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  Riverberi mariologici sull'esperienza di crisi dell'uomo contemporaneo 
Società

Dallo studio di Michele Giulio Masciarelli, Antropologia e Mariologia dopo il Vaticano II. Come dire il "mistero dell'uomo" alla luce della teologia mariana, in Theotokos XXI (2013) - N. 1., PP. 140-149. Tutto l'assunto pp.129-167.



A un "uomo senza volto" Maria si mostra come "la bellissima"

«Oggi più che mai. in un tempo di policrisi che ha scosso la fiducia nella ragione, riappare opportuna all'orizzonte teologico, la luce della bellezza. Si può intuire che lunga è la parabola estetica che oggi si sta lanciando in teologia: potrebbe avere l'arcatura deh intero secolo XXI».37
Intanto è certo che è strada magnifica per questo tempo sbandato. Infatti: «Tra i lasciti significativi della riflessione teologica del secolo XX appena trascorso, c'è quindi l'additamento della bellezza quale possibilità di speranza, di riconciliazione, di redenzione. Ove speranza sta a significare tensione tra fatto e valore, tra identità e diversità, tra realtà e idealità: riconciliazione sta come prospettiva escatologica di ogni sorta di linguaggio che orienti l'uomo all'ascolto e all'esperienza della fede, all'intuizione e alla fruizione della bellezza, alla contemplazione dell'amore donante, al giusto ossequio, adorazione e comunione col Totalmente-Altro».38
Come parliamo di un'analogia entis, di un'unalogia fidei e di un'analogia amoris così si danno la possibilità e l'urgenza di parlare di analogia pulchritudinis. In questo senso, un'antropologia teologica senza la travatura concettuale che includa il principio femminile in unum col riferimento storico-esistenziale alla condizione della donna, non deve essere più possibile. Ma anche e conseguentemente, quell'antropologia tronca non dev'essere più proposta, se carente della dimensione mariana e, in esplicito, della sua bellezza intesa come la forma concreta di umanità che Maria ha avuto in terra e ha in Cielo, ossia di una umanità aperta a stella in tutte le direzioni espresse dalla creazione e dalla creazione nuova' (cf. 2 Cor 5,17; Gal 6,15). La bellezza di Maria è adatta a comporre, insieme ad altre dimensioni teologiche (trinitaria, cristologica, cosmologica), una nuova antropologia, perché è a più dimensioni: riguarda la sua identità creaturale e filiale, la sua funzione di vergine, sposa e madre, la sua condizione di compagna di Cristo nella storia della salvezza e nella gloria celeste, ma anche perché è una bellezza evolutiva, che corrisponde a un climax misterico: inizia con l'immacolata concezione della Vergine e sfocia nella sua glorificazione in Cielo.39
In particolare, la bellezza di Maria è proponibile per il nostro tempo postmoderno- labirintico, babelico, frastornato, malato40 e anche brutto - perché la madre del genere umano41 non ha mai smesso la compagnia storica dei figli e delle figlie di Adamo, che invece ha accostato con una costante e misteriosa presenza.42 Con la sua presenza non disdegna di avvicinare la sua bellezza al volto sfigurato dell'uomo contemporaneo. Del resto la bellezza confina sempre con la bruttezza. Questa bellezza del volto mariano accanto del volto dell'uomo contemporaneo che pure reca segni di bruttezza e di repellenza in un contesto di vita che porta incise in se le «stimmate laceranti della bellezza brutalizzata»,43 invita a pensare che il volto umano non va mai rifiutato, che esso non è mai solo brutto, che esso può tornare bello. Maria è la bellezza di Dio riflessa sul volto umano. Nessuna creatura neppure Maria, è bella da sé: è Dio «l'autore della bellezza» (Sap 13, 3) che crea la «bellezza delle creature» (Sap 13,5). Dio il Santo e il Vivente è la Bellezza suprema e le sue opere sono «belle - buone» (cf. Gen 1,9. 