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  Maria nei ''Racconti dell'infanzia'' di Gesù 
Bibbia

Tratto da Alberto Valentini "Maria nei racconti dell'infanzia e nel quarto Vangelo" in "Fine Anno con Maria", Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2009, pp. 181-185.



I cosiddetti Vangeli dell’infanzia di Matteo (cc.1-2) e di Luca (cc.1-2) segnano una fase ulteriore e una tappa significativa nello sviluppo della presenza di Maria nel Nuovo Testamento. La fede della comunità primitiva – partendo dal nucleo centrale della morte risurrezione di Cristo – ha espresso per tappe successive, in maniera sempre più completa, il mistero della salvezza; un analogo ampliamento e approfondimento si è avuto a proposito della madre del Signore: dopo il timido e indiretto accenno paolino di Gal 4,4-7 e dopo gli episodi della vita pubblica, presenti nei vangeli sinottici (Mc 3,31-35; 6,1-6a e par.), in alcune comunità si è risaliti alla fase più remota della vita di Gesù: alla sua nascita e infanzia. E qui si è aperta un’ampia possibilità per evidenziare la figura della madre di Gesù e il suo ruolo. Anche all’interno di questi scritti, tuttavia, è evidente una netta progressione: approfondendo il mistero di Cristo si rivela, in luce sempre più chiara, anche la figura della madre. I primi due capitoli di Matteo e di Luca costituiscono una sezione particolare e caratteristica nella letteratura del Nuovo Testamento, sono per così dire «i gioielli dei vangeli canonici» (A. Vögtle) e le pagine più edificanti degli scritti neotestamentari. Le narrazioni – con le scene del presepio, dei magi, dei pastori, con sogni e apparizioni di angeli... – sono affettivamente molto suggestive, ma presentano difficili problemi di esegesi. In particolare ci si interroga circa l’origine e l’ambiente di queste pericopi e il loro rapporto col resto dei vangeli. Pur non potendo dare risposte esaustive e perentorie, circa l’origine e l’ambiente, ci si orienta verso i circoli gerosolimitani, che facevano capo alla madre di Gesù e ai «fratelli del Signore». Questi ultimi avevano un grande influsso nella comunità di Gerusalemme e più in generale in ambiente palestinese. Mentre la predicazione ufficiale prescindeva dai ricordi dell’infanzia, era ben naturale che in tali ambienti se ne continuasse a parlare. Nel confronto con i rispettivi vangeli, Mt 1-2 e Lc 1-2 non solo riferiscono il periodo dell’infanzia del Salvatore, omesso dalla tradizione sinottica, che inizia con la vita pubblica – esattamente con la predicazione di Giovanni Battista (Mc 1,1-8; Mt 3,1-12; Lc 3,3-18) – ma ne costituiscono al tempo stesso l’inizio, la premessa e il punto d’arrivo. In altre parole, nella nascita-infanzia di Gesù – presentato da Matteo come il «Dio-con-noi» adorato dai Magi e da Luca quale Cristo Signore, luce delle genti e gloria d’Israele – è già proclamata la gloria del Risorto. I vangeli dell’infanzia si presentano pertanto come composizioni postpasquali in cui si proietta la fede di comunità neotestamentarie che interpretano e comprendono le origini di Gesù a partire dalla sua risurrezione. Il mistero pasquale si riflette dunque sul Bambino, ma anche e per conseguenza sulla figura della madre.

 1. MATTEO 1-2

Iniziamo con Matteo, che cronologicamente precede Luca e nel quale la figura di Maria, pur sottolineata, non attinge gli sviluppi presenti nel terzo Vangelo. L’interesse di Matteo è principalmente e direttamente cristologico. Tale prospettiva, proclamata a chiare lettere fin dal primo versetto: «Libro della “genesi” di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo» (1,1), è ribadita in forma inclusiva nel v. 18: «Così avvenne la “genesi” di Gesù Cristo». Di Maria si parla all’interno della genealogia di Gesù (1,16): e del brano narrativo (1,18-25) che spiega “come” effettivamente avvenne la sua generazione. Non solo l’interesse di Matteo è eminentemente cristologico, ma la sua attenzione – e in questo si rivela profondamente giudeo – è concentrata su Giuseppe che risulta, dal punto di vista umano, il personaggio ufficiale: egli non è semplicemente il rappresentante dinastico e il responsabile della famiglia di Nazaret, ma anche colui, al quale l’angelo del Signore direttamente si rivolge mediante rivelazioni e sogni. Tenendo conto di tale prospettiva, la presenza della madre di Gesù e i riferimenti a lei acquistano particolare significato. Ella è presentata anzitutto come la madre di Gesù: «...Maria, dalla quale fu generato Gesù chiamato il Cristo» (1,16); «...la madre di lui, Maria...» (1,18); «...videro il Bambino con Maria, sua madre» (2,11); «...il Bambino e sua madre» (2,13.14.20,21), formula caratteristica e particolarmente efficace, ripetuta quattro volte, a sottolineare il mistero di quella maternità e dell’unione della madre col Figlio. Matteo presenta Maria come madre di Gesù, ma tutte le volte fa notare, per lo più discretamente, che si tratta di una maternità verginale. Nella genealogia, giunti a Giuseppe – ultimo anello della catena che da Abramo e da Davide conduce a Cristo – non si ripete come per tutti gli altri antenati: «generò», ma viene introdotta una formula originale: «Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù...» (1,16). La locuzione efficace, ma alquanto enigmatica, viene spiegata subito dopo, con grande chiarezza: ella è «incinta per virtù dello Spirito santo» (1,18); «quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo» (1,20); «tutto questo avvenne affinché si compisse la parola del Signore che dice per mezzo del profeta: Ecco la Vergine concepirà e darà alla luce un Figlio...» (1,22s). In questa luce – tralasciando diversi altri indizi – va sottolineata ulteriormente l’espressione caratteristica e insistita: «il Bambino e sua madre» (2,13.14.20,21). Essa fa intravedere il mistero che intercorre tra il Figlio e la madre, nel quale Giuseppe – presente sulla scena e da protagonista – non entra, ma si ferma discretamente sul limitare. Maria, dunque, nei primi capitoli di Matteo, appare come la Madre-vergine dell’Emmanuele. L’evangelista è testimone prezioso di tale fede della comunità primitiva. L’origine del mistero viene spiegato a Giuseppe: «quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (1,20).

