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  La bellezza di Maria nella sua conformazione a Cristo 
MariologiaUn articolo di Stefano M. Mazzoni in Riparazione Mariana, n. 1 - 2011, pp. 7-9.

«Tutta bella sei, o Maria» canta una delle antifone mariane più care alla tradizione cristiana, riprendendo le parole che il Diletto del Cantico dei Cantici rivolge alla sua amata (cf Ct 4,7); e nella musica, nella poesia, nell’arte, i più alti ingegni di ogni tempo hanno espresso le loro doti migliori per raffigurare, esaltare, magnificare questa “bellezza” della Vergine. Ma qual è la sorgente di tale bellezza, quale il suo senso profondo? Ci sembra che il dato essenziale della vita di Maria, che è anche il segreto della sua bellezza, vada colto nell’unione intima, unica con Dio e, di conseguenza, con il Figlio al quale ella ha dato la carne.

La bellezza del cosmo e dell’uomo

Tutto questo può essere letto sullo sfondo più ampio della storia universale della salvezza, una storia che attende il compimento ultimo nella trasfigurazione di ogni creatura, quando «tutti saremo trasformati» (1Cor 15,52) e la bellezza del disegno divino raggiungerà in tutti il suo splendore. Nel racconto della Creazione di Gen 1, l’azione creatrice divina è accompagnata da un ritornello che ne scandisce i diversi momenti, costituendo una sorta di contemplazione del cosmo che gradualmente prende forma, emergendo dal caos originario: «E Dio vide che era cosa buona». Il testo ebraico originale utilizza in proposito la parola tôb, che può essere tradotta con “buono”, ma anche con “bello”; in maniera significativa la versione greca dei LXX traduce l’espressione utilizzando il termine kalós, “bello”, anziché agathós, “buono”:1 appare evidente, dunque, l’intenzione di sottolineare la dimensione della bellezza che caratterizza l’opera divina e si imprime nel creato. Il testo potrebbe perciò essere tradotto in lingua italiana anche nel seguente modo: «E Dio vide: che bello!». È l’esclamazione di Dio che si compiace di fronte alla sua opera, come l’artista che contempla il risultato del proprio genio e la bellezza della propria realizzazione. La creazione, dunque, è “bella” ed è riconosciuta come tale dallo stesso artefice, che ad ogni nuovo elemento aggiunto ripete l’esclamazione gioiosa: «Che bello!».
Il momento culminante dell’opera divina coincide con la creazione dell’uomo; la creazione appare finalmente compiuta e l’esclamazione divina sottolinea, mediante una variazione, il raggiungimento di tale apice: con la comparsa dell’essere umano sulla terra, Dio riconosce che ciò che ha fatto non è solo “bello”, ma “molto bello!”. L’uomo è la creatura che rende piena la bellezza del creato, in quanto riflette la bellezza stessa di Dio, del quale - unica tra le creature - è creato ad immagine e somiglianza.

La bellezza di Cristo

Tuttavia la bellezza e la grandezza originarie dell’uomo, dopo la caduta nell’Eden, appaiono offuscate; la fragilità umana continua a minacciare tale bellezza e richiede un’opera di “restauro”, che restituisca all’uomo l’immagine originaria, come impronta della persona divina e riflesso della sua bellezza. Ciò viene ottenuto grazie all’opera di Gesù Cristo, che la tradizione cristiana, utilizzando le parole del salmista, canta come «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45,3). La figura del Cristo diventa quella del “nuovo Adamo”;2 l’umanità di Gesù porta impressa in sé la bellezza che Dio aveva pensato nel suo disegno sull’uomo, un’umanità che si trasfigura lasciando trasparire quella luce divina di cui ogni uomo è chiamato a rivestirsi.
C’è un momento particolarmente significativo della vita di Gesù in cui questa luce risplende e si manifesta in tutto il suo fulgore: sul monte della trasfigurazione il volto di Gesù «brillò come il sole» (Mt 17,2), «cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante» (Lc 9,29); così Gesù nella sua persona manifesta il riflesso della bellezza di Dio. Questa bellezza tuttavia si connota di un elemento apparentemente paradossale; nel momento più luminoso della trasfigurazione, Gesù parla con Mosè ed Elia «del suo esodo» (Lc 9,31), ossia del cammino che lo conduce a Gerusalemme verso la Croce.
La “bellezza” del Cristo non riguarda quindi i nostri canoni estetici, non è fatta «per attirare i nostri sguardi» (Is 53,2); è invece quella del servo disprezzato e umiliato, che si fa carico dei dolori e delle colpe degli uomini per riscattarli. Su questa linea, si comprende anche la descrizione dell’evangelista Giovanni di Gesù come «il pastore bello» (10,11) delle pecore: bello, perché per esse è disposto ad offrire la propria vita. In questo rovesciamento dei criteri umani, la bellezza trova il suo fondamento, secondo la logica divina, nell’umiliazione che diventa, nella totale disponibilità e donazione di sé, esaltazione e glorificazione (cf Fil 2,6-11).