12. 25. 31): fra queste spicca Maria, alla quale - immagina nella fede un beato medievale - il Figlio quale nuovo Adamo (Uomo misura di ogni altro uomo), si rivolge in lode: «Tu sei bella, le dice: bella nei pensieri. bella nelle parole, bella nelle azioni, bella dalla nascita fino alla morte, bella nella concezione verginale, bella nel parto divino, bella nella porpora della mia passione, bella soprattutto nello splendore della mia risurrezione».44


A un "uomo senza casa" Maria si mostra come "la credente"

L identità di Maria è nel suo essere vergine, sposa e madre? Maria non è donna - icona del Mistero (il suo massimo orientamento) nel suo essere Vergine credente dall'annunciazione all'assunzione, Madre di Cristo e dei fratelli di lui dall'incarnazione e per sempre,  misteriosa Sposa trinitaria, del Padre più propriamente nell'incarnazione, dello Spirito nella sua esistenza messianica, dello stesso Figlio sotto la Croce laddove celebra le sue misteriose nozze martiriali? Certamente questa articolazione, come ha mostrato Bruno Forte nella sua mariologia, è possibile e sta nelle cose45 e la forma esistenziale - testimoniale della vergine sposa - madre, che dice in un unum questa triplice identità di Maria ed è il suo essere discepola. Riflettendo bene, l'identità di Maria, la sua "cittadinanza", il suo habitat è l'habitat di Gesù Maestro.
Maria appare nei Vangeli e nella comprensione di fede come una donna che vive, come discepola totalmente affidata al Cristo, all'interno di una trama storica che ha un inizio, uno svolgimento, un senso: è un'esistenza di relazione con Dio, con il Figlio, con la comunità d'Israele, con la comunità della Chiesa. Discepola non è l'alternativa al celebre trinomio di vergine - sposa - madre (e come potrebbe esserlo?), ma è il nome identitario che l'avvolge, che ne fa trasparire la luce misterica, mentre mostra la personalità unitaria della Vergine, della Sposa e della Madre dinanzi all'uomo del nostro tempo (è il riferimento in oggetto in questa riflessione credente) nella forma comprensibile, più accettabile, più convincente, più bella e attraente (è un elemento che non deve mancare).
Discepola è la prima facies di Maria che non nasconde o ombra il suo mistero, ma ne epifanizza la densità, la profondità, la latitudine e l'altezza mentre ne evidenzia anche l'imitabilità maggiore. Tutti possono essere discepoli e si rifiuta di esserlo di più chi, senza tutti i requisiti, è invaghito dal fare sempre e solo il maestro. Di fronte a un 'uomo senza casa", Maria si presenta come una donna dall'identità solida, chiara, unitaria, ma anche forte; ella è Donna del Mistero e Discepola dall'identità mite, sicura, sapientemente equilibrata, antitetica, ma anche criticamente esemplare nei confronti dell'uomo contemporaneo.


A un "uomo senza cuore" Maria si mostra come "la misericordiosa"

Dall'essere Maria icona di misericordia, deduciamo alcuni criteri esistenziali di comportamento che hanno un loro lato di sapienza convincente anche dal punto di vista umano. Si tratta di deduzioni profetiche che discendono dall'essere e dal fare di Maria. Esse pur dovendo pervadere le pieghe delle singole esistenze e i frammenti di vita quotidiana, vogliono essere proiettate nei vicoli contorti del labirinto contemporaneo.