2. LUCA 1-2

Luca, non meno di Matteo, sottolinea la centralità di Cristo nei primi due capitoli del suo Vangelo. Ma, a differenza di Mt 1-2 – in cui Maria appare quasi esclusivamente come «la madre di Gesù» – in Luca la figura della Vergine acquista contorni più netti e diverso spessore. In Matteo, inoltre, è in primo piano Giuseppe, al quale ufficialmente e giuridicamente fanno capo il Bambino e la madre: Gesù si innesta sulla genealogia del suo popolo, grazie a Giuseppe (1,16), chiamato appunto «figlio di Davide» (1,20); a lui si rivolge l’angelo del Signore (1,20); lui impone il nome al Bambino (1,25), avvertito in sogno (2,13.19.20), Giuseppe conduce la famiglia in Egitto (2,14-15), la riconduce nella terra d’Israele (2,21) e, infine, fissa la residenza a Nazaret (2,23). In Lc 1-2, al contrario, Giuseppe rimane nell’ombra e in primo piano appare la Vergine, sempre ovviamente in riferimento a Gesù. Ella è la kecharitôménê , la creatura trasformata dalla tenerezza di Dio; riceve un saluto traboccante di gioia messianica (1,28); ha trovato grazia davanti al Signore (1,30); sarà la madre del Salvatore, discendente regale davidico (1,31- 32) e Figlio di Dio (1,35). Ella è la serva del Signore (1,38), nella quale si compirà la Parola di salvezza. Porta la gioia messianica ad Elisabetta che ripiena di Spirito Santo la proclama benedetta (1,42), Madre del Signore (1,43), beata per la sua fede (1,45). Ella stessa dà libero sfogo ai sentimenti del suo cuore con un canto sublime (cf. 1,46-55) di esaltazione e di lode a Dio Salvatore, che ha guardato alla povertà della sua serva (1,48) ed ha compiuto gesta grandiose per lei e per tutto Israele, servo del Signore (1,54). Nella nascita di Gesù ella è al centro della scena: nei vv. 2,5-7 si parla quasi esclusivamente di lei. Maria non soltanto vive gli eventi da posizione privilegiata, ma riflette, medita con atteggiamento sapienziale (cf. 2,19.51) tutto quanto concerne il Figlio. In occasione della presentazione al tempio, offre Gesù al Padre e forma con lui come un unico sacrificio. Simeone la accomuna nel destino del Figlio, segno contraddetto, di fronte al quale si sveleranno i pensieri perversi dei cuori (cf. 2,34-35). Nello smarrimento e ritrovamento al tempio – episodio misterioso e premonitore del mistero pasquale – in cui Gesù scompare per tre giorni e infine viene ritrovato nel tempio, presso il Padre suo, la fede di Maria – come avverrà un giorno per quella dei discepoli – è sottoposta a dura prova. In quel momento l’evangelista s’affretta ad aggiungere: «la madre di lui conservava tutte queste cose nel suo cuore» (2,51). In tale atteggiamento, Maria è immagine del discepolo del Signore, che accoglie la parola in cuore sincero e generoso (cf. Lc 8,15), la custodisce e porta frutto nella perseveranza. Si può dire, in conclusione, che in Lc 1-2 non solo Maria è costantemente presente, ma che gli avvenimenti sono raccontati in larga misura dal suo punto di vista. La sua importanza è dovuta alla missione da lei svolta nella nascita e nell’infanzia del Signore e alla sua fede, che la rende tipo del credente e per la quale, nel vangelo di Luca, ripetutamente viene proclamata beata (cf. 1,45.48; 11,28).

 

Inserito Lunedi 28 Dicembre 2015, alle ore 13:13:06 da latheotokos
 
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