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  Annunciazione del Signore: la nuova figlia di Sion  
Culto

Un articolo di Salvatore Maria Perrella, in L'Osservatore Romano di Domenica 25 marzo 2012, p. 4.



Nella Chiesa antica, fin dal secolo v, l’evento dell’incarnazione verginale del Figlio di Dio, reso possibile dal fiat della Vergine nazaretana, veniva celebrato nel tempo del Natale. In seguito, preoccupazioni di esattezza cronologico-teologica contribuirono a fissare la solennità dell’annunciazione nove mesi prima del 25 dicembre, giorno della nascita del Redentore a Betlemme di Giudea. Questo avvenimento, che celebra l’esordio della nostra redenzione, pone al centro della riflessione orante sia il fiat del Verbo, sia il fiat della Madre; entrambi voluti e resi possibili dall’insondabile volontà di Dio con la finalità di ricuperare l’umanità all’Alleanza e di continuare così il colloquium salutis. In Maria, lo Spirito ha realizzato la «nuova creazione», che è pienamente conforme al progetto di Dio. I fedeli contemplano volentieri nella Tota Pulchra la più alta dignità conferita a una creatura, a una di loro, e nel culto mariano, nella tenera e genuina devozione esprimono la lode e la riconoscenza della Chiesa per tali straordinari doni. Come nuova “figlia di Sion”, entrando nell’alleanza sponsale con Dio, ha potuto offrire al Signore un vero cuore di sposa: bello, accogliente, verginale, oblativo, gioioso. Per cui, asseriva Papa Wojty³a in una catechesi del 1996, «la “figlia di Sion” non è più semplicemente un soggetto collettivo, ma una persona che rappresenta l’umanità e, al momento dell’Annunciazione, risponde alla proposta d’amore divino con il proprio amore sponsale». Inoltre, sulla scia del capitolo mariano del Vaticano II, specialmente con l’enciclica Redemptoris Mater, egli ha contribuito ad approfondire la figura teologale di Maria, additandola come prima discepola, serva somigliantissima al Servo-Gesù, credente nel e del Figlio che precede il popolo di Dio nel pellegrinaggio e nella diaconia della fede. L’assunto circa la cogenza e lo splendore della dimensione antropologica e teologale della Donna del sì, trova la sua motivazione nel fatto che secondo l’insegnamento biblico, è “bello” tutto ciò che è conforme alla Parola di Dio, alla sua volontà, ai suoi disegni. Lo spessore e l’esemplarità della dimensione teologale della Vergine, inoltre, sono motivati dalla stretta unione tra Cristo e la Madre da una unione radicata in una particolare condizione soprannaturale e da un servizio radicato e sostenuto, per dirla con Giovanni Paolo II «dalla speciale conformità di entrambi alla divina volontà». Il fiat di Maria è in piena consonanza e dipendenza con il fiat del Verbo incarnato; pronunciando il suo assenso in modo libero, consapevole e responsabile, conformandosi al divino volere, Maria fa proprio l’atteggiamento del Figlio di Dio umanato. La bellezza e la concretezza di Maria donna libera e coraggiosa si evincono infatti nei momenti topici della sua presenza e servizio: all’Annunciazione «nel pronunciare il suo totale “sì” al progetto divino, Maria è pienamente libera davanti a Dio. Nello stesso tempo ella si sente personalmente responsabile nei confronti dell’umanità, il cui futuro è legato alla sua risposta» (Giovanni Paolo II, 18 settembre 1996); a Cana di Galilea (cfr. Giovanni, 2, 1-12), ove Cristo compì il primo e il prototipo dei segni messianici del Regno e dove la Madre, «pur esercitando un influsso discreto e materno, con la sua presenza risulta, alla fine, determinante. L’iniziativa della Vergine appare ancora più sorprendente, se si considera la condizione d’inferiorità della donna nella società giudaica. A Cana, infatti, Gesù non solo riconosce la dignità ed il ruolo del genio femminile, ma, accogliendo l’intervento di sua Madre, le offre la possibilità di essere partecipe all’opera messianica» (Giovanni Paolo II, 5 marzo 1997); presso la Croce (cfr. Giovanni, 19, 15-27), ove Maria e le donne “stavano in piedi”, “stavano ritte”. Usando questa espressione, «l’Evangelista intende forse presentare la dignità e la fortezza manifestate nel dolore da Maria e dalle altre donne. In particolare lo “stare ritta” della Vergine (...) ne ricorda l’incrollabile fermezza e lo straordinario coraggio nell’affrontare i patimenti. Nel dramma del Calvario Maria è sostenuta dalla fede, rafforzatasi nel corso degli eventi della sua esistenza e, soprattutto, durante la vita pubblica di Gesù (...) In questo supremo “sì” di Maria risplende la fiduciosa speranza nel misterioso futuro (...) La speranza di Maria ai piedi della Croce racchiude una luce più forte dell’oscurità che regna in molti cuori: di fronte al Sacrificio redentore, nasce in Maria la speranza della Chiesa e dell’umanità» (Giovanni Paolo II, 2 aprile 1997). In Maria costituita nuova creatura dall’amore irriducibile di Dio, inoltre, possiamo trovare riassunta la responsabilità dell’intera umanità; il suo “stare” accanto al Figlio, come madre, serva e discepola, la pone come un modello di responsabilità. Questi anni post-Vaticano II hanno infatti dimostrato che la Parola di Dio è il luogo e l’ambito naturale per una interpretazione autentica, congrua e sempre attuale della presenza e del significato della Madre di Gesù per la Chiesa dei discepoli. Il posto e il ruolo che Maria ha avuto, per sola Gratia, negli eventi messianico-salvifici del Signore sono i medesimi che ella deve possedere nella stessa fede e nella stessa vita della Chiesa fino alla parusìa dell’Agnello. Santa Maria Donna del sì, rammenta cordialmente ai credenti e alla stessa Chiesa che se ci si lascia penetrare come lei dalla Parola diventiamo, per Grazia, rifrangenze della sola Luce che illumina e scalda il cuore e la vita, ricevendo altresì il criterio base col quale discernere e giudicare l’esistente e l’esistenza non con l’arroganza della ragione, ma con lo splendore della carità agapica, l’unica che ci permetterà di entrare nel grande ed eterno seno di Dio; speranza agognata da tutti coloro che si lasciano trapassare e avvincere dalla Parola di verità e di vita. Per cui, ha asserito Benedetto XVI all’udienza generale di mercoledì 14 marzo 2012: «Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla “nostra casa”, da noi stessi, con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo»; l’unico in grado col suo Spirito di renderci capaci, come Maria sua madre, di divenire creature del sì.

 

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Inserito Martedi 3 Luglio 2012, alle ore 11:36:19 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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