In un mondo come il nostro, nel quale ogni giorno di più è evidente la crisi della pietà, s'impone con urgenza che i cristiani s'impegnino a collaborare per creare un umanesimo che sia intessuto,46 fra l'altro, della sapienza della compassione nel senso più alto e robusto del termine.47 Il comandamento dell'amore non ammette repliche né prevede ricompensa: la misericordia è assoluta, nel senso che è sciolta da vincoli condizionanti o da secondi fini: perciò la saggezza «pur così necessaria al bene comune e alla convivenza civile, dovrà dunque essere inserita in quel ribaltamento dei valori che caratterizzano il vero spirito del cristianesimo, cosi insopportabile per Nietzsche.48 Il perdono deve essere concesso senza condizioni e limiti, senza stancarsi «settanta volte sette» (Mt 18,21): Ciò significa amare i propri nemici e far del bene ai propri persecutori. L etica della proporzione e dell'equilibrio viene completamente rovesciata».49
Icona di questa cultura del cuore50 è la Pietà, che presenta Maria nell'atto d'accogliere fra le sue braccia il Figlio morto, testimoniando un amore che va oltre la morte stessa: la Vergine - Madre in tale gesto mostra di credere che «l'amore è forte come la morte» (Ct 8,6). Donna e madre di misericordia, Maria ispira un'antropologia dl'amore e di perdono.51 L'icona della «Pietà» è ispirativa di una cultura che vuole rifarsi al «criterio» profetico della misericordia. Questa è un'esigenza sentita anche in campo laico: «Fra tutti gli esseri della natura solo l'uomo conosce la virtù della misericordia. La misericordia fa parte della sua eccellenza, della sua dignità, della sua unicità [... I. Solo la misericordia contrassegna il mondo umano rispetto al mondo animale, al regno della natura non umana. Nel mondo umano accade pur qualche volta che la "pietà l'è morta" [...]. Nel mondo animale la pietà non può morire perché vi è sconosciuta».52
Maria, quale «Mater misericordiae», è ispirazione profetica di comportamenti, di discernimenti, di criteri operativi misericordiosamente materni o maternamente misericordiosi.53 Non si tratta qui, anzitutto, della pratica etica della misericordia: «Non c'è principio etico che in sé sia capace di fondare la scelta di adottare tale atteggiamento. Occorre piuttosto riscoprire il senso dell`esperienza fondamentale vissuta dall'essere umano nel suo rapporto con la propria madre».54
Solo oltre la soglia etica potremo trovare quella matrice materna o quel principio materno che può esprimere la sua fecondità nella realtà antropologica, nell'attività etica, nella presenza umanizzatrice dentro la storia.
Infine, all'uomo contemporaneo idolatra dello spaventoso "dio denaro", Maria si presenta non solo come discepola ma anche come maestra di misericordia. Lei testimonia e insegna che la misericordia è povertà dell'avere e impotenza del fare e che dunque essa si dà essenzialmente nell'ordine dell'essere: è il cuore che misura la misericordia perché nel cuore sono le misure, ossia le qualità e i valori dell'uomo. Per Gesù la povera vedova del Vangelo nella sua offerta al tempio ha dato di più pur avendo dato della sua povertà rispetto al ricco che ha dato della sua ricchezza. «E perché? - si chiede Kierkegaard - Per la ragione che il mondo - risponde - s'intende solo di danaro e Cristo soltanto di misericordia».55 Con la sua risposta il Cristo vuole insegnare che «dando di meno si dava di più. Calcolo strano o piuttosto uno strano modo di calcolare, che non si trova indicato in nessun testo di economia [...] Invece, sotto il profilo dell'eternità questo modo di computare è l'unico vero ma si può imparare soltanto dall'eternità rinunziando alle illusioni del mondo e del tempo».56
Infatti: «l'eternità ha l'occhio più acuto e l'intelligenza più sviluppata per la misericordia, ma nessun senso per il danaro. Ahimè, molti pensano che l'eternità è una fantasticheria e il denaro la realtà: ed è proprio il denaro secondo l'eternità e la verità una fantasticheria [...] Di tutto ciò che tu hai - osserva ancora Kierkegaard - se c'è una cosa di cui puoi essere certo - che non entrerà mai in cielo, questa è il denaro. E invece nulla è più certo che in cielo entrerà la misericordia».57
