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  Maria insegna al prete il «principio dell'Incarnazione» 
Chiesa

di Mons. Michele Giulio Masciarelli, L'esercizio del Presbiterato con Maria, in AA. VV., Maria e il Sacerdozio, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2010, pp. 319-324, tutto l'assunto pp. 283-341.



1. In Maria cominciano i tempi nuovi

Gesù Cristo, l'Adamo vero, il Figlio eterno diventa uomo nel seno della Vergine Maria e nella grotta di Betlemme. Nel seno di Maria, con l'avvento di Cristo la storia in un qualche modo si conclude. Perciò, oltre l'incarnazione del Figlio di Dio non potremmo immaginare una forma di alleanza più alta. Per Gesù, il Padre era il Tutto. Col Padre, egli formava una cosa sola (cfr. Gv 10,30). Perciò, l'essere divenuta madre di Gesù significò per Maria, fra l'altro, aver sperimentato in misura piena e irripetibile l'unione con Dio, che è lo scopo ultimo dell'alleanza. E tutto ciò al prete che insegna? Primo, a prendere davvero sul serio l'umanizzazione del Verbo: Maria è madre di un vero uomo e resta per sempre garanzia della sua umanità. Secondo, a pensare l'essenza del cristianesimo come la persona di Gesù nato dalla Vergine Madre. Terzo, a cogliere in una costante meditazione credente che nel seno della Vergine di Nazaret è avvenuta la svolta della storia: Dio, irrompendo con la sua eternità nel suo seno, ha inaugurato in lei i tempi nuovi, decisivi, irripetibili, ormai ultimi. Con Maria e con Colui che è nato da lei siamo alla Fine, cioè alle porte della Gloria. A comprendere che, senza Maria, centrale nel cristianesimo, l'essenza del cristianesimo di fatto non l'avremmo e, di conseguenza, che, senza di lei, essendo "microstoria della salvezza", non coglieremmo né la splendida logica dei misteri di Cristo, né l'infelice contraddizione delle stesse eresie. Maria, infatti, è Colei che «cunctas haereses sola interemit in universo mundo», è colei che da sola debella e distrugge le eresie in tutto il mondo.68 Maria è, per il prete, un intenso e completo ''vademecum'' vivente per la sua vita di fede e per la sua predicazione: riassume infatti l'intero mistero cristiano.


2. Le ginocchia di Maria sono il trono di Gerusalemme

Senza la presenza di Maria diviene incomprensibile l'evento della presentazione di Gesù ai «Magi» venuti dall'Oriente (cfr. Mt 2,2).69 «In questi ''magi'', che rappresentano le nazioni pagane circostanti, il Vangelo vede le primizie delle nazioni che nell'incarnazione accolgono la Buona Novella della salvezza».70 Sulle sue ginocchia i Magi contemplano il Figlio di Dio, portatore della gloria del Padre nella sua persona, sulle sue carni immacolate, tratte dal seno della sua madre immacolata. I Magi, pur passando a Gerusalemme per informarsi circa il Bambino, non trovano il Messia in essa, al contrario dell'antico Israele che cercava di «vedere» il suo Dio in Sion (cfr. Sal 42-43,3), nelle cui mura come in un «grembo» era il Tempio, ossia la «casa» in cui Dio abitava. A questo punto, una prima domanda s'impone? Davvero i Magi non vanno a Gerusalemme? Un'ultima domanda: Maria non è, come Gerusalemme (Is 56,3-8), la Città-madre? Maria non è la Donna-popolo, non è la «figlia di Sion» (Zc 9,9), dove si attua la regalità di Cristo per il suo popolo? Non è stato detto a lei: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco il tuo re viene a te"...» (Mt 21,5)? Se le risposte a queste tre domande sono tre "sì", allora i Magi sono passati a Gerusalemme, perché la "Figlia di Sion" è misteriosamente Gerusalemme. Non dimentichiamo che la «casa» dell'adorazione dei Magi: è la «casa» della Chiesa (cfr. Ef 2,19-20), che è costruita in luogo della «casa d'Israele» (Mt 10, 6). Gesù lo troviamo dentro la Chiesa, anch'essa Gerusalemme, città di mistero (cfr. Mt 5,14), da Maria rappresentata ed evocata, quale Chiesa nascente e quale principio carismatico-caritativo della Chiesa al Cenacolo. Dalla presenza di Maria all'Epifania di Gesù il prete riceve la plastica lezione che Gesù lo si trova vicino a sua Madre seduto sulle sue ginocchia. È il tema della mediazione pastorale di Maria, che il prete dovrebbe ben capire e saper realizzare. S'intende questo: la presenza di Maria in tutti i luoghi nei quali il Cristo ha vissuto i suoi misteri, non può essere ignorata dal prete nella sua predicazione e nelle celebrazioni di essi. Anzitutto, il prete deve mostrare cosa c'entri Maria nei singoli misteri di Cristo, poiché essa vi è presente con un ruolo così essenziale che, ignorando la sua presenza, quei misteri non si spiegano più, non riescono ad esser detti con logica misterica, con sensatezza teologica (come si fa a presentare il Natale, la Pasqua, la Pentecoste senza Maria?). Inoltre, il prete dalla tipica e particolare presenza di Maria ai singoli misteri di Cristo, ricava il modo buono e pregnante come a quei misteri ci si accosta spiritualmente e pastoralmente, essendo essa la più grande esperta di Cristo e dei suoi misteri.


