazio nutriva verso la Madonna e della grande fiducia che egli poneva in Colei che intercede presso il suo Figlio e/o insieme con Lui presso il Padre celeste.
Ciò che colpisce il lettore del Diario sin dai primissimi appunti è che s. Ignazio esprimeva la sua devozione alla Madonna soprattutto nel celebrare numerose Messe in suo onore, oltre le Messe in onore della Ss.ma Trinità, del Nome di Gesù, e dello Spirito Santo. Nella prima nota, del sabato 2 febbraio 1544, si legge: “Durante la messa molta devozione, lacrime, grande fiducia in nostra Signora”. E in seguito fino al 5 febbraio tutte le Messe, ogni giorno, inclusa la domenica, erano in onore di «nostra Signora». Nella nota del 4 febbraio Ignazio dice che la sera si è sentito “unito intensamente con l’affetto e con grande confidenza a nostra Signora”. E il giorno successivo annota d’aver visto “la Madre e il Figlio ben disposti a intercedere presso il Padre” e “la sera, un sentire, o vedere, nostra Signora ben disposta a intercedere".
L’8 febbraio 1544 (venerdì) Ignazio parla di una “notevole devozione e lacrime nell’orazione” e poi racconta ciò che è successo dopo la Messa: “volevo offrire al Padre con la mediazione e le preghiere della Madre e del Figlio. E mentre mi rivolgevo con la preghiera prima a Lei perché mi aiutasse presso suo Figlio e presso il Padre, poi al Figlio perché insieme con la Madre mi aiutasse presso il Padre, avvertii in me come un andare, o un essere portato, davanti al Padre; e in questo andare sentivo drizzarmisi i capelli, e sensazione come di grande ardore per tutto il corpo; di conseguenza lacrime e devozione intensissima”
Un’esperienza particolarmente significativa e al tempo stesso commovente è quella del 15 febbraio, venerdì. Ascoltiamo il racconto di Ignazio stesso: “Durante la prima orazione nel nominare il Padre eterno, ecc., provavo una sensibile dolcezza interiore, e vi indugiavo non senza essere mosso a lacrime. Più avanti, molta devozione, e verso la fine anche più intensa; ma non si manifestavano Mediatori né alcuna delle Persone [della Trinità]. Mentre ero in procinto di andare all’altare per la messa, nel cominciare l’orazione preparatoria, un sentire e presentarmisi nostra Signora e la mia mancanza del giorno prima, non senza mozione interiore e lacrime. Mi pareva che con le mie molte mancanze facevo fare brutta figura a nostra Signora che tanto spesso pregava per me; e così nostra Signora mi si nascondeva, e io non trovavo devozione né in Lei né più in alto. Di lì a poco, dal momento che non trovavo nostra Signora, cercando più in alto mi sopravviene un impeto di lacrime e singhiozzi con un certo vedere e sentire che il Padre celeste mi si mostrava favorevole e pieno di dolcezza: mi faceva capire che gli sarebbe piaciuto essere pregato da nostra Signora, che io non potevo vedere. Preparando l’altare, dopo aver indossato i paramenti, e durante la messa, fortissime mozioni interiori, copiose e intensissime lacrime e singhiozzi, frequente assenza della parola. Così pure dopo terminata la messa, per un lungo tratto della sua celebrazione, mentre mi preparavo e dopo, un intenso sentire e vedere nostra Signora molto favorevole davanti al Padre e al Figlio, tanto che nelle preghiere al Padre e al Figlio e alla consacrazione non potevo non sentirla o vederla come chi è parte o tramite della grazia così grande che sperimentavo in spirito. (Alla consacrazione mi faceva capire che la sua carne era in quella del Figlio), e avevo intelligenza di cose tanto alte che non si possono scrivere. Nessun dubbio circa la prima oblazione fatta”.
Questi sono soltanto alcuni esempi che ci aiutano a scoprire s. Ignazio come mistico, e non soldato, un Ignazio che sa commuoversi e piangere, e non solo ragionare e comandare. Questi esempi sono anche un invito ad una lettura più frequente del suo Diario spirituale per approfondire la nostra conoscenza della personalità di s. Ignazio e della sua profonda e filiale devozione alla Madonna, «Madre e Signora nostra».

NOTE

1 Nella serie «Appunti di Spiritualità», n° 23, stampati dalla Tipografia della Pont.Università Gregoriana.
2 Mensajero – Sal Terrae, 2007, voce «Maria», pp. 1195-1200. 
3 Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n° 56.
4 Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n° 61.
5 Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n° 62.
6 Nella stessa Autobiografia si dice che ha riempito “quasi 300 fogli, in quarto, completamente scritti” (n° 11).
7 L'attuale forma di questa preghiera mariana si è stabilizzata e generalizzata nel XVI secolo. La si trova già nel Piccolo Ufficio della Beatissima Vergine Maria (Officium parvum B.M.V.) stampato a Roma al tempo di Papa san Pio V (1566-1572), poi nel Manuale catholicorum di s. Pietro Canisio (1521-1597), stampato ad Anversa nel 1588. Più tardi, Papa Benedetto XIV (1742 ?) prescrisse che nel periodo pasquale al posto dell’Angelus si recitasse la preghiera Regina Coeli.
8 Cf  Obras de San Ignacio de Loyola, BAC 19976 (red. I. Iparraguirre, C. De Dalmases, M. Ruiz Jurado), p. 342.

Inserito Martedi 10 Maggio 2011, alle ore 19:24:26 da latheotokos
 
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