Maria è la misericordia entrata in cielo il giorno dell'assunzione: vi è entrata proprio perché figlia, sorella e madre di misericordia. Dalle premesse kierkegaardiane, Maria è entrata in cielo come misericordia perché povera: povera di sé e dei beni materiali, ella è potuta salire in cielo, cioè essere riempita di Dio e della sua gloria: senza il moro della povertà non poteva esprimersi in Maria la misericordia della gloria trinitaria. Maria, perché povera, a imitazione del suo Signore è dives in misericordia. La sua è una ricchezza che contesta la ricchezza fragile e angustiante dell'uomo contemporaneo. Ma in un tempo di teorie finanziarie ed economiche intricate, come il nostro, che si presentano come gli unici discorsi seri da poter fare, il cristianesimo pare ingenuo, sprovveduto e fuori tempo col profetizzare la primazia della povertà sul denaro e di ricorrere, per farlo, al racconto di una vicenda di vita, quella di Maria di Nazaret. Ma questo è il cristianesimo: l'affidamento credente alla persona di Cristo e l'opzione per uno stile di vita esemplato sull'esistenza della sua migliore discepola, Maria. È così che lei è per la Chiesa e i credenti in Cristo singolare esempio di un'umanità misericordiosa e capace d'amore ablativo, antitesi piena del cinismo.58
Dinanzi all'uomo contemporaneo. immerso nella vicenda immensa e contraddittoria della globalizzazione, non è ingenuo pensare che basti un esempio di Donna, tutto circoscritto nel perimetro breve della vita quotidiana, ad avere eco sugli scenari epocali, nei quali l'unità di misura sono i popoli, i continenti? Si può rispondere così. Nel convincimento di fede dei cristiani c'è già la risposta a questa domanda: essi credono (noi crediamo) che uno salva tutto e tutti e che i suoi atti posti una volta sola e le sue parole dette una volta sola bastano per sempre. La persona del Cristo è l'universale concreto a cui mirare: è la persona di chi si è manifestato a noi come la «Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6). Lo scandalo cristiano è l'assoluta particolarità di Gesù,59 ossia la sua pretesa d'essere la causa unica, completa, decisiva, universale e necessaria di salvezza. Tutto questo è il paradosso cristiano. «Qui si tocca qualcosa di supremo, di ultimo. Gesù sa d'esser tale che gli uomini possono prendere scandalo da Lui».60 Perciò Gesù ha chiamato «beato» colui che non si scandalizza di lui (cf. Mt 11,4-6). Ma di questo «scandalo» partecipa a tanti livelli Maria, la quale con un solo brevissimo «si» a Dio (Lc 1,38) partecipa in modo decisivo alla storia della salvezza, i cui estremi, a livello di soggetti, sono Adamo e l'ultimo uomo che non ancora nasce.
Ma un'altra domanda: come gli atti, pur esemplari, di una Discepola di Cristo, che sono essenzialmente improntati alla pietà, possono avere incidenza decisiva nella tenda planetaria? Quella cristiana non è la lotta di Davide contro Golia? La "fionda" (l'arma debole della "pietà") può essere opposta non più all'arco, né al cannone, ma all'arma atomica del denaro, del potere finanziario ed economico? Se è sbagliato l'esempio, il senso della domanda resta intonso. É una difficoltà sentita non solo ipotetica: la pietà è impolitica. è forma di vita del singolo, di Maria Discepola ad esempio. Ma come può servire a ispirare un cristianesimo che abbia senso per l'uomo planetario del nostro tempo? Deve trattarsi, evidentemente di una pietà che abbia dentro di sé tutta la forza dell'amore, tutto il rigore della giustizia, tutta la forza espansiva per toccare i quattro lati del mondo senza saltare il particolare, il frammento, la piccola geografia d'una esistenza personale. La compassione nella logica del Regno non conosce attenuazioni di sorta: è radicale, del tutto esigente, generosa, dirompente. Essa crea decisive interruzioni nei pensatori umani troppo spesso assuefatti a canoni compromissori; essa breccia anche barriere storiche che tentano di drenare se non di impedire l'impeto caritativo fino a farle mancare la forza di reagire all'offesa dell'indifferenza, della violenza, dell'emarginazione.