La bellezza di Maria

Se Gesù, già nella tradizione paolina, è stato indicato come il “nuovo Adamo”, la successiva tradizione patristica vede in Maria la “nuova Eva”.3 Anche in Maria risplende l’umanità rinnovata, la cui bellezza è restituita allo splendore originario. Nel giudaismo la figura di Eva, madre di tutti i viventi, è esaltata per la sua bellezza che, nell’Eden, s’irradiava luminosa e pura.4 Tale bellezza, offuscata dalla disobbedienza di Eva, torna a risplendere in Maria. Se Gesù è «il più bello tra i figli dell’uomo», Maria è la regina la cui bellezza è gradita al re (cf Sal 45,12).
Nei racconti evangelici in particolare, la bellezza di Maria è collegata alla sua capacità di ascoltare, di accogliere la parola del Signore, di custodirla e meditarla nel cuore.5 Ciò appare in modo esemplare nell’episodio dell’Annunciazione: Maria accoglie la parola dell’angelo e vi aderisce con tutta la sua esistenza; l’angelo, a sua volta, la riconosce come la «piena di grazia» (Lc 1,28), ossia come colei che la grazia, il favore di Dio, ha colmato e trasformato fin nelle fibre più profonde del suo essere. È questa grazia che rende Maria “bella” e disponibile ad aderire totalmente al disegno luminoso di Dio su di lei, sul mondo, sugli uomini. A partire dal momento dell’Annunciazione, tutta la vita di Maria è caratterizzata da questa capacità di ascolto e di dedizione; la bellezza di Maria rifulge nel suo modo di ricercare in ogni evento la volontà di Dio e nell’adempierla con totale disponibilità.
Il disegno di Dio si realizza adesso attraverso l’opera di Gesù, il Cristo. Maria, sua madre, deve imparare a comprendere le vie del Figlio scontrandosi con lo scandalo del rifiuto e della Croce; deve anche lei percorrere il cammino del discepolo dietro a Gesù, pronta a seguirlo con fedeltà e tenacia. La bellezza di Maria non cessa allora di rifulgere neanche nel momento più tragico della vita di Gesù, quello della crocifissione e della morte. Ai piedi della Croce, Maria contempla il volto sfigurato del Figlio: nonostante la maschera di dolore che quasi costringe a distogliere lo sguardo, Maria sa cogliere la bellezza del «più bello tra i figli dell’uomo» che, come gesto supremo di amore, fa dono della sua vita per la salvezza degli uomini. Anche in questo momento Maria è chiamata ad essere vera discepola, ad accogliere le parole di Gesù che le indicano il cammino; la bellezza di Maria rifulge nel suo “stare”, intrepida, accanto alla croce del Figlio.
È la bellezza di una madre che non abbandona il frutto del suo grembo neanche nel momento in cui tutti sembrano averlo abbandonato; è la bellezza di una donna che sa sperare contro ogni speranza; è la bellezza di colei che, unita a Gesù, partecipa al suo dono facendosi disponibile a donarlo a sua volta, a rinunciare all’esclusività del legame di sangue per diventare madre di ogni uomo e di ogni donna che credono nella parola di Gesù e affidano a lui la loro vita; è la bellezza dell’amore che dalla Croce si irradia fino a raggiungere anche i più lontani e che, nella maternità universale di Maria, trova un segno concreto di accoglienza, di riconciliazione, di unità.