3. A Cristo si va passando per Maria e per la Chiesa


Maria e la Chiesa sono, infatti, la stessa Gerusalemme, la città del gran Re. Che senso ha, allora, parlare (come spesso accade) di un cristianesimo senza Chiesa? Dell'opzione per il Cristo e del rifiuto della Chiesa? Dunque, con sguardo più ravvicinato, vogliamo tutti chiederci che cosa il Bambino di Betlemme, seduto sulle ginocchia di Maria, porta all'uomo d'oggi, da poco uscito dal secondo millennio. Sono possibili almeno tre risposte:
- La prima. Dio ha detto agli astrologi pagani una parola mediante una stella insolita in mezzo a stelle inconsuete; una stella che li ha fatto alzare di soprassalto e portati all'ascolto, mentre l'Israele abituato alla parola di Dio è diventato ottuso verso simili parole di rivelazione: esso non vuole lasciarsi disturbare nel normale corso delle dinastie. Il prete dalla Vergine dell'Epifania - perché lo sa più dei Magi, essendo la Madre con lo sguardo fisso sul Figlio - impara a stimolare gli uomini a lasciarsi disturbare da Dio, alzare l'occhio alla luce della stella da Dio fatta sorgere: essa ci ricorda che solo Dio ci guida e può portarci alla salvezza.
- La seconda. Il prete, a ben vedere l'uomo d'oggi, che è l'uomo della soglia, lo trova come un uomo povero, a corto di molte risorse spirituali e, perciò, bisognoso di doni. Il prete scorge nei Magi - gli adoratori che offrono i doni e il Bambino che, tramite Maria, li accetta - gli uomini che ripropongono di riassumere la logica del dono per riorientare la nostra vita. In una società allevata al culto dei soli diritti, avvizzita nella contabilità di ciò che spetta, di ciò che si deve avere dalla vita, dal mondo, dagli altri, ha bisogno di ricontagiarsi alla logica natalizia e pasquale del dono. Fra l'altro, oggi il rimando al dono rappresenta un elemento imprescindibile anche per l'interpretazione e il rinnovamento delle dinamiche sociali.
- La terza. Il prete esca dalla contemplazione della Vergine dell'Epifania con una verità pastorale incontrovertibile: bisogna presentare anzitutto la persona di Cristo perché l'essenza del cristianesimo è lui. La Vergine dell'Epifania insegna al prete che Gesù - prima che oggetto di una discussione, di una questione, di una meditazione teologica - è il Figlio essenziale, il Figlio del Padre e di Maria, che va presentato e mostrato ... portandolo sulle ginocchia, modalità mariana di missione che significa più cose: conoscenza profonda del Cristo, familiarità intima con lui, volontà discepolare di stare dietro a Gesù senza velarlo, disponibilità ad essere il suo trono perché appaia la sua regalità, l'intelligenza umile di schermarci dietro la figura di Gesù, l'unico presentabile agli uomini come santissimo e salvatore unico, pieno ed universale.71

NOTE
68 Breviarium Romanum, Comm. Fest. B: M. V. in 3 Noct. ant. 7. Cfr. per un approfondimento: A. TINTI O.S.M., Maria debellatrice delle eresie, Pistoia 1960.
69 Cfr. CCC, n. 528.
70 CCC, n. 528.
71 Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dich. Dominus Jesus (6.8.2000), nn. 1-15.

 

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Inserito Martedi 10 Gennaio 2012, alle ore 17:01:04 da latheotokos
 
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