L'eccedenza di amore e la potenza del bene, quando non sono incuneati in argini stretti, sono capaci di far indietreggiare il negativo e il male, e di favorire l'avvento del Regno. «L'eccesso della loro giustizia o del loro amore scaturisce dalla loro passione per gli altri e per Dio».61 Allora, più che la pietà (che potrebbe essere troppo intimistica e incapace di attingere le dimensioni della mondialità). è forse la compassione - parola - conchiglia, parola - confine, parola - fonte -, che è in grado di assumere in se tutti i "rovesci della storia" (Gustavo Gutierrez). Così scrive Johann Baptist Metz: «Io concepisco questa compassione come sofferenza-con, come partecipe percezione del dolore altrui, come pensiero attivo della sofferenza degli altri, come tentativo di vedersi e valutarsi con gli occhi degli altri, degli altri sofferenti».62
Insomma, Maria Discepola è una Donna che interpreta in pienezza la compassione - misericordia con cui Dio ha voluto farsi conoscere, non riducendola a una pratica virtuosa, ma come forma di dedizione piena a Dio e all'intera Creazione certo all'intera famiglia umana. Lei incarna l'idea che la compassione è, in definitiva, un ganglio vivo e pulsante della profezia cristiana, capace di diventare sempre di più un modello cognitivo e interpretativo della realtà sia umana che ecclesiale.

NOTE
37 Cf. M. G. MASCIARELLI, La Bellissima. Maria sulla  «via pulchritudinis», LEV, Città del Vaticano 2012, 8.
38 S- M. PERRELLA, «Tota pulchra es Maria», in Il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria. Problemi attuali e tentativi di ricomprensione, a cura di E.M. TONIOLO, Marianum, Roma 2004, 480.
39 Cf. S. M. PERRELLA, «La verità dell'Immacolata Concezione di Maria e il "depositum fidei". Dalla "Ineffabilis Deus" alle Catechesi mariane di Giovanni Paolo II». in Signum magnum apparuit in caelo. L'Immacolata segno della Bellezza e dell'Amore di Dio, a cura di F. LEPORE, PAMI, Città del Vaticano 2005, 107-239.
40 Costantin Noica diagnostica sei malattie spirituali dell'uomo del nostro tempo: la "carenza del generale" presiede ai distacco dal quotidiano e orienta l'impulso a sollevarsi a qualche forma di universalità; invece la "carenza dell'individuale" specifica lì bisogno di ritrovare la propria particolare realtà terrena. Don Chisciotte, Faust, Zarathustra spiegano il tormento di non poter aire in accordo con il proprio pensiero. Se la carenza si fa rifiuto, si avranno le malattie della lucidità: Don Giovanni o l'enfatizzazione del destino individuale che non rispetta più alcun ordine generale; Tolstoj o il nientiticarsi dell'individuo nella storia; le creature di Beckett o l'assenza di determinazioni, la malattia del non-atto: cf. C.  NOICA, Sei malattie dello spirito contemporaneo, Il Mulino, Bologna 1993.
41 Cf. CONCILIO EC. VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 58; PAOLO VI, Esort. ap. Signum magnum, 13 maggio 1967, n. 5.
42 Cf. A: PIZZARELLI, «Presenza», in Nuovo Dizionario di Mariologia, a cura di S. DE FIORES - S: MEO, Paoline, Cinisello Balsamo 41996, 1045-1051; S. DE FIORES, «Presenza», in ID., Maria. Nuovissimo Dizionario, II, Dehoniame, Bologna 2006, 1365-1400; T. TURI, «Presenza», in Mariologia, 1002-1012.
43 Cf. PERRELLA, «Tota pulchra es Maria», 482-485.
44 AMEDO DI LOSANNA, Huit homélies mariale: Hom. VII, 234-239: Sources Chrétiennes 72, 198-200.
45 B. FORTE, Maria, la donna icona del Mistero. Saggio di mariologia simbolico - narrativa, Paoline, Cinisello Balsamo 1988.
46 I cristiani sanno che la pietas umana non è ignorata dal servizio evangelico di Gesù: «Trova [...] rispondenza nella predicazione di Gesù il risalto dato alla pietà umana, istanza di prim'ordine per chi voglia accettare la signoria di Dio»: SCHACKENGURG, Il messaggio morale del Nuovo Testamento, I, 112.