Il cammino di trasfigurazione del discepolo

La bellezza di Maria trova dunque il proprio fondamento nella sua adesione perfetta a Cristo. Maria è la prima discepola, colei che dietro a Gesù percorre il cammino talvolta oscuro e talvolta esaltante della fede, raggiungendo nel compimento della propria esistenza quella trasfigurazione che la rende «più pienamente conforme al figlio suo, il Signore dei signori» (Lumen gentium, n. 60).
Ogni discepolo, guardando a Maria come madre, sorella, amica, è chiamato a ripercorrere il suo cammino fino alla piena conformazione a Cristo, fino ad essere trasfigurato e a partecipare, come lei, alla sublime bellezza che promana da Dio, fonte di ogni bellezza. La vita del discepolo, quindi, sul modello di quella di Maria, sarà segnata dalla bellezza; una vita piena, ricca, permeata dalla disponibilità ad essere dono per gli altri e dalla volontà di trasformare il mondo, custodendo e alimentando ogni germoglio di bellezza affinché tutto fiorisca e ritrovi lo splendore originario.
Utilizzando le parole del grande scrittore russo Dostoevskij, potremmo dire che questa è “la bellezza che salverà il mondo”: «Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, pone una domanda sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin. “È vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la ‘bellezza’? Signori - gridò forte a tutti - il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza... Quale bellezza salverà il mondo?”. Il principe non risponde alla domanda (come un giorno il Nazareno davanti a Pilato non aveva risposto che con la sua presenza alla domanda “Che cos’è la verità?”: Gv 18,38). Sembrerebbe quasi che il silenzio di Myskin - che sta accanto con infinita compassione d’amore al giovane che sta morendo di tisi a diciotto anni - voglia dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore».6
Maria ai piedi della Croce è l’icona di questa bellezza; il discepolo di Gesù, guardando a lei, è chiamato a scoprire nella gratuità dell’amore il senso di una vita “bella”. Maria, la “tutta bella”, già pienamente conformata al suo Figlio, rifulge davanti ad ogni uomo e ad ogni donna come «segno di sicura speranza e di consolazione » (Lumen gentium, n. 68), mostrandoci la meta del nostro cammino di trasfigurazione verso la vera “bellezza”.

NOTE
1 Cf ad esempio, a questo proposito, I. HÖVERJOHAG, «tôb», Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament, III, p. 315-339.
2 Sul rapporto tra Adamo e Cristo in relazione ai temi del peccato, della legge, della salvezza, si rileggano le dense pagine di Paolo in Rm 5,12-7,25.
3 Il primo autore ad introdurre il parallelismo Eva-Maria sembra essere stato Giustino († 165); dopo di lui, diversi Padri riprendono e sviluppano il tema: si vedano, ad esempio, Ireneo di Lione († 202), Efrem il Siro († 373), Epifanio di Salamina († 403), Pietro Crisologo († 450). Per una rassegna sintetica del pensiero mariano di questi ed altri autori, cf L. GAMBERO, Maria nel pensiero dei Padri della Chiesa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991.
4 Si veda, con rimando alle fonti giudaiche, A. SERRA, Miryam Figlia di Sion. La donna di Nazaret e il femminile a partire dal giudaismo antico, Paoline, Milano 1997, p. 163-167.
5 A. Serra sottolinea tale aspetto della bellezza legato all’ascolto, considerando Maria inserita profondamente nella realtà d’Israele: come Israele si è posto al Sinai in ascolto della Torah, e ciò costituisce il fondamento della sua bellezza, così la bellezza di Maria trova la sua espressione peculiare nel «fiat» rinnovato in ogni momento della sua vita (cf lo studio citato nella precedente nota, soprattutto le p. 167-181).
6 C. M. MARTINI, Quale bellezza salverà il mondo?, Lettera pastorale per l’anno 1999- 2000.

 

Inserito Giovedi 13 Settembre 2012, alle ore 17:57:32 da latheotokos
 
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