47 Questo termine, divenuto debole e finanche offensivo nell'uso dominante, rientra di per sé nel gruppo di parole che esprimono teologicamente l'amore, quali tenerezza, bontà, misericordia: cf. P. GRELOT, Il linguaggio simbolico nella Bibbia. Ricerca di semantica e di esegesi, Borla, Roma 2004, 158-160. 180-183; cf. anche A. J. HESCHEL, Il messaggio dei profeti, Borla, Roma 1983; La categoria teologica della compassione. Presenza ed incidenza nella riflessione su Maria di Nazaret, Marianum, Roma 2007; J. M. FLAVI, «Dio Compagno dell'uomo: la compassione trinitaria paradigma della solidarietà ecclesiale», in Camillianum 23 (2008) 223-252; S. M. PERRELLA, «Compassione», in Mariologia, 267-280.
48 Ormai misericordia ha smesso di essere intesa come una forma debole di amore e come una sostituzione insufficiente della giustizia: ha preso invece a significare l'amore più esigente e gratuito che oltrepassa in dignità e impegno le soglie della giustizia. «Misericordia è una parola densa di significato. Possiede una sua peculiarità propria che ne permette l'identificazione e il riconoscimento e non può essere confusa con altre altre forme similari. Non è esagerato affermare che con il concetto di misericordia si raggiunge una delle espressioni più alte della rivelazione Cristiana»: R. FISICHELLA, La via della verità. Il mistero dell'uomo nel mistero di Cristo, Paoline, Milano 2003, 185.
49 X. TILIETTE, «La beatitudine della misericordia», in Communio (sett.-ott. 1983) 9.
50 Cf. MASCIARELLI, Il cuore. Spiritualità. Cultura. Educazione, 275-286.
51 Ibid., 185-222.
52 BOBBIO, De senectute, 29.
53 Cf. Maria, madre di misericordia, Monstra te esse Matrem, a cura di E. PERETTO - P. DI DOMENICO, Messaggero, Padova 2003.
54 MANCINI, Esistenza e gratuità, 134-135.
55 KIERKEGAARD, Gli atti dell'amore, 514.
56 Ibid., 514
57 Ibid., 515
58 Cf. I. M. CALABUIG, «La Vergine oggetto di misericordia di Dio. Riflessioni a partire dalla liturgia», in Maria, madre di misericordia, Monstra te esse Matrem, 244-265; A. AMATO, «La Madre della misericordia nella spiritualità cristiana», ibid., 295-330; C: MILITELLO, «La donna e la misericordia. Ispirazione mariana», ibid., 331-353.
59 «Dal punto di vista della logica - nota Romano Guardini - questo è un paradosso perché sembra mettere in pericolo la stessa realtà della persona. Ma anche il sentimento personale si ribella contro questo. Poiché l'accettare una legge generale che si è dimostrata giusta - sia essa una legge della natura o del pensiero o della moralità - non è difficile per la persona. Essa avverte che in tale legge essa continua ad essere se stessa; anzi, che il riconoscimento di siffatte leggi generali può tradursi senz'altro in un'azione personale. Ma all'esigenza di riconoscere un'"altra" persona come legge suprema di tutta la sfera della vita religiosa e con ciò della propria esistenza - la persona contrasta con vivacità elementare, e si capisce che cosa può significare la richiesta di ''rinunciare alla propria anima"»: R. GUARDINI, L'esogeno del cristianesimo, Morcelliana. Brescia 1962, 37.
60 Ibid., 37. La conservazione del carattere scandaloso del cristianesimo è la vera tutela della sua identità integra. Si tratta, evidentemente, di uno scandalo felice e letificante: È «una specie [di scandalo] tutta particolare, ed evidentemente non facile da evitare, se l'uomo che non vi soccombe è detto "beato''; questa beatitudine è pronunciata proprio nel momento in cui Gesù alla domanda dell'ultimo profeta, se Egli sia colui che deve venire, risponde con l'allusione alla profezia messianica»: ibid.
61 C. DUQUOC, "Credo la Chiesa". Precarietà istituzionale e Regno di Dio, Queriniana, Brescia 2001, 315.
62 J. B. METZ, Proposta di programma universale del cristianesimo nell'età della globalizzazione, in R. GIBELLINI, Prospettive teologiche per il XXI Secolo, Queriniana, Brescia 2003, 395; cf. anche A. AUTIERO, «su Metz: riflessioni etico - teologiche», in Studia Patavina 48 (2001), 285-287. 

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